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Autore: suxsaku    01/02/2008    3 recensioni
Un mago ciarlatano, scorbutico e intrattabile.
Una ladra idealista, sognatrice e suscettibile.
Una profezia centenaria, astrusa e frammentata.
<< Fabrum esse suae quemque fortunae. >>
<< Che significa? >>
<< Che ciascuno è artefice della propria sorte. >>
Storia a cui tengo davvero molto. Sebbene abbia tutta la vicenda stampata in mente, non l'ho messa completamente per scritto, perciò gli aggiornamenti non saranno frequentissimi.
>> EDIT Capitolo 19. Ho fatto una correzione: alla fine del capitolo mancava una frase di Wantz; a causa dell'html si vedevano solo le virgolette. Ringrazio Yuna per la segnalazione.  <<
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come annunciato, ecco ben ventidue pagine in cui succede di tutto. Qualche mistero svelato, qualche verità abbozzata, altre domande che attendono risposta.

Non è venuto esattamente come avrei voluto, ma non mi sembra uscito così male: l’insonnia serve a qualcosa, dopo tutto. Spero che il fatto che io ami questa storia e mi diverta a scriverla serva a trasmettere qualcosa anche a voi che la leggete.

Segnalo una nota a fine capitolo, da leggere solo dopo aver letto l’intero capitolo.

I commenti sono sempre apprezzatissimi, sia qui che in forma privata. ^^

E se avete domande, sono sempre felice di rispondere; senza sfociare negli spoiler, ovviamente. XD

 

 

 

 

Capitolo 18: Fair

 

 

Ormai fuori era quasi buio. Il cielo andava scurendosi pian piano, come se qualcuno stesse versando secchiate di vernice nera per trasformare l'azzurro in blu. In lontananza si sentivano i versi regolari della civetta che ogni notte sostava su un albero vicino al magazzino.

Seduta a tavola, il mento sorretto dalla mano sinistra, Jillian stava in silenzio e con lo sguardo perso nel vuoto. Le parole di Marhalt la colsero di sorpresa, facendola sobbalzare.

<< Non preoccuparti. Torneranno. >>

<< Ah... Sì, lo so... >>, rispose stralunata. << Ero solo soprappensiero. >>

Il ragazzo le sorrise con aria rassicurante, gli occhi rigorosamente chiusi. << Non stare a pensarci troppo. Non è il momento. >> Staccò un pezzetto di mollica da una pagnotta appoggiata sulla tavola, insieme alla cena che andava freddandosi, e se lo rigirò tra le dita. << Forse ho sbagliato a parlartene. >>

Jillian scosse risolutamente la testa. << Semmai sono io ad aver sbagliato ad essere così insistente. Avrei... Avrei dovuto rispettare i suoi tempi >>, aggiunse addolorata.

<< Non esagerare. Si tratta soltanto di una minuscola parte di tutto quello che ci sarebbe da dire: puoi rifarti con il resto. Anche se, >>, rise pacatamente, << ho come l'impressione che tu sia di indole piuttosto impaziente. >>

Si lasciò andare ad un sorriso, voltando il capo con fare colpevole. << Ammetto la mia colpa. Comunque... >>, rispese con serietà. << Voglio aspettare. Deve essere lui a decidere se parlarmene o meno. E' un suo diritto. >>

Marhalt schioccò le dita con entusiasmo. << Esatto! Mi congratulo con lei per aver imparato la lezione di oggi, signorina. >> Detto ciò, prese la ciotola delle patate bollite e con un cucchiaio iniziò a riempire il piatto della ragazza.

<< Grazie, ma... >> Guardò la mole di patate che lo spilungone aveva riversato nel suo piatto. << Non aspettiamo che tornino? >>

Il ragazzo sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi. << Aspettare chi? >>

La porta si aprì e una figura piombò in cucina urlando << Quel dannato gufo spennacchiato! >>

 

 

Nonostante il villaggio si trovasse a ottocento metri sul livello del mare e l'avvicinarsi dell'autunno, non faceva ancora eccessivamente freddo. Certo, da allora in poi sarebbe diventato necessario passare tutte le notti al chiuso, ma almeno di giorno la temperatura sarebbe stata sopportabile ancora per un po'. Quindi poteva scordarsi di camminare di notte. A questo proposito, c'era qualcosa che doveva fare, ma non gli veniva in mente cosa. Intanto si appuntò mentalmente di evitare le spese inutili, visto che si prospettava all'orizzonte una quantità incalcolabile di camere da affittare.

Si posizionò meglio sul ramo del nocciolo: un'ottima sistemazione, già usata in passato. La vicinanza dell'albero alla casa, e in special modo alla finestra della camera da letto, gli aveva evitato numerose grane. Anche se queste sue visite clandestine gli ricordavano sempre quanto fosse indesiderato.

All'improvviso la finestra si aprì, facendo arrivare dalla casa il tepore tipico che solo un camino sa creare. Assaporò il tenue soffio d'aria che lo colpì sul volto, scaldandolo immediatamente. Solo allora si rese conto che in realtà faceva abbastanza fresco.

<< Wantz! Finalmente sei venuto. >>

Ah, ecco cosa. Prima di ripartire doveva procurare alla piaga un mantello decente.

 

 

Iwen, sedutosi di fianco a Marhalt, si gettò subito a capofitto sulle vivande, continuando a lanciare improperi.

<< Ehi >>, lo rimbrottò lo spilungone. << Cerca di usare un minimo di educazione almeno quando ci sono ospiti. >>

<< Hai ragione >>, annuì il rosso, deglutendo sonoramente. << Buon appetito. >>

<< Non era questo che intendevo >>, sospirò l'altro, guardando attraverso l'occhio socchiuso la foga con cui Iwen si ingozzava.

<< Non importa, fa piacere vedere che la propria cucina viene apprezzata >>, disse subito Jillian, ottenendo in risposta dei mugolii goduti per la buona riuscita della salsa. Voltando il capo verso la porta chiese: << E Wantz? >>

<< Arriva dopo. Ha detto di cominciare pure senza di lui. Ci metterà un po' perché poi deve anche cancellare dalla mente dei paesani la nostra presenza a messa. >> Indi si lanciò in un resoconto molto colorito della sua missione di araldo.

Da quel poco che si poté capire tra un boccone e l'altro, il destinatario della lettera non era in casa all'arrivo dei due, quindi dovettero prima aspettare che tornasse e, una volta letta la missiva, che scrivesse una risposta ragionevolmente lunga.

<< E per cosa poi? Una futile questione di eredità! Sì, perché ho chiesto a Wantz di controllare di cosa si trattava, giusto per sapere se ne valeva la pena di buttare via tutto il pomeriggio. Come se non fossero abbastanza ricchi! Devono pure impuntarsi su un cavillo legale per il possesso dell'ennesimo terreno. Che è pure uno sputo di terra quasi arido, secondo Wantz. >>

<< Sì, ma lui dov'è esattamente? >>, lo interruppe Marhalt.

Il bambino sventolò in aria la forchetta, approfittandone per riprendere fiato. << E' andato a trovare Fair. >>

<< Fa un'improvvisata? Potrebbe essere rischioso. >>

<< No, lo sa. L'abbiamo incontrato dopo la messa. >> Alzò la brocca e riempì il bicchiere d'acqua. << Era tutto preoccupato perché mi sono fatto vedere lì >>, raccontò senza nascondere un certo divertimento.

Marhalt spezzò una pagnotta in due e prese della mollica per pulire quanto più possibile la superficie lignea del piatto e non sprecare nulla. << Non oso immaginare che voci saranno circolate. >>

Jillian continuava a mangiare prestando attenzione allo scambio di battute dei due, e cercando di reprimere con forza le domande che affioravano prepotentemente all'associazione Wantz-chiesa.

 

 

<< Adesso devo andare, muoio di fame. >>

<< Di già? Quando tornerai di nuovo? >>, chiese il bambino con enfasi.

<< Il prima possibile. Ho delle faccende da sbrigare >>, rispose, salendo sul davanzale, pronto ad aggrapparsi al ramo.

<< Non ti scordare di ripulire le menti di quei citrulli. >>, si raccomandò.

<< No di certo. >>

Fair scosse il capo, triste e risentito al tempo stesso. << Quella poverina deve esserci rimasta male: ha avuto un'accoglienza che non fa onore al villaggio. >>

<< Uhm... Non credo. E' abbastanza forte da non dare peso a certe sciocchezze. >>

Fair lo guardò negli occhi. << Questa è una sciocchezza? A me sembra una cosa cattiva. >>

Il mago si passò una mano tra i capelli. << Preferirei non esprimere giudizi in merito, perché sono di parte, però... Sicuramente non è una cosa buona. >>

<< E utile? Secondo te è una cosa utile? >>

<< Forse secondo loro lo è. >>

Strinse i pugni, abbassando la testa. << Non sopporto la stupidità della gente. >>

Wantz soffiò dal naso. << Lo dici a me? >>

<< Senti, ma... >>, riprese, esitando un attimo. << Perché lei è qui? >>

Il ragazzo si grattò il mento, indeciso su cosa dire. << Diciamo che... Mi da una mano. >>

<< Con la tua missione? >>

<< Ah-a. >>

<< E' brava? >>

<< Si impegna. >>

Era già sull'albero quando il bambino lo chiamò a bassa voce, in un sussurro.

<< Wantz? >>

<< Sì? >>

<< Sono contento che hai trovato un'amica. >>

 

 

“Non è sbagliato cercare di difendersi. E' sbagliato farlo in certi modi.

O ingiusto, addirittura.

Le novità stuzzicano, ma in genere spaventano, soprattutto la gente semplice.

Quello che spaventa di più, oltre a ciò che non si può prevedere, è ciò che non si capisce.

Chi è diverso fa paura.

Perché, proprio in quanto diverso, non lo si capisce.

Non è che ora cerco di giustificarli?

Il loro comportamento mi ha sempre fatto schifo.

Perché io sono diverso.

Ma, se non lo fossi... Chi mi garantisce che non mi sarei comportato anch'io così?

Che diritto ho di giudicarli, io, che probabilmente sono peggiore di loro?”

 

 

Il cielo era diventato quasi nero, e le stelle apparivano una ad una, secondo un rigoroso ed immutabile ordine. Avevano già finito di mangiare da un po', ma erano ancora seduti a tavola, intenti a conversare. Marhalt stava demolendo l'ennesima proposta di Iwen, cercando di convincerlo che vendicarsi del gufo strappandogli le unghie dei piedi sarebbe stato sì appagante, ma avrebbe comportato un notevole numero di effetti negativi, come sperimentare la puzza delle estremità del nobil uomo. Fu proprio mentre il rosso rabbrividiva a quella prospettiva, sotto lo sguardo divertito di Jillian, che la porta si aprì, e Wantz fece il suo ingresso nella cucina.

<< Bentornato >>, lo salutò Marhalt.

<< Cibo >>, rispose il ragazzo sedendosi e tuffando la forchetta nelle patate rimaste.

