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Autore: Lady Lee    19/07/2013    7 recensioni
L'amore non è una cosa facile.
Neanche per Beast Boy e Raven, che in questa storia si accorgeranno di amare, oltre ai pregi, anche i difetti l'uno dell'altra.
Ma non sarà semplice, perchè amare è difficile, però in fondo, basta ascoltare il proprio cuore.
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ehilà! Sono tornata! Dopo la Scozia, dopo tutto quello che è successo in tre settimane, sono ancora viva!
Perdonate il mio ritardo con l'aggiornamento, ma davvero in questo periodo c'è una confusione tale nella mia testa... xD
Allora, intanto vorrei ringraziere sempre tutti voi che recensite, avete inserito tra preferite/seguite la mia storia e anche voi che semplicemente la leggete, grazie mille! (sappiate che non mi stancherò mai di ringraziarvi...!)

Un grazie in particolare va ad AlexRae00, che mi segue sempre e mi fa emozionare con le sue recensioni <3 :3
Volevo dirvi, inoltre, che da un po' di tempo ho tolto l'OOC, seguendo il consiglio di Lady Maryon, che ringrazio perchè è sempre molto gentile =^)
Infine, vi chiedo una cosina piccola piccola... visto che oggi è il mio compleanno, come regalo me la lasciate una recensione piccina piccina? Grazie in anticipo (:
Bene, io vado a festeggiare il mio compleanno! Vi lascio al capitolo, spero vi piaccia ;)
A presto!


