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Autore: onlydreams    22/07/2013    3 recensioni
STORIA RISCRITTA DAL PRINCIPIO!
Una storia che ormai si è lasciata andare alle spalle torna prepotente nelle veci dei loro corrispettivi figli: Crhistine e Josh. Fin da subito attratti l’un dall’altro, legati inconsapevolmente. Ciò che non sanno è che il loro amore non è altro che il ripetersi di una storia terminata molti anni prima dai loro genitori.
Scopriranno con amarezza che il passato tende spesso a ritornare nel luogo in cui era finito, ignari di ciò che li unisce. Scopriranno come sia cattivo il fato nel fargli vivere le stesse emozioni,nello stesso contesto di un passato ormai trascorso.
DAL CAP
< Buongiorno Sono Josh Somerhalder e vi darò tutte le dritte per raggiungere gli obiettivi prefissati da questo corso e superarlo. Voglio precisare una cosa non accetto favoritismi di nessun genere. > La sua voce assottigliata, declinava a quelle che lo stavano già puntando, la possibilità di passare una notte con lui in cambio di un punteggio alto, ma lasciava anche intendere che fosse stato propenso a qualche notte di puro divertimento ma senza ripercussioni.
Non c'era nessun punto di sospensione nella sua frase, né nessuna forma di indugio nella sua voce.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Nella gabbia dei leoni





 
Mi svegliai.
 
Questa forse era la settima o nona volta in cui aprivo gli occhi, disturbata nei sogni e nell'oscurità della mia stanza a causa della notte che a parte le stelle e la luna, che accennavano a un briciolo di luce ero completamente immersa nel buio a rammentare l'immagine a cui avevo assistito per pochi secondi ma che comunque erano stati devastanti.
 
Questa volta però, riuscivo a vedere la mia stanza senza problemi, la notte aveva lasciato il posto al giorno.

Mi sollevai dal letto, appoggiandomi allo schienale e istintivamente portai una mano a massaggiare la tempia dolorante a causa della notte in bianco passata, percependo tanta confusione e una leggera sensazione di nausea.

 
Sospirai.
 
Mi maledii mentalmente rendendomi conto quanto fossi incapace nel riuscire a non pensare per qualche secondo a quel momento che a quanto pare, sarebbe rimasto impresso dentro di me per molto tempo.
 
Scostai le coperte.
 
Entrai in cucina.
 
Portai una mano sulla bocca quando un breve sbadiglio mi ricordò la volontà della mia mente che era quella di voler ritornare sotto le coperte, di fronte  alla soglia della cucina intravidi la figura di mio padre intento a versarsi il caffè  appena riscaldato.
 
< Buongiorno Papà > Esclamai avvicinandomi allo sportello del frigorifero che aprii senza la minima difficoltà.
 
Il suono dei miei piedi scalzi al contatto con il pavimento appena lucidato lo destarono dalla sua tazza e incuriosito portò lo sguardo su di me, che sentendo il mio flebile buongiorno, annuì prendendo subito dopo la parola.
 
< Fai sempre tesoro del mio consiglio vero? >
 
Le sue parole furono subito seguite dal mio gesto istintivo di beffeggiarlo di fronte allo sportello del frigorifero che gli impediva di scoprire le mie espressioni che si dilettavano ad insultarlo.
 
< Tu prenderai mai in considerazione l'ipotesi di spiegarmi? > Controbattei retoricamente affacciandomi dallo sportello, tenendo sempre una mano appoggiata su esso mentre strabuzzavo gli occhi inclinando lievemente la testa in segno di ovvietà.
 
< Non c'è molto da dire... > Sussurrò continuando a tenere gli occhi rivolti verso il suo caffè.
 
Mi stupii notandolo più propenso a parlare rispetto a tutte le altre volte in cui avevamo cercato di aprire una conversazione invano.
 
Dopo essermi riempita una tazza di latte e caffè presi posto nello sgabello accanto a lui mentre lui iniziava a parlare.
 
< Suo padre non lo ha mai riconosciuto come suo figlio. Ha lasciato la sua totale custodia alla madre, abbandonandoli entrambi. é per questo che prova rancore verso tua madre, ai suoi occhi è vista come la causa principale dell'abbandono del padre. Considerata come la sgualdrina di turno che non è mai stata cancellata dalla mente di un uomo che ha preferito dimenticarsi le sue responsabilità quando tua mamma ha scelto me in passato. > Parlò in modo lento e conciso, ribadendo più volte lo stesso significato attraverso parole differenti e come se in qualche modo queste parole furono una sorta di buchino proiettato verso il passato, il suo sguardo si perse nel vuoto in un modo a me sconosciuto.
 