<< Tutto a posto? >>, chiese Iwen.

<< Ovvio >>, disse di rimando, chiedendo intanto a Jillian con un cenno della mano di passargli la scodella della salsa. Inzuppò ben bene i tuberi ormai freddi nell'intingolo verde, sogghignando.

Marhalt lo fissò storto. << Cos'è quel ghigno malefico? >> Non ottenne nessuna risposta. Esaminò con attenzione Wantz ingollare patate e pane. << Non dirmi che l'hai fatto. >>

Nessuna reazione.

<< Non ci posso credere. Speravo che non fossi così infantile >>, sospirò affranto lo spilungone.

<< Ben fatto! >>, esclamò entusiasta Iwen, facendo quasi soffocare il mago dalle risate.

<< Ecco, vedi? Poi non stupirti se cresce traviato. Bell'esempio gli dai. >> Scosse il capo mestamente, fissando con biasimo i due ragazzi che se la ridevano di gusto. Incrociò lo sguardo stupito di Jillian e si schiarì la voce. << Dolente di doverti informare che in realtà Wantz è un individuo poco serio e biasimevole. >> Le risa di Iwen lo costrinsero a interrompersi. << Quello che li fa tanto divertire è una sua cattiva abitudine. A volte, durante la rimozione dei ricordi scomodi, ne approfitta per lasciare dei segni del suo passaggio nelle teste dei malcapitati... >>

<< Malcapitato un corno! >>, obbiettò il rosso. << Si meriterebbe pure di peggio. >>

Wantz, riacquisita la sua solita espressione di sufficienza, si voltò verso la ragazza. << Suvvia, non fissarmi con quell'aria da istitutrice risentita. >>

<< Ti faccio presente che la tua condotta non mi riguarda >>, ribatté lei.

Il ragazzo schiuse le labbra in un sorriso beffardo. << Sì, ma muori dalla voglia di sapere cos'ho fatto, vero? >>

Jillian non rispose, confermando così la sua curiosità.

<< Ho solo predisposto una nottata di incubi a qualcuno >>, spiegò Wantz distrattamente.

<< Puoi fare una cosa del genere? >>, chiese la ragazza con tanto d'occhi. A quella domanda l'altro rispose solo con un ennesimo sorriso goduto. << Si può sapere cos'hai da gongolare? >>

<< Una persona comune ad una simile affermazione si sarebbe indignata; a prescindere da quali possano essere le motivazioni, rovinare il sonno a qualcuno non è certo considerato lecito. Ma tu, proprio tu che hai sperimentato cosa può accadere a manipolare la mente, tu che sembri sempre così corretta e moralista... La prima cosa a cui hai pensato è stata "sei in grado di fare questo?". E non è una critica, bada bene >>, aggiunse.

<< Oh, certo che non lo è >>, sussurrò Jillian, socchiudendo gli occhi. << Hai appena dichiarato che non sono una persona comune. E ho ragione di pensare che sia il miglior complimento che potresti fare ad una persona, tu che odi le convenzioni, i dogmi e la volgar massa superstiziosa, credulona e incapace di ragionare con la propria testa. >>

Wantz non proferì parola, apparentemente seccato, ma nei suoi occhi solitamente smorti passò un insolito guizzo che avrebbe potuto tranquillamente essere ammirazione.

Iwen taceva, stranamente meditabondo, guardando alternamente il ragazzo e la ladruncola. Fu Marhalt a rompere il silenzio, la consueta espressione serena sul volto.

<< Vedi, la vittima di questo scherzetto di dubbio gusto è il parroco del villaggio. >>

Ciò non sembrò stupire la ragazza più di tanto. << Avrei dovuto immaginarlo. Si tratta di una ripicca o di semplice stupidità? >>, domandò, ignorando volutamente la presenza del diretto interessato.

Nonostante tutto, lo stangone si lasciò sfuggire una risata. << Oh, il nostro caro mago è sempre molto giocoso quando si parla di religione... >>

<< Per forza >>, si intromise Wantz. << Si prendono troppo sul serio. >>

<< Perché loro credono veramente in quello che fanno >>, obbiettò Marhalt.

Iwen si riprese, asserendo con furore << Bubbole! Sono dei cialtroni all'ingrasso che si nutrono della tontaggine della povera genere. >>

<< Attenta >>, sussurrò il mago curvandosi verso la ragazza. << Sei nell'antro dei demoni anticlericali. >>

<< Non è neanche tanto falso >>, sospirò Marhalt.

<< Ti ci metti pure tu a spaventarla? >>, lo rimbrottò Wantz con finto biasimo.

<< Non sono affatto spaventata >>, notificò Jillian.

<< E fai bene >>, annuì Iwen << Siamo solo persone che ragionano e non si lasciano abbindolare. >>

<< Psss, Iwen >>, mormorò Wantz, ma in modo tale che tutti potessero sentirlo. << Se dici così sembra che tu le stia dando della stupida. >>

Il bambino si diede una manata sulla fronte, dimentico del fatto che se la ragazza aveva voluto andare a messa era perché ella credeva in ciò che i preti professavano. << Hai ragione. Scusa Jillian, non volevo. Vedi io... Noi per motivi vari siamo... Abbiamo reticenze nei confronti della chiesa... Ma solo come istituzione, eh! Non c'è niente di male nella religione come tale, però certe cose... Però non ti giudico mica, sai. Credi quello che vuoi. Ma non lo dico con superiorità! E non penso nemmeno che tu sia una credulona, solo che... >> Le orecchie e le guance del bambino sembravano aver preso fuoco da tanto erano diventate rosse.

<< Calmati, Iwen, non è il caso >>, disse Marhalt posandogli una mano sulla spalla. << Non credo che Jillian si sia arrabbiata. >>

<< No, affatto >>, si affrettò subito ad assicurare lei, pur seguendo con difficoltà il filo del discorso. << Non mi sono offesa, davvero. >>

Seguì un attimo di silenzio. Iwen si guardava i piedi, forse nell’inutile tentativo di sparire. Wantz, dopo aver finito rapidamente di mangiare, si appoggiò allo schienale della sedia, proferendo un'unica frase, come a voler concludere una faccenda lasciata in sospeso. << Se si è convinti di ciò in cui si crede, non c'è motivo di vergognarsene. Il parere degli altri è ininfluente. >>

<< Quanta saggezza >>, concordò Marhalt. << Del resto, non siamo qui per aprire dibattiti teologici. Proporrei di andare a dormire, ma non prima di aver risollevato il morale della truppa. >>

Il mago alzò un sopracciglio. << Scusa? >>

<< E non fare tanto il superiore, che la colpa è tua. >>

<< Raccontaci una storia! >>, propose entusiasta Iwen, probabilmente con un secondo fine, anticipando la secca risposta del mago.

Marhalt gonfiò il petto in atteggiamento solenne e iniziò a declamare. << C'era una volta un ragazzino indisponente e irriverente. Il suo nome era Wantz. >> L'attenzione dell'auditorio era assoluta. << Un giorno il prete del villaggio gli chiese, per saggiare il suo animo e vedere se era un buon credente, se sapeva cosa doveva fare per seguire gli insegnamenti di Dio e raggiungere il Paradiso. Wantz rispose esattamente così: “Certo che lo so cosa dovrei fare per andare in Paradiso: morire.” >>

Trascinata dalle risate di Iwen e di Marhalt, Jillian si lasciò andare all'ilarità generale, cui solo il mago si astenne, ostentando un'evidente disapprovazione.

<< Qualche tempo dopo, >>, riprese lo stangone, << il prete chiese allo stesso ragazzo che cosa rappresenta per lui la sacra dimora del Signore. Sapete cosa rispose? >>

<< Diccelo, o nostro cantastorie >>, supplicò Jillian.

<< “La Chiesa è un ricettacolo di marci pregiudizi.” >>

Seguirono altre risate, stavolta più moderate.

<< Insomma, il nostro parroco è l'uomo che più ha goduto delle manipolazioni mentali di Wantz. >>

<< Se l'è cercata >>, ringhiò risentito il mago. << Non perché mi ha sempre seccato con le sue insulsaggini, ma perché è il classico esempio del detto "predicare bene e razzolare male". >>

 Marhalt incrociò le braccia, inclinando il capo a sinistra. << Diciamo che è di costumi un po' liberi. >>

<< Diciamo che è un grandissimo fornicatore. >>

<< Wantz... >>

<< E' un puttaniere indefesso! >>

<< Iwen! >>

<< Eh sì: vantiamo il clero più gaudente e spensierato della contea >>, sentenziò Wantz a occhi chiusi, annuendo energicamente.

<< Ha fatto tante cose per il paese >>, gli rammentò Marhalt, guardandolo storto.

<< Una foresta intera di corna! Mica roba da poco >>, confermò il mago con enfasi e apprensione, come chi teme di non lodare abbastanza un santo.

Iwen a momenti cadeva dalla sedia per il troppo ridere, e anche Jillian non riusciva a restare seria, e tanto meno a sgridare Wantz per la sua impertinenza.

<< E' stupendo vedere come la gente affronti gli argomenti in modo serio e profondo >>, fu il commento lapidario di Marhalt.

<< Ma non volevi risollevare il morale? >>, chiese Wantz candidamente.

Lo spilungone si alzò. << Allora ringraziamo il nostro giullare e sparecchiamo. >>

 

 

Jillian sedeva sul letto, assorta. Dopo aver riordinato la cucina era tornata in camera, così come gli altri, ma non aveva sonno. Troppi pensieri. Ciò che Marhalt le aveva detto dopo averle mostrato l'arazzo, unito alla surreale conversazione tenutasi durante la cena, aggiungevano veridicità ad una delle sue teorie. Memore della promessa fatta, ossia di non fare più domande ma di aspettare, scacciò le considerazioni che affioravano naturalmente. Si alzò per prendere dall'armadio la veste da notte che Marhalt le aveva procurato, ma si fermò al centro della stanza, sentendo bussare alla sua porta.

<< Avanti. >>

Wantz entrò nella piccola stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

<< Da quando bussi? >>, gli chiese.

<< Beh, ho sentito parlare di una camicia da notte, roba da signorine per bene. Non oso immaginare cosa mi accadrebbe se ti dovessi accidentalmente vedere... >> Incrociò l'occhiata storta della ragazza e si astenne dal terminare la frase.

