Ci
vollero 45 minuti per
raggiungere la corsia di emergenza dell’ospedale di Bethesda.
Sapendo che Harm
non sarebbe riuscito a camminare e avrebbe odiato una sedia a rotelle,
Mac
pensò che fosse meglio farlo scendere direttamente davanti
alla porta prima di
andare a parcheggiare. Era un buon piano, ma un agente della sicurezza
si
avvicinò a loro mentre lei apriva lo sportello.
“Signora,
non può parcheggiare
qui” le disse dietro di lei.
“Non
voglio parcheggiare” reagì
Mac. “Voglio solo farlo scendere.”
“Signora,
non può usare questa
corsia. E’ solo per le ambulanze”
continuò.
“Bene”
concesse Mac mentre Harm
scivolava dal sedile e cercava di stare in piedi accanto a lei.
“Lo prenda così
sposto la macchina.”
“Signora,
non è il mio lavoro”
protestò. “Mi dispiace, signora”
“Non
sono una signora, sono il
colonnello Sarah MacKenzie” abbaiò lei e sul volto
della guardia apparve il
panico. Dopo tutto, era il suo primo giorno di lavoro.
“Mi
scusi, colonnello, signora”
disse precipitandosi ad aiutare Harm. Anche se era stato istruito sui
suoi
doveri specifici, non accontentare un colonnello era tutta
un’altra storia.
Quando
Mac ritornò al pronto
soccorso Harm era già disteso su un letto in una stanza in
fondo al corridoio.
Quando le dissero che solo i familiari potevano entrare, Mac
informò
l’infermiera che Harm era il suo partner e la fecero passare
immediatamente.
“Quante
persone hai spaventato?” le
chiese sorridendo, visto che la morfina lo aveva liberato dal dolore.
“Non
ho spaventato nessuno”
dichiarò lei, avvicinandosi al letto e prendendogli la mano.
“Eccome”
disse “Non hai visto la
faccia di quel ragazzino. Ero sicuro che se la sarebbe fatta
sotto!”
“Beh,
cosa volevi che facessi? Che
ti costringessi a venire a piedi dal parcheggio?” lo
sfidò, intrecciando le
loro dita.
“No,
sono stato più che felice del
servizio porta a porta” ammise prima di sbadigliare.
“Ti
hanno detto nulla del piede?”
gli chiese guardando verso la parte ferita che adesso era coperta da
una benda
bianca e pulita.
“Che
pensano sia fratturato”
rispose appoggiando la testa e chiudendo gli occhi. Ora che il dolore
era
passato la stanchezza ebbe il sopravvento.
“Stai
bene?” gli chiese,
passandogli una mano fra i capelli.
“Sì”
rispose con un sospiro.
“Penso di stare per addormentarmi.”
“Posso
aspettare fuori se vuoi…”
iniziò, ma lui scosse la testa e le afferrò di
nuovo la mano.
“Voglio
che tu rimanga” disse
velocemente. “A meno che tu non voglia andare”
“No,
voglio rimanere” dichiarò
con un sorriso.
“Bene”
disse chiudendo gli occhi.
Pochi
minuti dopo il medico entrò
nella stanza. “Buongiorno comandante Rabb” lo
salutò, controllando la cartella
clinica. “Signora” disse, facendo cenno a Mac.
“Allora, in che guaio si è
cacciato?”
“Sono
caduto mentre stavamo
facendo un’escursione” rispose, omettendo qualche
dettaglio. “Sono scivolato
all’indietro lungo un terrapieno e il piede è
rimasto imbrigliato nelle
sterpaglie. Ho pensato che il problema fossero le escoriazioni e le
schegge
nella gamba, ma quando ho provato a rimettermi in piedi mi sono reso
conto che
la caviglia era messa peggio.”
“Beh,
sembra che abbia fatto
abbastanza casino” dichiarò, prendendo qualche
appunto. “Dunque, a che ora è
successo?”
Harm
guardò Mac come faceva
sempre quando si parlava di orari. “Erano le 18:53 di ieri
sera, dottore” annunciò
lei e il medico aggrottò la fronte.
“La
sua caviglia è in questo
stato da…” iniziò.
“12
ore e 39 minuti” concluse Mac
prima di annuire. “Stavamo camminando quando è
successo e non siamo riusciti a
rientrare a causa del temporale. E’ un problema?”