< Ridicolo > Constatò con leggera ironia, lasciando intuire dai suoi occhi pensierosi che provasse una sorta di pena nei confronti di quell'uomo, continuando a sorseggiare il suo caffè nella sua abituale tazza blu. 
 
Le sue abitudini erano dure a morire come il suo carattere che nel corso degli anni era rimasto invariato, completamente immune alle possibili esperienze del passato che solitamente portano cambiamenti nella vita e nella personalità di una persona, ma lui nulla era l'eccezione.
 
Mi persi in quel racconto e inconsciamente, nella mia testa venivano proiettate le immagini delle sue parole, creando una sorta di video di quella che era la vita di Josh e provai dispiacere nei suoi confronti.
 
Rimasi inerme, zittita da quel racconto che mi aveva lasciato solo polvere in bocca.
 
Non sapevo cosa dire o addirittura pensare.




 
******



Presi un profondo respiro di fronte alla grandezza dell'edificio dell'università che era posto qualche metro più avanti ma in realtà a incupirmi e a farmi sentire piccola era il pensiero di dover affrontare la mia amica.
 
Camminavo con svogliatezza come se le mie gambe camminassero senza il mio reale permesso, indotte in realtà da una mente macchinatrice abituata a dettare con monotonia gli stessi ordini. 
Sollevai il viso verso il cielo e involontariamente quel celeste limpido per qualche assurda ragione, fece apparire sulle mie labbra un piccolo sorriso.
 
Mi diedi della stupida a sorridere senza nessuna ragione, solo perchè il cielo sopra la mia testa in qualche modo nel mio inconscio, mi aveva obbligato ad accennare una smorfia che non appariva sulle mie labbra dalla sera precedente.
 
E quasi inciampai quando la mia spalla destra si scontrò con quella di qualcun'altro, avrei giurato di vedere il mio viso spiaccicato sul pavimento quando invece, la mano di quello sconosciuto fortunatamente mi afferrò, passando un braccio di fronte al mio busto e prendendomi di pancia mi riportò indietro, evitandomi una pessima figura, terminando con una posa simile ad un casché.
 
Percepii i battiti del mio cuore accelerare per lo spavento improvviso e per i riflessi pronti di quell'uomo che involontariamente mi avevano indotto a chiudere gli occhi con estrema forza.
 
Li aprii.
 
Mamma mia.
 
Questa fu l'unica cosa che realizzai nella mia mente quando presi consapevolezza del contesto mieloso che girava intorno alle nostre figure.
 
Chiusi e riaprii gli occhi più volte rendendomi conto della vicinanza tra i nostri visi.
 
Ingoiai un groppo di saliva bloccatosi alla gola quando mi soffermai sul suo viso.
 
Mi fissava.
 
Avevo già visto questo viso e forse c'era perfino la possibilità che anche lui avesse già notato il mio.
 
Sul viso aveva dipinto la piena espressione della maliziosità, labbra che socchiuse in una smorfia laterale gli davano un non so che di intrigante, mentre i suoi occhi chiari come i miei si erano quasi rimpiccioliti diventando più profondi.
 
Mi svegliai da quello stato di trance in cui ero caduta e incitandolo con lo sguardo mi sollevò, riprendendo una posizione più composta, tossicchiai leggermente imbarazzata e passai una mano tra i miei jeans, fingendomi indifferente quando percepii i suoi occhi ancora  posati su di me.
 
Mi costrinsi a ritornare quella di prima, cercando di annientare la ragazza innocente e intimidita che ero apparsa ai suoi occhi.
 
< Ci siamo già visti? - Accennò un piccolo sorriso laterale, simulando con le sopracciglia inarcate, che resero più profondo il suo sguardo, una scetticità che non gli apparteneva- Hai un viso molto familiare - Continuò con tono audace lasciando intendere contesti che giravano intorno al suo letto >
 
Avevo già visto questi occhi glaciali, ma a differenza delle sue aspettative non mi avevano colpito per il fascino naturale che i suoi occhi chiari portavano a vedere, ma per la sua innata freddezza che si ostinava a nascondere dietro un sorriso, il quale compito era quello di deviare l'attenzione dai suoi occhi freddi alle sue labbra che tentavano di ricomporre un volto dolce.
 