La ragazza incrociò le braccia. << Hai bisogno di qualcosa? >>

<< Volevi una spiegazione? >>

Jillian perse subito l'aria imbronciata, mostrandosi interessata. << A che proposito? >>

<< Sul perché mi diverto a tormentare le notti del nostro chierico. Marhalt ne ha fatto una tragedia, ma è l'unico a cui io abbia mai riservato un simile trattamento. E si è trattato solo di qualche evento sporadico, non è una cosa sistematica. >>

<< Non c'è motivo per cui tu debba giustificarti. >>

<< Sì, invece. >> Notò la sorpresa della ragazza. << Non fraintendere. Siccome abbiamo già avuto una discussione su quanto sia deplorevole entrare nella testa di un altro... >>

<< Lo so, non è la stessa cosa. Infatti penso che sia una specie di ripicca per qualcosa che lui ti ha fatto. >>

Wantz non rispose subito. << Io sono stato esiliato da questo villaggio. >>

<< Marhalt me lo ha accennato. >>

<< Beh, è stato lui a fomentare la rivolta contro di me. Normalmente non ne avrei fatto una questione personale, ma lui... aveva una specie di debito con me, e... >>

Jillian si avvicinò al ragazzo e fece per prendergli la mano, ma ci ripensò, limitandosi a guardarlo negli occhi, non riuscendo a vedere bene la sua espressione a causa del buio. << Lo so. L'ingratitudine fa schifo. >>

<< Come siamo fini... >>

<< Rende bene l'idea. >>

Wantz tacque di nuovo. Voltò il capo verso la parete, spoglia come il resto della stanza. << Non vuoi i particolari? >>

Jillian scosse il capo. << No. Mi racconteresti tutto contro voglia. >>

<< Guarda che se aspetti che io inizi a fidarmi di te per poi raccontarti la rava e la fava della mia vita, sei un'illusa. >>

<< Non mi sembra di averti chiesto di fidarti di me >>, asserì canzonatoria, facendo il verso a ciò che lui le aveva più volte ripetuto.

<< E con questo ti sei giocata ogni possibilità di avere informazioni in merito >>, concluse, posando la mano sulla maniglia. Stava per uscire, quando la ragazza lo chiamò.

<< Wantz? >>

<< Sì? >>, chiese lui, già fuori dalla stanza.

<< Dormi bene. >>

<< Ci proverò. >>

Uscito il ragazzo, Jillian rimase ferma in piedi, passandosi una mano sulla tempia. Non poté fare a meno di ripensare a quello che Marhalt che aveva detto.

<< Il fatto che tutti parlino male di lui, dipende solo dall'ingratitudine umana. >>

 

 

Trovò Marhalt ad aspettarlo in corridoio. Iwen, che divideva la stanza con lo spilungone, era nel mondo dei sogni da un pezzo.

<< Devo parlarti. >>

<< Possiamo rimandare la chiacchierata serale? Ho sonno. >>

<< Sì, non c'è problema. Non è urgente. >>

Wantz fece per entrare nella sua stanza, ma si fermò.

<< Cosa c'è? >>

Indugiò a lungo prima di rispondere. << Fair... Mi ha chiesto se lei mi sta aiutando. >>

Marhalt si passò la mano sotto il mento. << Cosa gli ha risposto? >>

<< Che si impegna. >>

<< E non è vero? >>

<< Tutt'altro. Devo riconoscerle una solerzia fin eccessiva. >>

<< Allora qual è il problema? >>

Wantz abbassò il capo, riducendo il tono di voce a un sussurro. << Non capisco perché lo faccia. >>

<< E' la profezia, amico mio. Chi non appartiene al disegno farebbe qualsiasi cosa per entrarvi, e chi ne fa parte darebbe via tutto pur di uscirne. Un'eccezione che conferma la regola. >>

<< E se non fosse solo quello? >>

<< Pensi che abbia a che fare con l'interesse dell'Oscuro nei suoi confronti? >>

<< Finché non avrò altri elementi, vorrei non pensare proprio niente. >>

<< Ma non ci riesci. >>

<< Già >>, confermò il ragazzo, socchiudendo l'uscio. << Sono troppo bravo a crearmi paranoie. >>

 

 

Si svegliò solo a metà. Il tepore delle coperte, la sonnolenza e una stanchezza interiore mai veramente estinta, la fecero restare in uno stato a metà tra il torpore e il dormiveglia. Pur con le funzioni cerebrali così ridotte, Jillian ripercorse il racconto delle sera precedente in ogni singolo particolare, come se stesse recitando una poesia imparata a memoria.

 

<< Mi chiedi quando Wantz ha smesso di sorridere, ma in realtà non c'è un'unica risposta.

<< Vedi, io e Iwen non siamo originari di Past. Ho dovuto abbandonare il mio paese natale perché ero inseguito, da chi e perché non è rilevante; sta di fatto che un uomo, uno sconosciuto che non aveva nessun obbligo nei miei confronti, si offrì di aiutarmi. Mi portò qui, mi lasciò in questa casa, dicendomi che avrebbe sistemato tutto lui e che durante la sua assenza dovevo occuparmi dell'orto. Non so cosa fece esattamente, ma mai più nessuno è venuto a cercarmi. Al suo ritorno, due giorni dopo, quando stavo già per andarmene pensando che mi avesse mollato lì per denunciarmi ai miei inseguitori, mi ricomparve davanti, annunciandomi che i miei guai erano ufficialmente finiti. Io ero completamente stranito, non sapevo se credergli o darmela a gambe. Prima che potessi dire qualunque cosa, però, lui mi disse che gli avevo fatto una scortesia a non occuparmi dell'orto come mi aveva chiesto. Capirai, avevo ben altro a cui pensare. Mi disse semplicemente: "Visto che sei in debito con me, curerai questo mio terreno per un po'". Ancora incapace di ragionare, accettai. Col passare dei giorni, nessuno venne a cercarmi. Quello strano individuo andava e veniva a piacimento, senza mai informarmi sulle sue attività. Il tempo passava, ma lui non accennava a volermi lasciar andare via; d’altro canto, avevo cibo tutti i giorni e un tetto sopra la testa, quindi non anelavo particolarmente a tornare alla mia condizione di fuggiasco. Un giorno, sei mesi dopo questo mio inusuale arrivo a Past, l'uomo tornò nel cuore della notte, madido di sudore, stringendo un fagotto tra le braccia. Era un infante di circa due anni, il piccolo Iwen. Non feci domande, lui non diede spiegazioni; avevo capito che funzionava così. Disse solo il bambino sarebbe rimasto con noi.

<< Questo successe undici anni fa. So che non sono bravo a raccontare, e che tutta questa roba sembra non centrare nulla con la tua domanda, ma è complicato.

<< Cominciammo ad occuparci del bambino, e l'uomo ridusse notevolmente le sue misteriose assenze, anche se a volte stava via anche per settimane. E dopo una di queste lunghe assenze, tornò portandosi appresso un ragazzino di nove anni. In quel momento, quella nostra strana famiglia fu al completo. Era arrivato Wantz.

<< Allora era esattamente come adesso, se non peggio. Era un bambino arrogante, indisponente, irrispettoso e violento. Io non sapevo come trattarlo. Iwen aveva paura di lui. Chiesi all'uomo cosa dovevo fare con lui. Mi rispose di avere pazienza: aveva perso da poco i genitori in circostanze particolari e aveva bisogno di riprendersi. Lui conosceva già Wantz, non l'aveva "trovato", per così dire, come con me e Iwen; ma non volle dirmi chi era e cosa gli era successo esattamente. Era evidente però che aveva una ferita interiore profonda e difficile da ricucire. Il suo disprezzo per il mondo è un modo per non cedere al dolore.

<< Io e l'uomo facemmo il possibile per aiutarlo, ma credo che Wantz ne sia uscito sostanzialmente da solo. Fu un cambiamento radicale. Non era più un selvaggio senza controllo. Nonostante la giovane età, mi aiutò con i lavori di casa e a crescere Iwen. Adesso avrai capito perché il rosso è diventato così: per quanto ci siamo sforzati, educare un bambino senza una madre non è mai facile.

<< Ora, mi rendo conto che quanto ti ho detto è confusionario, ma è solo una premessa. Perché Wantz ha smesso di sorridere. E’ questa la tua domanda, giusto?

<< L'uomo era un mago. Lasciamo perdere i particolari, perché nemmeno so tutto, in verità. Di certo c'è solo che lui portò Wantz a Past per insegnargli la magia. Sì, era il maestro di Wantz. Lo portò con sé durante i suoi viaggi, gli insegnò il latino e tutto ciò che gli occorreva per imparare l'arte delle pratiche magiche. Per evitarsi grane, visto quanto i maghi sono visti con sospetto, si era scelto una copertura perfetta: ufficialmente era un prete. In paese lo conoscevano come un monaco eremita che aveva rinunciato all'ascetismo per aiutare noi poveri orfanelli. Ed era una copertura molto convincente: tutti i paesani si fidavano di lui, dire che era amato non è un'esagerazione.

<< Hai mai sentito parlare del cosiddetto Rito del Sacrificio? E' una pratica necessaria per diventare un vero mago: in sostanza consiste nel rinunciare a qualcosa in cambio del pieno controllo delle arti magiche. Più ci è cara la cosa a cui si rinuncia, più grandi sono i poteri e le capacità ottenuti. Tuttavia, com'è facilmente intuibile, si tratta di una scelta difficile, di cui molti si pentono. Il maestro voleva che Wantz ci pensasse bene prima di compiere un simile passo, perché non è possibile tornare indietro. Per questo, nonostante l'indiscutibile talento di Wantz e gli anni di insegnamento, il maestro non voleva che si procedesse col rito, anche se Wantz manifestava un ardente desiderio di diventare un vero mago. La reticenza del maestro era legittima: Wantz ha sempre dichiarato apertamente di considerare assurda una pratica del genere. Come biasimarlo, del resto? I maghi più famosi e potenti sono diventati tali perché hanno ucciso genitori, amici, amanti; alcuni hanno rinunciato alla possibilità di avere una famiglia... Le rinunce sono state varie ma sempre dolorose. Ci sono stati maghi che sono impazziti a seguito di questa scelta.

<< E ora arriviamo al punto.

<< Un giorno di due anni e mezzo fa, Wantz e il maestro si recarono in una foresta poco fuori dal villaggio per i consueti esercizi pratici. Allora non seppi cos'era successo. Wantz non volle dirmelo. Fatto sta che la sera tornò trascinando il corpo privo di vita del maestro. Portavano entrambi i segni di una strenua lotta, lui stesso si reggeva a stento in piedi e aveva ferite gravi su tutto il corpo. Ma le cause della morte del maestro passarono quasi in secondo piano quando vidi gli occhi di Wantz.

<< Non puoi capire, neppure se fossi abile con le parole potrei spiegarti. Bastò il suo sguardo a farmelo capire.

<< Qualsiasi cosa fosse successa quel giorno, di una sola cosa ero certo.

<< Wantz aveva compiuto il Rito. >>

 

Infine si destò completamente, scrollando il capo. Balzò giù dal letto, conscia che anche quella mattina aveva dormito più del solito e che sicuramente gli altri era in piedi da un pezzo. Si sfilò velocemente la vestaglia, la ripose accuratamente piegata nell'armadio e indossò il vestito blu. Solo quando rifece il letto si accorse che sulla testiera era apparsa dal nulla una coperta verde scuro piegata in quattro. Guardandola meglio, si accorse che era un mantello invernale. Tastò la stoffa, constatando che era un misto lana non di ottima fattura, ma dei più caldi che avesse mai visto. Sembrava adatto per le marce invernali. Lo sollevò e lo aprì: dalle pieghe uscì minuscolo pezzo di pergamena. Presolo in mano, constatò che vi erano scritte solo tre parole, in una grafia ordinata e svolazzante.

