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Autore: Elsa Maria    20/07/2013    3 recensioni
Un mese di vacanza rovinato da un'iniziativa audace. Un mese in un Onsen ryokan, dall'aspetto tranquillo. Un mese in compagnia di un ragazzo misterioso e un cliente alquanto snervante. Un mese per provare tutte le emozioni che uno si porterà dietro per il resto della vita.
Un mese in cui i titubanti cuori di Sora e Roxas Sawamura, saranno messi alla prova.
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Questa è la prima fan fiction che scrivo su Kingdom Hearts, e mi sento più tosto agitata. Spero proprio di non aver prodotto qualcosa di indecente. Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Kairi, Riku, Roxas, Sora
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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18

Il sole picchiava forte, e il caldo era afoso. A mezzogiorno le strade della cittadina non erano molto piene, si vedevano diverse donne in yukata che si fermavano ai bar più vicini per chiacchierare dei più recenti avvenimenti; alcuni bambini che correvano per le vie, giocando con i loro amici; pochi invece erano gli uomini che probabilmente erano rinchiusi in ufficio o in negozio, beati dall’aria fresca del condizionatore, ed era ciò che Axel più desiderava in quel momento. Si stava pentendo di aver proposto a Roxas di uscire, si pentiva di essersi messo la camicia –anche se non poteva girare a petto nudo-, e si pentiva di aver lasciato la PSP in stand-by, quando nella stanza c’era Demyx. Visitarono per un po’ la città e, all’una circa, Roxas sentì il suo stomaco invocare cibo.
“Axel, dove andiamo a mangiare?”
“Dove preferisci tu, ho abbastanza soldi, quindi non c’è problema.” Il rosso mise la mano in tasca per assicurarsi della presenza del portafogli.
“Non se ne parla, pago io.” Disse bloccandogli il polso prima che potesse sfilare la mano.
“Perché?” Sollevò un sopracciglio.
“Non mi piace avere debiti.” 
“Oh, ma chi mai ha parlato di debiti.” Si chinò verso di lui, fino ad arrivare all’orecchio. “A te non serviranno soldi per ripagarmi.” Ridacchiò, mentre Roxas avvampò.
“Quindi dove andiamo a mangiare?” Cercò di riprendere il discorso.
“Il ristorante dove abbiamo cenato ieri non era male, che ne dici?”
“D’accordo, andiamoci pure.” Sorrise il biondo, anche se preoccupato di quello che gli era stato appena sussurrato. Arrivati al locale una donna dai lineamenti aggraziati li fece accomodare. Ordinarono del sushi, che mangiarono tra una chiacchiera e l’altra.
“Gli volevi rubare l’auto?!” Esordì Roxas, mentre portava alla bocca un nigiri(*).
“Già.” Rispose Axel intento a masticare.
“Con quale coraggio sei andato contro quell’uomo?”
“Chi lo sa. Giovane sciocco e depresso, ognuno i propri problemi.” 
“Ma non avrebbe dovuto portarti alla polizia?”
“Perché, ci speravi?”
“Beh, ci sarebbe un molestatore in meno per la strada, non è che la cosa mi dispiacerebbe.”
“Molto gentile.” Ghignò. “Tu, però, dove andresti senza di me?” 
Roxas tossì, imbarazzato. “Comunque, è stato un comportamento singolare, non trovi?”
“Neanche tanto, sai; ha detto che gli facevo pena.” 
“Mi stupisce il fatto che Saix provi compassione per qualcuno.”
“Rimarrà per sempre un mistero.” Disse Axel stringendosi fra le spalle, per poi allungarsi verso un hosomaki(**). Poi guardò verso il ragazzo che gli era davanti e notò che vicino gli angoli della bocca gli erano rimasti due chicchi di riso. Si alzò dal cuscino arancione con un ghigno, e si avvicinò a Roxas.
“Che succede?” Gli chiese seguendolo con lo sguardo. Il rosso si abbassò e, poggiando una mano a terra e l’altra sulla spalla del biondo, gli leccò via il cibo dal viso. Il ragazzo strabuzzò gli occhi e deglutì. Un sorriso beffardo –come se il ghigno non fosse abbastanza- si fece largo sul volto dell’altro. “Speravi ti baciassi, vero?” Gli disse.
