Vi ringrazio per la fiducia e il sostegno che, capitolo dopo capitolo, mi dimostrate.
Vi auguro buona lettura e vi invito a recensire, lasciandomi una piccola ma ben accetta impressione su questo capitolo.
La tempesta ha ufficialmente inizio.
Un bacione,
Anna.
CAPITOLO
29
<<
Edward ha qualcosa che non va Rosalie. >>
<<
E cosa te lo fa pensare? >> chiede mia sorella, mentre
insieme stavamp
andando a scuola, con la mia macchina.
<<
E’ strano, a volte assente. Ieri dopo l’allenamento
si è limitato a portarmi a
casa e non ha voluto fermarsi a dormire con me, dicendomi che era
stanco. Già
altre volte abbiamo solo dormito, non capisco perché ieri
no. Ho paura che mi
stia nascondendo qualcosa.. >>
Mia
sorella alzò le spalle.
<<
Non so come aiutarti Bella.. Magari è semplicemente un
po’ stressato. Non
stargli tanto addosso. Gli passerà.. >>
Provai
ad auto convincermi delle sue parole, ma era più forte di me.
Quando
posteggiai nel primo posto libero che trovai, lei mi prese la mano dal
volante
e mi costrinse a guardala dritto negli occhi.
<<
Dico sul serio. Poi, dopo che vedrà la sorpresa che gli hai
preparato per
domani sera.. beh.. le cose si aggiusteranno.. >>
Con
un sospiro di assenso, presi la mia cartella e uscii dalla macchina.
Lui
ed Emmett, come sempre erano lì sul piazzale ad aspettarci.
Dopo
aver salutato il fratello, mi specchiai nei suoi bellissimi occhi, lui
mi
sorrise subito, afferrandomi i fianchi.
<<
Buongiorno paperotta.. >>
Sorrisi,
forse, i miei, erano stati tutti castelli per aria.
<<
Buongiorno a te. Non immagini neanche quanto ho sentito la tua mancanza
stanotte.. >>
Mi
baciò teneramente.
Forse
la mia stima su di lui era stata del tutto sbagliata, perché
da quanto mi
sembrava era tutto perfettamente normale.
<<
Come sono carine oggi le gemelline! >>
Mi
girai di colpo, scazzata del tono usato dall’arpia.
Tanya
era lì, a pochi metri da noi con tutte le sue tirapiedi
intorno, ci mancava
solo più quella scocciatura.
Fu
mia sorella a rispondere.
<<
Tanya.. non hai nessun altro stamattina a cui rompere i coglioni?
>>
Diretta,
ma efficace, perché l’arpia sembrò un
po’ risentirsene.
Edward
continuò a tenermi per i fianchi, forse perché
pensava che avrei aggredito
Tanya? Ma per chi mi prendeva? Non mi sarei mai sporcata le mani.
Continuò
a fissarci molto scontenta, ma poco prima che distogliesse lo sguardo,
mi
accorsi che in verità non stava guardando tutti noi, ma
Edward in particolare.
E
questa cosa non mi piacque per niente.
†††
I
balli non erano mai stati la mia gioia. Però ero sempre
stata piuttosto brava a
mascherarlo, soprattutto con mia madre e tutti i suoi amici.
Ma
il ballo a cui io, Edward, Rose ed Emmett eravamo appena arrivati era
veramente
bello.
Era
stato organizzato da mia nonna, Esme e altre donne che facevano parte
di
un’associazione di bambini bisognosi, che vivevano
nell’orfanotrofio a poca
distanza dalla città. Nel quale al momento ci trovavamo.
Più
che un ballo vero e proprio mi sembrava quasi di essere stata
proiettata in una
scena di qualche cartone animato: con gli adulti vestiti eleganti e i
bambini
allo stesso modo, ma in miniatura.
Tra
la folla notai subito anche Alice, che saltellando qua e là,
aggiustava
l’abbigliamento di qualche bambino. Era stata geniale, si era
preoccupata di
trovare a tutti i bambini un vestito, il più delle volte
cucendolo lei stessa.
Non
riuscivo ancora a capire dove e come avesse trovate il tempo.