"Carina la vestaglia."

 

 

"Allontanarmi era l'unico modo che avevano di difendersi da qualcosa che non capivano. Non posso dire con certezza che non avrei fatto lo stesso.

Chissà come avrebbero reagito se avessi detto loto che anche lui era una mago.

Forse è giusto così.

Dirlo non sarebbe servito.

Essermi accollato tutta la colpa è un altro modo di espiare."

 

 

Entrò in cucina come una furia, il pezzo di pergamena serrato nella mano destra, il mantello nella sinistra. Marhalt e Iwen erano seduti a tavola: il bambino stava scrivendo su un foglio, e lo spilungone controllava che non facesse errori. La guardarono attoniti, pensando che da un momento all'altro avrebbe cominciato a sputare fuoco e fiamme.

Jillian fece un sospiro profondo, ferma sulla soglia, cercando di riprendere il controllo. << Dov'è? >>, chiese poi, con evidenti intenti omicidi. << Dov'è quell'insopportabile magonzo? >>

<< E'... E' uscito >>, rispose titubante Iwen, la penna d'oca sollevata a mezz'aria.

Marhalt ridacchiò e si alzò, dirigendosi verso la rustica credenza. << Che cosa ti ha fatto? >>

<< Lasciamo perdere >>, troncò Jillian, poggiando il mantello sul dorso di una sedia e sedendosi di fronte al bambino. Sbirciò gli scarabocchi disordinati incisi sui fogli. << Cosa stai facendo? >>

Iwen intinse la penna nella boccetta d'inchiostro, rigirandola poi tra le dita. << Esercizi di bella grafia. >>

<< Con risultati scadenti >>, sottolineò Marahlt. << Ti faccio due uova, o preferisci altro? >>, chiese rivolto a Jillian.

<< Grazie, va benissimo >>, assicurò lei. << Non ti piace scrivere? >>, chiese poi al rosso, concentratissimo sul ricciolo di una R.

<< Meglio questo che tradurre >>, asserì, categorico.

Jillian parve stupita. << A scuola vi insegnano il latino? >>

<< Oh, no >>, rispose Marhalt, rompendo il guscio di un uovo. << Soli i dotti e i ricchi possono permetterselo. In una scuola qualunque è già tanto se insegnano a far di conto. Iwen ha la fortuna di studiare a casa, come un signorino di buona famiglia. >>

Il bambino non sembrava affatto orgoglioso di questo suo privilegio. Fece cadere una goccia di inchiostro sulla pergamena, disperandosi per il disastro combinato. << Non sono sicuro di averci guadagnato >>, bofonchiò.

<< Io e Wantz ci siamo occupati della sua istruzione, compreso leggere e scrivere >>, spiegò Marhalt, mettendo le uova cotte nel piatto della ragazza. << E, siccome abbiamo la fortuna di aver tra noi un grande erudito come lui che conosce il latino... >>

<< A nessuno è venuto in mente di chiedere il mio parere? >>, obiettò il rosso, fissando con astio la macchia che si allargava velocemente.

<< Niente discussioni in merito, ne abbiamo già parlato. Finisci in fretta, che poi ti aspetta un brano filosofico da tradurre. >>

Iwen cominciò a frignare, riflettendo che forse la vita da tubero non era poi malaccio. Jillian rise.

<< Posso aiutarti, se vuoi >>, gli propose.

Il bambino la guardò con partecipe commiserazione. << Hanno costretto anche te a impararlo? >>

La ragazza scosse il capo, portandosi la forchetta alla bocca. << No, sono stata io stessa a volerlo studiare. >>

La mascella di Iwen si abbassò, donandogli un'aria da pesce lesso. << Wantz ha ragione. Le donne sono incomprensibili. >>

<< Forse per te risulta impossibile, ma ci sono persone che traggono piacere dalla conoscenza >>, disse lo spilungone.

<< Oh, lo so bene >>, annuì con convinzione Iwen. << Già solo Wantz... Legge sempre, scrive per passatempo, studia l'ultima lingua dell'ultimo paesucolo del regno, e passa fin troppo tempo a lambiccarsi su quesiti filosofici senza capo né coda. >>

<< Davvero? >>, domandò Jillian. << A vederlo sembra un cialtrone qualunque, un rozzo che non sa neppure cosa sia il galateo, senza il minimo rispetto per gli altri. Non ha certo l'aria dell'uomo avido di sapere. >>

Marhalt sorrise. << Si può sapere cosa ti ha fatto per irritarti in questo modo? >>

<< Fagliela pagare anche da parte mia >>, la incitò Iwen. << Così impara a darmi dei passi lunghissimi da tradurre. >>

<< Ti vedo molto energico oggi >>, constatò lo spilungone con un sorriso. << Direi che ti sei meritato doppia razione di latino. >>

Iwen imprecò,trattenendo l'impulso di azzannare la penna.

Finite le uova, Jillian si alzò, prendendo il mantello. << Hai idea di quando tornerà? >>

<< Quando avrà fame. E' urgente? >>, rispose il padrone di casa.

<< No, solo... >>

<< Qualsiasi distrazione è bene accetta >>, la interruppe Marhalt. << Dagli una bella scrollata. >>

 

 

“Perché? Perché fate finta di niente, maestro?

E' colpa mia.

E lo sapete bene.”

 

 

<< Quando i paesani scoprirono la morte del maestro, si scatenò un putiferio. Capirono subito che Wantz era un mago. La loro cecità ottusa li portò a credere che avesse ucciso il loro beneamato e pio asceta per adempiere al Rito.

<< La concatenazione dei fatti e le coincidenze si sprecavano: per questo fu incolpato Wantz. Avevano lasciato il villaggio insieme, erano tornati insieme, uno vivo e l'altro no, nessuno aveva udito i rumori di alcuna lotta, nessuna traccia di cavalli o di qualcuno che li avesse attaccati, lo strano comportamento di quel ragazzo... E poi certe sue frasi, l'astio verso il parroco del paese... I suoi silenzi... Quel suo sguardo ostile al mondo intero...

<< Ci fu una vera e propria sollevazione di massa: prima ci intimarono a parole di cacciare "lo sporco traditore" , poi minacciarono di passare ai fatti. Lui non ci spiegò nulla. Avremmo voluto aiutarlo. Eravamo pronti a lasciare Past con lui, a "menare quei sudici babbioni", come disse Iwen...

<< Ma lui non volle.

<< Se ne andò, semplicemente. Come gli era stato chiesto. Non si difese, non protestò. Ci disse di rimanere, che si sarebbe fatto vivo lui in qualche modo.

<< E così è stato. Da allora torna appena può, quasi la sua condizione di clandestino lo diverta. Dopo che fu ufficializzato il suo esilio, comparve in casa una sera all’improvviso. Non ci spiegò cos'era veramente successo, ci svelò solo di dover cercare i frammenti della profezia. Anche allora fu una spiegazione ingarbugliata, come questa che ora ti sto facendo. Perché non è facile.

<< Ogni volta che torna dobbiamo fare attenzione che nessuno lo veda, anche se lui è il solito irresponsabile... Una volta i genitori di Fair lo hanno beccato mentre lo andava a trovare. Non ti dico che putiferio. In momenti come quelli ringrazio che esista la possibilità di ritoccare i ricordi.

<< Qui ci ricolleghiamo anche con la spiccata simpatia di Wantz per il parroco. Questi fu il più solerte e attivo al momento di cacciare Wantz. Avresti dovuto sentire certe sue arringhe su quanto sono infidi e pericolosi i maghi. E vederlo incitare la folla, con un forcone in mano, a cacciare il "figlio del demonio"...

<< Fosse stato chiunque altro non avrebbe avuto peso. Ma, vedi, quell'uomo non è esattamente un esempio di castità. E Wantz non sopporta l'ipocrisia. Girano anche voci su vere e proprie orge promosse da lui. Non sappiamo quanto ci sia di vero, tuttavia Wantz ne approfittò subito.

<< Prima di andarsene, si è preso la rivincita nei confronti di colui che ha istigato il paese contro di lui e ha appoggiato con fervore la proposta di esiliarlo. E' nata allora, infatti, la perversa pratica di torturare le persone nel sonno.

<< Prova a immaginartelo: Wantz, sottoforma di diavolo vendicatore, che gli appare nel sonno e puntando un dito accusatore urla “Vergogna, vecchia carcassa: la carne ribellarsi alla tua età?”. Mi sarebbe piaciuto vederlo.

<< Il fatto che tutti parlino male di lui, dipende solo dall'ingratitudine umana. Nient’altro, credimi.

<< Qualsiasi cosa sia accaduta quel giorno, anche se in paese sono convinti che le ferite se le siano procurati a vicenda e che il maestro sia morto per mano di Wantz, io credo che non fossero soli, e che siano stati attaccati davvero da qualcuno. Non so se Wantz stesse valutando realmente la possibilità di uccidere il maestro... Non so neppure cosa sia successo esattamente. Non ha ancora voluto dircelo. Quello di cui sono certo, è che il maestro morì portandosi via tutto quello che Wantz aveva erroneamente creduto eterno con la pigra disinvoltura di un’onda che spazza via un castello di sabbia, facendolo precipitare di nuovo nella cupa disperazione di cui era già stato vittima al momento del suo arrivo a Past. Per questo io non credo che sia stato lui: al di là dell’affetto, della fiducia che nutro in lui e del fatto che lo consideri un fratello, c’è un fattore oggettivo che mi spinge a pensarlo.

<< Il suo sguardo era tornato vuoto come quando il maestro lo portò qui dicendomi “Questo è Wantz. I suoi genitori sono passati a miglior vita, quindi resterà con noi”. >>

 

 

Lo trovò lì dove Marhalt aveva profetizzato che fosse: seduto sul prato oltre l'orto, davanti ad un'enorme quercia, unico e monumentale albero nel raggio di venti metri. Al centro della corteccia, proprio sul davanti, c'era un'incisione particolare: una M e una W, le cui gambe arcuate si toccavano, formando un'ellisse, al centro del quale stava una I. Ai piedi del monumentale albero, una spartana lapide rozzamente ricavata da un masso. Wantz stava a breve distanza dal tronco, le gambe distese, poggiandosi sulle braccia portate leggermente all’indietro, lo sguardo basso. Si era rimesso i vestiti soliti, mancavano soltanto la spada e il mantello. Anche i capelli erano di nuovo liberi e scompigliati come d’abitudine, reduci dal codino del giorno precedente, esperimento miseramente fallito quando Iwen gli aveva detto che così sembrava un signorino dell’alta società. Lei stessa dovette ammettere che i capelli lunghi gli davano un’aria risoluta e fiera, anche se pettinandoli avrebbe guadagnato sicuramente qualcosa in più dal punto di vista estetico. Guardandolo seduto lì, serio e corrucciato, la fronte aggrottata e gli occhi spenti, si accorse per la prima volta di non sapere nemmeno quanti anni aveva: osservandolo da lontano, le faceva pensare ad un vecchio mezzadro segnato dalla crudeltà della vita.

