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Autore: Road_sama    18/07/2013    4 recensioni
-Sei una causa persa…senti, non vorrei chiederti questa cosa ma sono a corto di personale o meglio…non mi vengono idee migliori e poi-
-Inghilterra che c’è?-
-E’ un problema per te venire da me una settimana?-
{{UsUk}} /Accenni di RusAme e FrUk/
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Russia/Ivan Braginski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sono in mega ritardo! Scusateee! E' che sono stata abbastanza impegnata e poi nei momenti liberi non avevo molta voglia di mettermi a scrivere^^ Comunque...chiedo scusa lo stesso!  In questo capitolo vedrete  un accenno di UsUk, ma ancora niente di serio tranquille u.u Vi lascio valutare ;)
Buona Lettura!^^




Un Alfred da compagnia



Day 2
-America.-
-Americanotto.-
-Americanaccio.-
-Americanetto.-
-Americanino.-
-A-Alfred.-
L’inglese sospirò. Ma perché Alfred doveva avere un sonno così maledettamente pesante?!
Cominciò a scuoterlo più forte di quello che non avesse già fatto. Niente.
Gli si mise sopra e cominciò a tirargli sberlette sulla faccia. Di tutta risposta l’americano si voltò dall’altra parte facendo scivolare l’inglese giù dal letto. Si alzò cercando di rimettersi un po’ a posto il pigiama.
Aveva una fame tremenda e non era in grado di prepararsi la colazione; per non parlare del mettersi e togliersi il pigiama…
Prese bicchiere d’acqua nel bagno personale della stanza per gli ospiti. Si sedette al fianco di America e rimase un momento a fissarlo. Anche se era cresciuto di qualche anno aveva sempre la stessa espressione da bambino…e lo stesso sorriso.
Aveva esitato prima di chiamarlo perché lo temeva. Aveva paura della sua presenza. Aveva paura che potesse fargli male quella vicinanza. Era spaventato dal fatto che avere America di nuovo sotto lo stesso tetto potesse rievocargli molti, troppi ricordi che avrebbe già dovuto dimenticare.
La sua mano agì per lui e verso il bicchiere d’acqua direttamente nella sua faccia infantile.
-What the Fuuuuuuck!- esclamò Alfred alzandosi di scatto.
-Buon giorno bell’addormentato, non nel bosco ma nel mio letto.- ghignò Inghilterra.
-Ma ti sei bevuto il cervello?- Alfred osservò l’ora.
8:30
-Ma sei matto a svegliarmi nel bel mezzo della notte?!-
Inghilterra lo guardò storto.
-Notte?- chiese pensando di non aver capito bene.
America si distese.
-Ho un sonno tremendo!- sbiascicò tra uno sbadiglio e l’altro.
Inghilterra stava ancora pensando se fosse stato lui ad assumere qualche droga strana o fosse Alfred ad essere malato.
-Senti America…lo sai che non mi piace chiedere favori alla gente soprattutto se questa gente non ha voglia di fare niente, ma…- l’americano gli piantò gli occhi addosso. Arthur evitò il suo sguardo cominciando a guardare un punto impreciso del pavimento.
-Ma…il fatto è che…- America gli si avvicinò pericolosamente e lo osservò con sguardo indagatore.
-Ma…?- incalzò con un sorrisetto ebete stampato in faccia.
-Devi aiutarmi a togliermi il pigiama.- Alfred rimase per un attimo senza parole.
-E poi mi devi preparare la colazione perché ho una fame tremenda, idiotttt!- urlò l’inglese fuori di se.
L’americano scoppiò a ridere.
-Ah stupido America!- questa volta fu l’inglese a mettere il broncio.
-Va bene, va bene dammi un attimo che mi sveglio un po’.-
 