“Sì”
rispose, aggiungendo
ulteriori appunti. “Il dolore deve essere stato
terribile” Harm annuì. “E la
circolazione ne deve aver risentito. Comunque, a causa del gonfiore una
radiografia potrebbe non fornirci il quadro completo quindi la
sottoporrò a una
risonanza magnetica” lo informò, compilando la
richiesta. “Ci dirà quanti danni
ha causato.”
Passò
un’ora prima che Harm fosse
portato a fare la risonanza e Mac colse
l’opportunità per prendersi un caffè e
una boccata d’aria fresca. Odiava gli ospedali. Stando seduta
all’aperto,
controllò il cellulare e non trovò alcun
messaggio che richiedesse la sua
attenzione. Fece un respiro profondo e si mise per un po’ a
godersi la
sensazione del sole sulla pelle, poi gettò il contenitore
nel cestino e rientrò
per vedere cosa stava succedendo a Harm.
Passarono
altri 20 minuti prima
che Harm fosse riaccompagnato nella sua stanza e un’altra ora
e mezzo prima che
il medico tornasse a fargli visita. Harm trascorse la maggior parte del
tempo
dormendo.
“Qual
è il verdetto?” chiese Mac
appena il dottore comparve.
“La
caviglia è fratturata e anche
i tendini sono stati danneggiati” dichiarò e Mac
strinse la mano di Harm. “La
gamba è troppo gonfia per il gesso in fibra di vetro che
useremmo abitualmente
quindi dovremo applicare uno stivaletto” continuò,
tamburellando sulla cartella
clinica. “Dovrà portarlo per 8 settimane e poi
dovrà fare un po’ di
fisioterapia. Quindi, temo che dovrà dire addio alle
escursioni per qualche
mese.”
“Almeno
non devo essere operato”
replicò Harm: gli era andata bene.
“Nessun
intervento chirurgico”
concordò il medico. “Informerò il
reparto di ortopedia e la contatteranno per
un appuntamento alla fine della settimana. La seguiranno
loro.”
Ci
vollero altre quattro ore
prima che Harm fosse dimesso da Bethesda e Mac lo potesse accompagnare
a casa.
“Non
hai fatto colazione né
pranzo” disse, mentre lasciavano il parcheggio.
“Vuoi che mi fermi a comprarti
qualcosa?”
“Mangi
con me?” le chiese, non
volendo porre fine al tempo trascorso con lei, nonostante tutto quello
che era
successo.
“Certo”
rispose, annuendo. Dopo
tutto non aveva in programma di essere altrove se non a casa sua.
Decise
di fermarsi in un negozio
di alimentari invece che da un rivenditore di cibo da asporto.
Lasciò Harm in
macchina dopo essersi fatta dare la lista delle cose che pensava gli
sarebbero
servite nei giorni successivi. Riempiendo il carrello con prodotti
freschi,
latte e qualche altro alimento, Mac aggiunse un paio di cose che
sarebbero
servite a lei, prevalentemente dal reparto dolciumi e gastronomia.
Caricando
le borse sul retro del
SUV, Mac riportò il carrello al suo posto prima di
rimettersi al volante e
sorridere vedendo che Harm si era addormentato. Non si
svegliò quando Mac posteggiò
nel parcheggio sotterraneo del suo edificio, proprio accanto
all’ascensore.
Aprendo lo sportello del passeggero, Mac gli fece una leggera carezza
sul viso
e lo chiamò per nome, ma non ci fu nessuna reazione.
Chiamarlo a voce più alta
non servì, quindi Mac chiuse lo sportello e aprì
il portellone per recuperare
le borse della spesa e portarle nell’appartamento di Harm.
Ripeté l’operazione
con i loro zaini e mise su il caffè.
Mac
ritornò al parcheggio, aprì
di nuovo lo sportello di Harm e questa volta lo scosse un
po’, chiamandolo per
nome. Aprendo gli occhi, persi in uno sguardo confuso, Harm
cercò di
concentrarsi su Mac, sorridendo stancamente mentre lei gli accarezzava
il volto.
“Già
finito di fare la spesa?” le
chiese prima di sbadigliare.
“Sì,
ed è già sistemata nel tuo
appartamento” lo informò mentre Harm
sbatté gli occhi un paio di volte prima di
rendersi conto di dove fossero.
“Siamo
a casa?” domandò,
sbattendo gli occhi di nuovo.