Si avvicinò lentamente, cercando di non fare rumore, perché aveva l’impressione che qualsiasi suono sarebbe stata una mancanza di rispetto: la natura stessa pareva tacere, partecipe della sua assorta meditazione. Il vento soffiava lieve, passando sulla pelle come una comprensiva carezza. Jillian lasciò che la brezza le smuovesse i capelli, e si fermò a pochi passi dal ragazzo.

Wantz non disse nulla, non si voltò neppure. Si limitò a proseguire la sua muta contemplazione.

 

 

<< Oltretutto, se aggiungiamo il fatto che ogni anno torna in occasione dell’anniversario della sua morte, la mia tesi acquista ancora più valore. E’ per questo che è qui. Per quanto odi le ricorrenze da calendario, quella di domani è l’unica commemorazione che sente davvero come sua. A un certo punto sparirà senza dire niente, e se ne andrà da solo alla tomba del suo maestro, a dedicarsi alla sua attività preferita: rimpiangere il passato e auto flagellarsi per non essere riuscito a salvarlo. >>

 

 

Jillian non sapeva bene cosa fare, visto che il ragazzo persisteva nel suo silenzio, quasi non l’avesse notata, benché fosse chiaro che si era accorto della sua presenza. Pensando che fosse troppo azzardato sedersi al suo fianco, restò in piedi, in attesa, tormentandosi nervosamente le mani dietro la schiena.

<< Se ti disturbo troppo posso anche andarmene >>, proferì infine, pentendosi subito di aver assunto involontariamente un tono contrariato. Il ragazzo non rispose, ma non sembrò un atto di risentimento per l’uscita infelice della ragazza, pareva piuttosto che continuasse a fingere di non vederla, probabilmente con la segreta speranza che così facendo lei se ne andasse. Fissava con sguardo vacuo la lastra di pietra, su cui non era inciso nulla, né il nome del defunto, né le date di nascita e morte. Jillian la trovò una cosa proprio nello stile del mago: un modo di ricordare una persona cara decisamente discreto e composto, come voleva il carattere chiuso e altero del ragazzo, ma che allo stesso tempo rivelava tacitamente un dolore impossibile da cancellare e difficile da zittire.

Stava già per andarsene, quando Wantz sussurrò una sola parola, col tono deciso che gli era proprio, eppure le suonò più simile ad una supplica che ad una semplice richiesta.

<< Resta. >>

 

 

<< In fondo che cos'è la vita? Solo l'attesa di qualcos'altro, non ti pare? >>

<< Non puoi morire qui! Andrai in putrefazione subito con questo caldo! Alzati! >>

<< Addio,Wantz. La mia parte ormai è conclusa. La catena è ancora nelle tue mani. Bada che non ti stringa intorno al collo. >>

<< Mi stai ascoltando? Non puoi morire! Non mi lasciare, non sono pronto! >>

<< In manos tuas, Domine. >>

<< NOOOOO!! >>

 

 

Stettero in silenzio per un tempo che le parve infinito, ma in realtà si trattò di una manciata di minuti. Si era seduta alla sua sinistra, a pochi centimetri di distanza dal ragazzo, quasi volesse dimostrargli coi fatti che gli era vicino. Guardava le nuvole in cielo, mentre il mago era assorto nella contemplazione della pietra tombale. Quando Wantz parlò di nuovo, all'improvviso, fu in un tono lento e straziante che la colpì profondamente, la colse di sorpresa e la costrinse a voltarsi verso di lui.

<< Ogni mia speranza di poter diventare migliore, morì insieme a lui. >>

Aveva alzato il capo: adesso non guardava più la lapide, fissava invece la strana incisione sul tronco della quercia. Jillian cercò di catturare il suo sguardo, ma Wantz si ostinava a non voltarsi verso di lei. Fissò allora anche lei il suo sguardo innanzi a sé, parlandogli come se in realtà non ci fosse.

<< Se c'è qualcosa che posso fare... dimmelo, e io lo farò volentieri. >>

Finalmente il mago si voltò, abbandonando l’aria affranta in favore di un’espressione di puro e genuino stupore. << Che ti prende adesso? >>

Jillian alzò le spalle con noncuranza. << Niente di particolare. E' solo che... Ho l'impressione che tu soffra per qualcosa. E quando sorridi, mi sembri ancora più triste. >>

Wantz non rispose subito, quasi stesse valutando seriamente le parole della ragazza, ma la sua risposta fu di tutt’altro registro. << Insomma, sono davanti ad una tomba: dovresti stupirti se fossi allegro, non ti pare? >>

La ragazza sospirò facendo una smorfia. << Com’è che ha detto Marhalt... Ah, sì. E’ stupendo vedere come la gente affronti le cose in modo serio e profondo >>, affermò.

Wantz ridacchiò, chinandosi verso di lei con un ghigno beffardo. << Guarda che lo facevo per te >>, sussurrò. << Non sopporterei di saperti preoccupata per me. >>

<< Che ingrato >>, si dolse lei. << E’ questo il modo di trattare chi cerca di aiutarti? >>

Il mago all’improvviso parve molto interessato alla ragazza. Si chinò maggiormente verso di lei, arrivando quasi a sfiorarle il volto. La fissò intensamente negli occhi, tanto che la ragazza trattenne il respiro, non riuscendo a fare nulla se non ricambiare lo sguardo.

<< Te l'ha detto! >>, esclamò infine,dando una manata a terra come a voler sottolineare la sua frustrazione e raddrizzandosi. << Dannato Marhalt, lui e la sua lingua lunga! >>

<< Cosa? >>, chiese lei, stordita.

<< Non fare finta di niente >>, ringhiò il mago seccato. << Adesso ti stai facendo dei viaggi mentali in sui io sono un povero reietto vittima della società crudele, anche se presumo ti affascini di più la questione legata alla morte del maestro. Stai immaginando una battaglia all’ultimo sangue due contro cento? Una cosa piena di sangue e patos? >>

Le guance di Jillian si tinsero di un vago rossore, più dispetto che imbarazzo. << Non sto facendo nulla del genere. >>

<< Non mentire. Mi arrivano certe immagini che sembrano uscite da una tragedia o da un romanzaccio epico da quattro soldi. Smettila di immaginare assurdità! >>

<< E tu non frugare nella mia testa! >>

<< Io non ho fatto un bel niente: i tuoi pensieri sono così forti che mi arrivano da soli. >>

La ragazza alzò un sopracciglio. << Possibile? >>

<< Certo. Quando le sensazioni e le emozioni sono molto forti, è come se traboccassero: arrivano a me anche se non mi interessano. In ogni caso basta che io isoli completamente la mia mente e posso escludere anche i pensieri più potenti. >>

<< E allora fallo! >>, esclamò Jillian con rabbia.

Wantz ubbidì con un’alzata di spalle. << Peccato, era interessante. E, per la cronaca, non ero vestito di bianco e tanto meno indossavo un cappello da deviato mentale come quello. >>

<< Smettila o giuro che ti prendo a schiaffi >>, minacciò la ragazza, fissandolo con astio.

<< Non posso negare di meritarmelo >>, disse inaspettatamente lui. Riprese l’espressione seria di poco prima, evitando di incrociare lo sguardo di Jillian. << Mi hanno cacciato perché mi vedevano come... Come una spiga marcia che distrugge quelle sane. >>

Jillian gli regalò un sorriso dolce. << Credevo non ti importasse del parere degli altri. >>

<< Infatti. Mi da fastidio che anche Marhalt e Iwen abbiano delle grane per questo >>, ribatté, tenendosi sulla difensiva.

<< Non ti dirò cosa penso perché so che ti arrabbieresti. Però, secondo me... Non è un male se ti irriti per cose del genere. Non devi per forza mantenere la tua immagine di uomo di ghiaccio. >>

<< Non dirlo >>, la interruppe. << Non ricominciamo con questa storia. Lo ammetto, non sembra ma anche io sono umano, va bene? La rabbia fa parte dei sentimenti umani, giusto? >>

<< E’ un peccato capitale >>, scosse il capo. Jillian si girò, sedendo in modo da avere il ragazzo davanti a sé. << Wantz, nessuno ti chiede di rinnegare tutta la tua vita. Qualsiasi cosa si faccia, non è possibile cancellare il passato. >>

Wantz la guardò con aria benevola, come se fosse certo che niente e nessuno potesse fare nulla per lui. << Allora cosa mi consigli di fare? >>

Lei ci rifletté seriamente prima di rispondere. << Porta sulle spalle il peso dei tuoi errori... e vivi. >>

Il mago ridacchiò e si passò una mano tra i capelli. Al che Jillian gli lanciò un’occhiataccia.

<< Fa così ridere? >>

<< No >>, assicurò lui. << Solo... Sono favorevolmente impressionato nel vedere che ti preoccupi per uno come me >>, chiarì, facendole il verso. Siccome la ragazza aveva abbassato lo sguardo e taceva, proseguì. << Se fosse vera la metà della favole che si raccontano sul mio conto, dovrei essere un animale crudelissimo, dedito al sangue e ad ogni sorta di eccessi. >>

Jillian lo guardò sospettosa. << Perché, non è così? >>

Wantz scosse la testa; Jillian lo fissò con tanto d’occhi, e quasi urlò.

<< Hai sorriso! >>

Il mago fece un balzo all’indietro. << Non è vero! >>, negò con foga, pentendosi immediatamente di aver avuto una reazione così esagerata e controproducente.

<< Ah-a... Non mentire >>, lo punzecchiò la ragazza, avvicinandosi a lui tracotante. << Dai, sorridi ancora. >>

<< Non mi seccare >>, bofonchiò lui.

<< Suvvia, me lo devi, visto che hai avuto l’ardire di venire in camera mia apposta per sbirciare la vestaglia e deridermi. >>

<< Affatto. Ero entrato per lasciarti il mantello. Poi se dormi come una cavalletta e ti scopri non è colpa mia. Quando si parla di ingratitudine... >>

<< E dai, sorridi. Fallo per farmi piacere. >>

<< Un motivo in più per non farlo. >>

Dall’orto arrivò un urlo forte e al contempo placido. << Wantz! Jillian! Ho bisogno di voi, venite. >>

<< Salvo >>, decretò il ragazzo, sollevato.

<< Non riuscirai a sfuggirmi in eterno >>, lo avvisò Jillian.   

Wantz si alzò, guardandola truce dall’alto in basso. Le tese una mano per aiutarla ad alzarsi. << Questo è da vedere. >>

Jillian afferrò la mano del ragazzo e si drizzò in piedi. << La nostra è una ben strana accoppiata, non ti pare? >>

<< E' uno strazio... >>, corresse con un breve sospiro, incamminandosi.