<<
Ragazzi siete arrivati! Non è stupendo? >>
chiese mia nonna, fasciata da
un bel vestito argento.
<<
La festa è molto bella, ma tu nonna sei stupenda!
>>
<<
Alice, tutto merito di Alice.. Ma accomodatevi e servitevi pure! Bella?
Tu che
sei brava con i bambini avrei bisogno del tuo aiuto. Puoi venire un
attimo per
favore? >>
Annuii,
alzai la gonna del vestito e iniziai a seguirla.
Quando
arrivai a metà delle scale mi girai e notai Edward che mi
guardava, gli feci un
cenno e in un attimo fu al mio fianco, bello e splendente in smoking.
<<
Guarda che se vuoi puoi andare anche senza di me.. >>
<<
Ma io non riesco a stare senza di te. >>
Rimase
zitto, continuando a sorridermi.
<<
Piccioncini? >>
Contemporaneamente
ci voltammo verso mia nonna, che ci guardava con un mix di
felicità e
agitazione sul volto.
Salite
le scale, la seguimmo per un lungo corridoio, fino a una stanzetta,
dalla quale
proveniva il pianto di una bambina e la voce dolce di Esme.
<<
No, non voglio scendere.. >> disse la bambina
piagnucolando.
<<
Fate qualcosa ragazzi, mi dispiace che lei non si possa godere la festa
come
gli altri.. >>
Feci
un sorriso d’incoraggiamento a mia nonna, prima di entrare
nella stanza.
C’erano
tre lettini, di cui uno era a castello. Seduta, per terra
c’era una bambina con
un vestitino blu di tulle, era molto carina.
Aveva
dei capelli biondi lunghi fino alle spalle e un faccino piuttosto
disperato,
dato che piangeva e aveva un dito in bocca, oltre a un pupazzo a forma
di
coniglio nell’altra mano.
Più
o meno aveva sei anni massimo.
Esme,
in un vestito color pesca, era seduta su un lettino e le accarezzava
teneramente la testa, mentre alle sue spalle in piedi, c’era
un’altra signora.
<<
Oh! Ciao Bella.. Meno male che sei arrivata! Perché questo
angioletto non vuole
proprio ascoltarci.. >>
Sorrisi
alla bimba, che tra le lacrime mi stava guardando attentamente.
La
madre del mio ragazzo, dopo avermi dato un bacio sulla guancia,
uscì con mia
nonna e la signora.
<<
Edward vieni fuori un attimo, che ti devo parlare.. >>
A
malapena sentii la porta che si chiudeva alle mie spalle,
perché il mio sguardo
era attentissimo nel cogliere qualsiasi segnale dalla bambina.
Si
era un po’ rilassata, ma continuava comunque a singhiozzare.
Il
problema era che non sapevo proprio cosa fare, immaginai che Esme
l’avesse
abbracciata, rincuorata, ma nonostante tutto non aveva sortito alcun
effetto.
Per
quanto ero brava con i bambini, non trovai nulla di meglio che farmi
guidare
dal mio istinto.
Afferrai
il vestito lungo dal fondo e, facendo attenzione a non rovinarlo e a
non
sporcarlo, mi sedetti a qualche spanna dalla bambina. Stranamente non
si
ritrasse, continuò semplicemente a mantenere la sua
posizione.
<<
Ciao piccola! Io sono Bella e tu come ti chiami? >>
<<
Non.. non voglio scendere.. >>
Le
sorrisi con il sorriso più incoraggiante e affabile che
conoscessi.
<<
Neanche io.. sai? Queste scarpe mi fanno maledettamente male e se non
ti
dispiace rimarrei un po’ qui insieme a te.. >>
Non
mi rispose, ma per tutto il tempo in cui mi tolsi le scarpe e le
appoggiai
davanti a me, continuò ad osservarmi.
Chiusi
gli occhi e appoggiai la testa al materasso.
Passò
qualche istante di silenzio, fuori dalla porta non sentivo niente, se
non
qualche rumore della festa un po’ attenuato.
Speravo
solo che Esme non rivelasse nulla ad Edward della sorpresa.
