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Autore: Hi Ban    23/07/2013    3 recensioni
«Nessuno può uccidere gli Uchiha, dobe» commentò soddisfatto Sasuke, sedendosi sul pavimento, mentre Naruto borbottava improperi a destra e a manca.
«Sì, Uchiha, è per questo che tu sei l’unico rimasto» commentò sardonico l’Uzumaki.
«Taci» sbottò Sasuke tra i denti, mentre le risatine di Naruto non facevano altro che urtare i suoi nervi.
Quell’imbecille osava anche farsi gioco di lui. L’avrebbe pagata.
Mentre architettava sanguinolenti piani di vendetta, fu abbastanza felice del fatto che ci fosse la porta a dividerli o sarebbe risultato più complicato mascherare l’imbarazzo per la pessima figura.
Che poi era colpa del dobe; era ovvio che la frase ‘nessuno può uccidere gli Uchiha’ andava intesa in senso lato.
[Auguri, stupido Sas'ke]
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'If you ever come back'
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Natsu no kanji





Sasuke, Sakura, Naruto.
Sakura, Naruto, Sasuke.
Naruto, Sasuke, Sakura.
Da quando erano andati tutti e tre a vivere in quella casa non c’era più chi veniva prima e chi veniva dopo. Tendenzialmente, ognuno tentava di avere la supremazia sugli altri due, ma era più che altro per dignità infantile, poi tanto nemmeno ci riuscivano.
Nessuno era prima degli altri, era più giusto dire che erano tutti e tre insieme, nello stesso punto, nello stesso istante, nella stessa situazione.
Sakura si occupava di loro due, Naruto e Sasuke si prendevano cura di lei. Naruto combinava disastri, Sasuke e Sakura li risolvevano. Sasuke si chiudeva in se stesso, Naruto e Sakura distruggevano il muro dietro cui si nascondeva. Non si facevano domande, era semplicemente come se fossero nati per sostenersi a vicenda.
Era una sensazione strana e familiare.
Tra una cosa e l’altra, poi, dopo la primavera era venuta l’estate.



«Dai, Sas’ke! Esci!» Naruto batté il pugno contro la porta della camera dell’amico, ma non ottenne neanche una minima risposta.
Era da dieci minuti che tentava di farlo uscire, ma quando quel dannato Uchiha si metteva in testa una cosa – che non era il rimanere nella stanza, era far impazzire Naruto, l’Uzumaki lo sapeva perfettamente – era impossibile fargli cambiare idea.
Beh, non c’era niente che il figlio del lampo giallo della foglia non potesse fare.
«Uchiha, facciamo un patto. Una cosa tra ninja, tra veri uomini» come continuo ora? «Ehr, sì, se esci ti offro del ramen! No, a te non piace, dei takoyaki- no, nemmeno, natto! Cosa ne dici del natto- No, fa schifo, niente… che diavolo, teme, esci!»
Ok, forse il futuro Hokage aveva appena trovato qualcosa che, perlomeno, gli riusciva particolarmente difficile fare. In verità, anche rimanere serio e concentrarsi poteva rivelarsi complicato per lui, ma era un’altra storia.
Naruto si mise le mani tra i capelli e li scompigliò in preda alla più totale disperazione; si era anche dimenticato di mettere il coprifronte, nella foga di andare a tirare fuori Sasuke dalla sua stanza.
Perché non usciva? Perché non poteva comportarsi come le persone normali? Perché?!
Per un attimo Naruto pensò anche di continuare sulla linea della gentilezza, ma la rabbia prese il sopravvento – o meglio, l’isteria più pura. Gli faceva male abitare sotto lo stesso tetto anche con Sakura.
«Bakayarou! ESCI DA QUELLA STANZA! ESCI O-»
Uno sbuffò seccato provenne da dietro di lui, ma nemmeno se ne accorse, troppo preso ad urlare. Sentì la voce che alle sue spalle, però.
«Esci o cosa? Mi picchi, Uzumaki?» chiese con disinteresse Sasuke Uchiha. Proprio quello contro cui stava urlando, sì.
Naruto smise di parlare a vanvera e si voltò verso il coinquilino.
«Sas’ke!» disse a metà tra l’arrabbiato e il sorpreso. Propendeva più il secondo stato d’animo, perché a quel punto era evidente che c’era qualcosa che non andava.
Sasuke non era nella stanza?
Se era dietro di lui voleva dire che non era nella stanza.
Ma Sasuke doveva essere nella stanza. Se non c’era lui nella camera chi…
«Non c’è nessuno lì dentro, dobe, nemmeno la tua stupidità. Di quella stai dando ampio sfoggio qui.»
Naruto era senza parole. Boccheggiò un paio di volte e il quadro personale che diede con la bocca mezza aperta e gli occhi sgranati non era dei migliori. Sarebbe bastato entrarci, nella camera, invece di chiamarlo da fuori, ma nessuno in quella casa aveva mai messo piede nella tana del mostro. In verità, una volta erano entrati sia Naruto che Sakura, anche se Sasuke aveva esplicitamente detto di non voler intrusi di sorta lì dentro. Beh, l’Haruno era entrata – doveva fare il bucato, tanto valeva farlo per tutti e tre – e ne era uscita incolume, perciò l’Uzumaki si era sentito in diritto di fare la stessa cosa.
Morale della favola: un buco nella parete aveva fatto sfoggio di sé per due settimane in più del braccio rotto di Naruto, prima che qualcuno si fosse saggiamente deciso ad aggiustarlo.
«Suppongo tu voglia qualcosa se hai tentato di sfondare la porta insultandomi, ma non mi interessa comunque» Sasuke concluse il suo pacato monologo e proprio mentre l’Uzumaki tornava in sé, fece per entrare nella sua stanza. Poco gentilmente lo spinse di lato, pronto a scomparire nuovamente dalla vista del ninja che lo aveva rumorosamente cercato fino a quel momento.
«No, teme, aspetta! Fermo dove sei! Oggi è-» il resto della frase fu interrotto dal rumore di una porta che si chiudeva. Sasuke ora era davvero entrato nella sua camera.
Un attimo dopo la porta si riaprì di poco, senza tuttavia mostrare la figura di Sasuke.