La ragazza lo seguì, ridacchiando.

<< Si può sapere che succede? >>, chiese Wantz con una punta d’irritazione.

<< Iwen diserta il latino >>, spiegò Marhalt, aspettando al di là dello steccato che i due lo raggiungessero. << Puoi usare i tuoi efficienti metodi persuasivi per riportarlo al suo dovere? >>

Uno scintilla sadica saettò nello sguardo del mago. << Ma certo >>, acconsentì.

Lo spilungone aggrottò lo sopracciglia, l’occhio destro rigorosamente chiuso. << Come mai così di buon umore? >>, chiese.

<< Non sono di buon umore >>, rettificò Wantz. << Anzi, credo che sfogherò la mia ira su quella peste lentigginosa. >>

Marhalt sorrise, rivolgendosi ora a Jillian. << Deduco che ti sei vendicata. >>

<< Oh sì, egregiamente >>, confermò lei, superando il mago e raggiungendo Marhalt oltre lo steccato. << Avresti dovuto vedere >>, incarnò la dose, voltandosi beffarda indietro verso il mago. Questi rispose con uno stanco“Tsk”. Marhalt si diresse verso casa, seguito a ruota da Jillian. Wantz restò a debita distanza, procedendo lentamente, nel vano tentativo di non udire le risate che i due che si stavano facendo alle sue spalle.

 

 

<< In fondo... Il fatto che i suoi sorrisi siano una cosa così rara, li rende ancora più carichi di valore. Non so se capita anche a te, ma quando lo vedo sereno, quando ride sinceramente, per quanto saltuariamente succeda... In quei momenti sto bene anche io. >>

 

 

<< Allora... >>, disse infine Marhalt, giunto davanti all’abitazione, voltandosi verso il mago. << Hai pensato a qualche buona idea o ti sei limitato a fingere di ignorarci? >>uello di cui sono certqq

Non ricevette risposta.

Wantz si era fermato a una decina di passi da loro. Stava immobile, lo sguardo vigile, la bocca socchiusa in un'espressione stupita.

<< Che succede? >>, gli chiese Jillian, guardandolo interdetta voltare a destra e a sinistra il capo come se stesse cercando qualcosa.

<< Hai sentito qualcosa? >>, aggiunse Marhalt, avvicinandosi a lui.

Il mago non rispose, limitandosi ad alzare una mano per dirgli di tacere. Lo spilungone levò il volto al cielo, gli occhi chiusi, i sensi all'erta, cercando di individuare anche lui ciò che l'amico aveva percepito. Quando lo trovò, si irrigidì.

<< Wantz, non sarà per caso... >>

Il ragazzo scosse il capo lentamente. << No, non si tratta di lui. Però... è qualcosa che gli somiglia. >>

Jillian li osservava in silenzio, senza capire. Poi sentì qualcosa anche lei. Una specie di brivido la attraversò improvvisamente, passandola da parte a parte ed estinguendosi quasi subito. Una sensazione spiacevole, quasi un brutto presentimento.

Successe in un attimo. Marhalt le si parò innanzi, dandole la schiena, come se volesse nasconderla. Davanti a Wantz, contratto in una posizione difensiva, si sollevò un polverone, alimentato da una folata di vento, e, quando esso si diradò, apparvero due figure avvolte in mantelli neri.

La braccia alzate al volto per proteggere gli occhi dalla polvere sollevata, Jillian non riuscì a distinguere le due figure, ma udì distintamente Marhalt lasciarsi sfuggire un gemito che suonava molto come un “no”. Sporgendosi oltre la schiena dello stangone, scorse a mala pena Wantz, ritto in piedi, i pugni serrati. A breve distanza dal mago, i due uomini apparsi dal nulla andavano lentamente delineandosi: uno era biondo, l’altro aveva ispidi capelli neri ricci. Entrambi vestiti completamente di nero, parevano interessati solo al mago. A questi infatti si rivolse con un ringhio astioso il moro.

<< E così sei sopravvissuto un'altra volta, eh? >>

Dall’angolazione in cui si trovava non poteva esserne sicura, ma Jillian aveva l’impressione che sul volto di Wantz ci fosse una maschera di puro disgusto, condita dal solito sorriso ironico.

<< Così pare >>, rispose. << Questa volta sei venuto in compagnia perché hai capito che da solo non hai speranze? >>

Il moro si portò una mano al fianco, soffiando aria tra i denti e fissando Wantz con scherno.

<< Il solito egocentrico. E se oggi non fossimo qui per te? >>

Wantz trasalì. Il suo respiro era aumentato e tremava di rabbia. In quell’istante, dalla casa uscì Iwen, messo in allarme da tutto quel trambusto. Alla vista dei due individui rimase come pietrificato.

<< Iwen! >>, urlò Wantz. << Torna dentro e portami la spada. >>

Il ragazzo restò un attimo immobile, fissando con orrore i due sconosciuti, poi si riscosse e corse dentro l’abitazione senza una sola parola.

Fu il biondo a riprendere la parola, sorridendo placidamente. << Non ti agitare. Non è come pensi tu, davvero. >> Jillian notò che il suo modo di parlare calmo e serafico, così come il suo sorriso, somigliavano molto a quelli di Marhalt; tuttavia, nei suoi modi c’era qualcosa di ambiguo e indefinibile che fece venire i brividi alla ragazza.

<< E allora posso sapere perché diavolo siete qui? >>, chiese il mago, fremendo di rabbia.

<< Piano con le parole, o ti metterò io un freno alla lingua. Hai proprio bisogno di una lezione... >>, minacciò l’altro.

<< Quale lezione? >>, rise Wantz. << Quella che non hai saputo darmi nemmeno con orde di orchi a tua disposizione? >>

<< Taci, miserabile! >>, urlò il ragazzo riccio, scagliandosi contro Wantz.

<< Urien, no! >>, tentò di fermarlo il biondo, ma senza risultati: Urien si era avventato sul mago, afferrandolo per la gola e sollevandolo da terra. Lo fissava con un odio furioso crescente, incrementato dal fatto che Wantz, nonostante la morsa che gli impediva di respirare, continuava a ridere.

<< Smettila, stupido idiota >>, ringhiò Urien, gli occhi dilatati. << Ti rendi conto della tua situazione? Hai superato il limite dei poteri concessi agli esseri umani. >>

Wantz smise di colpo di ridere e fissò Urien con un sorriso denigratore quasi folle. << Appunto >>, sussurrò. << Faresti bene a preoccupartene. >>

Appena terminata la frase, Urien venne sbalzato via con forza e andò a sbattere contro un albero, vittima di una magia del ragazzo.

<< Tu, bastardo... >>, farfugliò, rialzandosi.

Wantz si stava massaggiando la gola, apparentemente indifferente a quanto appena successo. Ignorando bellamente Urien, si rivolse al biondo. << E’ lecito dunque sapere perché siete qui? >>

<< Non abbiamo intenzioni ostili >>, assicurò.

<< Lo immaginavo, altrimenti non ti saresti scomodato >>, annuì Wantz. << Per distruggere un po’, basta anche quella bestia da sola >>, concluse, alludendo ad Urien.

<< Suvvia, non essere così severo con lui >>, lo rimbrottò giovialmente col suo incrollabile sorriso. << Siamo venuti appunto per scusarci. L’ultima volta Urien ha esagerato, disobbedendo anche agli ordini, quindi siamo qui per rimediare. >>

Wantz ebbe un moto d’impazienza. << Non prendermi in giro, Caradoc. Ti aspetti davvero che creda che siete venuti solo per dirmi “Scusa Wantz, non volevamo mica farti fuori”? >>

L’uomo di nome Caradoc si fece serio. << Invece sì. Quello doveva essere solo un atto intimidatorio. Sfortunatamente, Urien ha perso il controllo ed è stato quello che è stato. >>

<< E’ stato quello che è stato >>, lo scimmiottò Wantz. << Ho solo rischiato di tirare le cuoia. >>

Caradoc sfoderò un sorriso insolitamente maligno. << Ma non è successo, o sbaglio? >> Wantz non rispose. << Ad ogni modo... >>, riprese il biondo. << Siamo qui per riferirti il messaggio che tre giorni fa Urien non è riuscito a darti perché troppo impegnato a picchiarti >>, aggiunse risentito, all’indirizzo di Urien, che sostava in piedi di fronte all’albero.

<< Ti ascolto >>, disse Wantz, incrociando le braccia.

Caradoc scosse il capo. << Prima gradirei che dicessi al tuo amico di smettere di lambiccarsi su come fare ad arrostirci il posteriore. >>

Wantz si voltò verso la casa e subito ne uscì un mortificato Iwen, che scivolò silenziosamente fino al mago, gli diede la spada a occhi bassi e altrettanto silenziosamente andò di fianco a Marhalt. Seguendo il bambino con lo sguardo, Wantz scorse Jillian dietro la possente schiena di Marhalt: allo sguardo interrogativo della ragazza rispose stirando le labbra in un’espressione tesa e preoccupata.

<< Quella non ti servirà >>, gli disse Caradoc, accennando alla spada.

Wantz legò il fodero ai fianchi, lasciando che pendesse a sinistra. << Staremo a vedere. Quindi? >>

<< Puoi facilmente intuire perché siamo qui. >>

Il mago ebbe un fremito. << Allora puoi evitare di dirmelo. >>

<< Zitto, piaga >>, si aggiunse Urien. << Fosse stato per me non saremmo neanche venuti, ma Caradoc dice che per correttezza dobbiamo dirtelo perché Lui vuole così. >>

<< Oh, capisco >>, assentì il mago. << Quindi ancora una volta i tuoi disastri vengono riparati da altri. Povero ebete incapace di fare quello che gli viene chiesto. >>

Urien schiumava di rabbia. << Senti senti... Proprio tu parli di disastri quando sappiamo benissimo che cosa hai combinato tu. >>

Wantz rimase stoicamente muto, ma era chiaro che aveva accusato il colpo.

<< Chissà cosa direbbero i tuoi amichetti se sapessero che... >> Non terminò la frase perché delle mani invisibili lo avevano afferrato per il collo e sollevato in aria: Urien dimenava le gambe cercando affannosamente di respirare, ma la stretta invisibile gli impediva di incamerare aria.

<< Wantz >>, lo chiamò Caradoc. << Non abbiamo ordine di farvi del male. Lascialo se non vuoi pentirtene. >>

<< Di troppe cose mi sono pentito nella mia vita >>, rispose lui, fissando impassibile Urien diventare viola per la mancanza di aria. << Questa, sono sicuro, non si aggiungerà alla lista. >>

Per tutta risposta Caradoc alzò una folata di vento che centrò Wantz in pieno petto e lo sbalzò indietro, costringendolo a sciogliere l’incantesimo lanciato su Urien. Questi ricadde pesantemente a terra, il respiro rotto e affannoso.

<< Wantz! >>, gridò Jillian. Fece istintivamente un passo verso il ragazzo, ma Marhalt stese il braccio innanzi a lei come a volerle dire di non muoversi, impedendole di avanzare.

