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Autore: germangirl    20/07/2013    6 recensioni
Un’escursione in montagna rivela che il motivo del pessimo umore di Mac è frutto di un terribile equivoco: a volte è davvero facile fare tanto rumore per nulla.
Traduzione di "Mountains and molehills" di NettieC
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ci vollero 45 minuti per raggiungere la corsia di emergenza dell’ospedale di Bethesda. Sapendo che Harm non sarebbe riuscito a camminare e avrebbe odiato una sedia a rotelle, Mac pensò che fosse meglio farlo scendere direttamente davanti alla porta prima di andare a parcheggiare. Era un buon piano, ma un agente della sicurezza si avvicinò a loro mentre lei apriva lo sportello.

“Signora, non può parcheggiare qui” le disse dietro di lei.

“Non voglio parcheggiare” reagì Mac. “Voglio solo farlo scendere.”

“Signora, non può usare questa corsia. E’ solo per le ambulanze” continuò.

“Bene” concesse Mac mentre Harm scivolava dal sedile e cercava di stare in piedi accanto a lei. “Lo prenda così sposto la macchina.”

“Signora, non è il mio lavoro” protestò. “Mi dispiace, signora”

“Non sono una signora, sono il colonnello Sarah MacKenzie” abbaiò lei e sul volto della guardia apparve il panico. Dopo tutto, era il suo primo giorno di lavoro.

“Mi scusi, colonnello, signora” disse precipitandosi ad aiutare Harm. Anche se era stato istruito sui suoi doveri specifici, non accontentare un colonnello era tutta un’altra storia.

Quando Mac ritornò al pronto soccorso Harm era già disteso su un letto in una stanza in fondo al corridoio. Quando le dissero che solo i familiari potevano entrare, Mac informò l’infermiera che Harm era il suo partner e la fecero passare immediatamente.

“Quante persone hai spaventato?” le chiese sorridendo, visto che la morfina lo aveva liberato dal dolore.

“Non ho spaventato nessuno” dichiarò lei, avvicinandosi al letto e prendendogli la mano.

“Eccome” disse “Non hai visto la faccia di quel ragazzino. Ero sicuro che se la sarebbe fatta sotto!”

“Beh, cosa volevi che facessi? Che ti costringessi a venire a piedi dal parcheggio?” lo sfidò, intrecciando le loro dita.

“No, sono stato più che felice del servizio porta a porta” ammise prima di sbadigliare.

“Ti hanno detto nulla del piede?” gli chiese guardando verso la parte ferita che adesso era coperta da una benda bianca e pulita.

“Che pensano sia fratturato” rispose appoggiando la testa e chiudendo gli occhi. Ora che il dolore era passato la stanchezza ebbe il sopravvento.

“Stai bene?” gli chiese, passandogli una mano fra i capelli.

“Sì” rispose con un sospiro. “Penso di stare per addormentarmi.”

“Posso aspettare fuori se vuoi…” iniziò, ma lui scosse la testa e le afferrò di nuovo la mano.

“Voglio che tu rimanga” disse velocemente. “A meno che tu non voglia andare”

“No, voglio rimanere” dichiarò con un sorriso.

“Bene” disse chiudendo gli occhi.

Pochi minuti dopo il medico entrò nella stanza. “Buongiorno comandante Rabb” lo salutò, controllando la cartella clinica. “Signora” disse, facendo cenno a Mac. “Allora, in che guaio si è cacciato?”

“Sono caduto mentre stavamo facendo un’escursione” rispose, omettendo qualche dettaglio. “Sono scivolato all’indietro lungo un terrapieno e il piede è rimasto imbrigliato nelle sterpaglie. Ho pensato che il problema fossero le escoriazioni e le schegge nella gamba, ma quando ho provato a rimettermi in piedi mi sono reso conto che la caviglia era messa peggio.”

“Beh, sembra che abbia fatto abbastanza casino” dichiarò, prendendo qualche appunto. “Dunque, a che ora è successo?”

Harm guardò Mac come faceva sempre quando si parlava di orari. “Erano le 18:53 di ieri sera, dottore” annunciò lei e il medico aggrottò la fronte.