«E sì, Usuratonkachi, il natto fa schifo» dopodiché la porta si richiuse.
Naruto era fuori di sé dalla rabbia.
In un attimo, nella sua mano un rasengan di dimensioni non esattamente minuscole sprigionava energia e luce e presto l’intera casa sarebbe stata solo un vago ricordo se non fosse arrivata Sakura.
Il pugno in testa che gentilmente la ragazza gli assestò in testa gli fece perdere la concentrazione e il rasengan scomparì.
«Sapevo fossi stupido, ma speravo avessi imparato la lezione!» lo rimproverò Sakura, evidentemente stanca dei continui litigi tra i due ragazzi. Lei fungeva più o meno da paciere, ma quella era una carica che rivestiva con efficienza solo se arrivava in tempo per evitare che facessero saltare il tetto. Quando i due iniziavano già a darsele preferiva farsi i fatti suoi o, ne era conscia, nel tentativo di dividerli uno dei suoi pugni avrebbe distrutto le fondamenta.
Era più o meno logico che senza né sopra né sotto, i muri non sarebbero mai stati in piedi.
Tsunade hime una volta aveva detto qualcosa riguardo a tre elementi instabili e pericolosi sotto lo stesso tetto, ma quando mai lei aveva ragione?
«Sakura chan! Non vuole uscire, ‘ttbayo! Deve!» si lamentò Naruto, massaggiandosi l’ennesimo bernoccolo della sua vita. In quella scatola cranica non vi erano più neuroni, l’Uzumaki era un vero e proprio esperimento scientifico.
«Beh, prima non era dentro, sei tu che te lo sei fatto scappare» mormorò Sakura prendendo atto dell’ennesimo fallimento di Naruto.
Poteva anche avere il potere della volpe ed essere figlio di uno dei più grandi Hokage della storia, ma ciò non toglieva che era un gran deficiente il più delle volte.
«Ma non me ne sono accorto! È sgusciato dentro come un… come un… come un serpente! Deve essere una di quelle tecniche che gli ha insegnato Orochimaru che-» la brillante spiegazione di Naruto – discretamente campata in aria – venne bruscamente interrotta da uno sbuffo seccato di Sakura.
A quasi vent’anni non si poteva ancora ragionare così, su. Non era possibile.
«Forse si liquefa come quel suo amico con i denti appuntiti, il pesce… forse è per questo che ha fatto tanto in fretta!»
Beh, Naruto doveva essere l’eccezione che rendeva confermava la regola.
«È stata colpa tua, baka! Sono giorni che pensiamo a come trascinarlo fuori e appena non è dentro tu lo lasci passare… che razza di Hokage diventerai?» borbottò sconsolata Sakura, spostando lo sguardo da Naruto alla porta, dalla porta alla busta che aveva in mano. Sorrise leggermente, pensando un po’ a cosa si potesse fare – lei, ovviamente, aveva un piano.
Perché loro quel giorno dovevano trascinare Sasuke fuori, era una questione di vita o di morte. Non che gli altri giorni gli lasciassero fare l’hikikomori a tempo pieno, ma quello era proprio un giorno diverso. L’Haruno non doveva essersi proprio accorta dell’espressione che aveva mentre rifletteva, ma Naruto la trovò discretamente spaventosa con quel ghigno malefico. Che volesse uccidere Sasuke? Alla fine loro da qualche settimana a quella parte parlavano solo di farlo uscire, ma non accennavano mai a qualcosa come la condizione vitale. Vivo o morto. Se non riuscivano ad ottenerlo vivo, forse Sakura chan pensava a prenderlo morto.
L’Uzumaki rabbrividì, immaginandosi la tragica scena. La sua adorata – spietata – Sakura che con un pugno sfondava porta, mura, pavimento e tetto e poi, in un flash, il corpo esanime di Sasuke sotto i calcinacci. Morto. E l’amica – assassina pazza e isterica – che lo trascinava per un braccio fuori dalla camera, per poi…
No, no, no, non poteva succedere! Naruto doveva sventare quella catastrofe! Che Hokage sarebbe diventato se non riusciva nemmeno a salvare i suoi migliori amici?
Una dalla pazzia e l’altro dalla morte.
«Potrei provare io, adesso, a farlo uscir-»
«NO! No, Sakura chan, io diventerò Hokage e salverò entrambi! E tu non ucciderai nessuno!»
La kunoichi lo guardò interdetta; non era del tutto certa se la demenza dell’amico derivasse dalle pessime abitudini alimentari fin dall’infanzia o dalla presenza di un cercoterio in lui. Forse era proprio nato così.
«Uccidere chi?» azzardò, nel tentativo di chiarire la situazione, ma l’amico non le fornì una risposta sensata – nemmeno troppo strano da parte di Naruto, ma comunque irritante.
«Me ne occupo io! Uchiha uscirà e nessuno morirà!» detto ciò sbatté il pugno contro la porta un paio di volte e prese a rivolgersi anche al completamente disinteressato Sasuke: «Capito, teme? Uscirai di lì con le buone o con le cattive! Cioè, cattive ma comunque meno cattive di quelle di Sakura chan suppongo…»
«Naruto, vuoi essere-» picchiato a sangue di qui fino a quando Kakashi sensei arriverà in orario per la prima volta nella sua vita?
Non le era concesso nemmeno di finire le sue minacce, quando l’Uzumaki iniziava a pontificare non c’era esattamente nessuno che potesse fermarlo.
«Vieni, Sakura chan, me ne occuperò io!» così dicendo la trascinò via praticamente di peso, mentre la ragazza si chiedeva se fosse veramente il caso di opporre resistenza contro qualcuno fuori come Naruto al momento.
«Che Hokage diventerei…»
I pazzi andavano assecondati. Assolutamente.


Sasuke attese di sentire le voci dei due scemare, prima di allontanarsi dalla porta e stendersi sul letto, per osservare inutilmente il soffitto.
Cosa avessero in mente quei due, non ne avevo proprio la più pallida idea – né gli interessava, per carità – e, ad onor del vero, non sapeva nemmeno a che stesse pensando lui quando aveva avuto la non troppo normale idea di farli andare a vivere con lui.