Marhalt si voltò verso Iwen. << Impediscile di avvicinarsi. >> Detto questo corse al fianco di Wantz e lo aiutò a rialzarsi.

Iwen si avvicinò a Jillian, esibendo un sorriso forzato. << Lascia fare a loro. Noi non possiamo fare niente >>, disse con una nota di rammarico.

La ragazza guardò Wantz massaggiarsi il torace con una mano e scambiare brevi parole con Marhalt.

Un botto li fece voltare: Urien si era ripreso, e aveva reciso a metà un albero, sotto lo sguardo affranto di Caradoc.

<< Calmati >>, lo ammonì. << Sai perfettamente che non dobbiamo ucciderlo. >>

<< Appunto. Perché? >>

Caradoc si voltò verso Wantz.

<< Perché mi sta lasciando vivere in circostanze come queste? >> Nonostante l'espressione adirata, la domanda di Wantz suonava colma di disperazione.

Il biondo sembrava sinceramente dispiaciuto. << Non lo so. Credimi Wantz, non lo so.  >>

<< Dipendesse da me, saresti sotto tre metri di terra già da un pezzo >>, annunciò Urien.

<< Ne dubito >>, sibilò il mago.

Urien stava di nuovo per saltargli addosso, ma Caradoc lo bloccò mettendogli una mano sulla spalla. << Puoi credermi, però, se ti dico che forse è meglio che tu non lo sappia. >>

Wantz scosse lentamente la testa. << Permettimi di dissentire. Qualsiasi sia il motivo per cui l’Oscuro non mi ha ancora ucciso, io voglio saperlo. >>

<< E’ un desiderio legittimo, ma una scoperta come questa non porta mia a niente di buono. La verità non farebbe altro che aumentare il carico delle tue sofferenze. >>

<< Dove la verità possa condurre, è cosa da non chiedersi, a mio parere >>, ribatté Wantz con gravità.

Caradoc sorrise, fissandolo con interesse. << Lo credi davvero? E se questa verità ti fosse preclusa? >>

Wantz rispose col suo classico sorriso canzonatorio. << Se ci è dato cercare la verità, non ci è di conseguenza proibito raggiungerla. >>

<< Eppure, Lui te lo sta proibendo eccome. Inoltre, al momento ci sono altre verità che dovrebbero interessarti maggiormente. >> Non appena terminò la frase, sparì dal punto in cui si trovava e si materializzò davanti a Jillian. La ragazza non ebbe neanche il tempo di sussultare che il mago, con velocità pari al biondo, comparve fra lei e Caradoc a farle da scudo, la sua schiena a meno di tre centimetri dal naso della ragazza.

<< Lo vedi? >>, sussurrò suadente Caradoc. << Sai già qual’era il messaggio che dovevamo riferirti. >>

Wantz digrignò i denti e fece per sferrare un cazzotto al biondo, ma Urien spuntò fuori dal nulla prima che il pugno del ragazzo arrivasse a destinazione e scaraventò il mago a terra. Wantz tentò di rialzarsi subito, ma Urien si gettò su di lui e cominciò a sferrare dei colpi energici al volto del ragazzo: per alcuni secondi subì passivamente, preso alla sprovvista, poi si riprese a pronunciò una breve formula che paralizzò Urien. Approfittando dell’immobilità dell’avversario, Wantz si rialzò, pulendosi col dorso della mano il sangue che gli colava dal naso, e gli sferrò un calcio, facendolo rotolare a terra. Appena toccato il suolo, tuttavia, Urien riuscì a sciogliere l’incantesimo, rialzandosi, coperto di polvere, sghignazzando all’indirizzo del ragazzo.

<< Suvvia, ragazzi >>, li richiamò Caradoc, ormai rassegnato. << Se proprio volete sfidarvi fatelo come il vostro rango vi compete. >>

<< E sia >>, acconsentì Wantz, sputando a terra un misto di sangue e saliva. << Anche se non merita affatto questo onore. >>

Urien reagì violentemente anche a quella provocazione, e i due iniziarono un duello di incantesimi sotto lo sguardo impotente degli altri. Caradoc sospirò, osservandoli come un padre paziente guarderebbe i figli troppi vivaci giocare alla guerra. Si voltò poi verso Jillian, rivolgendole il suo miglior sorriso etereo: la ragazza sentì un brivido correrle lungo la schiena, e la sensazione di ambiguità che aveva percepito nel giovane divenne ancora più radicata. Alzò una mano e la avvicinò al viso della ragazza, con l’evidente intenzione di accarezzarle la guancia. Il suo braccio però si bloccò a metà strada, perché Iwen gli aveva afferrato il polso con tutta la forza che aveva nel suo unico braccio e lo fissava con un’espressione di puro odio, le labbra che tremavano sia per la rabbia che per la paura, le guance arrossate.

Caradoc, dopo un attimo di stupore iniziale, stese le labbra in quello che sembrava un sorriso colmo di rispetto. Si liberò facilmente della stretta del ragazzino, riabbassando il braccio come se nulla fosse.

<< Non hai nulla di cui preoccuparti >>, disse a Jillian, con un tono dolce e rassicurante che stonava non poco con la situazione. << Anche se non sembra, quell’indisponente di un mago non permetterà che ti accada nulla. >>

Jillian restò impassibile, palesando solo un vago stupore. << Non capisco a cosa vi state riferendo. >>

<< Come tutti coloro che fanno parte della profezia, dovrai passarne di cotte e di crude >>, spiegò, sibillino.

La ragazza si chiese se tutto ciò non avesse a che fare con il presunto interesse dell’Oscuro nei suoi confronti: perché, era evidente, quei due, chiunque fossero, facevano parte delle sue schiere.

<< Non so che ruolo ho nella profezia. Non so cosa voglia l’Oscuro Signore da me. Non so che cosa mi aspetta, ma una cosa è certa >>. Fissò l’uomo dritto negli occhi, in un indubbio atteggiamento di sfida. << Se avete bisogno di ricorrere ad “atti intimidatori”, allora voi siete l’ultima delle mie preoccupazioni. >>

Caradoc rise, una risata cristallina e insolitamente rassicurante. Prima che potesse risponderle, una scia infuocata gli passò davanti, sfiorandogli il volto, e si andò a conficcare nel terreno; si spense appena entrata a contatto col suolo, con uno sbuffo cinereo, sbriciolandosi. Caradoc si voltò nella direzione da cui era partita la freccia.

Urien era bloccato ad un albero, inchiodato da un buon numero di frecce infuocate, che non intaccavano la corteccia, ma lambivano con lentezza esasperante i vestiti del ragazzo, che si dimenava inutilmente cercando di sottrarsi a quella perversa tortura. Marhalt controllava impassibile che il moro non si liberasse da quella trappola rovente. Wantz, invece, imbracciava una arco incandescente, che sembrava tuttavia non ustionarlo; sulla schiena, una faretra invisibile conteneva decine di quelle frecce di fuoco. A gambe leggermente divaricate, una freccia incoccata nell’arco, puntava verso Caradoc.

<< Non stavo facendo nulla di male >>, si giustificò, l’incrollabile sorriso sulle labbra.

Wantz inarcò un sopracciglio. << Non lo metto in dubbio >>, disse. << Ma, vedi... Come prevedibile, la bestia è fuori gioco, quindi è il tuo turno. >>

<< No, ti prego >>, gemette Caradoc. << Ti ho già detto che non era nostra intenzione combattere. >>

<< Le intenzione vengono soppiantate dalle azioni >>, replicò il mago

Il biondo incrociò le braccia, abbattuto. << Sai perfettamente che non ti conviene. >>

Wantz non ebbe modo di rispondere perché un botto alle sue spalle lo costrinse a voltarsi. Urien era riuscito a liberarsi, e si avvicinava a loro furente. Marhalt era riverso a terra, colpito in pieno da chissà quale incantesimo.

<< Marhalt! >>, chiamò il mago.

<< E’ tutto a posto >>, rispose biascicando, il fiato corto, tentando di rialzarsi. << Pensa a loro. >>

Urien infatti si dirigeva verso il ragazzo con intenzioni chiaramente ostili; Jillian notò che i suoi occhi, originariamente color nocciola, erano diventati rossi. Anche Wantz se ne accorse, ma, a differenza della ragazza, lui sapeva che cosa significava. Fece sparire l’arco e i dardi.

<< Tu... >>, ringhiò Urien all’indirizzo del mago, camminando lentamente verso di lui. << Non osare darmi della bestia. >> I suoi occhi sembravano quasi lampeggiare.

Wantz lo fissò con agitazione. << Piantala. Non farlo. Non qui. >>

<< Mi associo >>, condivise Caradoc. << Questo non posso davvero lasciartelo fare. >>

Urien scoprì i denti in un ghigno animalesco. << Hai paura, Wantz? Non vuoi farglielo vedere? >>

La preoccupazione svanì, lasciando addosso al mago solo un’irrefrenabile collera. << No di certo. >>

Si fiondò addosso a Urien che, colto di sorpresa dal movimento fulmineo del ragazzo, non riuscì a bloccarlo: Wantz gli afferrò il volto con la mano destra, premendogli il palmo contro il volto. La sua intenzione però non era semplicemente stritolarlo: la mano del mago era diventata rovente come un carbone ardente, e Urien ululava di dolore mentre la morsa di Wantz gli ustionava la faccia. Tentò di staccarsi di dosso il mago artigliandoli il braccio e spingendolo via a suon di calci e pugni, ma Wantz resisteva, incurante dei colpi subiti. Il calore era così forte da impedire a Urien di ragionare lucidamente, tanto che non riusciva a formulare nessun incantesimo, neppure uno di quelli elementari a comando vocale. Quando ormai temeva che i suoi lineamenti si stessero liquefacendo, Wantz fu sollevato di peso da Caradoc e scaraventato all’indietro, piombando con una capriola ai piedi di Jillian e Iwen. Mentre Caradoc sanava la grave ustione sul volto del compare, Iwen si chinò al fianco di Wantz, come intenzionato a dirgli qualcosa, ma qualcosa alla vista del mago lo bloccò: sgranò gli occhi e spalancò la bocca per la sorpresa, fissando esterrefatto l’amico.

<< Wantz! >>, esclamò appena si riprese. << Non avrai mica intenzione di... >>

Jillian fece per chinarsi anche lei, ma Wantz si alzò di scatto, dandole le spalle: pulitosi dal sangue uscito dal labbro inferiore, spaccato da un pugno di Urien, rimase immobile in piedi, dandole le spalle. La ragazza poteva anche sbagliarsi, considerato che aveva visto il ragazzo in viso solo per una manciata scarsa di secondi, ma le era parso che anche gli occhi del mago fossero diventati rossi.

Intanto Urien si era perfettamente ripreso, e discuteva con Caradoc.

<< Non ti permetto di farlo e basta >>, diceva il biondo.