<<
Mi chiamo Kate.. >>
Aprii
gli occhi.
<<
E lui è Tippete. >>
Alzò
il coniglietto, per permettermi di vederlo.
<<
Mmm.. ha un nome famigliare. E’ mica il migliore amico di
Bambi? >>
Annuì.
Non so come ma riuscii a farle uscire un piccolo sorriso.
Mi
avvicinai un pochino.
<<
Perché non vuoi scendere? >>
Il
suo labbrino iniziò a tremolare, mi fece una gran tenerezza.
Automaticamente mi
avvicinai a lei e le appoggiai una mano sulla spalla, non la
scostò, ma
semplicemente si appoggiò a me, iniziando a piangere
disperata.
Cavolo,
forse avevo sbagliato qualcosa nel mio approccio.
Tra
un singhiozzo o l’altro capii che il suo dolore non era
dovuto solo a qualcosa
di materiale, ma a qualcosa di ben più profondo.
Il
fatto che non sapevo nulla sulla storia di come Kate era arrivata in
quel
posto, mi rendeva un po’ nervosa, ma cercai al meglio delle
mie possibilità di
non farglielo vedere.
<<
Pulcina.. perché piangi? Sotto c’è una
festa, dovresti essere giù a divertirti
con tutti i tuoi amici.. no? >>
Se
possibile il pianto aumentò ancora di più.
Altro
che brava a trattare con i bambini ero un vero e proprio disastro.
<<
Non.. non.. voglio la mia mamma! >>
Non
potevo, per ovvie ragioni, chiederle dove fosse la madre,
l’unica cosa che
potevo fare era cercare di confortarla.
<<
La mamma non sarebbe contenta di vederti piangere tesoro..
>>
<<
Lei.. lei è su in cielo con gli angioletti.. >>
Il
mio cuore si fermò, non sapevo per via diretta che cosa
significava, ma potevo
immaginare che cosa, già ad un età
così tenera avesse dovuto provare.
Al
solo pensieri mi veniva a me da piangere.
Ma
qualcuno di grande e forte ci doveva essere, quindi avrei fatto il
possibile
per farla tornare a sorridere e portarla sotto a divertirsi con i suoi
amici.
<<
Beh.. >>
Non
avevo idee.
Che
cosa avrei mai potuto dire che non sembrasse stupido o fuori luogo?
<<
E.. e non.. mi piace.. il vestito.. >>
Il
vestito? A me sembrava stupendo, non c’era niente che non
andasse.
<<
Non sono d’accordo con te. Il vestito è molto
bello sai? >>
Mi
guardò, forse non credendo alle mie parole. Le sue ciglia
erano pieno di gocce.
<<
E’ blu.. mentre Lizzie ce l’ha rosa..
>>
Ops.
Per
fortuna ero riuscita a sviare il discorso dalla madre al vestito.
Ma
ora, che cavolo mi potevo inventare?
<<
Non lo sai che il blu è il colore delle principesse?
>>
Entrambe
ci girammo di scatto.
A
poca distanza da noi c’era Edward, che ci guardava con una
strana luce negli
occhi.
Kate
era completamente abbracciata a me, mentre io le stavo accarezzando i
capelli,
nel tentativo di calmarla.
Il
mio ragazzo aveva un sorriso dolce, di quelli che ti sciolgono come
ghiaccio al
Sole.
La
piccola si nascose sotto la mia ascella, un po’ timorosa.
<<
Non è vero. Il rosa è il colore delle
principesse. >>
<<
Credo proprio di no. L’hai mai vista Cenerentola?
>> chiese,
avvicinandosi e sedendosi vicino a me.
Sia
io, che Kate annuimmo come incantate alle sue parole.
<<
Beh.. il vestito che le regala la fata turchina è
sull’azzurro.. >>
Era
stato forte, a me non era assolutamente venuto in mente in quel momento.
<<
E poi vedi Bella? Lei è una principessa, la mia principessa!
Ed è vestita di
blu.. >>
Appoggiò
una mano sulla mia nuca scoperta.
Le
sue parole mi avevano completamente sorpresa. Aveva detto la mia
principessa?
