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Autore: kirlia    20/07/2013    4 recensioni
Nessuno si è mai chiesto come Franziska affrontò la morte di Manfred von Karma? 
E se avesse bisogno dell'aiuto di qualcuno per riprendersi dal dolore della perdita di un padre, anche se non è mai stato presente per lei? E se quel qualcuno fosse proprio herr Miles Edgeworth?
Dal capitolo 18: 
Sapevo che la presenza della nipotina avrebbe cambiato molte cose nella mia vita. Anzi, in effetti, stava già succedendo: mi sentivo meglio, quando ero con lei, non avvertivo il peso opprimente delle mie responsabilità e del mio cognome. Mi sentivo semplicemente me stessa. 
Spesso succedeva anche quando ero in presenza di lui, ma non volevo ammettere che mi tranquillizzasse. Lui mi destabilizzava.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Perfect for Me'
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Capitolo 15 - Because of you

Because of you
the tears dead in my eyes
they freeze until I’m blind
the eyes a gift from you

[…] because of you
the winter feeds my heart
while summer blows and burns
my disappearing youth

Because of you.



Questo doveva essere uno dei famosi bluff di herr Phoenix Wright, ne ero certa.
Era ovvio, in fondo… come potevo essere io la vittima designata di De Killer, anzi del suo mandante? Chi poteva volermi morta?
Certo, mi rendevo conto che spesso non ero molto gentile con le altre persone – va bene, non ero mai gentile con gli altri – ma questo non significava che qualcuno volesse la mia morte. Non avevo mai fatto un torto a nessuno.
Dovevo ammettere, però, che il suo ragionamento forse aveva un po’ di logica: non che io e Angelika fossimo identiche, ma riflettendo ci assomigliavamo molto, e se i segni del tempo non avessero fatto la loro apparizione sul viso di mia sorella, la gente avrebbe potuto scambiarci.
Una morsa mi strinse il cuore. Se davvero fosse stato così, se l’assassino avesse scambiato me e lei… mi sarei sentita in colpa per tutta la vita. Avevo davvero condannato Angelika a una morte immotivata? Non me lo sarei perdonata.
L’aula del tribunale, nel frattempo, era caduta in un silenzio quasi religioso. La rivelazione dell’avvocato aveva lasciato tutti senza parole. Persino Miles mi guardava con uno sguardo tra il confuso e il preoccupato, come se non sapesse cosa dire. Quello che mi stupii però fu che la sua occhiata mi trasmise una tale sicurezza, come se mi stesse dicendo “Si, Frannie, l’assassino doveva uccidere te”.
La calma fu di nuovo rotta da frau Katherine Payne, che rise e applaudì, come se si trovasse ad uno spettacolo. Un’ondata di odio mi travolse. Non sopportavo proprio quella donna!
«Davvero esilarante, signor Wright! Avevo sentito nominare la sua bravura nel cambiare le carte in tavola, stravolgendo il caso. Ma questa poi! Poteva inventarsene una migliore!» continuò a ridere come se stesse guardando una commedia o non sapevo cos’altro.
Tutti – leggesi: io, Miles e Annika, che era ancora al banco dei testimoni – la guardammo con un’aria corrucciata e infastidita. Non si rendeva conto di quanto fosse per noi già abbastanza sconvolgente l’idea che l’assassino in realtà dovesse uccidere me? Oh, giusto, non le importava.
«Il signor Nick ha sempre ragione! Se dice così avrà delle prove, vero mistica Maya?» intervenne improvvisamente fräulein Pearl Fey, saltando e cercando di farsi vedere oltre il banco della difesa. Mi voltai verso di lei ad occhi spalancati, mentre vedevo che nessuno tentava di fermarla. Non potevo credere che il mio avvocato avesse assistenti così indisciplinate… quanto ero caduta in basso.