No, ok, in fondo in fondo lo sapeva, ma aveva ancora abbastanza dignità e amor proprio che gli impedivano di accettare consapevolmente il fatto di volerli vicino dopo averli avuti lontano per tanto tempo. Considerando anche che più dei tre quarti della colpa era sua e che aveva anche pensato seriamente di ucciderli brutalmente se non si fossero levati dai piedi, ora era a Konoha e voleva che le cose si aggiustassero in maniera decente. Voleva tornare alla normalità. Come prima che decidesse che fare di testa sua fosse una cosa saggia e utile.
Kakashi sensei gli aveva detto – poco dopo aver messo piede a Konoha, mezzo dissanguato ed esanime – che era uno dei più grandi idioti che avesse mai conosciuto e che per fare ammenda delle sue stupidaggini avrebbe dovuto iniziato a prendere decisioni sensate per la sua vita. Poi gli aveva dato una pacca piuttosto forte sulla spalla brutalmente maciullata precedentemente da Naruto, cosa che l’aveva fatto completamente collassare.
Gli piaceva pensare di non aver ben compreso parte del messaggio di fondo del sensei, convinzione avvallata da Kakashi stesso; infatti, quando aveva saputo che il team sette aveva cominciato a vivere sotto lo stesso tetto si era detto soddisfatto. Sasuke, invece, tre secondi dopo si era detto da solo che non era ancora minimamente in grado di prendere le decisioni da solo.
Dal suo pacato punto di vista, le scelte che prendeva riguardo a vendette e simili risultavano meno disastrose di quella di portare tra le stesse mura tre elementi come loro.
Se suo padre fosse stato vivo a quell’ora l’avrebbe già scorticato vivo. E non perché avesse tradito il villaggio e ammazzato gente a caso, ma perché gli stavano distruggendo la casa. Naruto era riuscito a distruggere i tatami e nemmeno lui sapeva dare una spiegazione sensata, mentre Sakura aveva scardinato ben due volte la porta d’ingresso.
In verità, visto che entrambe le volte il motivo della sua rabbia era stato Naruto, per diretta corrispondenza anche quella era colpa sua, ma era inutile cavillare su quelle cose.
Sasuke li aveva fatti entrare e perciò l’unico responsabile era lui e, disgraziatamente per lui, c’era poco che potesse essere fatto a quel punto. O, perlomeno, era quello che continuava a ripetere a Kakashi quando il sensei gli chiedeva perché semplicemente non li cacciasse.
«Sono come i topi. Troveranno sempre un buco per strisciare dentro.»
Ogni volta che sentiva quella frase, variata con qualche imprecazione in base all’umore del giorno, l’Hatake voleva sempre fargli presente che i topi non strisciavano e che qualche ninja intelligente aveva inventato vari rimedi, tra cui le tagliole per ratti e la colla, ma si ricordava puntualmente che era pur sempre di Sasuke che si parlava. Non pensava di poter tenere sulla coscienza un’allieva stritolata in una rudimentale trappola a grandezza uomo e un Naruto agonizzante in litri e litri di colla puzzolente.
E poi era il loro sensei da anni, sapeva che Sasuke semplicemente li voleva attorno, anche con la coda e le orecchiette pelose.
Sasuke sbuffò, rotolando su un fianco. Almeno avendo quei due in casa non c’era il rischio che potesse annoiarsi. A volte poteva rivelarsi anche mediamente complicato arrivare a capire ciò che gli passasse per la testa. Non che fosse interessante, ma architettavano sempre qualcosa, tanto valeva anticiparli e calcolarne le conseguenze.
Tipo quel giorno.
Perché quell’idiota ci teneva tanto a trascinarlo fuori dalla camera?
Inizialmente aveva ipotizzato a qualcosa come uno scherzo imbecille, visto che si trattava di Naruto, ma poi aveva notato che anche Sakura ne parlava e allora aveva dovuto ripensarci. In genere l’Haruno non dava ascolto all’idiota dai capelli biondi. Reagiva d’impulso, ma quello non voleva dire che fosse priva di cervello come l’Uzumaki.
Comunque, non aveva ancora capito dove volesse andare a parare e, a quanto pareva, quel giorno era necessario che lui uscisse.
Era diviso in due. Da un lato voleva starsene barricato nella sua camera solo per la soddisfazione di rovinare i loro piani e dall’altro voleva uscire per scoprire a cosa mirassero.
Per il momento aveva optato per la contemplazione del soffitto.
C’era una crepa nell’angolo.
«Teme~ perché non esci due minuti~?»
C’era un idiota fuori dalla porta.
Sasuke sbuffò, trovando piuttosto odiosa quella cadenza musicale che dava alla sua voce. Per cosa lo aveva preso, per un bambino? Sperava che parlargli con quel tono da deficiente lo avrebbe fatto uscire più volentieri? Di quel passo sarebbe andato fuori, certo, ma solo per ucciderlo brutalmente.
«Sas’ke?» chiese di nuovo l’idiota il cui cervello galleggiava nel brodo del ramen.
«No» fu la secca risposta dell’Uchiha e dal punto di vista di quest’ultimo, l’Uzumaki avrebbe dovuto andarsene, onorato di aver ricevuto anche una risposta. L’altro ninja ovviamente non la pensava così.
Il tono melense e orripilante sparì, lasciando spazio ad uno scocciato. Naruto sbuffò e prese a borbottare qualcosa di non completamente comprensibile.
«Ah, stupido Uchiha, io te l’ho chiesto con le buone, se tu sei stupido…» un secondo dopo la voce tornò melodiosamente raccapricciante.
«Teme~ ora ti tocca uscire, sto per metterti una cartabomba sotto la porta~» disse Naruto sempre con quel tono e Sasuke sentì un mezzo brivido di freddo percorrergli la schiena. Sapeva essere inquietante, a prescindere da quando potesse essere vera quella minaccia – non era certo uno che badava all’ambiente che lo circondava, l’idiota, l’avrebbe fatto saltare in aria se l’avesse ritenuta una mossa utile –, ma sicuramente sapeva essere inquietante.
L’Uchiha sentì il rumore della carta che frusciava e si voltò di scatto verso la porta, benché una parte di lui si sentisse un idiota a dar retta alle stupidaggini di Naruto.
