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Autore: ElderClaud    02/02/2008    6 recensioni
Sakura voleva essere forte.
Voleva essere forte come lui. Perché lui… Solo lui incarnava in tutti i sensi la parola “forza” ! Ma lei però non poteva sapere… Che anche lui dopotutto… Voleva essere come lei ! (Pairing : Kisame x Sakura )
ATTENZIONE! Storia totalmente restaurata!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kisame Hoshigaki, Sakura Haruno
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Nostra Forza



“No... No maledizione!”

Da dopo quella sera, da dopo quella promessa fatta quasi con ingenua innocenza, ecco che tutte le sue speranze andavano a farsi benedire.

“Non lui!”

Dopo il loro ultimo incontro si era recata spesso presso quel greto abbandonato. Con la speranza di poterlo rivedere ovviamente. Con la speranza di dimostrargli quanto lei fosse diventata forte.
Ma inutilmente.
Più i giorni passavano, più la speranza si affievoliva, e soprattutto, sopraggiungeva l’angoscia.

Era partito per una missione importante ai confini del mondo e non era più tornato.
Nonostante lui le avesse promesso che avrebbe fatto ritorno, non si era più fatto vivo da allora.

Fino ad oggi.

Perché dopo tanto tempo, finalmente su quel greto era ritornata la nebbia, il suo biglietto da visita, e con essa anche il suo corpo devastato dalla guerra.
Il suo respiro era fievole, la sua anima un passo dall’essere trapassata.
Era sfuggito alla morte solo grazie a quel fiume, che lo aveva trascinato fin lì quasi ascoltando una sua preghiera personale.

Prima di morire voleva rivederla. Rivederla per un’ultima volta e dimostrarle che finalmente aveva ottenuto la sua forza. Perché se non avesse avuto in mente il rosa mentre lo stavano colpendo a morte, di sicuro sarebbe morto lontano da lei. E avrebbe sicuramente fallito.
E se ora lui era davanti a lei, era solo perché la sua volontà di cambiare, di seguire il rosa, aveva avuto il sopravvento.

Sakura era stravolta, non aveva mai visto nessuno ridotto in quello stato. Ma era comunque un miracolo se lui era ancora vivo. La sua tempra era notevole. Ma in cuor suo sapeva che non lo sarebbe stato ancora a lungo.

A quanto pare Kisame aveva lottato a lungo. Contro tanti o solo uno, questo lei non lo aveva capito bene, ma fatto stà che sicuramente avevano provato a sottrargli la sua preziosissima spada.
La potente Samehada, che non si faceva toccare da nessuno tranne che da lui.
Il braccio destro era fratturato in più punti, segno che era stato usato parecchio per brandire l’arma, oppure che avevano provato a strapparglielo via assieme alla spada.
Ma era tutto il suo corpo ad essere straziato, e lei non sapeva se sarebbe stata in grado o meno di curarlo completamente.


[...]


Sakura era forte, e lui lo sapeva.

Senza troppi giri di parole se lo era caricato sulle spalle, e si erano trascinati fin dentro una piccola grotta.
Lì l’aria sapeva di umido e di freddo. Ma nessuno dei due ci badò più di tanto.
Kisame stava morendo e lei si cingeva come una matta a prestargli soccorso. Anche se con la vista annebbiata dalla morte imminente, vedeva chiaramente il fascio di luce verde pulsare sopra il suo petto.
Nere occhiaie cominciavano a comparirle sul candido volto della sua salvatrice a quello sforzo disumano, e inutile.
“Sakura... Lascia perdere... Sto morendo”
Ma lei si morse il labbro inferiore a quelle parole, e ricacciò le lacrime indietro.
Lei era forte maledizione. Lei era riuscita a seguire il blu. Era riuscita ad ottenere la sua determinazione.
E avrebbe perseverato fino alla fine.
“Sta zitto! Ti prego... Sta zitto! Tu non devi morire maledizione! Tu sei forte!!”
Il flusso di energia aumentò tra le sue mani, rilevandosi quasi fastidioso agli occhi.
E la vista del rinnegato, a tutto quel chakra emesso, non riuscì davvero a sopportare altro. La forza di volontà lo abbandonò in poco tempo e le palpebre dei suoi occhi lentamente si chiusero. A nulla valsero le grida di lei che lo richiamavano a gran voce.