“No, idiota.” Sbuffò, scansandolo. Axel prese la mano che Roxas gli aveva appena poggiato sul petto e la baciò, lievemente. 
“Mi vuoi veramente allontanare?”
“Questo è un luogo pubblico…” Borbottò, cercando di distogliere lo sguardo dal viso seducente dell’altro.
“Ma questa dove siamo ora è una sala privata, quindi…” Si avvicinò nuovamente. 
“E’ inutile discutere con te, fa come vuoi.” Sbuffò, non resistendogli più. Axel, però, andò all’indietro, così sedendosi sui polpacci. 
“Se non mi resisti, non mi diverto.” Si imbronciò come un bambino.
“Sei sadico o cosa?”
“Ti lamenti sempre. Dimmi almeno un lato positivo che trovi in me!” Gli ordinò. Roxas si mise a pensare profondamente. I secondi passavano veloci, rendendo il silenzio che aumentava carico di rabbia da parte del rosso.
“Non è difficile dai!” Sbottò innervosito.
“Invece è molto complicato.” Disse ancora immerso nei pensieri. “Non ne riesco a trovare neanche uno… Incredibile…” 
“Il problema sei tu che hai un punto di vista troppo critico.”
“Allora vediamo un po’ te. Quale è una mia caratteristica positiva?” Gli chiese, sicuro che, come lui, il rosso ci avrebbe dovuto pensare.
“Facile. Uno dei tuoi tanti pregi, che secondo me è persino il migliore, è quello di essere innamorato di me.” Accentuò in modo particolare l’ultima parola. Per quanto quella frase potesse essere egoista, un elogio più verso sé stesso che verso di lui, Roxas arrossì, stupito più dal fatto di aver sentito quelle parole, per lui imbarazzanti, pronunciate con tanta sicurezza.
“A me piace questo lato di te, dici sempre ciò che pensi, non considerando le conseguenze, oppure te ne disinteressi, fatto sta che, anche se può sembrare che parli a sproposito, così non è. Io non ne sarei mai in grado.” Pronunciò quelle parole quasi incantato dal modo di fare del ragazzo.
“Meglio dire ciò che si pensa, invece di tacere e mentire; io la penso così.” Gli fece un sorriso. “Finiamo il sushi e poi andiamo un po’ in giro. Ti voglio comprare un souvenir!” Esortò.
“D’accordo, se proprio desideri.” Sospirò; tanto avrebbe ripagato tutto a fine giornata, come prima Axel gli aveva accennato… Sì, avrebbe preferito di gran lunga pagare con il denaro.
“Non puoi arrenderti così, diamine! Dovevi dire: no, Axel, non voglio che tu spenda soldi per me.”
“Prima ho provato a dirtelo, e mi hai già spiegato come dovrò ripagarti, quindi non voglio sprecare fiato inutilmente.” Spiegò mangiando l’ultimo hosomaki.
“Perché l’hai mangiato? Era mio!”
“Sei proprio infantile tu, sai?” Sbuffò il biondo che, per quanto era innervosito dal comportamento del ragazzo, si stava divertendo; bene o male lo stava mettendo a disagio e la cosa gli piaceva eccome. –“Forse per questo Axel mi vuol vedere continuamente imbarazzato.”- Pensò.
“Non sono infantile, solo che mi piace esserlo; è differente.”
“Certo, Axel, l’importante è esserne coscienti.” Ridacchiò.
“Non mi deridere; non eri forse tu quello che mi ha fatto la predica riguardo il non dover prendersi gioco della gente?”
“Hai ragione, scusa. Comunque l’hosomaki era veramente buono!”
“Davvero?” Si porse in avanti, prendendogli il mento e, baciandolo, fece esaminare alla sua lingua ogni centimetro della bocca del biondo. “Proprio vero.” Disse staccandosi. “Il sapore della tua bocca è migliore del solito.” Roxas abbassò la testa, al limite del rossore; le vinceva tutte lui. Axel sorrise, mettendo la mano in tasca, cercando qualcosa. Il biondo osservò distrattamente il movimento e gli sembrò che il rosso stava prendendo i soldi, i quali aveva poggiato sul tavolo.
“Possiamo andare.” Axel si alzò e allungò la mano verso il ragazzo per aiutarlo a tirarsi su. “C’è un posto preciso dove vuoi andare?”