«Non vorrei essere unhöflich [scortese] verso la Frau Staatsanwältin [signora procuratore], ma credo che Pearly abbia ragioni. Io mi fido di herr Nick» aggiunse Annika parlando con il mio “fratellino”, ma abbastanza forte da farsi sentire in tutta la stanza. Lui le sorrise ma con un gesto le chiese di fare silenzio, per poi osservare la reazione del giudice a tutto quel caos creato dalle bambine.
Con mia grande sorpresa mi resi conto che non era stato minimamente offeso dal loro comportamento, anzi sorrideva come un ebete. Se solo avessi avuto la mia frusta con me! In quel momento la mia mano fremeva: ero così abituata a frustare gli sciocchi, specialmente quelli che avevano un’espressione sciocca come la sua.
Con un sospiro e un’aria trasognata, commentò: «Sono così carini a volte. Sapete? L’altro giorno mio nipote…»
Il suo interessantissimo discorso fu interrotto dal procuratore, che per la prima volta in tutto il processo fece qualcosa di giusto.
«Ce lo racconterà appena avrò ottenuto il verdetto di colpevolezza per quella von Karma, Vostro Onore.» sorrise malignamente incrociando le braccia.
Quella von Karma? Quella von Karma?! Ma come si permetteva di chiamarmi in questo modo?! Il mio cognome era un simbolo di una grande famiglia perfetta, un onore! E lei lo dispregiava così? Come se facessi parte di non sapevo quale povera famiglia di delinquenti.
Il suo sì che era un cognome da perderti. Herr Winston Payne era stato uno dei peggiori pubblici ministeri di questa procura, che dicevo? Di tutto il paese! Doveva essere una vergogna per lei portare quel cognome, come un marchio che non era capace di togliersi di dosso.
Cominciai a mordicchiarmi le unghie per impedirmi di alzarmi e insultarla e aggredirla come avrei tanto voluto fare. Intanto le lanciavo occhiate di fuoco. Se gli sguardi avessero potuto uccidere… allora si che sarei stata una vera assassina!
«La mia cliente è innocente, Signor Giudice. Si è solo trovata coinvolta in una situazione molto spiacevole» cominciò herr Phoenix Wright, ignorando totalmente il commento cattivo che aveva fatto Katherine Payne nei suoi confronti poco prima. Ammirai il suo sangue freddo in quella situazione: se un avvocato difensore mi avesse accusato di bluffare sarei andata su tutte le furie. Questo mio pensiero non significava ovviamente che lo stimassi. Io odiavo quell’avvocato.
«Wright, la sua ipotesi non sta in piedi. De Killer aveva già visto l’imputata in un’occasione, come avrebbe potuto dimenticare il suo viso?» sbottò il procuratore, cercando di zittire ogni obiezione della difesa.
Ah, ovviamente si riferiva a quando quell’assassino mi aveva sparato alla spalla, nello stesso punto dove mio padre era stato colpito da Miles anni prima, nell’intento di evitare la mia apparizione in tribunale nel processo contro Matt Engarde. Non dimenticherò mai quel giorno…
Una vittoria senza soddisfazioni, tutte le mie convinzioni andate in pezzi. In quell’occasione tutte le mie certezze si erano sgretolate, e avevo abbandonato persino la frusta lì, gettandola, come a voler annunciare al mondo che mi ero arresa.
Ero scappata via, verso l’aeroporto, verso un paese dove il mio cognome era ancora un onore e la mia famiglia una leggenda. E poi era arrivato lui.
Il mio fratellino, colui che avevo sempre cercato di raggiungere e superare a tutti i costi… eppure anche colui a cui volevo più bene, anche se ero disposta ad ammetterlo molto raramente. Lui mi aveva riportato la frusta, e con essa la voglia di andare avanti e di essere sempre migliore.
Mentre mi lasciavo andare a questi ricordi dolci e amari allo stesso tempo, per poco non mi persi la risposta che diede il mio avvocato all’accusa.
«Procuratore, è proprio sicura che il killer abbia visto in viso Franziska von Karma?» chiese l’avvocato in blu sfogliando un dossier che non riconoscevo. Sembrava un grosso libro, per quanti fogli conteneva: stringendo gli occhi per mettere a fuoco vidi che si trattava di una lunga lista. Che cosa poteva essere?
