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Autore: andromedashepard    19/07/2013    4 recensioni
“Speravo dormissi, almeno tu”, disse Thane quando lei ebbe aperto il portellone. Le sembrò esausto. Coprì con due brevi falcate la distanza che li separava, uno sguardo che lei non seppe interpretare. “Dammi un buon motivo per andarmene”, aggiunse, appoggiando la fronte contro la sua. Lei trattenne il respiro, mentre le sue dita si intrecciavano ai suoi capelli. Se c’era davvero un buon motivo, lei non lo conosceva.
#Mass Effect 2 #Shrios
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Andromeda Shepard '
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 “This is the way it ends
 Don't tell me it's meaningless
 There'll be no compromise
 We fall and we too shall rise
 You held me and taught me how
 I think I am ready now

 (Landon Pigg, "The Way it Ends")

 [x]
 

 



 

Non chiuse occhio tutta la notte, incapace di resistere a quell’oblio fatto di memorie che lo trascinava sempre più a fondo in un abisso popolato da volti, parole, posti sbiaditi ma ancora stranamente vibranti di vita. Dolce condanna, quella della sua specie. Ricordare ogni singolo dettaglio della propria vita era doloroso, ma a volte rischiava di diventare la droga peggiore. Perdersi nei ricordi felici, pretendere che le sensazioni scaturite da un pensiero possano essere reali… Respingeva con forza quei richiami tentatori, di solito, ma gli fu impossibile quel giorno. Continuava a tornare indietro nel tempo, a rivivere ogni singola uccisione compiuta sulle Torri Dantius, a rivedere gli occhi di Shepard che si posavano su di lui quando anche l’ultima vittima era stata finita. “Possiamo parlare?” La sua morbida voce da Umana risuonava nella sua mente come il canto di una sirena. Chi era lei e perché gli stava chiedendo di vivere? Perché, adesso, lui si ritrovava a mettere in discussione tutto quello che aveva costruito in dieci anni… l’accettazione del suo destino, la pace acquisita con fatica, la tranquillità interiore?
Thane si alzò dalla sua branda, consapevole che non sarebbe più riuscito a dormire, e si sedette alla sua scrivania per smontare, pulire, e riassemblare il Viper. Il ronzio incessante del Drive Core lo aiutava a stare lontano dai ricordi, fintanto che lui si fosse concentrato sul suo fucile.




Aveva fatto il suo dovere lei, aveva parlato per il bene della squadra e non doveva sentirsi in colpa per questo, Shepard lo sapeva bene. Tuttavia, avrebbe voluto usare parole migliori, parole che non l’avrebbero marchiata a fuoco come un’insensibile, aggettivo così lontano dalla sua natura. Aveva chiesto a qualcuno che stava per morire di attaccarsi alla vita per il bene della missione. Era giusto, questo?
L’Uomo Misterioso, ancora una volta, l’aveva tenuta all’oscuro di importanti dettagli e questo le faceva venire voglia di prendere a pugni qualsiasi cosa. Non poteva fare a meno di sentirsi usata, di chiedersi se il suo unico scopo fosse quello di metterla al servizio dell’Umanità o se c’era dell’altro. Cosa sarebbe stato disposto a sacrificare per raggiungere i suoi obiettivi e quanto c’era di personale nel progetto Lazarus?
Shepard si accarezzò la fronte, mentre ancora una volta, rivolgeva lo sguardo all’infinito sopra di sé. Era la seconda nottata in bianco e i pensieri si affollavano nella sua mente come cavallette, in un vortice confuso e disordinato che le impediva di razionalizzare. Si coprì la testa con un cuscino, come se avesse potuto attutire il caos nella sua mente e colpì forte il materasso con un pugno. Avrebbe voluto avere più controllo su tutto, soprattutto su se stessa e sulle sue dannate emozioni.