“Sì”
confermò, aiutandolo a
girarsi e a scivolare fuori, atterrando sulla gamba buona.
“Aspetta, sta’
fermo!” aggiunse, abbracciandolo quando lo vide perdere
l’equilibrio.
“Scusa,
Mac” disse, appoggiandosi
a lei. “Queste medicine hanno un effetto strano.”
“Facciamo
con calma” lo
tranquillizzò lei, assicurandosi che fosse stabile prima di
lasciarlo per
recuperare le stampelle dal sedile posteriore.
“Andiamo.”
Una
volta raggiunto il loft, Mac
lo aiutò a sedersi in poltrona, spostando alcuni mobili
così che potesse avere
il poggiapiedi davanti a lui. Sollevandogli la gamba, Mac la
posò delicatamente
sul cuscino prima di assicurarsi che stesse comodo. Spostandosi verso
l’angolo
cottura, preparò il pranzo per entrambi e quando gli
portò i tramezzini farciti
con l’insalata Harm dichiarò che non aveva fame,
che stava scomodo e che non si
sentiva per niente bene.
“Mi
dispiace” disse indicando il
cibo. “Mi sento malissimo.”
“Perché
non vai a farti una bella
dormita?” gli propose, lasciando i piatti sul tavolino basso.
“Non
penso di avere abbastanza
energia” disse, non troppo sicuro di ciò che gli
stava accadendo.
“Lascia
che ti aiuti” si offrì
Mac , prima di spostare il poggiapiedi e aiutarlo a stare in posizione
eretta. “Così
è più facile.”
“E’
la gamba che mi dovrebbe fare
male, non tutto il corpo” si lamentò mentre lei lo
abbracciava per sostenerlo e
accompagnarlo verso gli scalini che conducevano alla sua camera.
“Forse
sono gli antidolorifici”
disse aiutandolo a salire i tre scalini. “Appena sei a letto
chiamo Bethesda e
vedo cosa mi dicono.”
Annuendo
con la testa, visto che
parlare richiedeva troppa energia, Harm riuscì a raggiungere
il lato del letto.
“Okay,
ti aiuto a prepararti per
dormire” continuò Mac, allentando i cordoncini dei
pantaloni chirurgici che gli
avevano fornito dopo avergli tagliato i jeans.
Quando
furono abbastanza lenti da
scivolare fino alle ginocchia, Mac lo aiutò a sedersi e
glieli tolse del tutto.
Osservandola mentre li faceva scorrere con attenzione sullo stivaletto,
Harm
pensò che avrebbe dovuto provare imbarazzo ma a questo punto
non sentiva
proprio nulla. Sbadigliò e aspettò che gli
togliesse anche la maglia.
Quando
arrivò finalmente a
distendersi sul letto, Harm combatté per trovare una
posizione comoda. Non gli
era mai piaciuto dormire supino ma almeno in quel modo la gamba non era
compromessa. Tuttavia, stare disteso gli faceva girare la testa.
“Che
ne dici se ti sposto i
cuscini?” gli propose Mac, seduta accanto a lui che
continuava ad agitarsi in
cerca di una posizione sopportabile.
Annuì
e si tirò su. Afferrando
gli altri cuscini, Mac li mise dietro di lui e lo aiutò a
stendersi di nuovo,
sperando che stare un po’ più in alto gli facesse
bene. La testa stava
effettivamente meglio, ma il resto del corpo no. Harm
sospirò.
“Ancora
male?” gli chiese, passandogli
le dita fra i capelli.
“Boh,
non importa” brontolò. “Non
credo di stare bene in nessun modo.”
“Perché
non provi a dormire?” gli
suggerì continuando ad assisterlo come
un’infermiera. “Rimango qui con te per
un po’.”
Forse
per la fatica, forse per il
tocco di Mac, Harm scivolò nel sonno. Appena fu sicura che
stesse davvero
dormendo, Mac si allontanò da lui e telefonò
all’ospedale. Spiegando i sintomi
al dottore, quest’ultimo concordò che si potesse
trattare di una reazione
allergica agli antidolorifici e disse che avrebbe prescritto a Harm
qualcos’altro. Stava per terminare il turno ma avrebbe
lasciato i medicinali al
banco del pronto soccorso affinché lei li potesse ritirare.