Era davvero una cartabomba o non lo era?
Non lo era. In fondo era Naruto, quello che aveva fatto collassare psichicamente più dei tre quarti delle cinque terre per riportarlo indietro, che pur di farlo tornare a Konoha lo aveva quasi-
Lo era. In fondo era quell’idiota di Naruto che pur di riportarlo in quel villaggio di sfigati menefreghisti lo aveva quasi ucciso, mutilandogli una spalla e spappolandogli metà degli organi interni e che l’avrebbe fatto tornare diviso in pezzi se non fosse stato per l’arrivo di Kakashi.
Era una cartabomba, quell’essere avrebbe fatto di tutto pur di farlo uscire, perché era chiaro che quella era divenuta la missione della sua giornata.
E pensare che poco prima aveva trascinato via Sakura dicendo che non poteva permetterle di uccidere nessuno, o non sarebbe divenuto Hokage. No, l’aveva fatta andare via perché non poteva avere testimoni mentre tentava di ucciderlo.
Sasuke si tirò su a sedere, rendendosi conto che forse una parte del suo cervello stava prendendo troppo sul serio la situazione.
«Quell’idiota» sbottò a bassa voce, alzandosi e andando verso la porta.
Quella non era una cartabomba.
In verità non c’era scritto da nessuna parte e non ne aveva la certezza, ma il fatto era che Sasuke Uchiha si rifiutava che potesse esserlo, perciò non lo era. Logico.
«Paura, eh, Uchiha?» chiese soddisfatto Naruto, spingendo con un colpo secco la fantomatica arma ninja sotto la porta e Sasuke, senza volerlo, fece un mezzo salto indietro.
«Ti ho sentito, ti sei spaventato! Esci, veloce, veloce! Prima di saltare in aria~» propose con un tono di voce che doveva essere suadente ma che istigava più che altro al suicidio, pur di non doversi avvicinare ad un essere del genere.
Sasuke borbottò qualche altra imprecazione, attendendo qualche secondo prima di avvicinarsi all’oggetto incriminato.
Non era ancora esplosa, il che voleva dire che non era una cartabomba.
Stupido Uzumaki.
Afferrò il pezzo di carta che, con sua grande vergogna, poco prima aveva preso in considerazione la possibilità potesse essere una vera cartabomba e notò che sopra vi era anche scritto qualcosa.
Stupido Uchiha esci!
«Mai» commentò spietatamente. Poi continuò rivolto all’Uzumaki: «I tuoi stupidi giochetti non fanno paura a nessuno, dobe.»
«A-avevo detto che era una cartabomba! Perché non sei uscito?!» chiese stralunato Naruto, battendo un pugno contro la porta.
«Preferirei morire piuttosto che assecondarti, Uzumaki» sibilò Sasuke, osservando la pseudo cartabomba con un ghigno.
«Aaaaah, sei- sei-» borbottò Naruto, senza trovare le parole giuste per esprimere l’irritazione che provava verso l’amico in quel preciso istante.
«Nessuno può uccidere gli Uchiha, dobe» commentò soddisfatto Sasuke, sedendosi sul pavimento, mentre Naruto borbottava improperi a destra e a manca.
«Sì, Uchiha, è per questo che tu sei l’unico rimasto» commentò sardonico l’Uzumaki.
«Taci» sbottò Sasuke tra i denti, mentre le risatine di Naruto non facevano altro che urtare i suoi nervi. Quell’imbecille osava anche farsi gioco di lui. L’avrebbe pagata.
Mentre architettava sanguinolenti piani di vendetta, fu abbastanza felice del fatto che ci fosse la porta a dividerli o sarebbe risultato più complicato mascherare l’imbarazzo per la pessima figura.
Che poi era colpa del dobe; era ovvio che la frase ‘nessuno può uccidere gli Uchiha’ andava intesa in senso lato. Tch.
«Questa è una cartabomba» disse un attimo dopo Sasuke, ripassando lo stesso foglio che gli aveva dato lui sotto la porta.
L’Uzumaki agì un po’ per la scarsa intelligenza e un po’ perché era pur sempre Sasuke quello che gli stava passando un foglio rettangolare sotto la porta chiamandola cartabomba.
«Scappa Sakura chan! La casa sta per esplodere!»
Un secondo dopo i passi veloci di Naruto mentre scappava a gambe levate fecero tremare le fondamenta della casa.
«Imbecille» borbottò Sasuke, per poi tornare a fissare il soffitto.


«Io te l’ho detto che non avrebbe funzionato» commentò distrattamente Sakura, mentre riponeva la carpa rianimata nella vasca da bagno.
Naruto ormai non fece nemmeno più caso a quel genere di operazioni, visto che erano divenute più o meno una cosa quotidiana o, perlomeno, comunemente accettata.
Semplicemente, Sakura, una volta imparata la tecnica, aveva scoperto che il resuscitare le carpe poteva essere un ottimo passatempo e così lo aveva trasformato nel suo modo preferito per tenersi occupata. Ad occhi estranei poteva apparire tutto fuorché normale, ma sia Naruto che Sasuke si facevano i fatti loro, l’importante era che tenesse libera la vasca quando uno dei due avesse voluto farsi un bagno.
Naruto, piegato sui talloni, iniziò a giocherellare con i pesci, mentre Sakura ne rianimava una terza; doveva cambiare, non poteva usare sempre la stessa e questo lo aveva imparato dopo averne utilizzata una sei volte di fila. La poveretta era deceduta completamente.
«Come facevi a saperlo? Era un piano fantastico, non è colpa mia se quel bastardo ha la testa dura!» si lamentò l’Uzumaki, continuando a traumatizzare le povere bestiole che non potevano scappare dal loro carceriere.
O le uccideva Sakura o Naruto, il loro destino era segnato.
«Sasuke potrà anche essere una persona difficile, ma chi ti crederebbe se gli dicessi che gli hai messo una cartabomba sotto la porta, baka?» chiese la kunoichi con tono leggero, mentre gli dava le spalle.
Un altro motivo per cui la lasciavano gentilmente giocare con i pesci era che tutto quello la rendeva estremamente tranquilla, il che voleva dire che mentre parlava né urlava né picchiava nessuno. Era un buon compromesso.
