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Autore: Paddy_Potter    19/07/2013    0 recensioni
Cos'è successo quella notte? Perché Sirius è scappato di casa? Dove è andato? Com'è avvenuto questo paragrafo della vita del nostro Felpato che si accenna solamente?
Questa storia parla di dolore, tristezza, perdita, ma anche di amicizia e promesse rinnovate.
Verranno svelati nuovi segreti, tra le peripezie dei nostri malandrini, con una guerra ad aspettarli, con tutto ciò che possono combinare i nostri sedicienni preferiti!!
Nel primo capitolo...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Potter, Orion Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Alla ricerca dell'ippogrifo perduto

 

 

 

 

No, no, no, NO! E adesso dov'è finito?!” esclamò James davanti alla cascina impeccabilmente, totalmente, desolatamente vuota.

Ad Hagrid glielo dici tu.” sentenziò Sirius.

 

 

 

La cascina di legno si stagliava impeccabile nel mezzo della radura, le assi di legno chiaro illuminate dal candido sole delle dieci di mattina e interrotte quà e là da ciuffi d'edera selvatica che si arrampicava verde fino al tetto. Una scena idilliaca, se non si considerava la situazione.

Quattro ragazzi comparvero in fondo allo spiazzo: anche Remus e Peter erano a casa Potter, li aveva invitati James per tirare su il morale di Felpato. Sarebbe meglio precisare che, in realtà, tre ragazzi comparvero, rossi in volto e affannati, dalla foresta. La quarta creatura era più paragonabile a una mongolfiera che era improvvisamente precipitata al suolo e si sgonfiava lentamente: Peter sembrava veramente sull'orlo di un collasso.

"P...perchè...m..mi fa...fate sempr...e corre...re?" riuscì a biascicare Codaliscia, tentando contemporaneamente di immettere ossigeno nei polmoni.

Nessuno gli diede retta e il poveretto si sdraiò sfinito sull'erba.

"È vuota!! È vuota, Sirius, mi sono dimenticato di venire qui quando siamo tornati dalle vacanze!! Mantobianco è scappato!! Hagrid ci ammazzerà!"

"Hagrid ci ammazzerà? Guarda che sei stato tu a farlo scappare!"

"Sì, ma voi siete miei amici e mi avete convinto voi a portarlo qui!"

"Tu sei fuso, Potter! Ma dove hai lasciato il cervello, tra i cuscini in Sala Comune?!"

"Non lo so! È che sono successe tante cose, la guerra, i Mangiamorte e tutto! Io...io mi sono dimenticato..."

Ramoso crollò sulle ginocchia. Si erano impegnati così tanto per salvare l'ippogrifo di Hagrid e ora lui l'aveva perso! Hagrid ci sarebbe rimasto malissimo, come minimo l'avrebbe odiato a vita!

"Dai, Jamie, non fare così, adesso lo ritroviamo!" Remus si inginocchiò accanto all'amico "Insomma, quanto può essere grande questo bosco?!"

"Abbastanza..."

"Stai tranquillo, Jim" aggiunse Felpato, sicuro come sempre "Adesso troveremo un modo per ripescare quell'ippogrifo. E poi, abbiamo tutta l'estate!"

"Non esattamente..." lo contaddisse Ramoso, alzando l'indice con una vocina sottile e il tono chi l'ha fatta grossa.

"Che vuol dire "non esattamente"?" chiese Sirius, abbandonando il tono sicuro per passare a quello accusatorio "James, che altro hai fatto!?"

"Mi sono messo d'accordo con Hagrid l'ultimo giorno di scuola e..."

"E..."

"...e dovrebbe venire a prendere Mantobianco questa notte per portarlo in un posto più sicuro." concluse James guardando implorante il fratello.

"James, scusa tanto, ma devo proprio dirtelo: sei un gran c..."