Era impossibile non ricordarsi il luogo in cui avevo incontrato questo tipo con atteggiamento altezzoso, certo non avevo avuto l'opportunità di parlargli ma la sua figura snella e sicura di sé aveva attirato la mia attenzione e quella di mio padre che impulsivamente si era affiancato a me nel momento in cui l'aveva trovato in compagnia del mio professore.
 
< Sai... dovresti cambiare tattica - Asserii annuendo lievemente con il capo,  adottando quello stesso tono di una persona quando reputatoti un caso perso ti da un consiglio spassionato. >
 
< Potresti darmi qualche dritta - Suggerì  nascondendo le mani dentro le tasche dei suoi pantaloni, gesto che impulsivamente mi rammentò Josh, riducendo gli occhi a due piccole fessure lasciando intuire che quella frase lasciata in sospeso, fosse un chiaro segnale nel mostrare che voleva conoscere il mio nome. >
 
< Crhystine > Affermai.
 
< Crhystine - ripeté con tono particolarmente audace e allusivo, lasciandosi andare ad un'espressione riflessiva. - Marcel - Si presentò dando libero sfogo alla sua sicurezza tramite un sorriso straffottente dipinto sulle sue labbra carnose, premurandosi di allungare una mano in altezza del mio busto che mi incitò ad afferrare con il solo movimento degli occhi. >
 
L'afferrai, fregandomene della sua provenienza e del tipo di rapporto che lo collegava a Josh.
Mano che lui strinse con eccessiva premura accentuando quel lieve sorrisetto con arroganza.
 
< Forse dovrei prendere in considerazione l'ipotesi di iscrivermi all'università - Accennò una smorfia pensierosa fingendosi propenso all'idea che aveva appena realizzato, portando gli occhi al cielo.  > Sciolse la presa sulla mia mano e nel gesto di portarsi le mani dentro le tasche dei suoi pantaloni spinse lievemente la sua giacca nera indietro.
 
< Potremmo incontrarci - Continuò sussurrando, inchiodando i suoi occhi nei miei abbozzando un sorriso malizioso - Parlarci e magari forse anche.. - Si avvicinò a  me con passo suadente, lasciando che il suo sguardo facesse da tramite dei suoi pensieri. >
 
Strabuzzai gli occhi posizionando un braccio tra me e lui, ma forse questo lo immaginai ricordandomi le molteplici scene di cartoni che avevano riprodotto questo mio stesso gesto in senso ironico.
 
< Magari anche ignorarti no? > Asserii stizzita dilatando gli occhi e roteando lievemente la testa, ricordandogli anche quest'ultima ipotesi inerente ai suoi progetti futuri.
 
Sorrise divertito compiendo qualche passo indietro, quasi volesse rassicurarmi che il suo era solo un modo per stuzzicare il mio animo ribelle.
 
< Marcel? > Il suo nome ripetuto da una voce dietro le sue spalle ci destò dalla nostra conversazione, spronandoci a guardare dietro le sue spalle.
 
Josh.
 
Si avvicinò a noi guardandoci straniti.
 
Mi sentii strana.
 
Ero intimidita e infastidita nello stesso modo.
 
Vederlo avvicinarsi con indifferenza mi procurava l’orticaria. 
 
Si salutarono con un lieve cenno della testa e per qualche assurda ragione mi sentii scomoda, volevo soltanto scappare da lì.
 
Fu naturale per lui spostare i suoi occhi da quell’uomo con la quale si erano scambiati uno sguardo d’intesa a me, che fissò i miei occhi con particolare attenzione, sguardo che prontamente evitai guardando dietro le sue spalle.
 
< Notte insonne? > Beffeggiò come se nulla fosse, lasciando quasi intravedere un pizzico d’orgoglio nell’essersi appena reso conto dei miei occhi contornati da aloni neri.
 
Roteai gli occhi infastidita, trattenendo un sonoro sbuffo che trovò spazio nel mio viso scocciato. 
 
< è stato un piacere conoscerti > Prendendo spunto dai suoi mille sbalzi d’umore cambiai espressione quando invece incrociai gli occhi di Marcel.  < La stessa cosa vale per me > Rispose fulmineo accennando un sorriso sincero e un po’ malizioso.
 


 
*****


 
POV JOSH

 
< A cosa devo questa improvvisata? > Domandai continuando a tenere un passo moderato.
 
Con estrema galanteria si pose una sigaretta sulle labbra per poi porgermi l'intero pacchetto che attraverso un’ occhiata mi accorsi  essere le Marlboro, sorrisi fra me pensando che la sua, fosse una tipica ossessione da bambino ostinandosi a cambiare il tipo di marca di sigaretta per il semplice piacere di assaporarne i diversi sapori.
 