Finalmente trovò quello che sembrava cercare e continuò.
«Questa è letteralmente la lista dei delitti di De Killer… Alla voce “von Karma” troviamo scritto: “Ferita da arma da fuoco alla spalla destra. Il colpo è stato sparato alle spalle della vittima”. Franzisk… cioè, imputata, confermi il contenuto di questo documento?» si voltò a guardarmi speranzoso, e io riuscii a sentirmi tranquilla e leggermente speranzosa. Forse, dopotutto, herr Phoenix Wright sarebbe riuscito a tirarmi fuori da quella situazione.
 Con un cenno sicuro annuii, poi aggiunsi:«Confermo. Non ho visto il viso del mio aggressore, né lui deve aver visto il mio.»
«Esattamente! Ora, Vostro Onore, immaginate di vedere l’imputata per una volta, una volta sola… cosa ricordereste di lei?» ribatté il mio avvocato, spinto da un impeto e una frenesia che sembravano essersi impossessati di lui all’improvviso.
Guardai Miles, che nel frattempo aveva riportato la mia nipotina al proprio posto tra gli spettatori e ora sembrava sovrappensiero. Notò il mio sguardo e si voltò verso di me con un mezzo sorriso, come se neanche lui capisse come il suo amico d’infanzia riuscisse a trasformarsi così improvvisamente in un avvocato quasi decente.
Mi resi improvvisamente conto di volergli parlare. Non sapevo esattamente di cosa, ma desideravo uscire di lì come innocente quel giorno, per poter tornare a casa insieme a lui, insieme ad Annika. Mi sarebbe andata bene persino la presenza di Pess e di Phoenix. Volevo dirgli quanto era stato… piacevole passare quei giorni insieme a lui, come avevo… gradito la sua presenza e il conforto che mi aveva dato in quel periodo davvero molto difficile da superare anche per una come me. Mi mordicchiai il labbro, quasi decisa a mimargli queste cose, quando sentii distrattamente la risposta del giudice.
«Credo che ricorderei gli abiti particolare, e i capelli, ovviamente. La signorina von Karma ha dei capelli di un colore indescrivibile, un color…» rimase in silenzio, indeciso su che termine usare per descriverli. Sapevo che era davvero difficile dare una definizione della strana tonalità grigio azzurra che avevo ereditato da mia madre.
«… Cielo, Signor Giudice. I capelli di Franziska sono color cielo, come i suoi occhi.» commentò il mio “fratellino”. Ma non guardava lui, bensì i suoi occhi cupi si incatenarono ai miei, e io mi sentii per un attimo sospesa come in un’altra dimensione. Una dimensione in cui esisteva solo Miles, e i suoi occhi color delle tempeste.
Rimasi così a fissarlo, non fui mai certa per quanto tempo, prima che il giudice si schiarisse la gola per attirare di nuovo la nostra attenzione. Con leggero imbarazzo tossicchiò e disse:«Si, suppongo si possano definire “color cielo”, signor Edgeworth. Adesso proseguiamo.»
«Oh, Mistica Maya! E’ talmente romantico…» commentò dolcemente la piccola Pearl Fey, nascondendo con le mani il rossore che le imporporava le guance. La cugina la zittì subito, ridacchiando.
Io sbuffai, incrociando le braccia e voltandomi da un’altra parte. Sapevo di aver fatto una figuraccia, e che tutti avevano visto quello strano scambio di occhiate che c’era stato tra me e Miles, ma non potevo farne un dramma al momento. Non adesso che rischiavo ancora la pena di morte!
«Tornando a noi» riprese guardingo l’avvocato in blu, quasi insicuro di interrompere qualcosa di importante «Possiamo facilmente intuire attraverso la fotografia della vittima, che lei e la sorella, cioè la mia cliente, avevano la stessa tonalità di colore dei capelli, nonché degli occhi. Sarebbe stato facile scambiarle, se non fosse per l’età, Vostro Onore. Soltanto così possiamo spiegare la frase pronunciata dalla testimone.» concluse, mettendo le mani sui fianchi, come se credesse di aver risolto il caso.