“No, nessuno.”
“Bene, allora lo troveremo.” Aprì la porta scorrevole e, appena uscirono, nella stanza entrò la donna che li aveva fatti accomodare.
“Roxas.” Gli sussurrò d’un tratto Axel all’orecchio, prendendogli la mano. “Corri.” E si precipitò all’uscita, trascinando il biondo ancora confuso. L’ultima cosa che sentirono, prima di allontanarsi completamente dal locale, fu la donna gridargli maledizioni e il ticchettio dei geta che si muovevano velocemente, ma non abbastanza per raggiungerli.
Quando si fermarono il rosso poggiò le mani sulle cosce, mentre Roxas sui fianchi, arcuando leggermente la schiena e buttando la testa indietro.
“Ma che cavolo combini?!” Gli gridò il biondo.
“Volevo farti provare il brivido di non pagare.” Ridacchiò, infilando in tasca i soldi che aveva finto di poggiare sul tavolo.
“Diamine Axel! Non mi sono mai vergognato tanto in vita mia! Ed ora? Non potrò più entrare in quel ristorante, sarò targato come criminale e tutto per colpa tua!” Sbraitò arrabbiato nero.
“Su, su Hachi, non costringermi a metterti la museruola.” Sbuffò.
“Non ti ci mettere con questo Hachi!”
“Allora Uke?”
“Leggi bene le mie labbra: sei insopportabile!” Disse per poi dargli di spalle, incrociando al petto le braccia.
“Ma mi ami, giusto?” Gli chiese, abbracciandolo da dietro.
“Sto iniziando a dubitare anche di questo.”
“Allora mi toccherà farti ricredere.” Gli lasciò un succhiotto sul collo. 
“Axel, siamo in piazza, luogo pubblico, davanti occhi indiscreti; possiamo evitare?”
“Possiamo? Come mai usi il plurale? Ti senti per caso coinvolto.” Ridacchiò divertito.
“Non intendevo questo con noi. Intendevo che entrambi siamo visti e quindi si pensa che entrambi ci concediamo l’uno all’altro, capito?”
“Non è così?” Gli chiese.
“Momentaneamente no.” Sbuffò, riuscendo a sottrarsi dalla presa. “Dove andiamo adesso?” Gli domandò.
“Ieri ho visto un negozio particolare, andiamo?”
“Che intendi con particolare?” Chiese Roxas, preoccupato per la sua incolumità.
“Vedrai.” E lo trascinò via.

“Dove vai, Sora?” Gli domandò Kairi vedendolo allontanarsi.
“Approfitto della pausa per andare in camera a riposare.” Fece un sorriso, talmente falso, che più per compassione che per cosa, Kairi ricambiò con un altro sorriso.
Il ragazzo entrò nella sua stanza, chiuse la porta e si andò a sdraiare sul letto, divaricando sia gambe che braccia, guardò il soffitto, iniziando a pensare sui fatti avvenuti e su quello che sarebbe accaduto in futuro.
-“Se domani verranno i miei genitori probabilmente anch’io me ne andrò, così che mia madre mi rinchiuderà in camera mia, senza acqua e senza cibo, a studiare come un forsennato giapponese antico; non credo sopravvivrò, poi senza Riku…”- Tirò su con il naso e si rannicchiò, abbracciandosi. –“Lo voglio accanto a me in questo momento…”- Arrossì al suo stesso pensiero. –“Quindi come potrò stare per undici mesi senza di lui… Non posso farcela… Sono peggio di una ragazzina innamorata.”- Sospirò, ritornando nella posizione iniziale. –“Non voglio neanche salutare Kairi. Ho bisogno di una soluzione efficace, immediata, qualcosa di geniale.”- E sprofondò nei suoi pensieri più oscuri e nascosti, in cerca di quell’illuminazione che gli sembrava tanto distante e lontana.
Qualcuno bussò alla porta, ma non ricevette risposta, perché la meditazione non poteva permettere interruzione. Entrò comunque, chiamando due volte il ragazzo, che immobile rimase a terra, e l’entrato, preoccupato, gli si precipitò accanto, iniziando a scuoterlo. La voce dell’arrivato risuonò confusa e ovattata.
“…ra? …ora? Sora?!” Urlò infine, facendo balzare il castano con il busto. Spalancò gli occhi osservando per bene l’altro.
