Capitolo 9) All’ombra delle foglie*
Genere: Commedia, Fantasy
Una femmina dovrebbe curare la sua bellezza, pensò Momotarō, con una considerazione poco cavalleresca; comunque nessuno del gruppo avrebbe osato tenere un atteggiamento meno che rispettoso con la loro Damiyo.**
Mentre gli stolti umani insistevano a tramandare il potere - generazione dopo generazione - solo in mani maschili, loro avevano eletto con totalità dei voti Suzuko, la decima del suo nome.***
La gatta effettivamente era più larga che lunga e quando si sedeva con solennità sul muretto del giardino dove tenevano le assemblee, coi suoi strati tondeggianti di pancetta e pelliccia candida, sembrava una gigantesca polpetta di riso; però parlandone ad alta voce, la sua stazza veniva definita ‘la maestà di un buddha’.
Momotarō si inchinò depositando ai suoi piedi un’aringa rosa, quale segno di devozione; altri doni mangerecci erano accumulati su alcuni sassi lisci, un vero attentato alla linea già inesistente della micia.
Alla sua destra e alla sinistra, le sagome snelle dei suoi due consiglieri formavano un contrasto interessante: il più anziano, Haisuke,**** si muoveva con lentezza facendo poco affidamento sul senso dell’equilibrio che non era più quello di una volta; in compenso le sue pupille conservavano tutta la brillantezza dell’intelligenza.
L’altro si chiamava Kurosuke: era un esemplare giovane, dal mantello setoso che lo rendeva una perfetta miniatura di pantera nera; le iridi giallo cupo spiccavano come topazi vicino all’onice.
Le sue movenze erano pura seduzione e i più maligni giungevano a vociferare che l’ultima cucciolata di Suzuko – quattro meravigliosi micini grassottelli, bianchi chiazzati di nero – avesse chiaramente il suo corredo genetico.
Alcune dame di compagnia, nonché cat-sitter dei piccoli, completavano la ristretta cerchia della corte dei felini di Nerima; una aveva il pelo color crema, l’ossatura sottile e i più incredibili occhi celesti mai visti nel quartiere.
La seconda era fulva, di razza persiana, come amava specificare parlando con orgoglio del pedigree della sua famiglia; Momotarō non era appassionato dei tipici tratti mediorientali, col nasino quasi inesistente e gli occhi perennemente spalancati, ma si sa cosa si dice delle rosse…
L’ultima era tigrata a strisce marroni e ruggine, una combattente nata: era la guardia del corpo di Suzuko e si raccontava che avesse messo in fuga addirittura due ragazzi malintenzionati facendoli scappare con le gambe segnate dal suo contrattacco.
Un pezzetto di orecchio mancante - perduto sul campo – era il suo attestato di valore in battaglia.
Gli altri gatti erano allineati formando un corridoio, lungo il quale colui che aveva domandato udienza avanzava per esporre la sua istanza.
“Quello che chiedi è un affare molto delicato; è passato così tanto tempo dall’ultima volta che è stato fatto da averne perso la memoria; tra noi non c’è alcuno che abbia assistito a qualcosa del genere, ho bisogno di rifletterci molto tempo”.
“Capisco, Damiyo”.
“Suzuko-sama”. Il vecchio gatto grigio si era fatto avanti, posizionandosi tra i due.
“Parla Haisuke-san: la tua saggezza è sempre stata preziosa nelle situazioni spinose”.
Il consigliere fissò le pupille verticali in quelle sincere di Momotarō.
“Per quale motivo vuoi farlo?”
“Il motivo”.
Quello che si disegnò sul musetto del felino era senz’altro un sorriso.
* Hakagure: raccolta dei principi dell’etica dei samurai, scritta nel 1906
** ‘Generale’ di un gruppo di samurai
*** ‘Conto’ dei personaggi di famiglie nobili di Game of Thrones che ereditano il nome dei loro antenati
**** Grigino e Nerino. Il suffisso – suke è tipico dei nomi (fantasiosi ...) di animali
‘Un buddha’, non Il Buddha