Inclinai la testa.
 
< Nulla - fece una breve pausa - Mi annoiavo - Proruppe guardandomi svogliato, dando un'occhiata poco propensa ma finta interessata a quel piccolo paesaggio che contornava l'intero edificio scolastico. >
 
Lo guardai scettico.
 
Non riuscii a nascondere un sorriso laterale che lasciava intuire da se la poca fiducia che riponevo nelle sue parole.
 
< Ok. - Ammise sbuffando, alzando le braccia al cielo e roteando gli occhi fingendosi colpevole. - Volevo sentire il dolce clima da studentesse dagli ormoni a mille - Terminò lasciandosi andare ad un mezzo sorrisetto malizioso e perso in qualche immagine fuori contesto >
 
< Sei il solito burlone > Commentai roteando con lentezza la testa non riuscendo a trattenere una brevissima risatina che contagiò anche lui che però, si concesse solo una smorfia divertita
 
< E tu? Hai fatto il burlone ieri notte con la brunetta? > Mi provocò dandomi una leggera gomitata, facendo quello strano giochino con gli occhi quando voleva lasciare sottintendere tutto il possibile e inimmaginabile.
 
Sorrisi malizioso.
 
< Avevi qualche dubbio? >Avanzai leggermente con la testa verso la sua direzione incitandolo a contraddirmi.
 
< é cosi che ti voglio. Privo di dubbi e meschino > Appoggiò una mano sulla mia spalla destra, dandomi una piccola pacca, rafforzando la presa imitando così la stessa forza delle parole che stava adoperando.



 
******



POV CRHISTINE.

 
Guardandola sorridere, persa sicuramente in un mondo tutto suo contornato da tutte una serie di lucine colorate che giravano intorno all'immagine sua e di Josh, mi sentii tanto la perfetta spina sul fianco o il prezzemolo nell'insalata, c'erano diversi modi di dire o proverbi che rispecchiavano il mio stato da rovina felicità.
 
Potevo fingere cecità, potevo semplicemente voltarmi dandole le spalle, prendendo una direzione opposta alla sua ma in entrambi i casi, non potevo mancare alle mie responsabilità da amica. 
 
Sospirai sonoramente.
 
Percepii il mio cuore pulsare come una mina intenta ad esplodere, le gambe tremare ma che comunque riuscivano a sostenere una camminata decisa e veloce, e un volto che nonostante non avessi uno specchio di fronte a me, immaginai fosse bianco perchè il colorito che avevo provato a donargli tramite il trucco, non era riuscito a nascondere l'ansia, che a sua volta aveva trovato rifugio nei lineamenti del mio volto.
 
< Perchè non date un'occhiata qua in giro?  > Urlò entusiasta cercando con gli occhi una conferma che li facesse volatilizzare in seguito alle sue parole.
 
I ragazzi che l'avevano seguita in questo breve  ma comunque intenso tour provarono una sorta di sollievo ascoltando le sue parole, scambiandosi degli sguardi estasiasi al pensiero di quei 5 minuti senza dover ascoltare la sua lunga e interminabile parlantina, dileguandosi sotto gli occhi di tutti come se sotto i piedi avessero dei pattini.
 
Molto probabilmente, se avessero capito che il suo improvviso silenzio era dovuto alla mia presenza mi avrebbero onorata come una Dea greca.
 
Questa reazione che ne conseguì stupì perfino lei stessa che abbozzò uno sguardo stranito, passandosi una mano tra i capelli imbarazzata, quasi sicura che questa loro sparizione frettolosa in fondo fosse dovuta alla sua capacità di parlare per ore e ore senza darsi un minimo di tregua.
Ma la sua testa non le fece prestare molta attenzione a quei matricolanti, anzi sembrò dimenticarsene subito.
                                                                                                                 
Alzò lo sguardo verso di me per poi scendere da quella pedana che le dava qualche centimetro in più raggiungendomi, e nel suo viso vidi la tentazione, quella strana felicità che ti colpisce quando la tua vita è scombussolata da qualcosa di straordinario ed è questa stessa sensazione che ti tenta di urlarla al mondo intero.  
Forse l'aveva dipinta sul viso da molte settimane ma io mi ero accorta di questo solo adesso, a fatto compiuto della tresca che lui stava costruendo intorno a me e a chi mi stava intorno.

 
Cercai di abbozzare un sorriso, ma uscì dalle mie labbra una smorfia finta che tentava di assomigliare ad un vero sorriso.
 