“Quando sei arrivato, Riku?”
“Poco fa, non mi hai sentito bussare?”
“Bussare?” Chiese, confuso.
“Lascia perdere, ho capito. A cosa stavi pensando tanto intensamente?”
“Ad un modo per non starti lontano!” Esortò, senza rendersi conto delle parole pronunciate.
“Davvero?”
“Cosa?” Domandò poi, come ripreso da un sogno.
“Mi stai prendendo in giro spero?” Disse innervosito.
“Per cosa?”
“Mi hai appena detto che stavi pensando ad una soluzione per non starmi lontano!” Sbottò.
“Ah…” Arrossì. “Si, è vero. Domani vengono i miei genitori per prendere Roxas, probabilmente mi toccherà tornare a casa con loro, ma io non voglio. Ciò che desidero è poter restare con te e Kairi, anche durante l’anno… Sarei disposto a lasciare casa mia, gli amici, tutto; anche se detto così sembra più che altro un capriccio che una cosa…” Il discorso fu interrotto da un bacio improvviso dato dall’albino. “…Seria.” Concluse a bassa voce.
“Non sembra affatto un capriccio, lo vedo nel tuo sguardo quanto sia importate quello che stai dicendo e non credo tu possa immaginare la felicità che mi trasmettono queste tue parole.” Come un segno di timidezza si morse leggermente un labbro, quasi volesse che il gesto restasse nascosto.
“Sei felice?” Domandò sorpreso. 
“Te l’ho appena detto mi pare.” Sbuffò, imbarazzato. Quelle emozioni accennate lasciarono Sora completamente stupito. Riku emozionato? Sicuramente a breve avrebbe nevicato, o più semplicemente sarebbe avvenuta la fine del mondo.
“Riku, posso dirti che ti amo più di quello di cui sono cosciente.” Gli confessò ancora sbattendo le palpebre per l’avvenimento. L’albino ne approfittò immediatamente per lasciargli un bacio passionale, che costrinse l’altro a sdraiarsi sul futon. Salendogli sopra, l’attivo tra i due, iniziò a ricoprire di baci la parte superiore del corpo del castano, a quale scapparono due gemiti, che non furono per nulla trattenuti.
“Mi desideri, Sora?” Gli domandò Riku con il fiato corto per l’eccitazione. Il ragazzo annuì timidamente, arrossendo ulteriormente. Il ragazzo sopra lo baciò e, dopo essersi scambiati un’occhiata, iniziò a scendere, giù sempre più giù, fin dove il soggetto interessato attendeva, impaziente, attenzioni. Sciolse il datejime dello yukata, ma Sora lo interruppe.
“Non so se…”
“D’accordo, allora mi fermo.” Disse l’albino che levando le mani dall’indumento –che avrebbe desiderato togliere-. Sora, però, poggiò le mani su quelle dell’altro; erano più grandi delle sue, più adulte e fredde, ma il tocco che rilasciavano sul suo corpo lo facevano infiammare.
“Continua…” Balbettò in certo, chiudendo gli occhi, quasi volendoli sigillare. L’albino sospirò silenziosamente, e, facendo ritornare i loro petti a contatto, avvicinò il volto a quello dell’altro. 
“Non farò nulla se non sei totalmente accondiscendente.”
“Io lo sono.”
“Non è vero, hai una faccia spaventata; non devi accontentare nessuno. Non è che stai facendo ciò perché hai paura che poi non ci sarà più tempo?” Gli domandò Riku sospettoso.
“Io…” Balbettò non sapendo come contraddirlo.
“Sora, diamine…” Sbuffò levandosi da sopra di lui. “Non ci posso credere… Sei davvero così idiota?”
“Veramente…” Cercò una giustificazione, ma poi, abbassando la testa avvilito, disse: “Si…” Riku sospirò, grattandosi la nuca. 
“Mi sto sentendo stupido anch’io.” Gli disse scocciato.
“Scusami, Riku.” 
“E di cosa? Non ce ne è bisogno… Io torno a lavoro, visto che non ho altro da fare. Attento a non annegare nei tuoi pensieri, okay?”
“Certo.” Disse ancora afflitto dal suo comportamento infantile. Riku, che nel frattempo si era alzato, prese il mento di Sora sollevandolo e, chinandosi leggermente, gli diede un bacio semplice, un piccolo contatto veloce. 
