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Autore: _Aras_    22/07/2013    2 recensioni
A mezzanotte tutto è diverso.
Tutto sembra fermarsi, anche se solo per un secondo.
È un istante che non appartiene né a ieri né a domani, ma solo a oggi.
È un momento magico in cui conta solo il presente.
A mezzanotte, Giulia non soffre.
A mezzanotte Giulia non pensa alla conclusione dell’ennesimo giorno da sola, non pensa nemmeno alla speranza che il domani le riservi qualche sorpresa.
A mezzanotte, Giulia non pensa affatto.
Gli orologi, a casa di Giulia, sono fermi. Le lancette sovrapposte puntano il numero dodici e non si muovono mai.
Giulia vive a mezzanotte.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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giulia1 Questa long partecipa al “Contest Pas a Pas [multifandom e originali]” indetto da Fanny_rimes.
La long dovrà essere composta da cinque capitoli, ognuno dei quali ispirato a un prompt assegnatoci da Fanny_rimes.
Il prompt per questo primo capitolo è: A mezzanotte.

 
 Giulia vive a mezzanotte

Capitolo 1:A mezzanotte


A mezzanotte tutto è diverso.
Tutto sembra fermarsi, anche se solo per un secondo.
È un istante che non appartiene né a ieri né a domani, ma solo a oggi.
È un momento magico in cui conta solo il presente.
A mezzanotte, Giulia non soffre.
 
A mezzanotte Giulia non pensa alla conclusione dell’ennesimo giorno da sola, non pensa nemmeno alla speranza che il domani le riservi qualche sorpresa.
A mezzanotte, Giulia non pensa affatto.
Gli orologi, a casa di Giulia, sono fermi. Le lancette sovrapposte puntano il numero dodici e non si muovono mai.
Giulia vive a mezzanotte.
 
 
 
Erano passati quasi sei mesi da quel giorno; Giulia non ne era sicura, il tempo ormai non contava più niente per lei. Era un soleggiato quattordici luglio, l’afa se n’era andata e aveva lasciato il posto a un dolce venticello che alleviava la calura estiva. Lei ne aveva approfittato per portare Luca al parco giochi. Il suo piccolo avrebbe festeggiato il suo primo compleanno nel giro di qualche settimana e ancora non sapeva camminare, ma vedere i bambini che s’inseguivano ridendo lo divertiva molto. L’aveva legato al sellino della bicicletta, con il suo cappellino verde e il viso imbrattato di crema solare, ed era partita. In meno di dieci minuti era arrivata, aveva assicurato la bici a una staccionata e l’aveva fatto scendere. Tenendogli le mani si era lasciata trascinare sull’erba, mentre Luca sbatteva le gambe grassottelle nel tentativo di darsi una spinta in avanti.
Voleva accelerare i tempi, quel bambino. Non era ancora pronto per camminare, ma non accettava un insuccesso. Proprio come suo padre.
 
Se quell’incendio non l’avesse ucciso, rendendolo un eroe cittadino e un valoroso vigile del fuoco caduto sul lavoro, Alessandro avrebbe avuto trent’anni. Invece non aveva nemmeno mai visto suo figlio. Alessandro era intraprendente, coraggioso, non poteva restare fermo un attimo. Aveva scelto quel lavoro perché la morte non gli faceva paura; lo ripeteva sempre a sua moglie: “Avere paura significa non vivere”. Giulia però ce l’aveva lo stesso, la paura di perderlo. Ogni volta che lui usciva di casa per andare a lavoro, lei pregava che tornasse sano e salvo. La cosa buffa era che lei nemmeno ci credeva, in Dio. Ma lui era sempre tornato, molte volte anche con un mazzo di fiori in mano. Poi, quella sera, Giulia non sentì il tintinnio delle chiavi, ma il suono del campanello. E capì. Capì che era successo qualcosa, qualcosa di brutto. Alla porta c’era il sergente Landini, il capo di Alessandro. Il suo viso era più espressivo di mille parole. Non le disse che suo marito era morto nel tentativo di salvare una signora bloccata al quinto piano di un palazzo in fiamme, non le disse che alla fine quella signora era sopravvissuta, non le disse che lui non aveva fatto in tempo a lasciare l’edificio prima dell’esplosione. Si limitò ad abbracciarla, per condividere il suo dolore. In quel momento, Giulia era incinta di quattro mesi.
 