Naruto si illuminò: «Dici che devo metterne una vera?»
«Ovvio che no! Così fai saltare in aria mezza casa» come poteva davvero pensare a soluzioni del genere? Un giorno o l’altro li avrebbe davvero uccisi mentre faceva una delle sue stupidaggini, c’era da stare attenti con lui.
«E allora cosa facciamo? Sono già le quattro! Di questo passo sarà già domani e-»
«Quando hai finito di fare il filosofo, Naruto» lo zittì cordialmente Sakura, mentre continuava a non prestargli particolarmente ascolto.
«Io ho un piano» disse semplicemente lei dopo qualche secondo e Naruto scattò in piedi come una molla. «Cosa? Cosa cosa cosa? Eh?» iniziò a chiedere, ma l’Haruno divenne particolarmente misteriosa, segno che quella volta non era intenzionata a rivelare i suoi segreti così facilmente.
«Non ti preoccupare, baka, appena avrò finito di fare qui tirerò Sasuke fuori di lì» concluse soddisfatta, poi, ignorando il blaterare sconnesso di Naruto che voleva sapere ad ogni costo, lo spinse poco gentilmente fuori dal bagno.
«Sakura chan!»
«Ti chiamo quando ho finito» aveva bisogno di concentrazione.
Le carpe non si rianimavano mica da sole.
Tsunade hime sarebbe stata fiera di lei.


Sasuke sbuffò leggermente, buttando un’occhiata alla confezione di pomodori vuota che giaceva a poca distanza dal letto. Nell’intenzione di non uscire di lì solo per mandare a monte i piani dei due coinquilini, quella mattina stessa era andato a comprare dei pomodori. Anche lui doveva mangiare, in fin dei conti. Nonostante l’infallibile piano, si era dovuto rendere presto conto che i pomodori, per quanto fossero buoni, non potevano sfamare abbastanza un ninja ventenne. Inoltre, non erano nemmeno una scorta infinita, il che risultava un altro problema.
Aveva fame.
La pancia gli brontolava poco dignitosamente, ma non poteva di certo uscire. Non ancora, perlomeno. Cosa poteva fare?
La risposta ai suoi problemi esistenziali – che erano intervallati da insulti a Naruto e Sakura per le loro trovate idiote – giunse con un bussare accennato alla sua porta. Il dobe non era, la porta non era ancora stata buttata giù.
«Sas’ke kun» Sakura «probabilmente hai fame visto che non sei uscito tutto il giorno dalla tua camera» se lo stava immaginando o anche lei aveva un qualcosa di strano – inquietante – nella voce? «perciò ti ho lasciato qualcosa da mangiare dietro la porta» terminò la ragazza e poi si sentì il rumore dei suoi passi.
Cosa stavano architettando?
Sasuke avrebbe potuto passarci anche intere giornate a pensarci su, ma aveva dannatamente fame e l’Haruno aveva detto di avergli lasciato qualcosa da mangiare.
Forse, però, era una trappola. Si erano appostati lì dietro in modo da poterlo prendere appena avesse aperto la porta.
Era una possibilità, ma in fondo Sakura era premurosa e forse gli aveva solo portato da mangiare.
Non sapeva più di chi potersi fidare sotto quel tetto. Alla prima occasione avrebbe dovuto sbatterli tutti e due fuori.
Ci pensò ancora un po’, dibattuto tra l’andare e il non andare e alla fine optò per la prima possibilità. Avrebbe fatto attenzione, giusto in caso.
Sasuke si sentiva un perfetto imbecille mentre si dirigeva con strategica lentezza verso la porta, ma almeno lo consolava il fatto che finché si fosse comportato in maniera idiota all’interno della stanza, nessuno ne sarebbe stato testimone.
Giunto dietro la porta, pensò anche di attivare lo sharingan, ma si rese conto da solo che era inutile e forse sarebbe servito solo per rendere più patetica la sua attuale immagine.
Una certa irritazione lo pervase mentre si accinse ad aprire la porta, che poi spalancò con un polpo secco. Dentro di sé sentiva che avrebbe trovato quei due fuori dalla porta, ma davanti a lui trovò solo il muro. Non c’erano. Per sicurezza si sporse un po’ e controllò dietro la porta, ma non c’era né Naruto né Sakura.
L’unica cosa che notò fu qualcosa di rosso che doveva essere rotolato in là quando aveva ferocemente aperto la porta – la sua speranza era stata quella di giocare sull’effetto sorpresa e rompere il naso all’Uzumaki, che immaginava essere appostato lì dietro.
Era un pomodoro.
Rosso, rotondo e pomodoroso, visto dal punto di vista di un intenditore di pomodori come Uchiha Sasuke.
Lo prese e lo esaminò, quasi rigirarselo tra le dita potesse fargli capire se l’avessero contaminato o contenesse una bomba.
Quando convenne che era commestibile ed innocuo, si tirò in piedi e fu in quel momento che ne notò un altro a poca distanza.
Cosa ci facevano due pomodori sul pavimento nel corridoio? Forse Sakura glieli aveva lasciati dietro la porta e, aprendola con forza, li aveva fatti rotolare lontano.
Poteva essere una spiegazione, ma quello non spiegava perché, oltre ai primi due, ve ne fosse un altro un po’ più in là e poi un altro ancora.
Vista dall’esterno quella era una scia di pomodori, ma Sasuke non ne capiva proprio il significato. Erano caduti a lui quel mattino mentre saliva su? Li aveva fatti cadere Sakura per sbaglio?
L’Uchiha rimase qualche secondo con un pomodoro in una mano e uno nell’altro, intento ad osservare gli altri tre pomodori sparsi per il corridoio.
Se non fosse stato che aveva fame e che non riusciva a dire no a dei pomodori, il cinico Sasuke avrebbe potuto leggerci un’infinità di messaggi sospetti in quella situazione, ma semplicemente decise che era uno spreco inumano lasciarli sul pavimento.
Lentamente, si avvicino volta per volta ai pomodori, riempiendosi le braccia – erano anche abbastanza grandi, un motivo in più per impossessarsene. Quando prese il terzo, si rese conto che era giunto sulla soglia delle scale e che anche lì c’erano i pomodori.