Non sapeva che non sarei mai stata scagionata, basando la difesa solo su questi elementi? Avevo bisogno di una testimonianza più forte, di una prova così rilevante da rivelare la verità sulle circostanze del delitto. Anche accettando l’idea di me come vera vittima dell’assassino, finché non fosse uscito fuori il mandante… io sarei rimasta la principale indiziata…
Cambiai posizione sulla sedia, nervosa. Per un attimo avevo pensato di avere una possibilità di uscire di lì ma adesso tutte le mie speranze si erano di nuovo volatilizzate. Dovevo ammetterlo, ero proprio spacciata.
Quasi come se il procuratore riuscisse a leggere i miei pensieri, rise sommessamente, battendo il tacco sul pavimento della stanza in modo da attirare l’attenzione su di sé.
«La sua supposizione è piuttosto pittoresca, avvocato Wright. Ma si renderà conto anche lei che non ha abbastanza prove per supportare questa tesi. La sua resta, appunto, solo una supposizione.» rise ancora, scrollando la chioma di ricci castani e aggiustandosi gli occhialetti sul naso.
Se solo ci fosse stato un indizio sul mandante, se solo mi fosse venuto in mente qualcuno che ce l’aveva tanto con me da volermi uccidere!
Il giudice non poté che annuire.
«Mi trovo d’accordo con l’accusa, signor Wright. Finché non riusciremo almeno a scoprire…» cominciò a dire con un sospiro sommesso, come se neanche lui volesse battere il martelletto per condannarmi.
«…il motivo per cui Franziska sia tanto imperfetta…» continuò una voce che conoscevo bene e che mi gelò improvvisamente il sangue nelle vene. No, non era possibile che…!
Mi voltai di scatto verso l’origine della voce, il banco della difesa, ma sembrò come se vedessi al rallentatore tutte le persone dell’aula voltarsi in quella direzione e sbarrare gli occhi stupefatti e spaventati allo stesso momento.
Nello stesso istante in cui incrociai dei occhi color ghiaccio tanto simili ai miei, eppure tanto crudeli, persi un battito, mentre il mio cervello si bloccò del tutto. Non poteva davvero essere lì, lui non doveva mai più apparire davanti ai miei occhi!
Mi portai una mano alla bocca, cercando di soffocare un gemito che venne fuori comunque, mentre cominciavo a tremare e la mia visione si faceva opaca. Tentai di ricacciare indietro le lacrime, ma mi resi conto di non poterci riuscire.
«È davvero un dispiacere vederti ancora viva, mein Kind [bambina mia].» disse, senza l’ombra di espressione, facendomi tremare ancora di più.

«Papa…!» riuscii solo a sussurrare.
Tutto mi fu improvvisamente chiaro.
Le sue ultime parole, così spregevoli nei miei confronti.
Il suo odio verso tutti coloro che erano imperfetti o che facevano apparire lui tale.
Il suo sguardo così disgustato verso di me, quando le scariche elettriche gli attraversavano il corpo.
La sua forza e lucidità nel guardarmi come se fossi la cosa più miserabile a questo mondo, proprio prima di chiudere gli occhi per l’ultima volta.
Era lui, era Manfred von Karma, mio padre! Era stato lui a pagare Shelly De Killer perché venisse ad uccidermi, perché venisse a riportare la perfezione anche quando lui se ne era già andato da questa realtà. Adesso era chiaro, dovevo essere io la vittima, e Angelika aveva pagato per la mia imperfezione.