Fece un’abbondante colazione, quando ancora nessuno si aggirava per i corridoi della Normandy, ad un’ora a metà tra la notte e il mattino. Quel giorno, in serata, sarebbero giunti alla Cittadella e bisognava discutere delle ultime cose con Garrus, il vero motivo di quella sosta anticipata. Ne avrebbero approfittato per concedere una breve licenza ai membri dell’equipaggio, fatta eccezione per quelli di turno, e avrebbero fatto rifornimenti e controlli di routine. Shepard tendeva a spingere sempre al massimo le possibilità della Normandy e ogni tanto EDI doveva ricordarle che era necessaria una sosta, per cui quel giorno decise di approfittarne.
Con una tazza colma di una strana brodaglia turian, si avviò verso la Batteria Primaria dove, era sicura, avrebbe trovato Garrus intento a lavorare.
“Shepard,” la salutò il Turian, emergendo da una delle passerelle che fiancheggiavano le batterie missilistiche. “Non hai dormito?”
Shepard fece spallucce, poi gli porse la tazza. “Come al solito.”
“Grazie,” disse lui, storcendo il naso subito dopo. “Spiriti, Shepard, vuoi avvelenarmi?” esclamò.
“Oh, scusami. E' levo? Devo aver sbagliato bustina.”
“No, la bustina è quella giusta, solo che a quanto pare Gardner non si intende molto di alimentazione turian e finisce sempre per ordinare schifezze.”
“Gliene parlerò,” sorrise lei.
“Allora… cos’è ti tiene sveglia?” chiese poi Garrus, appoggiandosi alla parete accanto all’hub a braccia conserte.
Shepard si mise a sedere sulla ringhiera di protezione delle batterie e lo guardò con aria sconsolata. “Non lo so bene neanche io, a dirla tutta.”
“Sei preoccupata per la Missione Suicida?”
“No, no… voglio dire… con quella ho imparato a conviverci,” rispose lei con un sospiro, passandosi una mano fra i capelli.
“Senti Shep, se non te la senti di aiutarmi posso capire. Mi basta solo che tu mi dia il pomeriggio libero…” Garrus cambiò tono di voce, buttando giù tutto d’un fiato quel che restava della sua insipida colazione.
“Ma no, la tua missione non c'entra niente. Dovresti conoscermi, una volta che offro il mio aiuto a qualcuno non mi tiro indietro,” ribatté lei.
“E allora?”
“E’ quell’assassino…” confessò alla fine.
“Ah… Avrei dovuto immaginarlo.”
“In che senso?” Shepard rizzò la schiena, osservandolo con attenzione.
“E’, per così dire, piuttosto singolare. Immagino tu ti aspettassi qualcuno completamente diverso…”
Shepard annuì. “Più o meno… forse. Non so.”
“Cos’è che ti turba?”
“Il suo atteggiamento. Non ho idea di come possa reagire lavorando in gruppo… Per quanto ne so non l’ha mai fatto. Non voglio che ci faccia affondare, Garrus. Ci tengo alla mia squadra, sono contenta di come lavoriamo, non voglio perdere quello che abbiamo costruito.”
Garrus diede un lungo sospirò e la guardò negli occhi. “Ti propongo una cosa… Portiamolo con noi stasera. Avrai modo di valutarlo senza che ciò possa causare problemi all’intera squadra,” spiegò. “Ieri sera ho discusso con lui a proposito del mio 'problema' e lui mi ha confessato un paio di cose riguardo al suo passato.”
“Il suo passato?” Shepard corrugò la fronte.
“Abbiamo parlato di vendetta… Non eravamo d’accordo su tutta la linea, ma ha capito le mie motivazioni. Su chi possiamo fare affidamento, altrimenti? Miranda, Jacob?” ridacchiò ironicamente, “Grunt? Fuori discussione. Mordin? Non ho minimamente voglia di stare a sentirlo tutto il tempo… E a Tali risparmierei volentieri lo spettacolo. Non mi dispiacerebbe avere solo la tua compagna, Shep, ma se qualcun’altro può guardarti le spalle… meglio così.”
“Sei sicuro? Voglio dire… so quanto ci tieni a questa missione, so quanto sia importante per te sbarazzarti di Sidonis e non voglio procurarti ulteriori ansie. Hai bisogno di qualcuno di cui poterti fidare.”
“Shepard, io mi fido di te. Questo conta. So che qualunque cosa deciderai mi andrà bene. La mia unica priorità per il momento è sbarazzarmi di quel…”
Shepard lo interruppe, andandogli incontro per poggiare una mano sul suo avambraccio, nel tentativo di rassicurarlo “Avrai la tua rivincita, Garrus”, disse con fermezza, poi lasciò la Batteria Primaria sentendosi un grammo più leggera.