La luce e il chiarore dell’alba si diffondevano sullo spumeggiare del mare sotto la baia di Jump City. Il sole era sorto, e i colori caldi accoglievano un nuovo giorno riflettendosi sulle onde che si infrangevano sugli scogli, che Beast Boy riusciva a vedere ai suoi piedi.
Guardava l’aurora restando in silenzio, pensando che a lei sarebbe piaciuto essere lì. A Raven piaceva l’alba, con i suoi colori e le prime luci del giorno.
Seduto sul tetto, le gambe che dondolavano nel vuoto e lo sguardo fisso verso il cielo immenso, il mutaforma sentì una strana sensazione appena l’immagine di una Raven felice gli passò per la mente. Riusciva a vedere il suo sguardo contento, l’espressione rilassata e un sorriso sul volto.
Avvertì un brivido lungo tutta la schiena, poi il suo cuore cominciò a battere più forte, seguendo un ritmo diverso, dettato dall’amore e… dalla speranza.
Speranza: una parola tanto diffusa quanto difficile da compredere, tanto usata quanto utile.
In quel momento era proprio quello di cui aveva bisogno. Doveva sperare, e cercare di pensare che forse sarebbe andato veramente tutto bene.
Ma non era facile.                                            
Aveva provato a dimenticare, ma poi aveva capito che non ne valeva la pena, che non era necessario.
Aveva provato anche a non piangere, ma a cosa sarebbe servito? Non avrebbe dimostrato nulla.
Sarebbe rimasto quello di sempre, con o senza lacrime. Era la ragione del suo pianto che gli avrebbe cambiato la vita.
Ora però sentiva quella strana sensazione, la speranza, che gli si diffondeva in tutto il corpo, che forse l’avrebbe aiutato a non sentirsi così solo in quella mattina in cui osservava l’alba.
Guardando lo sguardo concentrato e l’espressione con un pizzico di felicità sul volto di Beast Boy, a Robin venne da sorridere. Si sedette accanto a lui, non disse niente.
Quei lunghi silenzi avevano cominciato a significare tanto per il mutaforma, da quando non c’era Raven a richiederli. Ogni tanto gli sarebbe piaciuto dover sentire ancora la sua voce arrabbiata, urla su urla per chiedere silenzio. Per un attimo, quasi tutte le volte, qualcuno smetteva di parlare, giusto per dare alla maga il tempo di rendersi conto che non ci sarebbe stata alcuna calma.
Aveva imparato a restare in silenzio, forse.
Aveva capito che era importante, contava davvero qualcosa sentire, anche solo per un minuto, nessun atro rumore al di fuori di quello delle lancette dell’orologio.
Però, non era bravo a mantenere il silenzio. Non quanto Robin.
Quella mattina fu il contrario. Fu proprio il leader del gruppo a interrompere la quiete, con grande sorpresa di Beast Boy.
-Oggi andiamo a farle visita, verrai?
Il mutaforma sospirò, poi guardò Robin alla ricerca del suo sguardo sotto la maschera. Annuì, e si rigirò ad osservare il cielo.
-Forse non ci credo davvero, ma ho voglia di pensare che andrà veramente tutto bene.- disse, la voce bassa e triste.
-Sarebbe più facile crederci, se ti dicessi che anche io voglio pensarlo?- un mezzo sorriso dipinse il volto di entrambi.
-Sarebbe più facile, se non ci fossero cose difficili.- sentenziò il mutaforma.
-Ma cosa faremmo senza le cose difficili? Quali ostacoli dovremmo affrontare?
-Non dovremmo guadagnarci la felicità, e questo non sarebbe neanche così positivo, se ci pensi.
Robin aveva un’espressione interrogativa e confusa. Effettivamente, aveva sempre pensato che a Beast Boy sarebbe piaciuto non dover sudare per ottenere qualcosa.
In generale, pensava che al mutaforma sarebbe piaciuto non dover muovere un dito, avere tutto alla sua portata.
-Non ti piacerebbe vivere con tutto quello di cui hai bisogno?
-Quello di cui ho bisogno è qualcosa che devo guadagnarmi. Non avrei la necessità di questa cosa, se fosse già mia.- disse il ragazzo verde, con un leggero sospiro.
Il leader dei Titans rivolse il suo sguardo al mare, riflettendo sulle parole di B.B..
Robin si era guadagnato tutto quello che aveva: una squadra, degli amici, una casa. Queste cose le aveva desiderate; e quel desiderio, quella voglia di ottenere la felicità, erano state la sua forza, qualcosa che l’aveva spinto ad andare avanti.
Cos’era però che dava la forza e il coraggio di andare avanti a tutti, in quel momento?
Beast Boy ci aveva pensato. E ci pensò anche il leader.
Ad una stessa domanda, una stessa risposta. Robin la sussurrò quella risposta, e il mutaforma riuscì a sentire quella parola, anche se pronunciata piano.
Una sola parola, più forte di altre cento messe insieme.
-Speranza…                   
B.B. si girò di scatto.
-Speranza.- ripetè Robin.
Il ragazzo verde accennò ad un sorriso rivolto all’amico.
-Speranza.- disse, convinto.
-Speranza!- urlarono in coro, guardandosi.
Ci fu tra i due uno sguardo d’intesa, e improvvisamente si sentirono più felici. Pensarono che non avrebbero deluso Raven, che avrebbero continuato a sperare.
Così, quel pomeriggio, all’ospedale, Robin e Beast Boy sapevano cosa avrebbero detto all’amica.
Starfire pianse, dopo aver mormorato qualcosa alla maga. Parole rassicuranti, probabilmente, che però non riuscivano a rassicurare nemmeno se stessa. I dottori dicevano che poteva sentirli, perciò anche Cyborg, con le lacrime agli occhi, le si avvicinò e le augurò di rimettersi in fretta.
Robin decise di sussurarle la parola “speranza” nell’orecchio,  e le accarezzò la fronte. Poi, si diresse verso Star e l’abbracciò, stringendola amorevolmente.
B.B. non entrò, neanche quel giorno.
Rimase seduto fuori, a guardarla, gi occhi lucidi e lo sguardo mesto, attraverso il vetro.
Nessuno gli disse niente, però. Gli sembrò anche strano, il fatto che i suoi amici non avessero insistito.
Forse aveva tante cose da dirle, aveva tanta speranza da trasmetterle, ma non ce l’avrebbe fatta. Non in quel momento, non sarebbe entrato nella stanza di Raven.
Osservava il suo volto pallido e le labbra serrate, gli occhi chiusi e i capelli viola che erano posati sul cuscino.
Una lacrima calda gli bagnò la guancia. Poi un’altra.
Poteva vedere Robin che stringeva Starfire tra le braccia, entrambi piangevano. Cyborg, lo sguardo triste rivolto alla maga di fronte a lui, non si seppe trattenere.
-Rae, torna presto.- sibilò la tamaraniana, con un filo di voce.
S’incamminò verso la porta e uscì, seguita dal leader e dal robot.
Si fermarono un attimo a guardare Beast Boy, ma lui non levò gli occhi dalla grande vetrata che lo separava da Raven.
Non sarebbe entrato nella stanza, questo i suoi amici l’avevano capito. Ma quando B.B. pensava che fossero andati via, gli comparve davanti un Robin affannato: aveva corso.
-Speranza…- disse il ragazzo mascherato, aspettando una risposta.
Il mutaforma socchiuse gli occhi, si asciugò le lacrime con la punta delle dita e poi guardò il suo leader negli occhi con espressione mesta.
Ripetè quella parola, piena di vita e di forza.
E poi, come se avesse ritrovato un coraggio perso da tempo, si alzò dalla poltroncina su cui era seduto.
Aprì la porta, che produsse un sono simile ad un cigolio. Entrò, con le lacrime agli occhi.
Le lacrime di un innamorato che cerca la sua amata in un mare di speranza.
  
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