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Autore: Achernar    21/07/2013    2 recensioni
Dieci prompt fra oggetti,luoghi,stati d'animo e citazioni per dieci OS rigorosamente introspettive e soprattutto Angst.
(da Challenge:ThinkAngst,efp forum)
[vento] Aveva promesso che non lo avrebbe lasciato mai. Perchè ora con lui era rimasto solo il vento?
[cit. 1] "Paura, stupore, invidia. Ecco cosa gli suscitava la vista dell’altro sé stesso"
[quod vides perisse perditum ducas] "Era un’illusione, il sé stesso del passato e le speranze...tutte chimere"
[war] " Soli. Adesso erano davvero soli davanti a quel mondo crudele e spietato che continuava a giocare con le loro vite"
[tu saresti in grado di rappresentare il sole per qualcuno?]"Non erano gli occhi di un sovrano quelli riflessi nello specchio. Erano gli occhi di un bambino spaurito"
[buio] "Aveva sempre avuto paura del buio"
[my shadow is the only one that walks beside me] "Io so quello che stai pensando, quello che provi adesso"
[malinconia] Il passato non ritorna. Mai più.
[vicolo] "Non voglio più continuare. Sento ancora le urla nella mia testa, mi fa male, rimbombano."
[angoscia] "Aprì gli occhi. Non ricordava nulla. Intorno a lui non c'era niente"

(under revision, tempo permettendo)
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Atemu, Dark/Yami Yuugi, Yuugi Mouto
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Autore:  Achernar
Fandom:  Yu Gi Oh (manga)
Personaggio/Pairing:  Yuugi Mouto; Yami no Yuugi
Set  mix:  prompt "
Se io piangessi dichiarerei la mia sconfitta, e la compassione non fa per me.”

Meno triste, sempre una sorta di monologo interiore di Yugi, forse un tantino OOC anche stavolta.
Yugi si chiede come possa l’altro sé stesso essere così insensibile (c’è anche il solito riferimento al duello con Kaiba)

 

 

 

Come poteva, come poteva condannare la gente senza battere ciglio. Essere sempre così imperturbabile. Quegli occhi erano rossi e vivi, crepitanti come il fuoco ma il suo cuore era di ghiaccio, nulla lo scalfiva, nulla lo toccava.

Eccolo lì, ancora una volta pronto a fare del male. Occhio per occhio, dente per dente. Era quella la sua filosofia, una filosofia che se inizialmente lo aveva confortato e fatto sentire al sicuro, ora lo spaventava. Non aveva il coraggio di opporsi però: come poteva contraddire l’unica persona al mondo che si preoccupava seriamente per lui? E poi, aveva troppa paura di una sua reazione. Ma più che paura ciò che animava il ragazzo era stupore. Come faceva? Come faceva, diamine, a essere così freddo e spietato con tutti. Era almeno umano? Buffo, chiedere a uno spirito se fosse umano. Sì, magari lo era stato, ma ora non più. Chissà se ai suoi tempi era ugualmente così duro, perfino crudele. Non era sicuro di volerlo scoprire, più andava avanti e minore era la sua volontà di scoprire chi fosse quello spirito che si impossessava del suo corpo, senza neanche chiedergli permesso, e lo utilizzava per amministrare la sua presunta giustizia, ormai, lo aveva capito, fatta di violenza e superbia, egoismo e orgoglio. Non poteva giudicare gli altri in quel modo, mettere in gioco la loro vita come se nulla fosse, anche se lo faceva per proteggere il suo ospite, che aveva preso a chiamare affettuosamente Aibou, compagno. Ecco, in quel momento, quando aveva ricevuto quell’epiteto che lì per lì gli era sembrato premuroso e amichevole, Yugi aveva sperato che qualcosa potesse cambiare, che quel suo cuore di ghiaccio si stesse sciogliendo, ma era stata tutta un’illusione. Falso, lo spirito era falso e ipocrita, o forse no, era davvero così, convinto di agire nel giusto e di compiacerlo.

Come aveva potuto chiamarlo Mou Hitori no Boku, lui non era insensibile e impassibile, no, ne era certo. Eppure avrebbe voluto, non voleva ammetterlo, ma in certi momenti, quando si approfittavano di lui, lo bistrattavano, avrebbe voluto. Così che potesse scivolargli tutto via, che nessuno lo attaccasse più.

 

Paura, stupore, invidia. Ecco cosa gli suscitava la vista dell’altro sé stesso, e quanto ci aveva messo ad ammetterlo. Dopotutto era vero, voleva diventare come lui per non dover dipendere più da lui, non sopportava di sentirsi così debole. Ma provava anche rabbia. Se solo lo avesse lasciato fare qualche volta, invece di prendere subito il controllo per agire secondo la sua presunta giustizia, se solo lo avesse lasciato fare... Ma se solo cosa? No, non sarebbe cambiato nulla, non poteva fare a meno dell’altro sé stesso, non più, non riusciva ad essere spietato e impassibile, soprattutto impassibile. Se ne vergognava ma spesso calde lacrime si accumulavano nei suoi occhi, offuscando quel viola così infantile. E poi, lentamente ma inesorabilmente, rivoli, fiumi di liquido salato rigavano le sue guance. Lo spirito no invece. Mai una lacrima, mai un velo di umidità aveva offuscato quelle iridi cremisi profondo: fuoco gelido. Neanche quella volta, la più dura di tutte, quando era riuscito, una sola volta, a impedirgli di compiere un altro dei suoi omicidi, quando lo spirito alla vita e alla sconfitta aveva preferito la morte e la vittoria. Era sconvolto, e credeva che anche l’altro sé stesso lo fosse, almeno un po’. Invece no, impassibile come sempre si era limitato ad andare avanti, guidato dal suo orgoglio e dalla sua presunzione.

Come faceva? Come era riuscito a non piangere? Yugi non aveva resistito, e spinto dalla curiosità aveva dovuto domandarglielo. Una risposta tagliente, se la aspettava del resto, ma rimase comunque senza parole, e in quel momento l’ammirazione cedette il passo alla paura:

“Se io piangessi dichiarerei la mia sconfitta,

  e la compassione non fa per me.”

 

  
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