Quando la Normandy attraccò alla Cittadella era già buio. Un buio artificiale che abbracciava l’intera stazione, dando ai suoi visitatori l’illusione di trovarsi su un vero pianeta, sotto un vero cielo stellato. Shepard aveva comunicato a Thane che l’avrebbe portato in missione e lui si era presentato in sala tattiche con largo anticipo, trovandola ad accarezzare il Crusader in sovrappensiero.
“Comandante,” salutò, appoggiando il Viper sul tavolo. Lei rispose con un cenno del capo e si avvicinò, imbracciando il suo fucile con un gesto automatico. “Personalmente,” disse, mentre guardava nel mirino, “io preferisco il Viper al Mantis, ma non dirlo a Garrus… La prenderebbe troppo sul personale,” rise, restituendo poi il fucile al proprietario. Lui rispose con un sorriso d’intesa.
“Cosa ti piace del Viper?” domandò lui, curioso.
“La seconda chance,” rispose lei risoluta, suscitando in Thane uno sguardo interessato. “So che se sbaglio, la seconda volta ho l’opportunità di rimediare, senza perdere troppo tempo.”
“Non preferiresti avere la sicurezza che il colpo vada a segno al primo tentativo?”
“Questa mi sembra tanto una domanda retorica,” commentò lei, sollevando lo sguardo per incontrare il suo. “Certo che preferirei avere quel tipo di sicurezza, ma non è così che vanno le cose… E ognuno dovrebbe avere l’opportunità di poter fare un secondo tentativo senza pagarne le conseguenze.”
“Anche se è un bel modo di vederla, ci sarà sempre quel tiro di vitale importanza che non ammette margine d’errore e bisogna essere pronti anche a quest’eventualità.”
“Per non parlare del fatto che a volte resti senza clip termiche e non c’è niente che tu possa fare tranne che affidarti al fato.”
“Stiamo ancora parlando di fucili, Comandante?” Thane interruppe quel misterioso flusso di parole.
“Non lo so, dimmelo tu,” rispose Shepard, la frase seguita immediatamente dal rumore del portellone che si apriva dietro di loro.
“Shepard, Krios,” fece Garrus, interrompendo definitivamente il discorso. Shepard lo salutò inviandolo ad avvicinarsi. Non sapeva bene neanche lei dove volesse andare a parare, ma fu grata di essere stata salvata da una strana conversazione.
A quel punto, senza perdere ulteriore tempo, iniziò a studiare un piano con entrambi per la missione che stavano per affrontare.