Ma se c’era una cosa di cui lui andava veramente fiero, era di essere riuscito nei suoi ideali di prendersi la sua forza.
Di avere la volontà di cambiare completamente la sua vita.

“Sakura... Anche tu sei forte”

Poi non aggiunse altro.


[...]


Il vento caldo di agosto scompigliò traditore i suoi lunghi capelli rosa. Portandole alcune ciocche davanti alla fronte spaziosa.
Imprecò sottovoce e se le scostò di dosso con un gesto secco. Stava facendo tardi, e nella sua testa non poteva non chiedersi dove diavolo fosse finito!
Anche perché se non fosse sopraggiunto al più presto, avrebbe ricominciato a rimuginare il passato.

. . . . . . . . . . . . . . . . .

Erano successe molte cose da allora. Da quel giorno che lei ritrovò il suo maestro mezzo morto ai bordi di quel fiumiciattolo oscuro.
Ricordava perfettamente di essere rimasta sveglia per ben due giorni di fila nell’intento di curarlo da una morte inevitabile.
Aveva quasi perso la vita lei stessa nell’atto di ridargli la vita.

Ma ci era riuscita.

Non sapeva come, ma ci era riuscita.

Era riuscita a salvarlo credendo fermamente nella propria forza. Aveva ragione lui quindi, lei era davvero forte.
Aveva creduto in lui... E lui si era salvato.

Le ferite più gravi erano state curate, ma rimaneva il fatto che ancora non riusciva a camminare e aveva inoltre quella brutta frattura irrecuperabile.
Non avrebbe comunque più potuto maneggiare la sua spada...
Per la seconda volta in due giorni, Sakura non esitò a caricarselo sulle spalle per portarlo in ospedale.
E solo quando finalmente fu arrivata lì, lui infine riprese conoscenza.
Era un attimo spaesato del fatto di trovarsi in un ospedale, non per niente l’ultima cosa che vide prima di perdere i sensi fu la vista di lei in lacrime. Poi non ricordava altro.

E lei da quel giorno gli era rimasta sempre accanto. Omettendo il più delle volte l’astio e l’odio che la gente provava nei confronti del demone squalo, durante le loro lunghe conversazioni.
Lui sapeva perfettamente che avevano faticato ad accettarlo in ospedale. Per il semplice motivo che lui era un delinquente e assassino, stando alla legge di qel mondo e ai fatti che lo avevano coinvolto.
E anche dopo finito il suo ricovero, anche dopo che lui aveva rinnegato tutto il suo mondo “marcio” e si era “arreso” a loro...
Loro, la gente, continuava a guardarlo come un delinquente bastardo. Nonostante fosse riuscito ad ottenere la grazia dal regnante per aver saputo dare informazioni interessanti in cambio della vita, scagionando così la propria “allieva” dai casini che stavano sopraggiungendo.
Poichè ci mancò poco che non considerassero una traditrice pure la sua salvatrice. La sua Sakura.

Toccò a lui dimostrarsi forte in quel momento.
Lei era stata fin troppo gentile con lui, e pur di salvarlo aveva sfoderato una determinazione davvero senza uguali. Facendo quasi paura ai dottori che si rifiutavano di curare il suo maestro.
E lui per ripagarla le stette accanto sempre, abbandonando il mestiere delle armi e comportandosi come una persona civile.
In fin dei conti, Hoshigaki Kisame era per tutti quanti ormai morto da tempo. E quello che camminava per le strade di Konoha adesso era un’altra persona.
E questo lui lo ripeteva spesso.

Ma non bastò. Con la gente davvero non bastò.

Perché In lui vedevano sempre il mostro che era, (che è), stato. Mentre in lei vedevano una traditrice. Una che si era venduta al nemico con disonore.
E per questo venne cacciata via di casa, i suoi genitori la ripudiarono e perse le amicizie più care.
E per tale fatto osceno lui si adirò moltissimo, e senza alcun ritegno gridò a tutti quanti loro un grandissimo “vaffanculo”.