Su un gradino sì, sull’altro no.
Nonostante fosse accecato dal suo indiscusso amore per quel frutto, Sasuke intuì – meglio tardi che mai – che c’era qualcosa di strano.
Rimase in cima alle scale in attesa di sentire la voce di uno dei due, ma non sentì nulla. Poi pensò anche a cosa fare.
C’erano dei pomodori. Sembravano buoni. A lui piacevano i pomodori.
Li avrebbe raccolti tutti e sarebbe tornato in camera.
Il fatto che fino a qualche mesetto prima fosse stato un ninja traditore pluriomicida e poco incline al dialogo pacifico non voleva dire che non potesse lasciarsi fregare come un idiota.
Se c’era qualcosa che si poteva dire dell’Uchiha era che diveniva estremamente ingenuo quando si trattava di pomodori. Era qualcosa che lo rendeva umano, perlomeno.
Con calma, si accinse a raccogliere diligentemente tutti i pomodori, completamente dimentico del fatto che Naruto e Sakura tentassero di farlo uscire dalla sua camera da quel mattino. Come poteva preoccuparsi di altro, con così tanti pomodori a disposizione?
Finite le scale non fece nemmeno più caso al fatto che i pomodori continuassero per il corridoio a destra, semplicemente continuò a raccoglierli.
Ormai aveva le braccia stracolme di pomodori quando si rese conto di non vedere più nulla dinnanzi a sé e di non essere nemmeno sicuro di dove si trovasse. La cucina, forse.
Non potendo vedere nulla, prese a cercare a tentoni il prossimo pomodoro, convinto che ve ne fossero altri. Sarebbe stata una scelta conveniente mettere da parte tutti quelli che aveva già tra le braccia per prendere anche gli altri, ma era logico, le idee migliori non venivano mai nei momenti in cui ce n’era bisogno. Ad un tratto afferrò qualcosa, ma non era né morbido né rotondo. In più era quasi certo che i pomodori non ti afferrassero di rimando quando li prendevi.
Quando quel qualcosa che voleva afferrare afferrò lui, Sasuke fece un mezzo balzo indietro, sorpreso, non aspettandosi minimamente una cosa del genere.
Prima di poter fare qualsiasi cosa – dall’attivare lo sharingan, il tirare fuori armi letali e il prendere a calci qualsiasi cosa avesse davanti – la voce di Naruto gli distrusse i timpani brutalmente.
«Preso, Uchiha, PRESO!» detto ciò, l’Uzumaki lo trascinò in avanti per afferrarlo per le spalle e la piramide di pomodori che si era costruita tra le braccia di Sasuke crollò miseramente a terra.
Ne rimase un Sasuke con un pomodoro in una mano e uno nell’altra.
Se proprio si voleva cavillare sui significati intrinseci della faccenda, il fatto che alla fine Sasuke si fosse trovato con soli due pomodori poteva anche essere un segno divino: avrebbe dovuto fermarsi ai primi due pomodori e tornarsene in camera.
Sasuke rimase per qualche attimo in silenzio, facendo passare lentamente lo sguardo dai pomodori per terra alle mani di Naruto che lo stringevano trionfante alla faccia idiota del ragazzo stesso.
L’Uzumaki, dal canto suo, era troppo preso dalla felicità per averlo afferrato per rendersi conto che l’Uchiha era pronto, con un sì e con un no, a distruggere qualsiasi cosa si fosse trovata a portata di mano e lui era proprio a due centimetri da lui.
«Dobe» disse a voce medio bassa, indice del fatto che stava tentando di mantenere la calma ma non gli stava riuscendo particolarmente bene.
Un qualsiasi essere umano in quella semplice parola avrebbe dovuto leggerci qualcosa come ‘levami le mani di dosso, dobe, prima che decida che la tua vita vale meno dei tatami sotto cui nasconderò il tuo cadavere’, ma Naruto era poco reattivo per quanto riguardava quelle cose.
Infatti non gli mollò né il braccio né la spalla e semplicemente parlò come se nulla fosse.
«Finalmente sei uscito! Ah, lo sapevo, alla fine nemmeno tu sei così intelligente Uchiha!» asserì con convinzione Naruto, annuendo da solo.
Dietro di lui, Sakura – a cui Sasuke non aveva nemmeno fatto caso, troppo concentrato nell’indirizzare tutto il suo odio all’Uzumaki – sorrideva abbastanza soddisfatta pure lei.
Loro due sicuramente erano degli imbecilli, ma anche Sasuke aveva dimostrato di non essere infallibile. «Questa volta ha davvero funzionato, Sakura chan!» disse Naruto, rivolgendosi all’Haruno.
Sasuke guardò la ragazza con uno sguardo che parlava chiaro.
«C’entri anche tu, Sakura?» si informò pacatamente, quasi incredulo che davvero anche lei…
«Ovvio! Questo piano è stato suo!» Sakura lanciò un’occhiataccia a quella bocca larga di Naruto e uno colpevole – ma neanche troppo – a Sasuke. Sembrava più l’espressione di una bambina birichina appena beccata a fare qualcosa di sbagliato.
Attirare Uchiha Sasuke con una scia di pomodori, per esempio.
«È una grande soddisfazione prendere uno degli Uchiha che non possono essere uccisi» commentò sardonico Naruto, che o era evidentemente stupido e tirava la corda senza pensare al fatto che molto presto si sarebbe spezzata o aveva un coraggio indubbiamente fuori dal comune.
Sasuke si avvicinò leggermente a Naruto, che ancora sorrideva soddisfatto: «Il fatto che non ti manchi il fegato per dare ampio sfoggio della tua stupidità non vuol dire che non possa venire a strappartelo stanotte mentre dormi» era sicuramente una minaccia ad effetto, ma non era del tutto certo che Naruto fosse riuscito a rimanergli dietro fino alla fine. Forse si era fermato a ‘fegato’.
«E non sono un pesce, usuratonkachi, tu non mi hai preso» sbottò poi tra i denti, mentre tentava di rimettere insieme i pezzi della sua dignità.
«Invece hai proprio abboccato, Uchiha» disse sbattendogli quell’odioso sorriso a trentadue denti in faccia «come un pesce!» ebbe il coraggio di aggiungere scuotendolo leggermente.