Il contatto di Garrus li aveva indirizzati su una pista ben precisa: per avere notizie di Sidonis, era necessario trovare prima Fade, un noto falsario che lavorava da tempo sulla Cittadella e che sfuggiva puntualmente al C-Sec. Era così che Sidonis aveva deciso di proteggere se stesso, facendo sparire le proprie tracce di volta in volta.
Scoprirono che Fade, nome in codice per Harkin, una vecchia conoscenza, si trovava in una vecchia fonderia prefabbricata, nel distretto industriale. Noleggiarono un astroauto e partirono immediatamente. La tensione era palpabile. Garrus guidava con eccessiva prudenza, quasi come se quella fosse la corsa più importante della sua vita e non volesse rischiare di compiere il minimo errore. Thane, seduto sul sedile posteriore, non aveva detto una parola da quando avevano messo piede sulla Cittadella, tranne per un breve commento sulle nuove misure di sicurezza, che secondo la sua opinione non erano ancora sufficienti per proteggere una stazione di quel calibro. Shepard si volse a guardare brevemente il Turian, le sue mani erano salde sul volante, una presa eccessiva che sottolineava uno stato d’animo troppo teso. Non ebbe il coraggio di pronunciarsi, sapeva che finchè non avesse trovato Sidonis in persona qualunque parola o frase di conforto sarebbe stata vana. L’unica cosa di cui aveva bisogno quel Turian, adesso, era il suo braccio e il suo fucile, nulla più.
Quando parcheggiarono, in una zona poco distante dalla fonderia, Garrus scese dal mezzo e restò fermo per un istante a guardare di fronte a sè, come a voler raccogliere tutte le emozioni e concentrarle unicamente sull’obiettivo. Imbracciò il Mantis e si mise in testa, assumendo la sua solita andatura scanzonata. Non si aspettavano di trovare Fade e suoi scagnozzi davanti alla fonderia. Il fuoco partì quasi immediatamente, costringendoli a prendere posizione dove possibile. “Corri quanto vuoi, codardo!” esclamò Garrus con rabbia, alla vista di Fade che si rifugiava all’interno della struttura, lasciando quattro Sole Blu a difenderla. Ne fecero fuori uno a testa, Garrus e Thane, con i loro fucili di precisione, mentre Shepard lanciava un’onda d’urto agli altri due, prima di trapassarli con due precisi colpi di Crusader. Si accertarono che l’ingresso fosse sgombro, poi collegarono i loro factotum per restare in contatto e s’infiltrarono nella struttura.
Si presentava come un enorme hangar pullulante di mercenari, casse e container, dove ogni copertura poteva rivelarsi un’arma a doppio taglio. EDI passò a Shepard la scansione della planimetria, ma Shepard non ebbe il tempo di consultarla che partì la seconda raffica di colpi nella loro direzione. I suoi scudi si trovavano già a metà, trovo riparò dietro una grossa cassa e, sporgendosi, controllò la posizione degli altri due. Ben presto la strategia d’attacco prese forma, Shepard era quasi sempre in testa, quasi a voler fare da diversivo, mentre i due cecchini, ai lati opposti, si occupavano dei nemici più pericolosi. Thane e Shepard si ritrovarono a combinare i loro poteri biotici senza neanche accorgersene, facendo letteralmente esplodere i mercenari in faccia a Garrus. “Spiriti, Shepard… mi avete ricoperto il visore di materia organica umana, un'altra volta!”, si lamentò lui attraverso il comm. Lei riuscì a captare una flebile risata che di sicuro non apparteneva al Turian, ma stentava a credere che fosse stato l’assassino.
In un breve momento di tregua, Shepard diede un’occhiata alla planimetria e capì che Fade doveva trovarsi in una sorta di bunker sopraelevato nella parte opposta della struttura. Fu proprio quando giunse a quella conclusione che una serie di nastri trasportatori dall’alto cominciarono a scaricare mech a terra, con la precisa intenzione di indirizzarli verso di loro. “Questi robot del cazzo sbucano dai container, occhio!” avvisò lei, lanciandosi in una carica biotica verso un paio di loro. “Shepard, vedi di restare intera” rispose Garrus, la frase spezzata dallo sparo del Mantis.
“Ti risulta che io abbia altri piani, Vakarian?” fece lei ansimando, dando un balzo all’indietro per evitare l’esplosione dei sintetici.
Continuarono a farsi strada attraverso quel labirinto fatto di casse e bancali, spazzando via i nemici con poche difficoltà. Shepard teneva costantemente d’occhio Thane, e anche se lui non riusciva ancora a prevedere le sue mosse allo stesso livello di Garrus, non restò delusa dalla sua strategia di combattimento. Garrus aveva ormai imparato la tattica offensiva del Comandante, e sapeva sempre quando era il momento giusto di lanciare un colpo stordente o un sovraccarico, ma Thane sembrava imparare in fretta.
Si ritrovarono a prendere fiato accanto ai comandi d’apertura del ponte che li avrebbe condotti da Harkin. Shepard fece una scorta di clip termiche e addentò una barretta proteica per evitare di restare a corto d’energie. Ne lanciò una a Thane, distrattamente. Lui l’afferrò al volo, nonostante stesse guardando da un’altra parte, e questo le strappò un sorriso compiaciuto. “Non mi offendo, Shep, solo perché so che non ti porti roba dextro dietro” commentò Garrus, attirandosi una smorfia.
Al di là del ponte si ripresentò lo stesso scenario, solo che i nemici sembravano raddoppiati e, in più, a dare loro il benvenuto, arrivarono anche due mech pesanti. Secondo EDI mancava poco al bunker, ma togliere di mezzo quei robot corazzati non era roba da poco. Alla fine, Shepard decise di optare per una granata, e il frastuono dell’esplosione sovrastò per un momento tutti gli altri rumori. “Ero a tanto così dal fargli esplodere i circuiti interni, Shepard” borbottò Garrus.
“Diamine Vakarian, hai finito di lamentarti? Ti chiamerò Brontolo d’ora in poi…” Il Turian scosse la testa e fece cenno agli altri di proseguire, fino ad arrivare sotto al nascondiglio di Fade. “Quel maledetto si è rintanato come un codardo…” disse Garrus, osservando il finestrone del bunker attraverso il suo mirino.
“E’ comprensibile, abbiamo fatto fuori tutta la sua squadra” rispose Thane. Shepard si voltò a guardarlo, come se si fosse appena accorta della sua presenza. “Non ci sei abituato?” lo provocò. “Al contrario, Comandante” rispose lui con tranquillità.
“Allora, vogliamo andare prima che… oh, merda!” l’esclamazione di Garrus arrivò puntuale prima che altri due mech pesanti calassero dai nastri trasportatori. Ognuno di loro equipaggiava un cannone e un lanciarazzi; trovarsi nella traiettoria sbagliata significava lasciarci le penne. Garrus trovò copertura a sinistra, dietro un contenitore abbastanza alto per la sua stazza, Thane e Shepard si ritrovarono a condividere come riparo una serie di bancali di medie dimensioni, all’apparenza molto fragili.
“Granate?” domandò lei oltre il frastuono del primo sparo.
“Negativo,” rispose Garrus scuotendo il capo, mentre si apprestava a prendere la mira.
“Maledizione…”
Thane elaborò in fretta una strategia e creò una sorta di scudo biotico che avrebbe, almeno per il momento, deviato il grosso di eventuali colpi. La cosa richiedeva una quantità d’energia notevole, la stessa Shepard, che disponeva di impianti L5, preferiva lasciarla come ultima opzione. Estrasse in fretta il suo ml-77 e mirò ad uno dei due mech, colpendolo in pieno. Quello esplose, danneggiando gravemente anche l’altro che fu repentinamente messo KO da Garrus.
EDI comunicò che non rilevava la presenza di altri nemici, così lasciarono la copertura e si avviarono verso il bunker.