Sapendo
che non avrebbe potuto
lasciare Harm nello stato in cui era e sapendo altresì che i
nuovi medicinali
erano necessari, Mac chiamò Bud e gli spiegò
tutto, chiedendogli di andare a
Bethesda per lei. Quando arrivò a casa del comandante Rabb,
Bud svegliò Mac che
si era appisolata sulla poltrona.
“Entra”
lo invitò Mac sottovoce,
aprendogli la porta.
“Come
sta?” chiese Bud,
consegnandole il sacchetto dei medicinali.
“Non
bene” rispose sinceramente.
“Ma penso che questi lo faranno stare meglio,
grazie.”
“C’è
altro che posso fare?” Si
offrì Bud e Mac scosse la testa prima di ricordarsi che in
realtà c’era
un’altra questione da sistemare.
“Mmmm,
a dir la verità la mia
macchina è ancora laggiù” disse.
“Non è che avevi in programma un giro con la
famiglia?”
“Beh,
pensavo di portare AJ a
fare un giro” annunciò lentamente.
“Forse Mikey può venire con noi e riportare
indietro la Sua macchina.”
“Ah”
disse Mac, non proprio
entusiasta all’idea di affidare la sua macchina a Mikey.
“Oppure
lui può guidare la mia e
io prendo la Sua” replicò Bud, interpretando
l’espressione di Mac.
“Sarebbe
perfetto” disse
velocemente. “A meno che non sia troppo
disturbo…”
“Hey,
a cosa servono gli amici?” dichiarò
e prese le chiavi che Mac gli porgeva. “Se Le viene in mente
qualcos’altro
basta che ci chiami. Mikey è impegnato fino alle 15:00
quindi andremo più tardi.”
Dopo
che Bud fu uscito, Mac andò
a vedere come stava Harm e lo trovò sveglio.
“E’
scomodo” brontolò.
“Beh,
Bud ci ha appena portato le
nuove medicine, quindi che ne dici di prenderle subito e vedere se le
cose migliorano?”
suggerì Mac e Harm alzò le spalle. Odiava
prendere pillole, sciroppi o
qualsiasi altro medicinale e anche in questo caso non faceva eccezione.
Dandogliele
comunque, Mac si distese
dall’altro lato del letto e Harm si allungò per
prenderle la mano,
stringendogliela gentilmente. Passarono altri minuti prima che Harm
girasse di
nuovo la testa dopo che pensava di averla sentita tirare su con il naso.
“Hey”
disse, stringendole la mano
ancora una volta. “Perché stai
piangendo?” spostò la mano per accarezzarle il
volto con un gesto che risultò più impacciato di
quanto avesse pensato.
“Mi
dispiace di averti fatto
tutto questo” ammise, non riuscendo a mantenere il contatto
visivo con lui. “Volevo
solo un po’ di spazio, non ho mai avuto intenzione di farti
del male. Mai.”
“Nemmeno
un pochino pochino?” le
chiese con un mezzo sorriso.
“Che
vuoi dire?” replicò
guardandolo.
“Stai
dicendo che lassù in
montagna, quando eri chiaramente molto arrabbiata con me, nemmeno per
un
momento hai avuto l’intenzione di farmi del male?”
le chiese.
“Oh,
allora” rispose con un
sospiro. “Volevo ucciderti… ma, no, seriamente,
non ho mai voluto massacrarti.”
“Puoi
avvicinarti un po’, per
favore?” le chiese e Mac lentamente si spostò
così che la sua testa si trovò
sul cuscino accanto a quella di lui. “Ora”
continuò, muovendosi finché non
riuscì a mettere un braccio dietro la schiena di Mac e a
farle spostare la
testa sul proprio petto. “Mi dispiace non averti detto di
Emily. Non la
aspettavo e non ho avuto opportunità di parlartene e poi
quando ho potuto…”
“Ero
io a non parlare con te… mi
dispiace” concluse lei, chiudendo gli occhi.
“Sai
una cosa, Mac” disse,
cominciando a passarle le dita fra i capelli. “Ci conosciamo
da quanto, nove
anni?”
“Mmmm”
replicò, cercando di non
addormentarsi.
“E
non penso di averti mai
sentito chiedere scusa tante volte come hai fatto oggi”
continuò, lasciandole
un bacio sulla testa.
“E’
perché non penso di essere
mai stata tanto dispiaciuta” ammise lei, non osando guardarlo.