<<
E’ vero? >> chiese Kate curiosa, solo
più con le tracce delle lacrime
sulle guancie.
Non
sapevo che rispondere. Ma optai per una pseudo verità.
<<
Si, è vero.. E lui è il mio principe, sai?
>>
Lo
guardò con i cuoricini agli occhi. Aveva sei anni, potevo
concederglielo.
<<
E come si chiama? >>
<<
Edward, piacere. >>
Le
allungò la mano, ovviamente senza farselo ripetere Kate
l’afferrò subito, con
la sinistra.
<<
Io sono Kate.. >> disse incantata.
Rimanemmo
tutti e tre qualche istante in silenzio.
<<
Anche il mio papà ha gli occhi come i tuoi..
>>
Vabbè
che era una bambina, ma come verbo non aveva usato il passato. Forse il
padre
era ancora vivo? Lo sperai vivamente.
Edward
si limitò a sorriderle.
<<
Allora.. non vuoi proprio scendere a mangiare dolcetti e a sentire un
po’ di
musica? >> chiesi, cercando di distrarla un po’
dal mio ragazzo e
affrettando i tempi, dato che tra un po’ sarebbe partita
l’operazione sorpresa.
Abbassò
gli occhi. Forse, forse l’avevamo convinta.
<<
Posso far finta che mia mamma sia la mia fata turchina che mi ha reso
il
vestito magico? >>
Solo
i bambini potevano essere così genuini nella loro innocenza.
Li adoravo.
<<
Ma certo pulcina.. e il tuo, a differenza di quello di Cenerentola non
scomparirà a mezzanotte. >>
Mi
sorrise felice, prima di oscurarsi un po’.
Mi
dispiaceva molto vederla in quello stato, ma non sapevo proprio come
aiutarla.
Poi,
una leggera carezza della mano di Edward fino alle scapole, mi fece
venire
un’idea.
<<
E vuoi saperla una cosa pulcina? Giusto per far vedere a Lizzie che una
vera
principessa veste in blu e non in rosa? >>
Mi
guardò speranzosa, aprendomi ancora di più il
cuore.
<<
Ti impresto il mio principe. Scenderai le scale con Edward.. ti va?
>>
Non
avevo chiesto conferma al mio ragazzo, ma conoscendolo sapevo che gli
avrebbe
fatto solo piacere.
In
un attimo, Kate si alzò, appoggiò Tippete su
quello che doveva essere il suo
cuscino e iniziò a guardarci, quasi esortandoci ad alzare le
chiappine e a
muoverci.
Mi
venne in mente un’altra idea e una volta in piedi, afferrai
le scarpe e mi
catapultai fuori dalla stanza, non prima di aver urlato di aspettarmi
dentro
per un attimo.
Conoscevo
una terza cosa che l’avrebbe resa ancora di più
una principessa.
Stavamo
camminando nel corridoi.
In
tutto ero stata via dieci minuti, il tempo di andare a cercare, con
l’aiuto di
Alice, un piccolo diadema di plastica, ritornare in camera, pulire i
rimasugli
di lacrime e uscire dalla porta.
Ora
Kate era sorridente e perfetta mano nella mano tra me ed Edward.
Un
piccolo nodo allo stomaco mi indusse a non partire in quarta con i
castelli per
aria, includendo me, Edward e un piccolo lui o una piccola Bella.
Girandomi
a guardarlo però scorsi qualcosa nei suoi occhi che mi fece
accelerare di molto
il battito cardiaco.
Arrivati
all’inizio delle scale, cercai di staccarmi dalla piccola
manina di Kate, ma
lei, stupendomi, non me lo permise.
<<
Voglio anche te.. >>
E
quelle piccole tre paroline mi commossero quasi.
Quella
bambina era davvero una principessa, molto, ma molto speciale.
<<
Bella.. mi devo fidare della tua guida? >>
Lo
guardai male, anche se con la benda che gli copriva gli occhi non
poteva
vedermi. Come si permetteva a dirmi una cosa del genere? La mia guida
era più
che perfetta.
O
quasi.
<<
Edward mi stai innervosendo.. >> dissi, con un sorriso.