Era la prima volta che Shepard vedeva Garrus così. Aveva preso Harkin per il colletto della maglia, dopo averlo colpito sul naso col calcio del Mantis, e l’aveva sbattuto al muro con una violenza di cui non lo credeva capace in situazioni simili. Il suo tono di voce, mentre tentava di estorcergli informazioni, era spaventosamente calmo.. Shepard osservò la scena da lontano, mentre intimava a se stessa di lasciargli spazio, perché quella era la sua missione, dopotutto. Harkin sembrava non voler collaborare, si sforzava, tremando, di rimanere impassibile di fronte alla presa salda del Turian, quasi come se anche lui non lo ritenesse capace di tale violenza. Il Garrus che aveva conosciuto quasi due anni prima era diverso e lo era anche per lei. Quel tempo passato in solitudine, a dare la caccia ai criminali e a fuggire da chi lo voleva morto, l’aveva temprato e l’aveva reso più forte, più deciso. Non era più il Turian sprovveduto, carico di ideali, che aveva bisogno di una guida. Quel Turian, adesso, era il frutto di un percorso interiore che l’aveva trasformato in un individuo in grado di sapere esattamente come ottenere ciò che voleva, avesse dovuto farlo con la forza. Garrus lasciò spazio a Fade, giusto il tempo di voltargli le spalle e rilassare i nervi, mentre gli spiegava che era sulle tracce di Sidonis e aveva bisogno di sapere dove trovarlo.
“Beh, sembra che entrambi abbiamo qualcosa che l’altro vuole” rispose Harkin, con un sorriso irritante. Shepard, stavolta, non si fece problemi ad intervenire. “Non siamo qui per contrattare. Dicci quello che vogliamo sapere e facciamola finita.”
“Fottiti. Non vi dirò nulla, non rivelo mai informazioni sui miei clienti, nuocerebbe agli affari.”
A quelle parole, Garrus si fece avanti e senza pensarci due volte lo colpì con una ginocchiata allo stomaco. Shepard fece una smorfia in risposta e lo vide accasciarsi al suolo. Garrus lo teneva fermo con un piede nell’incavo tra il collo e la clavicola, mentre il malcapitato si lamentava. “Sai cos’altro nuocerebbe agli affari?” gli domandò con disinvoltura, “Un collo spezzato...”
A quella minaccia Fade lo pregò di lasciarlo stare, e si dimostrò finalmente pronto a collaborare. Si convinse ad organizzare un incontro con Sidonis, incontro in cui Shepard avrebbe dovuto fare da esca. Si sarebbero visti al Salone Orbitale, con la scusa di dovergli recapitare un messaggio importante, e una volta avuto in tiro, Garrus l’avrebbe finito.