“Cosa
devo fare per farti capire
che è tutto perdonato?” le chiese.
“Perché per come la vedo io siamo entrambi
colpevoli allo stesso modo. Se fossimo più bravi in questa
storia della
comunicazione allora io ti avrei detto già tanto tempo fa
che tu sei l’unica
donna per me.” Sentì il corpo di Mac irrigidirsi.
“E ti avrei detto che io vivo
per momenti come questo… un segno che anche tu provi lo
stesso per me. E ti
avrei detto che tu sei la persona più intelligente,
coraggiosa, forte e bella che
io abbia mai incontrato e che nonostante le mie parole e le mie azioni
dimostrino il contrario, io sono molto innamorato di te. Senza alcun
dubbio.”
Tirandosi
su, Mac si voltò per
guardarlo, sorpresa e confusa.
“Non
essere così sorpresa”
continuò Harm. “E prima che tu aggiunga qualcosa,
devi sapere che non parlo
così per via delle medicine. E’ quello che sento
davvero e se hai bisogno di
un’ulteriore prova, c’è un anello di
fidanzamento per te nel cassetto superiore
di quella scrivania. Ce l’ho da un po’ e spero
nonostante tutto che un giorno,
molto presto, saremo in un luogo in cui io possa chiederti di
sposarmi.”
Lasciata
completamente senza
parole, Mac continuava a fissarlo. Harm non voleva dire
nient’altro, temendo
che le sue parole perdessero il loro significato. Alla fine, Mac si
rannicchiò
contro di lui di nuovo.
“Quando
saremo in quel luogo ti
dirò di sì” rispose sotto voce, mentre
le dita gli accarezzavano il petto.
“Perché… beh, per come la vedo io,
quando trovi l’anima gemella, la tua metà,
allora sarebbe una follia persino prendere in considerazione un futuro
che non
comprendesse stare insieme a quella persona – in maniera
definitiva.”
“Anche
io la penso così” concordò,
baciandole di nuovo la testa.
“E
sebbene lo abbia negato prima,
devo ammettere di essere stata gelosa di Emily” riprese Mac.
“E nemmeno solo un
po’… era molto di più di solo un
po’. Ho trascorso del tempo ultimamente, e non
solo di recente, a pensare che le cose fra noi stessero andando bene e
poi
tutto ad un tratto c’era un’altra donna nella tua
vita. Non ho potuto fare a
meno di ricordare tutte le volte che sono arrivata qui sperando che la
nostra
relazione ci avrebbe portato a un livello successivo, solo per trovarti
con
un’altra donna. Non volevo discutere con te perché
non volevo ammetterlo. Non
volevo affrontarti perché ero gelosa e mi sono sentita
ferita.”
“Scusa”
disse, baciandole la
testa più volte. “Sono solo felice che questa
volta sia andato tutto bene”.
“Non
proprio” disse Mac,
sollevandosi su un gomito. “Ti sei fratturato la
caviglia.”
“E’
molto più facile aggiustare
una caviglia rotta che un cuore spezzato”
sussurrò. “E il mio cuore si sarebbe
frantumato in mille pezzi se tu non avessi provato per me quello che io
provo
per te.”
Avvicinandosi
di nuovo a lui, Mac
si chinò sul petto di Harm, prima di sollevare il volto e
baciarlo teneramente.
“Ti amo, Harm, tantissimo” dichiarò con
una quieta sicurezza. “E ti prometto
che lavorerò per migliorare la mia comunicazione con
te.”
“E
io ti prometto che farò la
stessa cosa” replicò restituendole il bacio.
“E ti prometto che non ti farò mai
pentire di amarmi.”
“Ti
prometto la stessa cosa”
disse Mac, accarezzando le labbra dell’uomo con le sue e,
nonostante l’aver
ingigantito tutta la storia li aveva condotti esattamente in questo
punto, Mac
fece un’altra promessa. “E ti prometto di sicuro
che non farò più tanto rumore
per nulla.”
Nota
della traduttrice:
Ecco
anche la seconda e ultima parte di
questa storia.
Grazie
a NettieC che mi ha regalato il privilegio
di tradurla in italiano.
Grazie
a chi di voi ha letto anche questo
capitolo, a chi lo ha fatto in silenzio e a chi mi ha donato un
po’ del proprio
tempo lasciandomi qualche parola.
Baci,
Germangirl