“La sua caviglia è in questo stato da…” iniziò.

“12 ore e 39 minuti” concluse Mac prima di annuire. “Stavamo camminando quando è successo e non siamo riusciti a rientrare a causa del temporale. E’ un problema?”

“Sì” rispose, aggiungendo ulteriori appunti. “Il dolore deve essere stato terribile” Harm annuì. “E la circolazione ne deve aver risentito. Comunque, a causa del gonfiore una radiografia potrebbe non fornirci il quadro completo quindi la sottoporrò a una risonanza magnetica” lo informò, compilando la richiesta. “Ci dirà quanti danni ha causato.”

Passò un’ora prima che Harm fosse portato a fare la risonanza e Mac colse l’opportunità per prendersi un caffè e una boccata d’aria fresca. Odiava gli ospedali. Stando seduta all’aperto, controllò il cellulare e non trovò alcun messaggio che richiedesse la sua attenzione. Fece un respiro profondo e si mise per un po’ a godersi la sensazione del sole sulla pelle, poi gettò il contenitore nel cestino e rientrò per vedere cosa stava succedendo a Harm.

Passarono altri 20 minuti prima che Harm fosse riaccompagnato nella sua stanza e un’altra ora e mezzo prima che il medico tornasse a fargli visita. Harm trascorse la maggior parte del tempo dormendo.

“Qual è il verdetto?” chiese Mac appena il dottore comparve.

“La caviglia è fratturata e anche i tendini sono stati danneggiati” dichiarò e Mac strinse la mano di Harm. “La gamba è troppo gonfia per il gesso in fibra di vetro che useremmo abitualmente quindi dovremo applicare uno stivaletto” continuò, tamburellando sulla cartella clinica. “Dovrà portarlo per 8 settimane e poi dovrà fare un po’ di fisioterapia. Quindi, temo che dovrà dire addio alle escursioni per qualche mese.”

“Almeno non devo essere operato” replicò Harm: gli era andata bene.

“Nessun intervento chirurgico” concordò il medico. “Informerò il reparto di ortopedia e la contatteranno per un appuntamento alla fine della settimana. La seguiranno loro.”

Ci vollero altre quattro ore prima che Harm fosse dimesso da Bethesda e Mac lo potesse accompagnare a casa.

“Non hai fatto colazione né pranzo” disse, mentre lasciavano il parcheggio. “Vuoi che mi fermi a comprarti qualcosa?”

“Mangi con me?” le chiese, non volendo porre fine al tempo trascorso con lei, nonostante tutto quello che era successo.

“Certo” rispose, annuendo. Dopo tutto non aveva in programma di essere altrove se non a casa sua.

Decise di fermarsi in un negozio di alimentari invece che da un rivenditore di cibo da asporto. Lasciò Harm in macchina dopo essersi fatta dare la lista delle cose che pensava gli sarebbero servite nei giorni successivi. Riempiendo il carrello con prodotti freschi, latte e qualche altro alimento, Mac aggiunse un paio di cose che sarebbero servite a lei, prevalentemente dal reparto dolciumi e gastronomia.

Caricando le borse sul retro del SUV, Mac riportò il carrello al suo posto prima di rimettersi al volante e sorridere vedendo che Harm si era addormentato. Non si svegliò quando Mac posteggiò nel parcheggio sotterraneo del suo edificio, proprio accanto all’ascensore. Aprendo lo sportello del passeggero, Mac gli fece una leggera carezza sul viso e lo chiamò per nome, ma non ci fu nessuna reazione. Chiamarlo a voce più alta non servì, quindi Mac chiuse lo sportello e aprì il portellone per recuperare le borse della spesa e portarle nell’appartamento di Harm. Ripeté l’operazione con i loro zaini e mise su il caffè.

Mac ritornò al parcheggio, aprì di nuovo lo sportello di Harm e questa volta lo scosse un po’, chiamandolo per nome. Aprendo gli occhi, persi in uno sguardo confuso, Harm cercò di concentrarsi su Mac, sorridendo stancamente mentre lei gli accarezzava il volto.

“Già finito di fare la spesa?” le chiese prima di sbadigliare.

