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Autore: BlackLily    22/07/2013    3 recensioni
C’è chi dice che far parte di un gruppo di ragazzi scapestrati sia un male, ma questo Harry lo sa bene. Non ricorda con esattezza quando abbia cominciato a frequentarli, ma ora è certo che tutto ciò che gli è capitato fin ora sia stato un bene, perché l’hanno condotto da lei.
Sapeva che sarebbe stato difficile starle accanto, ma nonostante lei avesse quel problema, nonostante lei non potesse camminare, Harry sapeva che in cuor suo non l’avrebbe mai abbandonata.
Di poche cose Harry era sicuro nella sua vita ed il suo ritorno in quella casa, da lei, era assolutamente una di loro.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Harry quella notte non riuscì a dormire molto.
Erano le otto di mattina e stranamente lui era già sveglio.
Era abbastanza insolito da parte sua svegliarsi così presto tanto che cominciò a temere di avere qualche problema.
Nonostante avesse aperto gli occhi ormai da un po’, ancora non riusciva a mettere bene a fuoco gli oggetti della sua camera e la luce accecante del sole non aiutava di certo.
Come se non bastasse si era svegliato con dei mal di testa lancinanti che lo rendevano sempre più confuso. Harry, addirittura, arrivò a pensare che tutto ciò che era successo il giorno precedente, la scommessa, la casa e la ragazza, non fossero altro che un sogno.
Si alzò lentamente dal letto e per pochi secondi la sua vista si appannò, diventando completamente bianca. Gli capitava spesso di sentirsi così male, soprattutto dopo una nottata del genere. La stanchezza gli giocava spesso brutti scherzi, ma ormai ci era abituato.
Si mise a sedere tra le lenzuola bianche, poggiando le mani sul viso ed i gomiti sulle gambe, così da recuperare la lucidità.
Pochi secondi dopo la vista era tornata normale, i mal di testa si erano affievoliti e lui poté finalmente alzarsi. Scese gli scalini goffamente, proprio come fa chi è reduce da una sbronza, ed infatti lui si sentiva quasi brillo. Ormai convinto che gli episodi della giornata precedente fossero tutto un sogno, arrivò a pensare che, forse, la sera precedente se l’era spassata in qualche locale con i compagni e si era ubriacato, ma in realtà non era così.
Aveva soltanto bisogno di qualche altro minuto per riprendersi totalmente.
Arrivò in cucina e ciò che vide gli diede la conferma che, in realtà, non si era sognato un bel niente. I libri che aveva da studiare erano ancora sparsi sul pavimento sotto al tavolino di vetro, la cena della sera prima era ancora sul davanzale della cucina, ormai ricoperta da macchie di olio.
Quella mattina avrebbe dovuto darsi da fare per pulire tutto, o la madre lo avrebbe ucciso.
Prima però accese i fornelli e mise una padellina a riscaldare. Mentre preparava l’impasto per i pancakes in una scodella, sentì la porta dell’ingresso chiudersi. Poggiò il contenitore sul davanzale e corse verso le scale, che davano proprio sull’entrata principale.
Vide sua madre sgattaiolare via verso la sua stanza. Harry pensò che fosse appena tornata dalla sua serata con Robin, date le condizioni in cui era.
I capelli arruffati, il vestito stropicciato e il modo goffo con cui saliva le scale con i tacchi in mano per non svegliare nessuno.
«Buongiorno» esclamò Harry a voce alta. La madre si arrestò di colpo e posò i tacchi su uno scalino. Si voltò verso suo figlio con aria colpevole e gli sorrise.
«Mi hai beccata» sussurrò grattandosi il capo. Anne sapeva che non doveva tornare a casa a quell’ora, sapeva che ciò infastidiva Harry, ma non riusciva a farne a meno.
Anne si comportava in quel modo per sfuggire dai suoi problemi, o meglio, il suo problema.
«Abbiamo delle regole in casa e non devo rispettarle soltanto io, ma anche tu!» esclamò fissandola insistentemente.
Anne si sentiva mortificata perché il figlio aveva assolutamente ragione.
Lei era una madre, le madri non si comportavano in questo modo. In fondo sapeva di stare sbagliando, ma quale madre aveva i suoi stessi problemi? Poche, ed era sicura che le altre si comportassero proprio come faceva lei.
Il suo problema regnava da ormai un anno in quella casa e lei non ne poteva più: sua figlia era diventata un peso per lei.
«Ti preparo del caffè, va a lavarti» disse Harry risoluto risvegliando la madre dai suoi pensieri, poi si voltò e tornò in cucina a preparare i pancakes. Anne non poté far altro che sorridere per la premura che Harry aveva nei suoi confronti, e con la mente occupata da questo pensiero, si voltò e andò allegramente a lavarsi.
Harry trovò un vassoio tra i mobili della cucina e, dopo un’attenta riflessione, ci posò su la colazione.
Prese poi una tazza e ci versò del caffè, la posò sul davanzale della cucina e chiamò la madre.
Anne scese di corsa le scale e lasciò un bacio sulla guancia del figlio, prese la tazza e cominciò a sorseggiare lentamente il caffè bollente.
Non appena vide Harry alzare il vassoio dal davanzale, si insospettì.