-Non si fa così.-
-E com-
-Devi prima far bollire l’acqua.-
-Attento! Potrebbero bruciarsi le uova! Forza girale!-
-E com-
-Prendi la spatola.-
-Prima si spremere le arance, America, devi tagliarle! Altrimenti mi spacchi lo spremi agrumi!-
-E com-
-Con questo coltello e a metà.-
Dopo svariate ore e con qualche uova bruciata o attaccata al soffitto (si America aveva provato a girare le uovo come gli chef in tv) riuscirono ad avere una colazione quasi decente. L’odore di bruciato inondava la cucina così, America prima di sedersi aprì la finestra. Il cielo era grigio e cupo, poteva cominciare a piovere da un momento all’altro.
-Sono più distrutto di ieri sera! Secondo me tu ci godi a vedermi lavorare, schiavista!- affermò America sorseggiando un po’ di caffè bollente.
-Nono sono uno schiavista! E’ che tu sei abituato al fast food ed è troppo facile.-
-Beh, è facile e buono!-
-Tsk! E’ una schifezza che ti rovina lo stomaco!-
-Non è vero!- America ci pensò un po’ su. –Oggi per pranzo ti faccio un hamburger!- disse raggiante alla fine.
-Non ci pensare neanche! Per oggi c’è il mio brodo.-
America lo guardò scioccato.
-Cosa?! Quando l’hai preparato?!-
-Mi ero preparato del brodo ancora prima di essere “ferito”, sapevo che chiunque fosse venuto qui mi avrebbe propinato qualche schifezza!-
Alfred posò la tazza nel lavandino.
-Beh te lo mangi, allora!- disse disgustato.
-Sarebbe ora che mangiassi sano anche tu! Oggi mangi brodo con me.
-Mi sono portato panini per una settimana! Non ci penso nemmeno a mangiare il tuo brodo!-
America fece per andarsene ma lo bloccò l’alzarsi di Inghilterra.
Arthur si avvicinò al freezer e afferrò con rabbia tutta la carne surgelata che aveva portato l’americano.
-Che vuoi fare ora?!- chiese America allarmato.
Inghilterra lo fissò severo e ad uno ad uno buttò tutta la carne fuori dalla finestra. Lo fece molto in frettain modo che l’altro non lo potesse fermare.
-Englaaaaand! What’re you doin’?!-
-Sto “pulendo” la mia cucina!- l’inglese aveva buttato fuori dalla finestra tutta la carne surgelata di America.
Alfred lo prese per il braccio sano.
-Are you crazy?! E’ la mia carne! Come farò a preparare il pranzo?-
-Te l’ho già detto, questa è la mia cucina e decido io cosa fare. Tutta quella carne non ti servirà, non ho intenzione di mangiare hamburger dalla mattina alla sera. Domani andiamo a fare la spesa. Oggi mangeremo il brodo.-
America sembrava sull’orlo del pianto.
-M-Ma…- tutto quello sembrava un maledetto déjà-vu, se n’erano accorti entrambi. –Go to Hell, England- disse America con tono piatto. Uscì dalla cucina sbattendo la porta.
 
-Inghilterra, il mio popolo non riesce a pagare le tasse. Devi assolutamente abbassarle.-
L’inglese alzò la testa dalle sue carte per un istante. I suoi occhi erano vuoti. Arthur era cambiato da quando era diventato suo tutore. Sorrideva di rado e ancora meno spesso uscivano insieme. E ora c’era anche la storia delle tasse. Cominciava ad essere una minaccia vivere sotto di lui.
-Non ti intromettere in queste faccende, America. So io quante tasse mettere queste sono più che accettabili.-
-Ma stanno morendo di fame perché non riescono a pagare.-
Inghilterra tornò alle sue carte.
-Vedrai se la caveranno in qualche modo.-
-Perché non vuoi abbassarle? Ti chiedo solo per un breve periodo!- urlò l’americano.
Inghilterra appoggiò la penna sulla scrivania con fare scocciato.
-Le tasse restano così come sono non si discute.-
America strinse i pugni.
-Vedremo se non se ne discuterà, England.-
 
Con molta fatica Inghilterra era riuscito a scaldarsi quel maledetto brodo. Ora se ne stava li, nel suo tavolino rotondo a fissare la sedia davanti a sé. La sedia che doveva essere occupata da America era ormai vuota da ore. Ad Arthur era passata perfino la fame.
Appoggiò il piatto ancora pieno di fianco al lavandino della cucina.
Aprì il frigo ed estrasse un pezzo di carne circolare. Non era riuscito a buttarli fuori tutti.
 