“Sì, ed è già sistemata nel tuo appartamento” lo informò mentre Harm sbatté gli occhi un paio di volte prima di rendersi conto di dove fossero.

“Siamo a casa?” domandò, sbattendo gli occhi di nuovo.

“Sì” confermò, aiutandolo a girarsi e a scivolare fuori, atterrando sulla gamba buona. “Aspetta, sta’ fermo!” aggiunse, abbracciandolo quando lo vide perdere l’equilibrio.

“Scusa, Mac” disse, appoggiandosi a lei. “Queste medicine hanno un effetto strano.”

“Facciamo con calma” lo tranquillizzò lei, assicurandosi che fosse stabile prima di lasciarlo per recuperare le stampelle dal sedile posteriore. “Andiamo.”

Una volta raggiunto il loft, Mac lo aiutò a sedersi in poltrona, spostando alcuni mobili così che potesse avere il poggiapiedi davanti a lui. Sollevandogli la gamba, Mac la posò delicatamente sul cuscino prima di assicurarsi che stesse comodo. Spostandosi verso l’angolo cottura, preparò il pranzo per entrambi e quando gli portò i tramezzini farciti con l’insalata Harm dichiarò che non aveva fame, che stava scomodo e che non si sentiva per niente bene.

“Mi dispiace” disse indicando il cibo. “Mi sento malissimo.”

“Perché non vai a farti una bella dormita?” gli propose, lasciando i piatti sul tavolino basso.

“Non penso di avere abbastanza energia” disse, non troppo sicuro di ciò che gli stava accadendo.

“Lascia che ti aiuti” si offrì Mac , prima di spostare il poggiapiedi e aiutarlo a stare in posizione eretta. “Così è più facile.”

“E’ la gamba che mi dovrebbe fare male, non tutto il corpo” si lamentò mentre lei lo abbracciava per sostenerlo e accompagnarlo verso gli scalini che conducevano alla sua camera.

“Forse sono gli antidolorifici” disse aiutandolo a salire i tre scalini. “Appena sei a letto chiamo Bethesda e vedo cosa mi dicono.”

Annuendo con la testa, visto che parlare richiedeva troppa energia, Harm riuscì a raggiungere il lato del letto.

“Okay, ti aiuto a prepararti per dormire” continuò Mac, allentando i cordoncini dei pantaloni chirurgici che gli avevano fornito dopo avergli tagliato i jeans.

Quando furono abbastanza lenti da scivolare fino alle ginocchia, Mac lo aiutò a sedersi e glieli tolse del tutto. Osservandola mentre li faceva scorrere con attenzione sullo stivaletto, Harm pensò che avrebbe dovuto provare imbarazzo ma a questo punto non sentiva proprio nulla. Sbadigliò e aspettò che gli togliesse anche la maglia.

Quando arrivò finalmente a distendersi sul letto, Harm combatté per trovare una posizione comoda. Non gli era mai piaciuto dormire supino ma almeno in quel modo la gamba non era compromessa. Tuttavia, stare disteso gli faceva girare la testa.

“Che ne dici se ti sposto i cuscini?” gli propose Mac, seduta accanto a lui che continuava ad agitarsi in cerca di una posizione sopportabile.

Annuì e si tirò su. Afferrando gli altri cuscini, Mac li mise dietro di lui e lo aiutò a stendersi di nuovo, sperando che stare un po’ più in alto gli facesse bene. La testa stava effettivamente meglio, ma il resto del corpo no. Harm sospirò.

“Ancora male?” gli chiese, passandogli le dita fra i capelli.

“Boh, non importa” brontolò. “Non credo di stare bene in nessun modo.”

“Perché non provi a dormire?” gli suggerì continuando ad assisterlo come un’infermiera. “Rimango qui con te per un po’.”

Forse per la fatica, forse per il tocco di Mac, Harm scivolò nel sonno. Appena fu sicura che stesse davvero dormendo, Mac si allontanò da lui e telefonò all’ospedale. Spiegando i sintomi al dottore, quest’ultimo concordò che si potesse trattare di una reazione allergica agli antidolorifici e disse che avrebbe prescritto a Harm qualcos’altro. Stava per terminare il turno ma avrebbe lasciato i medicinali al banco del pronto soccorso affinché lei li potesse ritirare.