E in quel momento il mio assassino era lì davanti a me, a osservarmi con quegli occhi truci e al limite della sopportazione, spazientito, come era solito. A quanto pareva, osservando i vestiti e i capelli, potevo capire che era stato evocato da Maya Fey – ecco di chi era lo spirito di cui parlava durante la pausa! – ma neanche quell’abbigliamento riusciva a renderlo ridicolo. Continuava ad avere un’aria pericolosa e terribile, e io, mio malgrado, continuavo a temerlo, come avevo sempre fatto mentre lui era in vita.
Mi sfuggii un gemito mentre mi accasciavo sul banco degli imputati, distrutta dall’idea che mio padre mi odiasse tanto da volere la mia morte. Ammettevo di non essere stata la figlia che lui avrebbe voluto, quella che nonostante tutto avrebbe tenuto alto il nome della famiglia von Karma, ma… mi ero impegnata tanto nella mia vita per avere la sua approvazione, e lui non l’aveva mai capito!
«Stai seduta diritta,Tochter [figlia]! Mi chiedo ancora come sia possibile che quell’incompetente di un killer abbia scambiato le mie figlie… la tua imperfezione supera di gran lunga quella di Angelika Viktoria» commentò maligno, le braccia incrociate e una mano stretta sulla manica. Era uno di quei suoi vizi che aveva passato a me, purtroppo, che avevo sempre voluto imitarlo.
Con un singhiozzo tornai a sedermi composta, come se dopotutto non riuscissi a fare a meno di eseguire i suoi comandi. I miei occhi non sembravano riuscire a smettere di piangere, anche se continuavo a ricacciare indietro le lacrime. Non volevo sembrare ancora debole davanti a lui, ma proprio non ci riuscivo.
«Warum… Vater, warum?»chiesi sommessamente, riuscendo finalmente a dire qualcosa di sensato ma non riuscendo a tradurlo in inglese. Anche questo era un segno di debolezza e lui lo sapeva, infatti sorrise crudelmente fissandomi con quello sguardo gelido.
«Perché, Franziska? Mi chiedi “perché”? Sei talmente sciocca da non aver ancora capito?» commentò acidamente, scuotendo la testa, innervosito dalla domanda che per lui sembrava avere una risposta tanto ovvia.
Eppure per me non lo era. Per me, un padre, pur profondamente deluso dalle sconfitte e dalle umiliazioni subite da una figlia imperfetta, non poteva mai desiderare che sua figlia, sangue del suo sangue, morisse! Perché non riuscivo a capire? Dovevo essere davvero sciocca… Doveva avere ragione lui…
Mentre tenevo lo sguardo basso, non riuscendo di nuovo a incrociare i suoi occhi, sentii un mormorio diffondersi nell’aula, mentre tutti cercavano di darsi una spiegazione a ciò che stavano vedendo accadere.
«Che cosa sta succedendo, signor von Karma? Lei… non dovrebbe essere qui… Lei dovrebbe essere…» commentò confuso e sconcertato il giudice, non riuscendo a completare la frase che stava formulando. Sapevo che aveva di certo sentito parlare dell’evocazione di spiriti durante il primo caso che avevo perso, oltre che in quello in cui il mio fratellino era stato al banco della difesa, ma sicuramente non ne aveva mai vista una di persona. Il pensiero di avere davanti qualcuno che non doveva più esistere doveva stupirlo, era normale.
D’altronde stupiva anche me. Non avrei mai chiesto a nessuna sensitiva di farmi rivivere il ricordo di mio padre, nemmeno per un attimo. Credevo di essermi liberata di lui una volta per tutte, la scorsa settimana. Speravo di andare avanti con la mia vita, seguendo certamente i suoi consigli ma non essendo più oppressa dal suo credo.
E invece adesso era lì, a fissarmi con lo sguardo più terrificante che potessi mai immaginare, e aveva praticamente ammesso di avermi voluto eliminare. Non riuscivo ancora a capacitarmene.
«… Morto? Non è poi così terribile da dire. Ed è per questo che mi trovo qui adesso: a quanto pare non ci si può proprio fidare di nessuno, nemmeno di un serial killer.» scosse di nuovo la testa, alzando la voce alla fine della frase, in un crescendo di ira che non sapevo a cosa avrebbe portato.