<< Oh, stai tranquillo >>, sghignazzò l’altro, scoprendo i denti: stranamente, la sua arcata dentaria superiore si era ingrossata, e i canini iniziavano a sporgere all’infuori della bocca. Sembravano le zanne di un animale. << Non mi serve la trasformazione completa per sistemarlo. Ora lo sistemo >>, annunciò. Detto ciò, si diresse verso il mago.

Iwen si parò davanti al mago, afferrandogli un braccio e scuotendolo. << Wantz, calmati. Non puoi farlo. Sono sicuro che nemmeno tu lo vuoi fare. >>

Wantz non abbassò lo sguardo verso il bambino. << Certo che non voglio >>, rispose. << Potessi, eviterei volentieri. Ma lasciarsi sfuggire quest’occasione sarebbe da idioti, non ti pare? >> L’ultima frase la accompagnò con un sorriso, posandogli la mano destra sulla testa e spettinandolo affettuosamente.

Iwen aveva le lacrime agli occhi. << Non mi piace quando sei così. >>

<< Ha ragione >>, ghignò Urien, raggiungendoli. << Quell’aspetto non ti dona affatto. >>

<< Hai ragione >>, confermò. << L’unico che sta bene in versione bestia sei tu. >>

Al che Urien stava per gettarsi nuovamente addosso al ragazzo, ma Wantz lo precedette e gli scagliò addosso un incantesimo che lo fece cadere a terra. Il mago si piazzò davanti ad Urien, alzò la mano destra e iniziò a contrarla: ad ogni movimento della mano di Wantz, Urien si contorceva e gemeva, vittima di dolori lancinanti ai muscoli, controllato dal mago come se fosse una marionetta. Sempre controllandone i movimenti, Wantz lo fece alzare in piedi e lo spinse addosso a Caradoc, che lo afferrò in tempo prima che cadesse di nuovo. Urien, sorretto dal biondo, voltò il capo verso il mago, mostrandogli i denti, ormai diventati delle vere e proprie zanne, e ringhiando.

<< Sapevo che combattere contro di te con metodi ordinari non avrebbe funzionato >>, rise soddisfatto, quasi fosse felice di poter affrontare il mago. << Vorrà dire che metterò da parte i miei propositi iniziali e ti concederò il privilegio di vedermi trasformato. >>

<< E io ti dico di finirla, invece >>, replicò Caradoc.

<< Sì, direi che è preferibile finirla. >>

I due diressero la loro attenzione al volto di Wantz: probabilmente notarono la stessa cosa che aveva notato Iwen, perché parvero sorpresi.

<< Credi di essere l’unico a poterlo fare? >>, mormorò Wantz.

Jillian avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo vedere in viso. Solo in quel momento si accorse che al suo fianco era comparso Marhalt. Le rivolse uno sguardo affranto quasi in segno di scusa.

<< Marhalt, fermalo >>, implorò Iwen.

Lo spilungone scosse la testa. << Se ha deciso, non ho nessun mezzo per fermarlo. >>

<< Uh uh >>, sogghignò Urien, raddrizzandosi e fissando Wantz con supponenza. << Non credo che ne avresti il coraggio. Non con loro presenti >>, aggiunse, gli occhi rossi saettanti verso Marhalt, Iwen e Jillian.

La ragazza non poteva saperlo perché il ragazzo le dava le spalle, ma aveva la sensazione che Wantz avesse sorriso: quel sorriso superbo e un po’ folle che gli aveva già visto in altre situazione di pericolo.

<< Vogliamo provare? >>

Urien non ribatté, e finalmente perse il suo ghigno selvaggio. Parve anzi seriamente preoccupato. Si girò verso Caradoc, il quale appariva ugualmente impensierito.

<< Andatevene >>, ordinò Wantz, la voce stanca ma venata di qualcosa di rabbioso, come se si stesse svolgendo una battaglia dentro di lui.

<< Caradoc >>, mormorò Urien. << I suoi occhi... >>

Caradoc guardò il mago chiedendosi se era davvero disposto a rischiare tutto. Era una reazione esagerata, razionalmente, considerato che gli avevano detto che non avevano intenzioni ostili; tuttavia, emotivamente, era logico che avesse reagito male a quella loro intrusione nella sua unica oasi di tranquillità. Urien, perduta ogni foga distruttiva, lo osservava in attesa di ordini, forse inquieto all’idea che il mago stesse parlando sul serio.

<< Andatevene >>, ripeté.

<< Andiamo >>, sentenziò Caradoc infine. << E' capace di farlo sul serio. >>

Urien annuì e si mise di fianco al compare. Wantz non fece nulla per fermarli, segno che era davvero disposto a farlo, ma solo se strettamente necessario. In pratica li aveva minacciati al solo scopo di costringerli ad andarsene: probabilmente sapeva fin dall’inizio che loro avrebbero ceduto. Il solito stratega.

Una folata di vento si alzò, investendo i due e avvolgendoli: prima che sparissero Caradoc rivolse un’ultima occhiata a Wantz.

<< Non sfidare troppo la sorte >>, gli disse. << L’hai già fatto e conosciamo i risultati. >>

 

 

“Avrei mai potuto perdonarmi?”

 

 

<< All’inferno la fedeltà, ai più neri diavoli i giuramenti, sprofondino nella più nera bolgia la coscienza e la grazia! Io sfido la dannazione.

D’ora in avanti, i miei pensieri siano di sangue, o degni soltanto di disprezzo.

Qui faccio la mia scelta: gioia ne consegua!

Hieme et aestate, et prope et procul, usque dum vivam et ultra!

In inverno e in estate, da vicino e da lontano, finché avrò vita e oltre! >>

 

 

“Ora ho la risposta. No, mai.”

 

 

Dopo che i due scomparvero nel nulla così come erano arrivati, un silenzio irreale aleggiò in quello che prima era stato lo scenario dello scontro. Nessuno si era mosso, né aveva proferito parola. Quella calma innaturale si spezzò quando Wantz, all’improvviso, si accasciò a terra, crollando seduto sulle ginocchia.

<< Wantz! >>, esclamò Iwen, precipitandosi al fianco del ragazzo, subito seguito da Marhalt e Jillian.

<< Stai bene? >>, chiese lo stangone, posandogli una mano sulla spalla sinistra.

Wantz, a capo chino, si passò uno mano sul viso, in un gesto affaticato. << Sì. Sono solo stanco. >>

<< Per così poco? >>, domandò Iwen scandalizzato, cercando di alleggerire quell’atmosfera pesante.

<< Non avresti dovuto esagerare >>, lo rimproverò Marhalt. << Sai a cosa mi riferisco. >>

<< Sciocchezze >>, sbuffò Wantz. << Non sono solo abituato ad usare quel potere. >>

Marhalt, stupito, socchiuse l’occhio. << E spero che mai ti ci abituerai. Non devi vederla come una risorsa a cui attingere in situazioni disperate, ma solo come a una maledizione da dimenticare. >>

<< Come posso dimenticarmene? >>, sussurrò il mago in tono straziante. << E’ sempre con me, è dentro di me. Come posso far finta di non saperlo? >>

Marhalt si chiese se stessero parlando della stessa cosa. Aveva l’impressione che Wantz si stesse riferendo a qualcos’altro, qualcosa che lui non sapeva. << Allora, se non puoi dimenticarla, cerca di vincerla. >>

Il mago non rispose. Alzò la mano sinistra e la posò sulla spalla di Mahalt, contusa per le percosse ricevute da Urien, curandola all’istante. La spada ciondolava inerte, come sempre inutilizzata.

Seguì un altro momento di silenzio. Wantz non accennava a rialzarsi.

Marhalt si voltò verso Jillian. << La Triade. >> La ragazza lo guardò stupita. << Ti stai chiedendo chi erano, no? Beh, hai conosciuto due membri della Triade della Dannazione. >>

Jillian annuì: i suoi sospetti erano fondati. << Frequentate gente per bene, vedo. >>

Iwen colse la palla al balzo. << Non li abbiamo mica invitati noi. >>

Forse era stupido cercare di tirarlo su facendo delle battute idiote? D’altra parte, non sapevano nemmeno perché il mago apparisse così abbattuto: doveva aver a che fare con le frasi che aveva scambiato con Caradoc, cose però che loro non capivano. Già, perché Jillian era sicura che neanche Marhalt avesse capito tutto, lo intuiva dalla sua espressione preoccupata.

<< Jillian. >>

La ragazza trasalì. Tra le abitudini di Wantz, aveva riscontrato quella di non chiamare le persone per nome, forse derivante dal fatto che lui usava frequentemente identità false. A Past era evidentemente più rilassato, tant’è vero che non si faceva riserve a chiamare per nome quelle che erano con ogni probabilità le uniche persone di cui si fidava. Ma, da quando viaggiavano insieme, non aveva pronunciato il suo nome se non in una decina di occasioni, e ogni volta che lo faceva, Jillian aveva la sensazione che fosse solo perché aveva un valido motivo, o perché la situazione era grave, quasi avesse paura che pronunciandolo troppe volte avrebbe finito con lo sciuparlo.

<< Sì, Wantz? >>, rispose lei, col tono più normale che riuscì a trovare.

Wantz si alzò, mantenendo però la testa bassa, lo sguardo rivolto al terreno, quasi volesse nascondere qualcosa, avvalorando i sospetti della ragazza riguardo al fatto che anche i suoi occhi, così come quelli di Urien, fossero diventati rossi. Inutile chiedersi perché, dato che soltanto lui conosceva la risposta.

Si avvicinò alla ragazza, barcollando lievemente: non potendo parlarle a quattr’occhi come suo solito, approfittò del fatto che era inciampato e poggiò la testa sulla spalla di Jillian. Questa si piegò leggermente per sostenere il peso non indifferente del ragazzo, passandogli le braccia attorno alla schiena per sorreggerlo meglio.

<< Sorridi. >>

Jillian sbatté le palpebre, cercando di non venir sopraffatta dalla mole di eventi che quel giorno le erano piombati addosso. << Come? >>

<< Visto che io non ci riesco, fallo tu per me. >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

Come alcuni di voi sanno, la scelta dei titoli, così come quella dei nomi propri, mi crea sempre

problemi. Davvero, a volte faccio una fatica a trovare un’idea decente... E non sempre i risultati sono soddisfacenti. Tanta fantasia per la trama e zero inventiva per i titoli. Sorry.

Fedele a questa mia incapacità, ecco un titolo che mi ha fatto scervellare non poco, e anche adesso non sono soddisfatta.

Ho scelto “Fair” perché la figura del bambino, che ha respinto le superstizioni dei paesani, si ricollega al discorso “ingratitudine”. Inoltre, “fair” in inglese significa leale, motivo per cui ho chiamato così il bambino. Infine, “fair” può significare anche “biondo” e “sereno”, cosa che fa quindi riferimento a Caradoc, che in questo capitolo si è occupato di fornire la solita mole di affermazioni che ora sono senza senso, ma che col procedere della storia si chiariranno.

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