Ed entrambi presero la loro decisione.
Chissenefrega di quello che pensava la gente di loro, chissenefrega  se il blu e il rosa assieme stonavano tantissimo.
Loro erano assieme, e sempre assieme si facevano forza reciproca.
Andarono quindi ad abitare per conto proprio, nella periferia di Konoha. Vivendo come poveretti, ma vivendo comunque bene. Con grande dignità e grande forza di volontà.
Rifacendosi letteralmente una vita.
E anche se la gente li guardava storto tutte le volte che uscivano assieme, a loro non importava ormai nulla dei loro acidi pensieri. Perché quella era la loro forza.

. . . . . . . . . . . . . . . . .

Si mosse un po’ a disagio su quella scomoda panchina di ferro resa bollente dal sole d’estate.
I ricordi erano davvero fastidiosi.
E quando finalmente lui arrivò, quasi di corsa dallo stradello, lei finalmente sospirò sollevata.
Non era bello far aspettare una ragazza, soprattutto quando era in stato interessante.
“Eh, eh, eh! Scusa per l’attesa! Ma il gelato al gusto menta era ultimato! E quindi ho dovuto rimediare su due ghiaccioli al limone. Spero che tu non sia arrabbiata!”
la donna gli sorrise un po’ imbarazzata a quelle sue parole. No, non era arrabbiata, solo molto tesa. Il caldo non le faceva certo bene alle sue povere membra, senza contare che ormai mancava davvero poco al parto.
“Spero tu non abbia dovuto minacciare nessuno per quelli”
borbottò lei indicando i due ghiaccioli, mentre il compagno gliene passava uno con garbo.
“Ho minacciato solo quello alla cassa!”
“Lo hai minacciato anche da parte mia?!”
lui ridacchiò di gusto a quella piccola complicità velenosa che comunque li caratterizzavano alla perfezione.
“Eh, eh, eh! Ovvio che si!”
“Bene! Non mi è mai stato troppo simpatico quel dannato lentigginoso, E ora ti dispiacerebbe aiutarmi ad alzarmi?! Sai, tua figlia non è che mi dia una gran mano!”
Lui sorrise radioso a quelle parole, mostrando al sole la sua dentatura affilata.
Sakura aspettava un bambino da lui. O meglio, una bambina. E anche se non l’aveva ancora vista, sapeva già che sarebbe stata bellissima. In barba a quello che avrebbe detto la gente.

Allungò il braccio destro verso la sua sposa e l’aiutò ad alzarsi con delicatezza.
Ancora una volta Sakura non potè fare a meno di notare le brutte cicatrici che gli erano rimaste su quel maledetto braccio. Riusciva a muoverlo bene o male alla perfezione, ma non poteva più maneggiare la sua spada.
E a lui andava bene anche così. Ormai il suo essere apparteneva al passato, e quella spada un giorno l’avrebbe donata alla sua progenie.

Le consegnò il dolce trofeo tra le mani e poi si avviarono, mano nella mano, verso la loro casa.
Totalmente incuranti degli sguardi della gente, e completamente felici delle loro rispettive vite.

Perché ciò in cui credevano faceva parte integrante della loro vita.
Un qualcosa che si poteva descrivere come “la nostra forza”. Un sentimento puro e carico di coraggio.
Perché il blu e il rosa si traevano forza a vicenda, ma questo, il più delle volte, la gente non lo capisce.





Ebbene… Cari signore e signori… Anche questa fic è ultimata!
Allora che ne pensate?! La trovate una conclusione degna?! Oppure è troppo poco complessa?!
Fatemi sapere!! Perché, davvero, ho faticato a trovare una conclusione a questa storia!

Si accenna al furto di una spada… Samehada ovviamente, e benché non sia sottinteso alla lettera, chi segue il manga dovrebbe ben sapere che un certo Suigetsu era intenzionato a rubargliela…
Che sia stato lui a maltrattare Kisame?! Io non lo so, per qui sull’argomento sono stata parecchio aperta!
Non era questo il punto della storia!

Ma la morale è un’altra! E spero di averla spiegata abbastanza bene!

Saluto di cuore tutti coloro che mi hanno seguito e che hanno cominciato anche ad apprezzare questo crack pairing!

SkyEventide, tobichan, Yaoista for life, princess of sayan, Secchan, Sayaka3DG, Cleryon, Zenity

GRAZIE A TUTTI !!
   
 
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