<<
Dovevo immaginarlo che tu, mia madre e mio fratello mi stavate
nascondendo
qualcosa. Sono bravissimo ad annusare l’aria di bugie e tu,
oltre a non essere
capace a mentire, non sei neanche capace a nascondere la tua
agitazione. E’
stata palpabile in questa settimana. >>
Evitai
di dirgli che per la maggiore la mia agitazione non era stata solo per
la
sorpresa, ma anche per il fatto che lui hai miei occhi era piuttosto
strano.
Mi
sedetti al posto di guida, dopo aver cambiato scarpe.
Mezz’ora
di viaggio con i trampoli che indossavo non erano il massimo.
Soprattutto
alle undici di sera.
<<
Allora.. partiamo? >> chiesi già su di giri.
Non
vedevo l’ora di arrivare a destinazione e vedere la faccia di
Edward.
<<
Aspetta.. hai la vibrazione nel cellulare? >>
Mi
bloccai con la mano sulla chiave, presi la pochette che avevo
appoggiato sulle
sue gambe e l’aprii in cerca del cellulare.
Effettivamente
stava suonando, ma il silenzioso non mi aveva permesso di sentirlo.
C’erano
circa dieci chiamate senza risposta.
Era
Carmen. Che fosse successo qualcosa?
<<
Pronto? >> risposi titubante.
<<
Oh Bella! Finalmente sono riuscita a mettermi in comunicazione con te..
Scusa
se ti chiamo a quest’ora! >>
Dalla
voce capii che era molto agitata.
<<
Figurati Carmen.. E’ successo qualcosa con Elazar o le
ragazze? >>
<<
No no.. Bella non ti è arrivata nessuna comunicazione dallo
Staff della
Nazionale? >>
<<
No? >>
<<
Bella io non so come dirtelo.. ma devi saperlo! Non so come ma il tuo
nome non
è più segnato tra le convocate sul sito internet.
Appena l’ho visto ti ho
chiamata la prima volta, ma tu non mi hai risposto. Allora ho chiamato
il
Mister ma non ha saputo darmi nessuna informazione. Così ho
provato a chiamare Reginald,
quello che si è occupato delle nostre interviste e del
resto.. >>
La
sentii prendere fiato un attimo, io invece, avevo smesso di respirare.
<<
Beh mi ha detto che in pratica qualcuno degli sponsor ha avuto da dire
sul
fatto che sei la figlia del Presidente del Calcio e che quindi la tua
candidatura era del tutto scontata e fuori luogo. >>
<<
Co.. come? Io.. non.. >>
La
sorpresa mi aveva totalmente cancellato la facoltà di
parola.
Mi
accorsi che le prima lacrime stavano facendo capolino dai miei occhi.
Ci
tenevo così tanto a rappresentare il mio paese al mondiale,
ma ora tutto
l’impegno che avevo messo in quegli anni sarebbe andato a
farsi fottere per un
stupido pregiudizio.
<<
Bella stai bene? >>
Sentii
Edward che mi scrollava il braccio, si era tolto la benda e mi guardava
preoccupato.
Dall’altra
parte del cellulare anche Carmen era piuttosto preoccupata.
<<
Bella mi dispiace tantissimo ma ho pensato che fosse giusto dirtelo
prima di
saperlo da qualcun altro o dai giornali. Sappi che noi cinque ti stiamo
vicino
e siamo disposte anche a rinunciare al posto per
solidarietà. Perché tu il
posto te lo meriti davvero! >>
Sentendo
le sue parole, mi commossi ancora di più e mi fu quasi
impossibile salutarla e
dirle che ci saremmo sentite l’indomani, ringraziandola per
avermi avvisato.
Una
volta che chiusi la chiamata, rimasi come in trans a guardare lo
schermo nero.
Edward
mi prese il mento e mi girò il volto verso di lui.
Fu
quando i miei occhi incontrarono i suoi che mi resi realmente conto
della
situazione e mi buttai, piangendo disperata, tra le sue braccia, come
qualche
ora prima aveva fatto la piccola Kate con me.
Non
ci sarebbe stata alcuna sorpresa.