"Lo so, lo so! Ok, adunata malandrina! Abbiamo circa una quindicina d'ore ore e dobbiamo perlustrare l'intera foresta. Possiamo farcela, ma dobbiamo dividerci: Remus, tu seguirai il sentiero che porta a sud e cercherai nei dintorni del Lago Blu; Peter, tu prenderai il sentiero verso est e guarderai vicino al Vecchio Mulino; Sirius, tu andrai sul sentiero che porta ad ovest, dalle parti del Bosco Rosso, fino alla brughiera e io andrò a nord, verso lo Stagno dei Lillà e le cascatelle. Ora chiamo Tawny e le dico di dire ai miei che passeremo la giornata ad esplorare il bosco, così non si preoccuperanno. Ci ritroviamo qui questa sera prima di cena. Tutto chiaro?" aggiunse sorridendo speranzoso verso gli amici.

"No." risposero quelli in coro. Solo James conosceva così bene quel bosco, loro non avevano la minima idea di dove fossero tutti i luoghi che aveva nominato fino a quel momento.

"Oh, ok...Tawny, vieni qui!" ammise Ramoso.

L'elfa comparve un secondo dopo. "Sì, padroncino?"

"Ti ricordi quelle mappe del bosco che ci sono in archivio nello studio di papà?"

"Certo, padroncino. Gliele porto?"

"Sì, grazie e potresti anche prepararci dei panini? Oggi andremo in esplorazione e torneremo per cena..." continuò.

"D'accordo. Devo avvisare i suoi genitori?"

"Sì, ma il tutto più veloce che puoi. Dobbiamo sbrigarci. Mantobianco è scappato!"

"Mi dispiace molto, padroncino. Aveva detto che se ne sarebbe occupato lei quando è tornato a casa e io non sono più venuta a controllare."

"Certo, Tawny, lo so, non è colpa tua. Ti prego, fa in fretta!"

L'elfa scomparve, lasciando i Malndrini in attesa.

"Ok, possiamo farcela, dobbiamo solo avere un po' di fortuna. Non è un piano così impossibile!" tentò Remus.

"Sì, quanto vuoi che sia grande questo bosco?!" aggiunse Sirius, di nuovo col suo fare sicuro.

"Un terzo di quello di Hogwarts." rispose James, lo sguardo puntato su un interessantissimo filo d'erba.

"CHE COSA?!" esclamarono gli altri tre (Peter si era ripreso e aveva raggiunto la cascina con gli altri).

"Ti conviene affinare l'olfatto, Felpato, hai un bel po' da annusare!" ghignò James malandrino, spostando lo sguardo sul fratello.

"Tu non sei fuso, Jim, tu sei fulminato!" gli ringhiò Sirius di rimando.

Dopo cinque minuti, Tawny ricomparve nella radura con le mappe e i panini e Ramoso sipiegò ai ragazzi come era fatta, più o meno, la zona che ciascuno doveva perlustrare. I signori Potter si erano dimostrati d'accordo con la "giornata esplorazione" e li aspettavano per cena.

"Ok. È una questione seria. Dovete stare attenti a non perdervi o ci potremmo mettere parecchio a ritrovarvi." li ammonì James, un po' più cupo.

Fu sollevato di vedere che anche i suoi amici non ci ridevano sopra, ma erano già concentrati sui propri compiti perchè annuirono tutti con aria seria.

"Perfetto. Ci ritroviamo qui alle sette di questa sera. Buona fortuna a tutti! Se trovate Mantobianco, tornate qui alla cascina e sparate scintille rosse."

"Ci si vede, ragazzi!"

"State attenti."

E i quattro si avviarono ciascuno verso il proprio sentiero.

 

*******************************************

 

Erano quasi quattro ore che camminava lungo il sentiero e aveva anche già mangiato il suo panino, ma non c'era ancora nessuna traccia di Mantobianco.

Remus avanzava nella foresta, camminando tra faggi e tigli sempre verso sud; il profumo di bosco permeava l'aria, ancora più intenso dopo la pioggia dei giorni precedenti. Teneri raggi freschi riuscivano ad attraversare la coltre verde sopra di lui, illuminando il sentiero ricoperto di foglie secche e scricchiolanti. Si era anche allontanato dal sentiero per cercare tracce di Mantobianco, ma niente: la creatura sembrava scomparsa.

Era giunto ormai alle propaggini della foresta e la vegetazione si diradava lentamente, lasciando sempre più spazio alla luce solare.