“A dopo.”
“A dopo…” Disse come incantato, quasi quel gesto così semplice fosse valso più di mille incoraggiamenti, che l’avrebbero aiutato a perdere l’espressione triste. D’un tratto poi, un’idea folle, ma al col tempo geniale, gli passò come un lampo nella testa, tanto che esclamò: “Trovato!”
“Cosa?”
“Ho trovato la soluzione, Riku! So cosa posso fare!”
“Cosa?” Chiese di nuovo, con la curiosità crescente.
“Lo saprai domani.” Si alzò e andò alla porta, che fece scorrere. “Allora, andiamo? Abbiamo del lavoro dal svolgere, l’hai detto anche tu prima.” L’albino sorrise sotto i baffi e lo seguì uscendo dalla camera.

Intanto Axel aveva portato Roxas al negozio particolare, che prima aveva citato, ma ciò che veniva venduto in questo, lasciò Roxas completamente allibito.
“Videogame? Ma sei peggio di Sora!” Sbuffò, innervosito, tenendo d’occhio il rosso che passava da un gioco ad un altro. 
“Guarda, Roxas! Devo assolutamente comprarmelo!”
“Cosa?”
“Il professor Layton e la maschera dei miracoli.” Il ragazzo rimase a bocca aperta, rifiutandosi di profanare qualunque parola. “Se no c’è anche Asura’s wrath (***)… Sono indeciso.”
“Insomma sei uno che ha dei generi definiti… E si può sapere quante piattaforme hai?”
“Più o meno tutte, mi manca la Wii, ma non dispero di certo.”
“Sbrigati a comprare e usciamo di qui.”
“D’accordo, prendo entrambi!” Annunciò allegro dirigendosi alla cassa. In quel momento a Roxas venne il sospetto che il suo ragazzo –pensarla in questo modo lo fece arrossire lievemente- non avesse pagato il pranzo proprio per comprarsi i videogiochi, e sicuramente era così.
“Fatto, possiamo anche uscire.” Disse ancora euforico per l’acquisto.
-“No, neanche Sora è tanto contento, solo quando trova una cosa che cercava da mesi, se non anni.”- Pensò sospirando. 
Appena uscirono dal negozio, d’un tratto, dal cielo iniziarono a cadere gocce su gocce, sempre più violentemente. I due, presi alla sprovvista, cercarono il riparo più vicino rifugiandosi sotto un portico non lontano da dove si trovavano. 
“Etciù.” Starnutì il biondo, cercando di farsi calore sfregandosi le braccia. Axel lo abbracciò, stringendolo forte. 
“Ci penso io a tenerti caldo.” Gli sussurrò dolcemente. “Mi spiace non avere nessun indumento da prestarti.”
“Non fa nulla, grazie comunque…” Balbettò, sempre più rosso; altro che Axel, a farsi caldo ci stava già pensando da solo. 
“Sei tutto rosso, vedi che funziona il mio metodo.” Questa volta il tono suonò più divertito, che premuroso.
“Tu, maledetto…” Axel aumentò la stretta. “I love you, Roxas. I’d die without you.” 
“Non parlarmi in inglese…” Continuò a balbettare.
“And you?” Domandò guardandolo.
“What… Cioè, cosa?”
“Moriresti senza di me?”
“Non proprio, ma si… Insomma…”
“Non mi piace quel non proprio.” Lo prese per le spalle e lo poggiò al muro che era alla loro destra, posizionando una mano sopra la testa del biondo e l’altra lungo il proprio corpo. “Di si e basta.” 
“Se mi costringi non ha senso.” Sbuffò.
“Io ti sto solo istigando a dirmi il vero.”
“Mi da fastidio, quindi non farlo.” Axel si levò da lui, e sbuffò. 
“Testardo, testardo, ecco cosa sei!”
“Non è vero.” Gli urlò.
“Non alzare la voce.” Lo sgridò.
“Non la sto alzando.”
“Invece si.”
“Perché stiamo litigando?”
“Perché ti credi una persona che ha sempre ragione.”
“Ovvio, è così.”
“Questo lato di te mi era nascosto.”
“Certo, tu non conosci molte cose di me, sai?”