Aveva una fame tremenda, ma non sarebbe andato a supplicarlo di preparargli da mangiare. Di mangiare il brodo poi!
Aveva perso completamente la cognizione del tempo. Appena uscito dalla cucina era subito andato in camera sua e aveva preso a fissare il soffitto. Potevano essere passate ore come pochi minuti.
Era stato tentato di andarsene. Per un attimo gli era passato per la mente l’idea di riprendersi tutte le sue cose e ritornarsene a casa sua. Gli faceva tremendamente male litigare con lui. Non sapevo di preciso la ragione del suo “dolore”, solo non voleva litigare con Inghilterra. Non voleva ricordare quella maledetta guerra.
Qualcuno bussò alla porta.
-A-America…posso entrare?-
Silenzio.
-Vieni…-
Dalla porta di legno sbucò un Inghilterra piuttosto pallido con un piatto in mano. No, non c’era il brodo. C’era un hamburger alto dieci centimetri. Alfred si illuminò e afferrò l’hamburger senza il minimo ritegno. Inghilterra sorrise debolmente e poi si sedette sul letto insieme all’altra Nazione.
-Thanks  England!-
-Non pensare che l’abbia fatto per te!- disse acidamente.
-Ho solo bisogno di un favore…-
-Oh!Ma quanti favori mi chiedi oggi!- l’inglese lo ignorò e porse gli una cassettina del pronto soccorso arrossendo lievemente.
-H-Ho bisogno di qualcuno che mi medichi le ferite…-
A momenti America sputava fuori tutto l’hamburger. Appoggiò il piatto sul comodino e andò a lavarsi le mani. Appena tornato si rimboccò le maniche.
-Well, you need the hero, quindi…dove sono?-
Inghilterra si alzò in piedi e si sfilò il maglioncino color crema.
-Potresti togliermi la camicia?-
-W-What?- America era sempre più imbarazzato si vedeva anche lontano un miglio.
Alfred si alzò in piedi e cominciò a sbottonare la camicia bianca la quale scoprì una pelle chiara e incredibilmente liscia. America deglutì. Ora riusciva ad intravedere i cerotti giganti però, riuscì a vedere anche molte altre cicatrici, molte delle quali provenivano dall’epoca in cui Inghilterra era un corsaro. Ne vide un’altra, una che conosceva bene, proprio sul fianco sinistro. Risaliva alla Seconda Guerra Mondiale. Erano gli attacchi di Germania ed era stato proprio lui a salvarlo da una resistenza disperata.
-I-Io…che devo fare?- chiese America rosso in faccia. Arthur si sfilò del tutto la camicia e si distese sul letto.
-Per prima cosa devi togliere questi cerottoni, poi apri la cassetta e troverai una boccetta scura, è il disinfettante, versalo su quelle garze circolari.-
Alfred eseguì il primo ordine, sfiorando appena la pelle dell’inglese. Dio da quanto tempo non stavano così vicini? Un rossore spontaneo gli ricoprì le guance. Cercò di non farsi vedere dall’inglese voltando la testa dalla parte della cassettina del pronto soccorso. Versò il disinfettante e si voltò interrogativo verso l’inglese.
-Bene, ora passalo sulle ferite, poi prendi i cerotti nuovi.-
America appoggiò la garza su di una ferita. L’inglese gemette.
-Fai piano idiota.- ringhiò.
-Sorry.- 
America gli medicò tutte le ferite con precisione e delicatezza. Lui l’aveva chiamata una “disputa civile” ma quel braccio rotto e quelle ferite dicevano tutt’altro. Di tanto in tanto guardava il viso di Inghilterra che sembrava meno dolorante di prima.
-Sembri rilassato Inghilterra. Di’ che ti piace farti medicare da bei ragazzi!- lo provocò.
Arthur si voltò verso di lui rivelando un’espressione tra l’imbarazzato e l’altamente incazzato.
-Ma che cavolate dici?!-
America scoppiò a ridere.
-E poi saresti tu il bel ragazzo? Pff, perfino quel tuo Tony è più bello di te!-
-What?- L’americano appiccicò l’ultimo cerotto.
-Forse sei tu che in realtà vuoi fare l’infermiere.- ghignò Inghilterra rimettendosi, quanto poteva, la camicia.
-Certo! Sono nato per fare l’infermiere cosa credi! E il mio aiutante sarebbe Francis, mentre il mio paziente preferito saresti proprio tu.- sorrise maligno.
-Oh, you bloody pervert!-
  
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