Alla fine, il sentiero sbucò in una ampia vallata, lasciando un Remus a bocca aperta davanti allo spettacolo che si ritrovava davanti: il Lago Blu si stagliava maestoso nel mezzo della pianura, la superficie blu scuro illuminata da lamine dorate nel primo pomeriggio. Il sole era ancora alto e le ombre erano corte. Nonostante questo, il gruppo di querce poco lontano dalla riva offiva un buon riparo dove fermarsi a riposare e ammirare il paesaggio.

Lunastorta si sedette, appoggiando la schiena alla corteccia ruvida e lasciando che la brezza fresca gli accarezzasse piano i capelli. Profumi di fiori sconosciuti lo raggiungevano, mentre si abbandonava a quella quiete. Il cielo si rispecchiava pigro sulla superficie leggermente mossa del lago, le nuvole mutavano forma goffamente, quasi rotolassero in quel prato azzuro terso. Il suono di qualche giocosa onda che s'infrangeva contro i canneti accompagnava l'allegro cinguettare degli uccelli che svolazzavano a pelo d'acqua, stirando leggermente la superficie del lago con la punta delle ali.

La piana si estendeva placida fino alle montagne bluastre all'orizzonte e sembrava sospirare in quella gradevole giornata estiva.

Quel luogo trasmetteva un infinito senso di mitezza, assorto nel suo silenzio rumoroso che aleggiava indisturbato.

Remus si domandò perchè James l'avesse mandato lì: quel posto rispecchiava alla meraviglia il suo carattere, tranquillo e sereno, miracolosamente vitale, ma, allo stesso tempo, immobile.

O forse l'amico gliel'aveva assegnato a caso. Già, perchè, anche se solo una volta al mese, lui era tutt'altro che tranquillo...

Dopo qualche altro minuto di riposo e contemplazione, Remus si alzò e riprese la ricerca di Mantobianco nei dintorni del Lago Blu, ma, dato che dell'ippogrifo non c'era traccia, si girò e si incamminò di nuovo verso la cascina.

Sperava che i suoi amici avessero avuto più fortuna di lui, ma nessuna scintilla rossa aveva ancora varcato il cielo.

Si bloccò un attimo a guardare la distesa azzurra e notò che questa prendeva un aspetto decisamente tetro verso ovest, dove nuvole grigio-giallastre la varcavano velenose e acide. Sperò soltanto che Sirius stesse bene.

 

*******************************************

 

Peter avanzava da poco più di due ore verso est, seguendo il sentiero verso il Vecchio Mulino: il nome non prometteva nulla di buono. Ma che cavolo era saltato in mente a James per mandarlo in un posto che si chiamava così? Perchè, un posto che si chiama "Vecchio Mulino", non ispira esattamente il pensiero di un luogo soleggiato, asciutto e con tanti fiorellini, ma un posto umido, probabilmente ombroso e con una catapecchia di roccia e ferro mezza crollata.

E fu più o meno questo lo spettacolo che Codaliscia si ritrovò davanti quando arrivò alla fine del sentiero, sbucando in una verde radura.

Nella foresta di faggi si faceva largo quel piccolo spiazzo, dove il clima inglese aveva favorito la crescita di un manto erboso di un verde scuro e uno spesso strato di muschio. Nel mezzo della radura si ergevano i muri portanti di quella che una volta doveva essere stata una casa a fianco al mulino: gelida roccia ingrigita dal tempo e ricoperta di chiazze scure, bagnata al tatto a causa dell'umidità. Il tetto era crollato e giaceva a terra, abbandonato tra i rampicanti che vi si facevano strada attraverso. Accanto al rudere, un ruscello spumeggiante gorgogliava saltellando sulle rocce e aggirando quello che era rimasto del mulino. Una ruota di ferro con parecchie pale giaceva arrugginita e parzialmente rotta, abbandonata al suo destino come tutto il resto del luogo.

Dai lati dello spiazzo, gli alberi sembravano accasciarsi cupi verso l'erba alta, che immobile si ergeva a causa dell'assenza di vento.

La natura sembrava esercitare una qualche sorta di potere su quel luogo, quasi fosse stata incantata, e questo fece rabbrividire Peter, che si costrinse ad avanzare di malavoglia verso quelle rovine.