< Che fine hai fatto ieri? Ti aspettavo> Affermò entusiasta corrucciando subito dopo le labbra fingendosi offesa.
 
Ed ecco che mi trovavo al bivio di una situazione abbastanza difficile.
 
Avevo due sole possibilità saltare in quella fossa di leoni, facendomi sbranare da tutte quelle possibilità che mi spaventavano, perdere la mia migliore amica era un enorme rischio che  avrei dovuto valutare.
 
Ma a quanto pare diventare un miserabile pasto da leoni era un finale già prestabilito.
 
Presi la parola sentendo il mio cuore scalpitare contro la cassa toracica.
 
< Ieri notte, ti ho visto con...  > Sibilai insicura non riuscendo a terminare la frase.
 
Stavo veramente per dire quello per cui ero venuta?
 
Stavo veramente permettendo alle mie parole di gettare terra, seppellendo la nostra amicizia? Avrei potuto lasciarla libera, in fondo Dio aveva concesso nella sua enorme bontà il libero arbitrio, chi ero io per impedirle di conoscere la vera natura di quello che lei probabilmente credeva come primo amore?
 
Bastarono le prime due parole ad allarmare il suo viso che impulsivamente tramutò in confusione e ansia, e i suoi occhi scattarono sull'attenti dilatandosi violentemente.                                                   
La sua reazione istintiva lasciava intendere che non ci fosse bisogno di terminare la frase, perchè entrambe eravamo consapevoli dove portasse quella discussione, lasciò cadere i suoi occhi al contesto che ci circondava, cercando la sicurezza che nessuno fosse appostato lì per ascoltare.  
                                                                                                                                   
Appoggiò una mano sulla mia spalla invitandomi a seguirne il movimento, appartandoci solo qualche metro più avanti ma comunque nascoste da occhi indiscreti.

 
< Aspetta. - Affermò alzando le braccia verso di me zittendomi sicura che avrei preso la parola non riuscendo mai a trovare un punto nella mia tremenda parlantina - So bene cosa stai per dirmi è il nostro insegnante, rispetto a me forse è un vecchietto, ma sono tutte cose che sapevo dal momento in cui ho deciso di buttarmi a capofitto in questa storia. - Continuò sorridendo entusiasta e consapevole  in cosa stesse andando incontro, o almeno lei credeva di esserlo - Mi piace Cryistine, non farmi la morale. Ho bisogno della mia amica - Sussurrò prendendo le mie mani stringendole mentre il suo sorriso cercava di entusiasmare anche me >
 
< é una falsa > Ingoiai quel boccone amaro bloccato in gola che facendomi tremare le labbra mi impediva di parlare.        
                                                                                                            
Senza ripensamenti o dubbi, gettai la bomba incurante del fatto che il suo effetto sarebbe stato devastante e che molto probabilmente ci sarebbero stati più morti che feriti.
 
I suoi occhi dapprima sinonimi di speranza e imploranti nel chiedere un minimo di comprensione, quasi certi che sarebbero scattati di allegria ottenendo il mio appoggio, si spensero, perchè quella che lei riteneva conoscere in ogni gesto si era appena presentata come un'estranea.
 
E mi odiai.
 
Ripresi a parlare prima che perdessi la forza di farlo.
 
< Tutto quello che tu credi sia vero da parte sua in realtà è una falsa. - Affermai con fermezza, certa che questa stessa sicurezza che lasciavo trapelare nelle parole senza il minimo indugio era la stessa che dettava l'ira nei suoi occhi - Odio essere lo scalpello che sta distruggendo tutto questo, ma ti prego non vederlo mai più. Tutto ciò che sta facendo lo fa solo per farmi una ripicca perchè accusa mia madre di essere la causa scatenante dell'abbandono del padre. >
 
< Sei invidiosa > Proruppe abbozzando una smorfia contrariosa, inclinando la testa sdegnata. simulando un'aria consenziente di ciò che le stava capitando.
                                                           
Sorrise di dolore nel constatare quanto fosse stata stupida  nell'essersi corrotta in mille sensi di colpa inutili per aver dubitato che la sua migliore amica potesse essere invidiosa di quell'unico briciolo di felicità che le apparteneva. In realtà solo adesso capiva che quest'ultimo non avevano motivo di sussistere, dato che la verità, quella che lei aveva cercato di eliminare si era appena ritorta contro lei  stessa.
 
Dilatai gli occhi.
 