“Occhio, per occhio, dente per dente” aveva spiegato a Shepard quasi una settimana prima, quando le aveva confessato ciò che il suo ex compagno di squadra gli aveva causato con il suo tradimento. A ricordo di ciò, portava incisi sul suo visore tutti i nomi dei suoi compagni di squadra, morti a causa di Sidonis. Solo lui era riuscito a salvarsi e per questo motivo adesso sentiva che vendicarli era il suo preciso dovere.
Risparmiarono la vita ad Harkin, che comunque si sarebbe ritrovato preso lo C-Sec alle calcagna e tornarono all’astroauto, silenziosamente. Questa volta la guida fu meno prudente, impaziente. Era giunto il momento di dire addio ai fantasmi del passato. Si scambiarono un’occhiata d’intesa prima di lasciarsi. Garrus avrebbe preso posto in una delle passerelle in alto, ben nascosto e pronto a fare la sua mossa, Shepard e Thane avrebbero avvicinato Sidonis giusto il tempo di fargli prendere la mira.
Sidonis sedeva su una delle panchine della sala, il viso riportava caratteristici marchi colonici viola e sembrava parecchio nervoso. Shepard gli fece cenno d’avvicinarsi e quello obbedì immediatamente.
Shepard, sei sulla linea di tiro, spostati di lato.
Qualcosa le impedì di agire come avrebbe voluto, qualcosa che, scoprì, era insito nella sua natura.
“Sidonis” pronunciò lei lentamente, incerta su cosa dire.
Shepard, che diavolo stai facendo?” la voce del Turian nel suo orecchio era carica di rabbia.
“Non pronunciare mai più quel nome” sibilò Sidonis, visibilmente terrorizzato. “Cosa vuoi da me?”
Shepard, spostati” incalzò Garrus, impaziente.
La sua mente fu attraversata da mille pensieri… Vedere quel Turian, indifeso, ad un passo dalla morte le fece provare qualcosa simile alla compassione. Solo lei lo separava da una pallottola in testa, e la sua natura sembrava volerla tenere incollata con i piedi a terra, incapace di muoversi.
Durò tutto una manciata di secondi; Shepard sentì la stretta delicata di una mano sul suo braccio, quel tanto che bastava per farla spostare un passo di lato, poi il rumore di uno sparo e Sidonis che stramazzava al suolo, privo di vita. Thane, nel lasciare la presa, le rivolse uno sguardo carico di significato e lei non ebbe il coraggio di dire una parola.






Più tardi, molto più tardi, Shepard si trovava ad un tavolo del Flux, con un drink in mano e lo sguardo vuoto, fisso davanti a sé. Non aveva detto una parola, neppure quando Garrus l’aveva guardata prima di mettere in moto e le aveva detto “Grazie comunque” con un tono di voce che lei non era riuscita a decifrare. Avrebbe voluto mandare giù il contenuto del suo bicchiere in una sola volta, lasciare che l’alcol facesse l’effetto desiderato e la trascinasse in una dimensione in cui ogni cosa perdeva significato e avrebbe volentieri fatto un brindisi con un Collettore, senza fare troppe domande. Ma neppure questo le riusciva, adesso che sentiva di aver perso il contatto con se stessa.
Sin da piccola, aveva sempre creduto di sapere quale fosse la linea di confine tra giusto e sbagliato. Neppure gli episodi drammatici della sua adolescenza l’avevano fatta dubitare per un attimo di cosa fosse il bene. Crescendo, aveva capito che molte cose vanno sacrificate e che spesso vale il detto 'il fine giustifica i mezzi', anche se ciò significava dover fare costantemente i conti con la propria coscienza.
Non smetteva di chiedersi perché avesse esitato di fronte a Sidonis, perché non avesse fatto subito quello che andava fatto senza mettere in questione qualcosa che non le competeva. Soprattutto, continuava a domandarsi perché Thane fosse intervenuto, con quale autorità e con quali intenzioni. Era un vortice di emozioni contrastanti quello che riempiva la sua testa, mentre dava una sorsata a quel drink troppo forte e troppo amaro. Si guardò intorno e qualcosa simile a una smorfia di disgusto si dipinse sul suo volto. C’erano individui di tutte le specie che si scatenavano in pista, al ritmo di una musica che la snervava, gente che rideva sguaiatamente in un angolo, coppie che si lasciavano andare ad effusioni troppo spinte dove le luci del locale si affievolivano.