Niente poteva resistere per sempre, nulla poteva rimanere integro e intatto di fronte alla sconfinata forza di una foresta. Quel luogo ne era la prova. La casa e il mulino erano crollati sotto al loro peso, dimostrando come le cose umane possano tramontare in fretta; l'erba cresceva veloce e fitta, ricoprendo, insieme ai rampicanti, i resti del passaggio degli uomini; la foresta si stava riprendendo il terreno di cui era stata privata, avanzando con nuovi alberi e arbusti, strappando in ogni momento altri pezzi di terra che le appartenevano, cancellando poco alla volta ciò che avevano costruito gli uomini, scomparsi per chissà quale motivo lasciando i cocci del loro passagio in balia della natura spietata.

Ormai Peter tremava incontrollabilmente e, chiamato un paio di volte il nome dell'ippogrifo, si girò e riprese il sentiero che lo aveva portato lì, correndo più veloce che poteva per allontanarsi da quel luogo.

 

*******************************************

 

Sirius si era trasformato subito in Felpato e si era incamminato lungo il sentiero che portava ad ovest, affinando l'olfatto in cerca delle tracce di Mantobianco.

Erano ormai diverse ore che camminava infruttuosamente tra alberi e arbusti: in quei boschi, anche se il tempo sembrava non passare mai.

Alte betulle si ergevano a fianco a lui, con i loro tronchi chiari la cui sottile corteccia secca si sfogliava poco a poco, e grigie rocce ostruivano il sentiero, accatastate alla base dei tronchi arborei. Vi erano anche fitti raggruppamenti di arbusti, che costituivano la maggior parte della vegetazione. Erano arbusti rossi: rosse le basi, rossi i fusti, rosse le foglie. Era un rosso scuro, come sangue secco, ma di una tonalità più morbida, che era quasi possibile, immaginando, vedere scendere gocce purpuree a terra.

Sirius scostò lo sguardo: era un paesaggio ipnotico, tutto quel rosso, mescolato al marrone secco della terra, unito al bianco spettrale delle betulle...Anche il cielo si era rannuvolato, nuvole grigio-bianche che sembravano precipitare verso il suolo sovrastavano le cime degli alberi.

Decise di avanzare ancora per poco, solo per controllare dietro all'ultima svolta qualche metro davanti a lui.

Girato l'angolo, vide quella che James aveva chiamato brughiera: una landa grigia e disseminata di rocce si stagliava fino a dove l'occhio poteva spaziare, interrotta saltuariamente da quei cespugli rosso vivo. Immacolata nel suo silenzio, scossa solo dal vento secco che si era alzato a scuotere quei poveri cespugli e a spazzare il terreno arido, facendo ondeggiare qualche ciuffo di alta erba biancastra.

La desolazione regnava incontrastata, quasi calasse come un velo dal cielo grigiastro.

Sirius si ritrasformò e, alzatosi in piedi, raggiunse le ultime propaggini del bosco, per poi proseguire tra le rocce della piana. La terra era brulla, solitaria, svuotata di una qualsiasi vitalità: gli fece ricordare.

Ricordò il volto di suo parde, che lo guardava senza alcuna traccia di amore o affetto quando era tronato a casa per Natale il suo primo anno ad Hogwarts, con addosso i colori di Grifondoro; ricordò l'orrore e la rabbia di sua madre che scaturivano dalla strillettera; ricordò suo fratello che saliva quei pochi scalini, si sedeva sullo sgabello e lo guardava quando il Cappello Parlante lo destinava in Serpeverde...Quegli sguardi di ghiaccio...Quella porta sbattuta in faccia...Quel "tu non sei mio fratello" detto con odio...ricordò.

Ridotto allo stremo da quei ricordi, cadde in ginocchio sulla terra secca e la bagnò con le sue lacrime.

 

*******************************************

 

James si era avviato lungo il sentiero che portava a nord da quasi quattro ore e cominciava a sentire la fatica. Per fortuna, svoltato a destra e fatti pochi passi, si ritrovò allo Stagno dei Lillà e riuscì ad intravedere, al di là delle fronde dei salici, le cascatelle che saltellavano gioviali sui massi scuri: quel posto era esattamente come se lo ricordava.