Terrorizzata, riuscii a staccare gli occhi dal suo viso per cercare quelli grigi e spaventati di Miles, che in questo momento sembrava pietrificato, come se non sapesse che fare. Anche lui mi guardava, come se non sapesse cosa dire, eppure con una consapevolezza che mi fece intuire che lui avesse capito tutto già prima che mio padre facesse la sua comparsa in tribunale. Si mordicchiava il labbro inferiore, e notai che stringeva la mano di Annika, come se avesse paura che Papa  la portasse via. Mi chiesi se avrebbe stretto anche la mia allo stesso modo, se gli fossi stata vicina.
La mia nipotina, intanto, rimaneva in silenzio, ma mimò una parola in modo da non farsi sentire da nessuno, e quella parola fu:«Großvater? [Nonno?]»
Miles le annuì lentamente, come se fosse indeciso sul dirle o no la verità su quell’uomo apparso all’improvviso. Non fui certa della sua scelta, non volevo che sapesse quanto suo nonno fosse cattivo e spietato.
Tornando a guardare mio padre, vidi herr Phoenix Wright accanto a lui, ancora al banco della difesa, che timidamente sembrò volergli estorcere una confessione.
«Sta ammettendo che aveva pagato De Killer per uccidere Franziska, signor von Karma?» chiese, attirando l’attenzione di tutta la stanza su di sé.
Sentii il procuratore Payne sbuffare innervosita dalla sconfitta che sentiva arrivare per lei di lì a poco, eppure non riuscii ad essere felice della cosa. Perché era ovvio che mio padre avrebbe confermato… in fondo era già morto, come potevano punirlo più di così?
«Ma certo, sciocco avvocato difensore! Quella miserabile ragazzina non avrebbe vissuto un minuto di più portando disonore ai von Karma… non merita di vivere più di quanto lo meritassi io!» sbottò lui, come se si stesse liberando di parole che aveva tenuto dentro per molto tempo e che adesso mi colpivano come milioni di spade al cuore, e facevano molto più male di quanto avrebbe fatto una vera ferita, ne ero certa.
Scoppiai di nuovo in lacrime, e questa volta non tentai nemmeno di trattenermi, per il dolore che quelle parole continuavano a infliggermi. Non riuscivo a smettere di ascoltare ciò che diceva come se fosse pura verità, anche se una parte di me mi diceva che io non ero davvero così inutile, che sicuramente nella mia vita avevo fatto qualcosa di buono per meritarmi di vivere… Eppure non riuscivo ad ascoltare me stessa. Ero ancora così sottomessa a lui?
«Adesso basta!» tuonò Miles tra gli spettatori, alzandosi in piedi e puntando un dito inquisitore verso mio padre «Come osa trattarla così?! Franziska merita di vivere molto più di lei, e soprattutto merita di farlo libera dalla sua ombra, von Karma!»
Lo spirito di mio padre si voltò verso il mio fratellino, con uno sguardo talmente infuriato che per un attimo ebbi paura che l’avrebbe ucciso. Poteva uno spirito uccidere solo con un’occhiata? Speravo proprio di no!
Se Miles fu innervosito o spaventato da lui, non lo diede a vedere, anzi i suoi occhi grigi lo guardavano in modo ancor più severo e intimidatorio, come a volerlo avvertire di non fare nessuna mossa avventata. Azzardai un sorriso e arrossii leggermente: mi stava difendendo come un vero cavaliere d’altri tempi. In quel momento sentii di essere molto importante per lui e di avere un posto speciale nel suo cuore, e quella consapevolezza improvvisa mi riscaldò dentro insieme a una strana speranza che non avevo mai sentito in me. Non riuscii ad identificare di cosa si trattasse, ma quella sensazione mi faceva stare bene e mi faceva ancor di più pensare al mio proposito di volergli parlare presto.
Mentre pensavo a quelle cose, mio padre parlò.