Sapendo che non avrebbe potuto lasciare Harm nello stato in cui era e sapendo altresì che i nuovi medicinali erano necessari, Mac chiamò Bud e gli spiegò tutto, chiedendogli di andare a Bethesda per lei. Quando arrivò a casa del comandante Rabb, Bud svegliò Mac che si era appisolata sulla poltrona.

“Entra” lo invitò Mac sottovoce, aprendogli la porta.

“Come sta?” chiese Bud, consegnandole il sacchetto dei medicinali.

“Non bene” rispose sinceramente. “Ma penso che questi lo faranno stare meglio, grazie.”

“C’è altro che posso fare?” Si offrì Bud e Mac scosse la testa prima di ricordarsi che in realtà c’era un’altra questione da sistemare.

“Mmmm, a dir la verità la mia macchina è ancora laggiù” disse. “Non è che avevi in programma un giro con la famiglia?”

“Beh, pensavo di portare AJ a fare un giro” annunciò lentamente. “Forse Mikey può venire con noi e riportare indietro la Sua macchina.”

“Ah” disse Mac, non proprio entusiasta all’idea di affidare la sua macchina a Mikey.

“Oppure lui può guidare la mia e io prendo la Sua” replicò Bud, interpretando l’espressione di Mac.

“Sarebbe perfetto” disse velocemente. “A meno che non sia troppo disturbo…”

“Hey, a cosa servono gli amici?” dichiarò e prese le chiavi che Mac gli porgeva. “Se Le viene in mente qualcos’altro basta che ci chiami. Mikey è impegnato fino alle 15:00 quindi andremo più tardi.”

Dopo che Bud fu uscito, Mac andò a vedere come stava Harm e lo trovò sveglio.

“E’ scomodo” brontolò.

“Beh, Bud ci ha appena portato le nuove medicine, quindi che ne dici di prenderle subito e vedere se le cose migliorano?” suggerì Mac e Harm alzò le spalle. Odiava prendere pillole, sciroppi o qualsiasi altro medicinale e anche in questo caso non faceva eccezione.

Dandogliele comunque, Mac si distese dall’altro lato del letto e Harm si allungò per prenderle la mano, stringendogliela gentilmente. Passarono altri minuti prima che Harm girasse di nuovo la testa dopo che pensava di averla sentita tirare su con il naso.

“Hey” disse, stringendole la mano ancora una volta. “Perché stai piangendo?” spostò la mano per accarezzarle il volto con un gesto che risultò più impacciato di quanto avesse pensato.

“Mi dispiace di averti fatto tutto questo” ammise, non riuscendo a mantenere il contatto visivo con lui. “Volevo solo un po’ di spazio, non ho mai avuto intenzione di farti del male. Mai.”

“Nemmeno un pochino pochino?” le chiese con un mezzo sorriso.

“Che vuoi dire?” replicò guardandolo.

“Stai dicendo che lassù in montagna, quando eri chiaramente molto arrabbiata con me, nemmeno per un momento hai avuto l’intenzione di farmi del male?” le chiese.

“Oh, allora” rispose con un sospiro. “Volevo ucciderti… ma, no, seriamente, non ho mai voluto massacrarti.”

“Puoi avvicinarti un po’, per favore?” le chiese e Mac lentamente si spostò così che la sua testa si trovò sul cuscino accanto a quella di lui. “Ora” continuò, muovendosi finché non riuscì a mettere un braccio dietro la schiena di Mac e a farle spostare la testa sul proprio petto. “Mi dispiace non averti detto di Emily. Non la aspettavo e non ho avuto opportunità di parlartene e poi quando ho potuto…”

“Ero io a non parlare con te… mi dispiace” concluse lei, chiudendo gli occhi.

“Sai una cosa, Mac” disse, cominciando a passarle le dita fra i capelli. “Ci conosciamo da quanto, nove anni?”

“Mmmm” replicò, cercando di non addormentarsi.

“E non penso di averti mai sentito chiedere scusa tante volte come hai fatto oggi” continuò, lasciandole un bacio sulla testa.

“E’ perché non penso di essere mai stata tanto dispiaciuta” ammise lei, non osando guardarlo.