Era da molto tempo che non percorreva quel sentiero, preferendo sempre quello verso il Lago Blu, ma ora che si ritrovava davanti quello spettacolo, si ripromise di portarvi Evans, un giorno. Lo stagno si trovava all'incirca in mezzo alla grande radura, coronato dai canneti verdeggianti e dalle distese di ninfee rosa e gialle che ne offuscavano in parte la superficie, già verde di suo perchè rifletteva le chiome dei salici che vi si specchiavano. Si faticava a stabilire precisamente dove si trovavano le sponde del lago, perchè l'erba alta e fitta copriva l'intera radura. E, precisamente come James si ricordava, era molto facile mettere un piede in acqua! Riuscì a farsi strada lentamente tra l'erba, finendo nella torba solo poche altre volte e raggiunse presto l'altro lato della radura, accompagnato dalle rane che gracchiavano placide saltellando nell'acqua bassa e dal canto di qualche uccello d'acqua.

Si ritrovò a domandarsi perchè non fosse più tornato in quel luogo: i salici accarezzavano dolcemente la superficie dell'acqua, striandola leggermente con le foglie sottili e tutto, dai suoni ai colori, dall'aria all'acqua, tutto sembrava così pacifico, così intoccabile, così immacolato. Scansò lentamente le fronde dei salici per aprirsi un varco verso le cascatelle, che trovò proprio come le aveva intravviste. Allegre e giocose, rimbalzavano bianche e spumeggianti sulle rocce nere e scivolose, precipitando giù dall'altura verde di arbusti su cui se ne stava bellamente sdraiato Mantobianco!

"Manto!! Manto, stai bene?" urlò James, richiamando l'attenzione dell'ippogrifo che emise una specie di nitrito felice in risposta. Non era solo felice, era in paradiso: si trovava mollemente adagiato su un masso reso comodo da uno strato di muschio, gli zoccoli allungati nelle fresche cascatelle e le piume della testa scompigliate dalla brezza estiva.

"Beh, scendi in fretta di lì! Ti stiamo cercando ovunque!! Sta anche arrivando un temporale da ovest, dobbiamo andare a casa!" lo chiamò di nuovo Ramoso.

Mantobianco emise un deciso grugnito di dissenso.

"Non costringermi a venirti a prendere!" gli rispose James, alzando un dito con fare accusatorio.

L'ippogrifo, per tutta risposta, voltò il muso dall'altra parte.

"Allora adesso arrivo e ti porto giù io, che ti piaccia o no!" esclamò James, seccato. Si rese poi conto che era esattamente la discussione che aveva lui con suo padre quando era piccolo e non voleva più scendere dalle giostre al parco giochi.

Sorridendo al pensiero, si avviò verso le rocce.

Sì, quei massi erano decisamente scivolosi, constatò mentre, appunto, vi scivolava sopra, ruzzolando nella pozza dove finivano le cascatelle. Sentì improvvisamente un dolore graffiante al ginocchio: si era strappato sia i pantaloni che la pelle e rivoli di sangue rosso acceso gli colavano sul ginocchio e in acqua. Ringhiando (un po' perchè non si ricordava nessun incantesimo per curarsi, un po' perchè l'ippogrifo sebrava ridacchiare colpevole da sopra l'altura), si rialzò e risalì sulle rocce. Proseguì a gattoni fino all'inizio della parete verticale che portava in cima alle cascatelle, i vestiti fradici che gli stavano appiccicati alla pelle. Arrivato lì, si diede una bella spinta, si aggrappò al primo spuntone nella roccia, notando troppo tardi che era parecchio bagnato anche quello e rovinando al suolo cadendo di schiena. Al contatto con le rocce dure emise un gemito di dolore, ma si rialzò e tentò di nuovo, cercando di aggrapparsi più forte alla parete nera. Questa volta ci riuscì e portò le ginocchia su degli altri appigli: la sbucciatura si fece sentire, facendogli sfuggire un altro gemito. Si trascinò per tutta l'altezza della parete, i denti stretti per lo sforzo e scivolando e risalendo di diversi centimentri parecchie volte. Arrivato in cima, si accasciò sull'erba bagnata e prese un respiro profondo, approfittandone per lanciare un'occhiataccia del tipo se-adesso-scappi-ti-prendo-e-ti-faccio-arrosto all'ippogrifo. Quello, in risposta, si avvicinò e gli diede una "carezza" sulla guancia con il becco.