< No. No-n è cosi  > Risposi sconvolta dalla cattiveria che le vidi apparire negli occhi.
Il suo sguardo furioso non era molto interessato ad ascoltarmi tanto che, mi concesse di pronunciare solo quelle quattro parole per poi svanire di fronte ai miei occhi, allontanandosi da me a passo svelto.
 
Mi sentii svuotata.

 
 
****



ORE 21.00
 
Trovarla in quel cumulo di gente fu difficile quanto facile, il problema più grande non era individuare tra quei mille volti i lineamenti di Caryin che ormai avevo memorizzato nella mente, dato che l'abitudine mi aveva portato a scrutarla con ammirazione svariate volte ma accettare l'ipotesi che quella stessa persona che pensavo di conoscere era cambiata in sole poche ore.

Una ragazza timida e quasi diffidente con persone la cui età era un abisso, si era appena tramutata in una donnetta da quattro soldi circondata da spavaldi ricconi.

 
Prendendo spunto dalle espressioni che abbozzavano, la vidi guardare con estrema attenzione i suoi interlocutori per poi copiarne i gesti e i sorrisi, riuscendo così a confondersi in quella mischia di snob che pensavano di aver creato una sorta di club privato, seduti in quei divanetti appartati, ridendo e giudicando dall'alto al basso chiunque fosse nei paraggi.
 
Sospirai.
 
Mi avvicinai a loro.
 
E istintivamente al mio gesto di compiere diversi passi nella loro direzione, spostarono la loro attenzione dalle loro chiacchiere superflue a me.  
                                                                 
Presero a studiarmi e a scrutarmi nei minimi dettagli, quasi allibiti che avessi appena varcato la soglia massima consentita dai loro occhi, che prontamente si dilatarono sconvolti, quasi avessi appena confuso una Louis Vuitton con una Gucci.
 
Tutti mi fissavano allarmati dallo stesso motivo, tutti tranne lei che condivideva con me uno sguardo differente, il suo viso non era allarmato perchè la mia postura non era tipica di una che amava attirare l'attenzione, ma perchè in fondo anche lei, anche se si ostinava a nasconderlo con orgoglio, odiava farsi vedere in compagnia di persone che noi ci dilettavamo ad imitarne parole e movimenti.
 
Passò nervosamente una mano tra i capelli alzandosi e cambiò il movimento dei miei passi che invertirono la traiettoria seguendola fino al bancone degli alcolici.
 
Il suo viso era contratto in un'espressione decisamente affranta che si ostinava a mostrare i suoi lineamenti tesi come una corda di violino che non può che essere perfettamente dritta senza la minima imperfezione, lei era così, obbligava il suo volto a sostare in una posa che non le apparteneva per quanto fosse rigida.
 
< Mi dispiace. - Sussurrai prendendo posto accanto a lei, che simulava indifferenza sorseggiando la vodka con Red Bull - Essere invidiosa, non lo ero prima e non lo sono neanche adesso, voglio solo proteggerti da lui e da quelli che lui reputa brave persone da farti frequentare. - Continuai con tono  sincero ma nello stesso tempo provato, sorridendo amaramente. >
 
< Voglio capirlo da sola. Mi piace davvero. > Sussurrò trattenendo le lacrime.
Annui silenziosamente.
 
< E se un giorno capissi che avevo ragione > Sibilai tenendo gli occhi verso il basso, troppi fifoni per trovare il coraggio davanti un'affermazione simile ad una constatazione speranzosa, piuttosto che una domanda.
 
< Non tornerò nei miei passi. - Dichiarò- Sai quanto è difficile per me ammettere che gli altri avevano ragione ed io torto - Continuò ricambiando con la stessa intensità e difficoltà il mio sguardo con una strana consapevolezza dipinta sul viso che lasciava intuire una sorta di rassegnazione di fronte ad una situazione che non poteva cambiare.  >
 
Entrambi eravamo abbastanza coscienti di quale fosse il  vero significato di quella breve discussione, era una sorta di arrivederci, una pausa al nostro rapporto, almeno questo fino a quando lei stessa non sarebbe impacciata nell'immagine che lei stessa aveva costruito sopra di lui.
 
Sospirai, sentendo una mano tremare mentre la sfregavo tra i miei capelli e gli occhi inumidirsi, quasi incapaci di trattenersi dal lasciarsi andare ad un pianto liberatorio.
                   
Uno strano nodo alla gola si dilettava nel rendere tremolanti le mie labbra spronandole ad urlare piangendo.
 
Rimasi in silenzio.
 
Mi conoscevo.
 