Lo guardò inarcando le sopracciglia, chiedendosi cosa avesse intenzione di fare, e quando il figlio lanciò uno sguardo alle scale, Anne capì tutto.
Distolse lo sguardo e continuò a bere il suo caffè, facendo finta di nulla.
Harry sbuffò, pensò a quanto avesse voluto che la madre avesse altri atteggiamenti nei confronti della sorella, e si diresse verso la stanza di Gemma.
La porta era socchiusa, così come Harry la lasciava tutte le sere.
La sorella, da un paio di mesi, aveva sviluppato, stranamente, questa paura del buio. Harry non sapeva spiegarsi il perché, però per evitare qualsiasi attacco di panico da parte di Gemma, lasciava la porta socchiusa così che la luce del corridoio potesse illuminare almeno i profili degli oggetti.
Quando il riccio entrò in stanza, poté scorgere la sorella dormire beatamente tra le lenzuola rosa, così lui poggiò il vassoio sul comodino e si sedette al fianco di Gemma.
A Harry piaceva guardarla dormire perché finalmente riusciva a vedere la sorella di un tempo, quella dolce e tranquilla, quella spensierata e senza problemi.
Le accarezzò una guancia, scostandole i boccoli che le ricadevano sul viso.
Il viso di Gemma si contorse in una smorfia infastidita e quando aprì gli occhi, rimase a fissare suo fratello per un intero minuto.
Cercava di mettere a fuoco il viso della persona che aveva di fronte e allo stesso tempo cercava di capire che ore fossero e perché lui si fosse azzardato a svegliarla.
«Buongiorno» Harry sussurrò quanto più piano possibile per non stordirla. Lui sapeva bene quanto fosse fastidiosa la voce di qualcuno di primo mattino.
Gemma brontolò qualcosa di incomprensibile, poi allungò le braccia e tirò a se suo fratello, stringendolo in un abbraccio soffocante.
«Come stai, fratellino?» disse stringendolo ancora più forte.
Harry non si stupì affatto di questo suo improvviso cambiamento d’umore, ci era ormai abituato.
Lei era fatta così: da uno stato di rabbia o rancore passava, facilmente, ad uno stato di felicità e stupidità assurdo. Certe volte Harry, nella sua mente, rideva di questi improvvisi cambiamenti, anche se sapeva che era assolutamente sbagliato.
«Io sto bene, Gemma, e tu?» chiese sorridendole e porgendole la colazione.
«Bene» rispose guardando la colazione. Raccolse la forchetta e spezzò i pancakes, riempiendosi la bocca delle gustose pietanze preparategli dal fratello.
Harry lasciò che si godesse quell’attimo di sollievo, prima di presentarle la dura realtà.
«Gemma, ricordi che cosa dobbiamo fare oggi?» gli chiese una volta che la sorella avesse finito di mangiare.
Lei lo scrutò, chiudendo gli occhi a due fessure e alla fine annuì.
Tirò su le sue adorate lenzuola rosa, così da coprirsi fin sopra al capo, gettandosi poi, in malo modo, sul letto.
«Gemma, non fare così» sbuffò Harry, ormai stanco di vedere sempre la stessa scena. Lei grugnì infastidita, scostando di colpa le lenzuola e tornando a sedersi. Puntò i suoi occhi verdi in quelli del fratello, provando ad intenerirlo ma Harry era irremovibile.
«Su, alzati e vestiti!» esclamò il riccio dandole delle pacche sulle gambe. Lei scalciò via le lenzuola e si precipitò fuori dal letto afferrando la prima maglietta e il primo pantalone che le capitava davanti.
Harry si alzò, portando via il vassoio. Rivolgendosi alla sorella la incitò a muoversi, chiudendosi, poi, la porta alle spalle.
Raccolse il cellulare che aveva nella tasca del pigiama e compose varie cifre.
Ogni volta che chiamava quel numero, si sentiva come all’inferno, ed ogni qualvolta che l’interlocutore ci metteva più tempo del previsto a rispondere, la sua agonia diventava sempre più insostenibile.
«Clinica psichiatrica di Holmes Chapel, come posso aiutarla?» rispose una voce dall’altro capo del telefono.
«Salve» disse, Harry, balbettando «avevo preso appuntamento con il Dr. Klein per questa mattina e vorrei sapere se è già arrivato in clinica» chiese il ragazzo.
«Il Dr. Klein è appena arrivato e la sta aspettando» affermò la segretaria. Harry sorrise e si avviò verso la cucina.
«Grazie dell’informazione, sarò lì a breve» rispose staccando la chiamata.
Ogni volta che portava Gemma dallo psichiatra, Harry si sentiva più sollevato, perché, in quei momenti, non era poi così inutile come pensava.


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Lily's corner: Sono furiosa. Efp mi sta dando sui nervi. Prima mi dice che non esiste il mio account, poi mi pubblica male le storie, poi mi fa esaurire. A parte ciò, come state? Ho pubblicato oggi a causa dei problemi di efp, e colgo l'occasione per ringraziarvi tutti, chi recensisce, chi preferisce, chi segue, tutti!
Poi volevo dirvi che.. dovrete attendere un altro po' per vedere l'incontro tra Harry e la ragazza, ma prometto di pubblicare in fretta questi capitoli così subito avrete il tanto atteso evento u.u Vi spiffero una cosetta.. l'incontro è nel quarto capitolo <3 basta non vi dico più nulla!
Ora vado via dato che vi ho già rotto abbastanza u.u
Baci, Lily 


   
 
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