“Cosa devo fare per farti capire che è tutto perdonato?” le chiese. “Perché per come la vedo io siamo entrambi colpevoli allo stesso modo. Se fossimo più bravi in questa storia della comunicazione allora io ti avrei detto già tanto tempo fa che tu sei l’unica donna per me.” Sentì il corpo di Mac irrigidirsi. “E ti avrei detto che io vivo per momenti come questo… un segno che anche tu provi lo stesso per me. E ti avrei detto che tu sei la persona più intelligente, coraggiosa, forte e bella che io abbia mai incontrato e che nonostante le mie parole e le mie azioni dimostrino il contrario, io sono molto innamorato di te. Senza alcun dubbio.”

Tirandosi su, Mac si voltò per guardarlo, sorpresa e confusa.

“Non essere così sorpresa” continuò Harm. “E prima che tu aggiunga qualcosa, devi sapere che non parlo così per via delle medicine. E’ quello che sento davvero e se hai bisogno di un’ulteriore prova, c’è un anello di fidanzamento per te nel cassetto superiore di quella scrivania. Ce l’ho da un po’ e spero nonostante tutto che un giorno, molto presto, saremo in un luogo in cui io possa chiederti di sposarmi.”

Lasciata completamente senza parole, Mac continuava a fissarlo. Harm non voleva dire nient’altro, temendo che le sue parole perdessero il loro significato. Alla fine, Mac si rannicchiò contro di lui di nuovo.

“Quando saremo in quel luogo ti dirò di sì” rispose sotto voce, mentre le dita gli accarezzavano il petto. “Perché… beh, per come la vedo io, quando trovi l’anima gemella, la tua metà, allora sarebbe una follia persino prendere in considerazione un futuro che non comprendesse stare insieme a quella persona – in maniera definitiva.”

“Anche io la penso così” concordò, baciandole di nuovo la testa.

“E sebbene lo abbia negato prima, devo ammettere di essere stata gelosa di Emily” riprese Mac. “E nemmeno solo un po’… era molto di più di solo un po’. Ho trascorso del tempo ultimamente, e non solo di recente, a pensare che le cose fra noi stessero andando bene e poi tutto ad un tratto c’era un’altra donna nella tua vita. Non ho potuto fare a meno di ricordare tutte le volte che sono arrivata qui sperando che la nostra relazione ci avrebbe portato a un livello successivo, solo per trovarti con un’altra donna. Non volevo discutere con te perché non volevo ammetterlo. Non volevo affrontarti perché ero gelosa e mi sono sentita ferita.”

“Scusa” disse, baciandole la testa più volte. “Sono solo felice che questa volta sia andato tutto bene”.

“Non proprio” disse Mac, sollevandosi su un gomito. “Ti sei fratturato la caviglia.”

“E’ molto più facile aggiustare una caviglia rotta che un cuore spezzato” sussurrò. “E il mio cuore si sarebbe frantumato in mille pezzi se tu non avessi provato per me quello che io provo per te.”

Avvicinandosi di nuovo a lui, Mac si chinò sul petto di Harm, prima di sollevare il volto e baciarlo teneramente. “Ti amo, Harm, tantissimo” dichiarò con una quieta sicurezza. “E ti prometto che lavorerò per migliorare la mia comunicazione con te.”

“E io ti prometto che farò la stessa cosa” replicò restituendole il bacio. “E ti prometto che non ti farò mai pentire di amarmi.”

“Ti prometto la stessa cosa” disse Mac, accarezzando le labbra dell’uomo con le sue e, nonostante l’aver ingigantito tutta la storia li aveva condotti esattamente in questo punto, Mac fece un’altra promessa. “E ti prometto di sicuro che non farò più tanto rumore per nulla.”

 

Nota della traduttrice:

Ecco anche la seconda e ultima parte di questa storia.

Grazie a NettieC che mi ha regalato il privilegio di tradurla in italiano.

Grazie a chi di voi ha letto anche questo capitolo, a chi lo ha fatto in silenzio e a chi mi ha donato un po’ del proprio tempo lasciandomi qualche parola.

Baci,

Germangirl

  
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