Sapevo che se avessi detto una qualsiasi cosa non sarei più riuscita a contenere quel grande vagone e sperai che anche lei imitasse il mio stesso silenzio, perchè anche in quel caso la mia debolezza avrebbe preso il soppravvento mostrando in realtà il mio vero volto.
 
Mi voltai.
 
E nel gesto di farlo era visibile la poca sicurezza che dettava i miei gesti, ogni singola cosa in quel momento, poteva rivoltare l'intera situazione, l'unico problema era capire chi sarebbe stato a compiere il passo decisivo.
 
Camminai.
 
Entrambe eravamo orgogliose ma questo lo sapevamo molto bene, come eravamo coscienti che nessuno avrebbe fermato l'altra costringendola a fare un passo indietro.
 
Qualche metro più avanti, lontano da lei e vicina alla porta d'uscita una voce mi destò dai miei passi lenti e vuoti.

< Vuole brindare insieme a me? > Propose con tono sarcastico e molto probabilmente già parecchio brillo e immaginai di vederlo accennare un sorriso laterale mentre i suoi occhi si fingevano sbalorditi ed estranei al contesto.
 
Impulsivamente, mi bloccai su quell'ultimo gradino che dettava la mia libertà, la libertà di poter riporre quella maschera ipocrita che avevo adoperato e quello che mi aveva frenato dal porci fine era stata la sua cattiveria gratuita nascosta dietro una falsa proposta. 
 
Un'affermazione che non si precludeva la possibilità di infierire.
 
Strinsi i denti mentre percepivo la rabbia annebbiarmi la mente e prendere il totale controllo del mio corpo che in uno scatto fulmineo si voltò verso la sua direzione,  percorrendo quei brevi passi che mi dividevano da lui.
 
Un bicchiere di bourbon.
 
La mia mente era completamente accecata da quell'immagine.
 
Il desiderio infrenabile di vendere la mia anima all'ira afferrando quel pezzo di vetro gettandogli in pieno volto il contenuto era più grande della consapevolezza che la razionalità, anche se qualche metro indietro mi seguiva passo passo.
 
Sentii le unghie conficcarsi nella carne quando le strinsi con forza contro il palmo, cercando in quel gesto masochista un modo per calmarmi.
 
Presi la direzione opposta, nonostante il mio istinto unito alla rabbia mi urlava di conficcare i miei  artigli nella sua carne, diventando io stessa quel leone di cui ero caduta vittima stamani solo per il piacere di fargli sentire cosa si prova nel vedere il proprio mondo crollare pezzo per pezzo, senza avere la possibilità di rimetterli a posto perchè il contatto con la terra li aveva ridotti a piccoli frammenti.
 
Sbattei la porta di entrata con forza, percependo quasi la nube sopra di me svanire di fronte a quel tocco d'aria fresca che prontamente mi risvegliò.
 
Ma il rumore della stessa porta aprirsi e poi richiudersi con calma apparente dietro le mie spalle, mi costrinse ad allontanare quel breve momento di tranquillità che mi aveva percorso il corpo.
 
Non feci tempo a voltarmi che colui, che aveva imitato il mio gesto uscendo da quel locale superandomi.
 
Lo riconobbi subito.
 
La sua camminata altezzosa, poco semplice per essere quella di un normale essere umano mi irritò al punto di sentire il mio corpo vibrare in  preda agli spasmi nervosi.
 
< Sono diventata quella che se la spassa con l'insegnante, ho perso la mia migliore amica - imprecai con tono amaro trattenendo i miei occhi dal lasciarsi andare ad un pianto liberatorio quando percepii quest'ultimi inumidirsi - Mi dica ha in serbo, qualche altra mossa? - Continuai velenosa e ascoltando la domanda posta si voltò verso di me. > 
 
Portò entrambe le mani dentro le tasche dei suoi pantaloni abbozzando uno sguardo imprecatorio contro di me e la strada che fissava svogliato, simulando l'aria di uno spazientito che si forzava di ascoltare, quando lanciando uno sguardo dietro di me, colse un dettaglio che gli fece tornare quel sorrisetto laterale che lo spinse a prendere la parola.
 
Lo fissai stranita.
 
Persi anche se per poco, quei piccoli dettagli che erano uno sguardo arrossato e occhi accusatori che lasciavano intravedere la mia ira nel semplice gesto di guardarlo.
 
Provai una sorta di curiosità di fronte alla sua innata facilità con la quale riusciva a dominare il suo umore e cambiare le sue espressioni costantemente senza riscontrare la minima difficoltà ma soprattutto indifferente a chiunque lo circondasse.
 