«Edgeworth! Tu e tuo padre siete stati la mia rovina! Meriteresti la morte anche tu… ma voglio lasciarti in vita, per poterti rammaricare di non essere riuscito a salvare lei!» disse, poi si voltò verso di me con uno sguardo che non trasmetteva alcuna emozione.
«Visto che il destino ti ha lasciato viva… me ne occuperò io!»

Successero molte cose contemporaneamente e i miei ricordi di quel momento rimasero sfuocati per tutta la vita… come se li potessi vedere al rallentatore.

Mio padre si voltò e con un gesto studiato e immediato prese qualcosa dalla tasca dell’impermeabile di herr Sciattone, che si trovava quasi come un segno del destino vicino a lui. Quel qualcosa si rivelò essere una pistola, una pistola che adesso puntava dritta sul mio cuore! In quel secondo non riuscii nemmeno a capacitarmi di cosa stesse succedendo, quasi come se il mio corpo avesse smesso di funzionare e la mia mente si fosse bloccata ad osservare come una spettatrice indifferente. Non riuscii a fuggire, non riuscii nemmeno a pensare di fuggire in quel millesimo di secondo che intercorse tra la pistola che mi prendeva di mira e lo sparo che avrebbe portato alla mia morte.
Mi passò davanti tutta la mia vita, i miei pochi anni vissuti nella speranza di poter essere come lui mi voleva, un’infanzia difficile, priva di giochi e ricca di libri di giurisprudenza, una corsa mai vinta, la ricerca di una perfezione che non ero mai riuscita a raggiungere.
Eppure insieme a questi ricordi se ne mescolarono altri: una gita in riva al mare, una mattina a guardare la neve cadere oltre la finestra, un cane che mi inseguiva nei corridoi di una casa non mia, una passeggiata in un parco… e mi resi conto che in tutti quei momenti lui era lì accanto a me, e mi sorrideva, mi consolava, mi faceva sentire felice. Quello che doveva essere l’ultimo battito del mio cuore era anche stato il più forte di tutti, perché mi ero resa conto che tutti quegli istanti racchiudevano la mia felicità. Miles era la mia felicità.
«FRANZISKA!»
E fu proprio lui ad arrivare, come un cavaliere senza paura, senza pensare al rischio che stava correndo, e a mettersi tra me e mio padre, facendomi da scudo alla sua pazzia e spingendomi via dalla sua traiettoria.
Lui rischiò la sua vita per salvare la mia, quella della misera ragazzina imperfetta che mio padre voleva recidere. E fu lui che la pallottola colpì, schizzandomi sul viso gocce di sangue caldo e rosso, che mi raggelarono, mentre perdevo l’equilibrio e cadevo a terra.

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Angolino dell'autrice:
... Va bene lo so, lo so che vi ho lasciati spiazzati! Ma neanche io pensavo di finire così il capitolo. Ho voluto modificare qualcosa per fare in modo che Manfred fosse abbastanza IC e spero di esserci riuscita, mi direte voi. 
Adesso voglio sapere se avevate capito che si trattava di lui! Però dovete essere sincere, non ditemi "Ah ma era ovvio" se per voi non lo era eh u.u Userò la macchina della verità per testarvi xD No vabbè... per me era abbastanza ovvio (embé? Tu sei l'autrice!) ... cioè voglio dire che non avevo nascosto troppo le sue intenzioni già in principio. Okay, non mi dilungo più su tutto ciò.
Capitolo troppo deprimente? Capitolo triste ma con un pizzico di romanticismo che forse era necessario? Oppure no? 
Vi lascio allora una vignetta carinissima che ho trovato girando su internet, tanto per sdrammatizzare un po' e strapparvi un sorriso:


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"Pesu" è ovviamente "Pess" nella versione originale giapponese :3
Bene dopo questa parentesi divertentissima vi lascio i miei saluti e spero di ricevere i vostri commenti a riguardo, ovviamente! A cui risponderò sempre felicissima!

Un bacione e alla prossima!
Kirlia <3

   
 
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