Sasuke non lo aveva ancora picchiato a sangue solo perché per farlo avrebbe dovuto mollare la presa anche sugli ultimi due pomodori che aveva in mano. Naruto avrebbe dovuto ringraziarli, sarebbe potuta essere un’ottima idea recarsi il giorno seguente ad un tempio e iniziare a venerare i pomodori come suoi salvatori indiscussi.
L’Uchiha si liberò dalla presa di Naruto con uno strattone e prese a raccogliere qualche pomodoro da terra, con la chiara intenzione di tornarsene nella sua stanza e non voleva di certo farlo a mani vuote.
«Teme cosa stai facendo?» si informò Naruto, anche se la cosa era piuttosto evidente.
«Raccolgo i pomodori e me ne vado» borbottò l’Uchiha, senza prestargli molta attenzione.
«Non puoi!» urlò quasi Naruto, come se Sasuke avesse appena minacciato di partire per una missione di livello s armato di solo coraggio. Eroico, ma suicida.
Sasuke smise di raccogliere i pomodori e si tirò su, guardando Naruto.
«È il tuo compleanno!» disse l’Uzumaki in risposta allo sguardo scocciato dell’amico, come se fosse la soluzione per tutti problemi delle cinque terre.
Sasuke inarcò leggermente un sopracciglio; era vero. Era il ventitré luglio. Non era esatto dire che se n’era dimenticato, era più giusto dire che aveva smesso di pensarci, dal momento che non era qualcosa che gli interessava particolarmente.
La verità era che se n’era andato per un paio d’anni, aveva senso tornare e festeggiarlo come se nulla fosse?
Se qualcuno avesse ascoltato quel genere di ragionamento da parte sua avrebbe trovato piuttosto strane le definizioni di genio e ninja intelligente che si davano di lui.
«E perciò?» chiese con disinteresse, intenzionato a vedere dove portava quella discussione.
«Come perciò? Sei stupido, eh» sbottò Naruto, deluso che il suo migliore amico a volte dimostrasse un così basso interesse per cose come quella.
«Naruto» lo ammonì di rimando Sasuke, che non era poi molto incline ad essere insultato ancora da Naruto.
«Baka, smettila» intervenne Sakura, che non aveva ancora aperto bocca; non aveva voglia di vederli litigare, era stancante anche tentare di dividerli, il che voleva dire che non aveva vita facile nemmeno lei quando i due maschi alfa lì presenti decidevano di stabilire a chi spettasse la supremazia.
Naruto borbottò qualcosa e gonfiò le guance con fare offeso, proprio come un bambino.
«Buon compleanno, Sas’ke» commentò Sakura subito dopo, mentre Sasuke la guardava con sguardo indecifrabile.
Non rispose con un grazie vero e proprio, ma mosse la testa. Più o meno. O, perlomeno, era quello che era parso all’Haruno, ma in fin dei conti a lei nemmeno interessava una risposta.
«Se non fosse così spocchioso glieli avrei fatti anche io gli auguri» si apprestò ad aggiungere Naruto, facendo la linguaccia all’amico.
«Non pensavo conoscessi parole così complicate, dobe» lo beffeggiò Sasuke, con un mezzo ghigno.
L’Uchiha non sapeva esattamente quale fosse il suo compito a quel punto, non sapeva cosa aspettarsi e non sapeva nemmeno cosa dire.
«E ora si va a festeggiare!» concluse l’Uzumaki per lui, che probabilmente aspettava quel momento da quando Sasuke aveva messo piede in cucina.
«Cosa?» Sasuke non era della stessa idea.
«Ti abbiamo trascinato fuori dalla tua camera per andare a festeggiare, Sas’ke! Niente torta, però» commentò desolata Sakura, che aveva tentato di farne una, ma come le aveva dimostrato il viso ancora più pallido di Sai non era risultato commestibile.
«Ramen!» commentò deciso Naruto, già diretto verso la porta.
«Tu e il tuo dannato ramen, Uzumaki» borbottò tra i denti Sasuke, che cercava quasi inconsciamente qualcosa su cui portare l’attenzione che non fosse lui. Era diviso in due; una parte di lui era felice – era una parte ben nascosta al mondo, per inciso –, mentre l’altra si sentiva in imbarazzo. Anche questa era nascosta, perciò era meglio dire che era solo irritato dal comportamento infantile dei due – non c’era motivo di fare tanto casino per un compleanno – e che il suo fastidio serviva a coprire le altre due parti.
Uchiha Sasuke era un ragazzo complicato.
«Nessuno ha parlato di ramen per te, Uchiha» Naruto sorrise malandrino nel notare gli sguardo dei due amici, poi aggiunse: «È solo per me è Sakura chan!»
«Eh?» biascicò l’Haruno.
«Per te, Sas’ke, ci sarà un buonissimo piatto di natto. Enorme. Grande quanto il tavolo.»
Sasuke serrò la mascella, nel vano tentativo di mantenere la calma. Gli riusciva discretamente difficile quando si trovava a dialogare con idioti del calibro di Naruto. O meglio, era così idiota lui da poterlo definire lo stampo per tutti i successivi imbecilli nel mondo.
«Te l’ho detto che il natto fa schifo, usuratonkachi.»
«Appunto! Così impari a fare tanto il prezioso Uchiha!» Naruto si mise le mani dietro la testa e con grande nonchalance prese ad imitare Sasuke. O, almeno, era quello che credeva di star facendo, in realtà stava dando al ninja solo un ottimo pretesto per rompergli il primo osso che gli fosse capitato a tiro.
In un attimo Sakura riconobbe la scintilla che passò negli occhi di Sasuke e in un attimo vi lesse tutte le disastrose conseguenze che avrebbe portato. Con uno scatto repentino afferrò uno dei pomodori che Sasuke teneva gelosamente tra le braccia e glielo infilò in bocca a tradimento.
L’Uchiha la guardò con fare irritato e leggermente confuso, ma lei non ci fece caso.
Con Naruto non fu altrettanto gentile – ma solo perché non era anche il suo compleanno, eh! E poi perché non aveva una confezione di ramen da infilargli in gola.