"Adesso fai lo sdolcinato, eh?!" riuscì a mormorare James, accarezzando le piume di Mantobianco.

L'ippogrifo aiutò il ragazzo ad alzarsi e lo fece salire (e successivamente sdraiare) sul suo dorso. Prima di stendersi, James prese la bacchetta e lanciò in aria una consistente spruzzata di scintille rosse, per avvisare gli amici. Poi Mantobianco si alzò in volo verso la radura con la cascina.

 

*******************************************

 

Arrivato nella radura, James scese dalla groppa dell'ippogrifo e, portatolo nella cascina, gli diede parte delle provviste che c'erano ancora dentro. Finito il pranzo, Mantobianco si distese tranquillo sull'erba con il volto appoggiato a una delle assi di legno chiaro della casetta e il ragazzo ne approfittò per rinfrescare un po' la ferita.

Si stese nell'erba morbida: avrebbe dovuto aspettare il ritorno dei ragazzi, perciò poteva anche permettersi un sonnellino.

Il suo dispiacere fu immenso quando, dopo quello che gli era parso un tempo brevissimo, fu costretto ad abbandonare il mondo dei sogni a causa di qualcuno che lo aveva preso per le spalle e lo strattonava violentemente, chiamandolo. Aprendo gli occhi, si ritrovò davanti un agitatissimo Sirius.

"Sir, ma che Merlino fai?!" domandò, la bocca ancora impastata, guardando l'amico con occhi assonnati.

"Stai bene? Cos'è successo al ginocchio?"

"Niente, Manto era in cima alle cascatelle, ho dovuto scalare delle rocce bagnate e sono scivolato. Sto bene, tranquillo." rispose, mettendosi a sedere e posando una mano sulla spalla del fratello "Tranquillo, Sir."

"È che sono arrivato e...E tu eri qua steso e...E ti sanguina il ginocchio...Io..." biascicò il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.

"Sto bene..." lo rassicurò Ramoso, abbracciandolo brevemente "E tu? Sei strano, è tutto a posto?" aggiunse sciogliendo l'abbraccio e sollevando il volto del fratello con una mano.

"C-Cosa? Oh, sì, sì, tutto bene, è solo...Quella brughiera...Niente, solo...Ricordi." minimizzò Sirius, distogliendo lo sguardo da quello di James.

"Hey, da quand'è che non mi guardi più negli occhi? Sir..." ma non riuscì a proseguire perchè gli occhi del fratello erano diventati lucidi.

"M-Mi dispiace, James. Lo so, lo vedo che ce la metti tutta per tirarmi su, ma...Io...È che non ci riesco! Non ce la faccio! P-Perchè?!" esclamò frustrato, stringendosi al petto di Ramoso.

"Perchè gli vuoi bene, Sir. Anche se loro non ti hanno trattato come dovevano, siete una famiglia, non potete non soffrire l'uno per l'altro quando succedono queste cose. Anche se non lo danno a vedere, anche tuo padre, anche tua madre, anche Regulus soffre per quello che è successo." gli rispose James, stringendolo a sè. Gli dispiaceva da morire vederlo così e per questo sprofondò il volto tra il collo e il cappuccio della felpa nera di Sirius.

Felpato singhiozzò per altri pochi minuti, poi si sciolse dall'abbraccio e si asciugò le lacrime con la manica della felpa.

"Scusa, James. Non ti farò altri sfoghi penosi, prometto."

"No Sir, promettimi che se ne avrai bisogno li farai. Chiaro?" disse Ramoso sorridendo.

"Va bene."

Dopo qualche attimo di silenzio, Sirius ruppe il ghiaccio imbarazzato.

"Allora, hai trovato il nostro animaletto!"

"Già, questa sera Hagrid lo troverà qui come promesso, per fortuna..." acconsentì il fratello.