Nel movimento di voltarmi fui frenata dalle sue parole che mi costrinsero a riportare lo sguardo su di lui.
 
< Festeggiare insieme a lei > Presenziò con arroganza.
 
Dilatai gli occhi confusa.
 
In un gesto inaspettato quanto irruento fece seguire alle parole appena pronunciate i fatti, i miei occhi non poterono che dilatarsi impulsivamente, quando stese la sua mano in direzione sul mio viso,e senza rendermene conto la sentii premere contro la mia nuca che spinse violentemente verso di se.

Quella stessa mano che mi stava obbligando a sostare tra la sua spalla e il collo, improvvisamente rafforzò la presa, consapevole che avessi fatto pressione per allontanarla nel momento in cui percepii le sue labbra appoggiate sul mio collo.

 
A differenza dei suoi timori non riuscii a svincolarmi dal suo braccio, non perchè non possedevo quella minima forza per respingerlo ma perchè la mia testa e il mio corpo erano talmente assenti da rendermi incapace di muovere anche un singolo muscolo.
 
Fu quando sentii le sue labbra succhiare un lembo della mia pelle che i miei occhi attoniti e quasi privi di vita acquisirono la ragione, quella stessa sensazione che mi spinse ad accanirmi contro il suo corpo che spinsi senza il minimo sforzo ansimando, e in contemporanea al suo sguardo colpevole e compiaciuto la mia mano si posò sulla parte lesa.
 
I suoi occhi catturarono ogni singolo lineamento del mio viso che lentamente perdevano la loro armonia, e fu quando colse il mio gesto istintivo della mia mano che mi scrutò con particolare interesse.
 
Riportò i suoi occhi a fissare quello stesso punto dietro di me che qualche minuto prima aveva studiato nei minimi dettagli.
 
Anche se l'istinto mi stava urlando di fuggire da quella situazione senza voltarmi indietro, feci il contrario di ciò che la mia voce interiore mi stava urlando, perchè speravo di riuscire a prendermi una sorta di rivincita contro quella vocina insistente, dimostrandole che anche lei poteva sbagliare.
 
Mi voltai.
 
Aveva vinto.
 
Come tutte le altre volte in cui avevo provato a contraddirla e lei prontamente mi aveva smentito, dimostrandomi quanto sbagliato fosse non ascoltare il proprio istinto interiore.
 
Percepii il mio cuore cessare di battere.
 
Anche se questo solo in senso letterale, dentro di me sentii qualcosa di profondo morire o forse era soltanto quello che la mia mente mi spingeva a credere quando realizzai che ciò che avevo di fronte a me non era un semplice miraggio, quelle lacrime che scorrevano lungo il suo viso erano veritiere tanto quanto la mia voglia di soccombere per fuggire da quella situazione.
 
Cos'era quel suo sghignazzare dietro le mie spalle.
 
E udendo il suono del suo sorriso corrompersi in una smorfia di piacere, sperai che gli occhi di Caryin di fronte a me, smettessero di trattarmi come la cosa più ripugnante che casualmente la sua innocenza l'aveva condotta a fissare, cosicché  il suo sguardo potesse catturare quell’'espressione dietro di me che tradiva a pieno la sua finta aria da indifferente al contesto.
 
Non lo fece.
 
Perchè in fondo, in quel contesto travisato lui era e rimaneva comunque un estraneo mentre io ero pur sempre la sua migliore amica o almeno lo ero fino a qualche ora prima, ai suoi occhi intrisi di odio non sussisteva nessun tipo di scusante o spiegazione che potesse dare un'alternativa a quella situazione sbagliata, io ero l'unica da odiare, lui era il perfetto stronzo dalla quale molto probabilmente lei sarebbe ritornata.
 
< Caryi.. > Sussurrai in modo flebile.


 
SPAZIO AUTORE
 
Eccomi qui circa dopo un secolo… che fatica -.- ma spero sia ricompensata con le vostre opinioni. Penso che sia molto lungo questo capitolo rispetto ai precedenti anche perché ci sono diversi dialoghi e diversi momenti che spero diano un quadro completo della situazione. :P
Ammetto di avervi parecchio confuso con il personaggio di Josh che cambia umore peggio di una donna, ma quello che volevo trasmettere è la sua insicurezza riguarda l’intero contesto, ma questo verrà fuori più avanti.
Ringrazio chi ha messo la mia storia tra le diverse categorie, chi l’ha letta e commentata.
Vi lascio come sempre il link per accedere al gruppo. UN bacio

  
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