Con l’aiuto dei suoi genitori era riuscita ad andare avanti. Un poco alla volta, passo per passo, aveva ripreso a uscire di casa, anche solo per fare la spesa o raggiungere l’ospedale per i controlli della gravidanza. Era sopravvissuta, ma la gioia di vivere le era tornata davvero solo con la nascita di Luca. Quando aveva cullato quel bambino tra le sue braccia, dopo ore di travaglio in cui non aveva potuto stringere la mano del marito, ma si era dovuta accontentare di quella della madre, tutto le era apparso diverso. Era piccolo e sporco, strillava con un matto e aveva tutta la faccia rossa, ma per lei era stupendo. Per lei era un piccolo Alessandro, anche se in realtà non ci assomigliava affatto. In quel momento, Giulia ritrovò la voglia di fare. Svegliarsi nel cuore della notte per una poppata, trasportare in fretta il passeggino per le scale, cambiare decine di pannolini sporchi la settimana… Niente le sembrava più difficile.
 
Fino a quel giorno di quasi sei mesi fa. Mentre tornava a casa dal parco, un uomo la investì. La forza di quell’auto che procedeva a tutta velocità la colpì all’improvviso e la bicicletta si rovesciò a terra. Giulia se la cavò con un braccio e due costole rotte. Luca non fu così fortunato. L’impatto fu troppo violento e lui era ancora così piccolo e delicato…
 
Giulia non si riprese mai.
La sua casa ora era così vuota e silenziosa, le notti così lunghe, la vita così insignificante…
Bloccò tutti gli orologi alle dodici in punto: non voleva sapere quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva potuto stringere Luca tra le braccia.
La sua vita era diventata un monotono susseguirsi di azioni necessarie alla sopravvivenza: mangiare, bere, dormire, andare al bagno, lavarsi…
L’unico motivo per cui non poteva pensare di farla finita per davvero era che le sembrava irrispettoso nei confronti di Alessandro e Luca, che non avevano avuto scelta. Avrebbe dovuto sottomettersi al destino anche lei, non aveva il diritto di rendersi le cose più facili. Avrebbe continuato così, finché il suo cuore non si fosse stancato di battere inutilmente.
Fingeva di avere una scintilla di energia solo quando sua madre andava a trovarla.
 
La settimana scorsa sua madre le aveva portato la spesa, aveva comprato anche una confezione di Baci Perugina, quei cioccolatini corredati di sciocche frasi d’amore. Giulia ne afferrò uno, con un gesto quasi involontario, lo scartò e lesse la citazione.
Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l'ho scordato. Walt Whitman
D’un tratto, sentì qualcosa divamparle nel petto: l’emozione di avere uno scopo.
Sapeva cosa doveva fare: lasciare un ricordo di Alessandro e Luca, qualcosa che durasse per sempre, anche dopo la sua morte. Avrebbe scritto su di loro. Avrebbe comprato un quaderno e l’avrebbe riempito di memorie, belle e brutte, perché il mondo non dimenticasse i suoi due angeli più belli.
Infilò le scarpe, afferrò la borsa e, per la prima volta dopo chissà quanto tempo, si chiuse la porta di casa alle spalle. Doveva avere un aspetto malconcio e trasandato, ma questo non l’avrebbe fermata dal raggiungere la cartoleria.
Avrebbe dedicato la sua eterna mezzanotte ad Alessandro e Luca.
 

 

   
 
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