“Bene.” Si sedette a terra, poggiando la schiena al muro. “Viene qua.” Indicò il posto accanto al suo. Roxas si mise dove indicato. “Parlami di te.”
“Come?”
“Voglio conoscerti, posso?”
“Si, ma non so cosa dirti.”
“Quando sei nato?”
“Il 13 maggio.”
“Gruppo sanguigno?”
“AB.”
“Piatto preferito?”
“Axel, dai è inutile.” Sbuffò.
“Rispondi e non lamentarti.” Lo ammonì e il ragazzo, sospirando, rispose: “Non lo so… Mi piace il sushi.”
“Dove studi?”
“Dovresti saperlo, Larxene insegna lì.”
“Lo so, però voglio sentirlo da te.”
“La scuola media superiore Yoake.”
“Tuoi amici più fidati?”
“Si chiamano Hayner, Tidus e Pence.”
“Come ti trovi nella tua famiglia?”
“Bene.”
“Il tuo primo amore?” Domandò ancora.
“Credo Naminè…”
“Il tuo fidanzato attuale?”
“Te lo devo dire?” Gli chiese, non mostrando quel poco d’imbarazzo che stava abilmente mascherando con dell’ironia.
“Certo.” Disse con serietà il biondo sospirò ancora.
“Tu.”
“Moriresti per me?”
“Si, ed è proprio per questo che adesso stiamo insieme, cercando di passare al massimo questo pomeriggio.” Arrossì, abbassando la testa; ormai aveva perso il conto delle sue sconfitte.
“Ottimo, sono contento che tu me lo dica.” Sorrise allegro e soddisfatto.
“Visto che piove…” Balbettò. “…Rientriamo all’Onsen?”
“Ma siamo venuti con la moto, non sarebbe vantaggioso, meglio rimanere qui.”
“Okay…” 
Ci fu silenzio. Il rumore della pioggia cadere sull’asfalto e nelle pozzanghere erano gli unici suoni, che sembravano rilassare gli animi. Roxas chiuse gli occhi, facendo così scivolare via con la pioggia tutti i suoi dubbi e le preoccupazioni.
“Io, Axel, non morirei per te, io vivrei per te; da morto non credo servirei a qualcosa.” Accennò un sorriso. Il rosso gli prese la mano, facendo intrecciare le dita; bastò quel gesto per trasmettersi l’un l’altro quello che provavano, quello che sentivano e tutto ciò che volevano nascondersi per evitare preoccupazioni inutili. Entrambi temevano che si sarebbero persi di vista, ma entrambi sapevano che non l’avrebbero mai permesso.
La pioggia continuò a cadere imperterrita, e nell’attesa che si fosse fermata i ragazzi si raccontarono qualche aneddoto per ammazzare il tempo e solo verso le diciotto, dopo essersi anche presi una specialità locale come snack, tornarono all’Onsen, dove la giornata insieme, di certo, non si sarebbe conclusa.


(*) Nigiri: tipo di sushi che consiste in piccole polpettine di riso sopra alle quali vengono appoggiate delle fettine di pesce crudo
(**) Hosomaki: Sushi arrotolato, fatto con mezza foglia di alga (nori) ripiena di riso e un ingrediente che può essere sia pesce fresco che verdure.
(***) Asura’s wrath: videogioco per Xbox 360 e PlayStation 3, uscito nel 2012 in Italia.



Angolo ell'autrice:
Evvai, ne manca uno! Era ora! Festeggiamo... O no, aspetta... C'è anche l'epilogo <.< che noia!
E voilà (si scrive così O.o), ecco il terzultimo capitolo! Penultimo per la vera storia! (Non che il resto sia finto, però è un in più u.u) Che dire... Troppo zuccherato, vero <.<" Mi dispiace, andate a fare una visita per il controllo del diabete dopo questo, mi sa che conviene. Purtroppo non so fare scene... Serie con l'Akuroku... Quindi... Chiedo venia u.u Da notare il ritorno delle note! Yeah! Non so se qualcuno dei lettori conosce le pietanze da me citate, ma io ho specificato u.u Non ho molto da dire... Beh... Siamo alla fine, quindi se potete lettori invisibili lasciate un commento positivo o meno, anche corto, ma fatevi sentire °o° Con questo è tutto. Passo e chiudo.
Alla prossima!
Here we Go!

   
 
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