Probabilmente aveva trovato una scusa per odiarsi ancora più di quanto non si odiasse già, dopo quella sera. Non si sentiva fiera dell’incertezza che aveva preso il sopravvento su di lei, mettendola in una posizione in cui altri avevano dovuto guidarla. Se non riusciva a prendere una decisione autonomamente, come poteva sperare di essere al comando di una nave come la Normandy, con una missione così difficile da compiere?
Si prese la testa fra le mani, il naso ad un palmo dal bicchiere mezzo vuoto, e sospirò silenziosamente, ricacciando indietro la voglia di tirare un calcio al piede del tavolo. Era finita, la missione era andata a buon fine, avevano fatto ciò che Garrus voleva e non aveva senso continuare a rimuginare sulle mille variabili che ci giravano intorno. Si augurò solamente che Garrus potesse ritrovare la tranquillità sperata, poi diede un ultimo sorso al cocktail e fece per andarsene.


Non avrebbe mai pensato di trovare Thane a bloccarle la strada, appena alzata dalla sedia.
“Che diavolo…” esclamò istintivamente, facendo un passo indietro col rischio di inciampare. Lui la trattenne prontamente per un braccio, poi la lasciò andare. “Comandante,” disse, senza l’ombra di un sorriso.
“Che ci fai qui?” rispose lei rimettendosi a sedere. Lui seguì il suo esempio, prendendo posto sulla sedia accanto.
“La Chambers mi ha suggerito dove avrei potuto trovarti, probabilmente ha estorto l’informazione ad EDI” rispose lui.
“Volevi vedermi? E’ successo qualcosa?” il suo tono di voce divenne preoccupato.
“No, no, niente del genere,” rispose lui gesticolando lievemente. “Mi è sembrato di vederti turbata dopo la missione e volevo assicurarmi che non fosse a causa mia.”
Shepard restò in silenzio per un paio di secondi, poi si lasciò andare.
“Non siamo in servizio, e dunque non avrebbe senso appellarmi ad un richiamo, ma sappi che la prossima volta non tollererò che qualcuno si metta in mezzo tra me e le mie azioni.”
Il Drell era tranquillo, come se si aspettasse di ricevere una risposta del genere, se non peggio.
“Non succederà più,” disse semplicemente.
Seguì un'altra lunga pausa, Shepard prese a torcersi le mani nervosamente, poi sbottò. “Perché l’hai fatto?”
“Quando mi hai chiesto di unirmi a voi in missione,” rispose lui prontamente, “la prima cosa che hai detto è stata che si trattava della missione personale di Garrus. Hai detto che lui aveva bisogno di avere accanto persone di cui potersi fidare, che non aveva altro desiderio se non quello di eliminare Sidonis, colui che aveva fatto uccidere la sua squadra. Ne avevo parlato con lui la sera prima, e… in tutta sincerità, Shepard, non pensavo che avresti esitato. Avevo capito che avessi a cuore quella missione tanto quanto lui. Ho visto… una debolezza.”
“Sai che c’è, Krios? Non me ne starò qui a farmi psicanalizzare da te. Sono consapevole delle mie azioni e non cambierei una virgola. Se ho fatto un errore, è stato quello di permetterti di venire in missione. E sia ben chiaro, non deve succedere mai più che tu intervenga senza il mio consenso, altrimenti puoi continuare per la tua strada, fuori dalla mia nave.” Detto questo, Shepard si allontanò lasciando una manciata di monete sul tavolo, e la voglia incontenibile di prendersi a schiaffi. 

 



Un pensiero va a Johnee per questo capitolo, e alle nostre serate passate a ruolare a caso su Skype 
   
 
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