"Hey, ragazzi tutto bene?" giunse la voce di Remus dal sentiero che portava a sud.

Infatti, poco dopo Lunastorta emerse dagli alberi.

"James! Cos'è successo?! Stai bene?" esclamò allarmato alla vista del ginocchio di Ramoso e precipitandosi a fianco a lui.

"Tranquillo, Rem. Sono solo scivolato su una roccia bagnata e mi sono sbucciato, tutto qui. Hai visto Coda?"

"No, effettivamente no. Volevo chiedervi se sapevate dov'era...Beh, almeno Mantobianco l'abbiamo trovato!"

"S-Sono q-qu-qui..." giunse una vocina rantolante dal sentiero che portava a est.

"Pete! Ma perchè Merlino ti sei messo a correre se non ti piace?! Sono ancore le cinque, non sei in ritardo!" esclamò Sirius alla vista della solita mongolfiera in agonia che era comparsa nella radura.

Quella, in risposta, esmise uno sbuffo simile a quello di un treno a vapore inceppato e si stese a terra respirando affannosamente.

"Lo prendo per un non-ho-l'-orologio" commentò Felpato, facendo ridere James e Remus.

 

*******************************************

 

Quella notte, verso le tre, Hagrid arrivò alla radura e vi trovò i ragazzi ad aspettarlo. Dopo qualche saluto e qualche sorriso, disse loro che lo avrebbe portato nelle montagne al nord da un suo vecchio amico a cui andava di avere un ippogrifo come animaletto da compagnia!

Partito anche Hagrid, i Malandrini si trascinarono a letto, sfiniti dopo la lunga giornata.

Ce l'avevano fatta un'altra volta, ci erano riusciti davvero!

Il ricordo di quella giornata rimase a lungo impresso nelle loro menti, tanto da emergere nei momenti bui che avrebbero attraversato qualche anno più tardi, pronto a strappar loro una risata. Perchè, come il mulino abbandonato, anche per loro non ci sarebbe stata molta speranza, molte prospettive di una vita serena, come durante ogni guerra.

Ma l'avrebbero affrontata, chi a testa alta e chi meno, ma tutti avrebbero fatto i conti con la loro sorte, chi prima e chi dopo.

Perchè lo sapevano, sapevano già che, con una guerra come quella che stava sconvolgendo il mondo magico in quegli anni, la loro vita non sarebbe stata altro che un salto nel vuoto.

 

 

 

Angolino autrice...

 

Ok, ok vi prego non ammazzatemi!

*la gente tira fuori i coltelli*

Sono in stra-stra-stra-stra ritardo!! Oggi è un mese che ho fatto l'orale di terza media e, ve lo giuro, non avevo nemmeno voglia di leggere!! Io che non leggo!!?? Ok, ok, ma vi prego, non uccidetemi, davvero avevo bisogno di una pausa...

Tornando alla storia, lo so, sono un caso disperato, tragica fino alla fine perchè, sì, signore e signori (o quei pochi angioletti che leggono la mia fic) questa è la fine della storia.

Ho deciso di terminare qui perchè sono arrivata al numero sette come capitolo e il sette, come ovviamente saprete, nei libri di HP è il numero su cui si basa tutto, dagli anni ad Hogwarts agli Horcrux, dal numero dei libri a quello dei giocatori di una squadra di Quidditch.

Spero che non siate troppo dispiaciuti per la fine della storia, ma spero che non stappiate neanche bottiglie di champagne!!

Ditemi se vi piace o no questo ultimo capitolo, ho voluto lasciare parecchio spazio alle descrizioni perchè era necessario!

Non so se vi piace il personaggio di Sirius perchè sì, J.K. Rowling lo descrive come un duro, ma ha pur sempre appena perso la sua famiglia!

Fatemi sapere cosa ne pensate con una piccola recensionina, sul capitolo, sulla storia, se secondo voi non la devo finire così o se sì...non lo so...bo, ditemi voi...

Comunque vi aspetto e giuro che risponderò appena possibile alle recensioni (sempre che ce ne siano...oh, ma sta zitta vocina invadente!! Scusate, i miei monologhi:)...).

Ciao!!

Anna

  
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