«Baka! Possibile che tu debba sempre fare l’idiota? Non ci sarà né natto né ramen, sceglierò io!» detto ciò li trascinò entrambi verso la porta, molto lontano dalla casa.
Era estate e faceva caldo, certo, ma non aveva proprio voglia di dormire senza metà del tetto.
Di nuovo.


Alla fine la decisione ricadde sulla carne grigliata. Non che il festeggiato avesse aiutato molto con la scelta, si era limitato a cenni di assenso o dissenso alle diverse possibilità offertegli dai due amici.
Solo alle quindici proposte di ramen di Naruto aveva dato una risposta piuttosto chiara, un ‘no’ secco accompagnato da un insulto a caso rivolto all’amico. Alla parola ‘natto’ attivò lo sharingan facendo quasi svenire la cameriera.
«Uh, il prossimo compleanno è il mio!» disse ad un tratto Naruto, mentre mangiava come se non avesse toccato cibo da secoli. La sua bocca larga come quella di una rana non serviva solo per farlo parlare a vanvera in continuazione, ma anche per contenere più cibo possibile.
Sasuke lo guardò disgustato, mentre Sakura si limitò a scuotere la testa. Naruto era quello che era, nessuno voleva prendersi la briga di insegnare un po’ di civiltà a quel ninja scapestrato. Sarebbe stata una missione suicida in qualunque caso.
«Non ti esaltare tanto, Naruto, potremmo decidere di dimenticarcelo di proposito…» borbottò Sakura, notando come, con molta nonchalance, finiva la carne appena richiesta e ne ordinava altrettanta.
Forse il dettaglio che erano loro due a pagare doveva essergli sfuggito temporaneamente.
«… Beh, allora come torta voglio una scodella di ramen!» continuò risoluto l’Uzumaki, convinto che qualcuno stesse ascoltando quel che aveva da dire.
«Se è una torta non è ramen, imbecille» lo interruppe Sasuke, che adorava distruggere i sogni di gloria di quel demente.
«… E non quella brodaglia in scatola, quella va bene per i giorni normali, ma il mio compleanno…»
«Non ci sta ascoltando, vero?» chiese Sakura, a metà tra lo scandalizzato e il rassegnato.
«Ha capacità mentali limitate, il dobe» commentò piccato Sasuke, afferrando un pezzo di carne quasi con ferocia. L’Haruno non sapeva se sorridere o scappare il prima possibile.
«Beh, riesce a blaterare mentre mangia, è già un passo avanti» si limitò a dire sorridendo.
«… Poi voglio dei regali! Dobbiamo dirlo ad un sacco di gente, così dovranno regalarmi qualcosa per sicuro!» Naruto continuava per la sua strada, mentre di tanto in tanto chiedeva altra carne.
«Prima o poi dovrà anche stancarsi di parlare da solo, no?» chiese la kunoichi, alzando gli occhi al cielo mentre Naruto aggiungeva interessanti dettagli sulla sua futura festa di compleanno che si sarebbe tenuta di lì a tre mesi o giù di lì. Il colmo sarebbe stato se fosse finito in missione proprio il dieci ottobre.
«Non è detto che se ne accorga» la gentilezza di Sasuke era un argomento raro, non era una qualità di Sasuke che si poteva trovare nella stessa frase con il nome Naruto.
Sakura ad un tratto posò le bacchette e si voltò verso l’Uchiha. Lo guardò e sorrise leggermente, ma il ragazzo si rese conto che non era il solito sorriso della ragazza. Era più… rilassato?
«Ah, Sas’ke… beh, buon compleanno» disse semplicemente, piegando la testa di lato.
Sasuke aggrottò le sopracciglia senza capire.
«Me lo hai già detto prima» le fece presente, cercando di capire dove volesse andare a parare. Lo sapeva perfettamente che era troppo ingenuo da parte sua credere che non ci fosse un significato più profondo.
«Sì, ma va bene anche se te lo dico di nuovo. Sai, ho passato un paio di anni a dirlo senza il diretto interessato presente, ora che sei qui devo recuperare» disse la ragazza, fissando un punto indefinito alle spalle di Sasuke. Era in imbarazzato lei tanto quanto lo era lui, anche se forse per Sasuke si trattava più di frustrazione. Non gli piaceva la piega particolare che aveva preso la conversazione, non perché gli portasse alle mente ricordi non piacevoli, ma perché non sapeva come rispondere.
«Hai paura di non poterlo dire di nuovo l’anno prossimo?» chiese a bruciapelo, senza guardarla. In verità avrebbe preferito rimanere in silenzio, ma si trovò a parlare comunque.
Sapeva di aver centrato il punto principale della faccenda.
«Forse» ammise Sakura, dopo averci pensato qualche secondo. In fondo la verità era quella, che senso aveva tenerla nascosta? In un certo senso, la ragazza sentiva quasi fosse un dovere di Sasuke prendersi quelle responsabilità, almeno conoscere i sentimenti delle persone che un tempo aveva lasciato indietro e che avevano iniziato a corrergli dietro fino a che non l’avevano raggiunto. Certo, era anche vero che forse non ce l’avrebbero mai fatta se lui non avesse deciso di rallentare per poi fermarsi, ma le cose stavano così.
«Sakura…» cominciò Sasuke, vagando con lo sguardo, posandolo ovunque fuorché su di lei. Lo stava mettendo in difficoltà, non capiva come si potesse tenere una discussione del genere in un posto simile e…
No, la verità era che non sapeva di nuovo cosa dovesse risponderle. Cosa voleva sentirsi dire?
Passarono minuti in cui sentiva la voce di Naruto farsi spazio tra i suoi pensieri e lo sguardo di Sakura su di sé.
Dopo un po’ realizzò che non poteva dire a Sakura quel che voleva sentirsi dire per essere tranquillizzata, ma poteva dirle quello che sapeva. Quello che voleva lui.
«Non ce n’è bisogno.»
«Di fare cosa?» Sakura rispose subito, non comprendendo cosa volesse dirle.
Sasuke sbuffò, conscio anche lui che frasi del genere non potevano essere buttate lì per poi non ricevere qualche spiegazioni. Chiuse gli occhi per un attimo, poi continuò: «Né di farmi gli auguri né di farmeli più di una volta.»
«Puoi darmi qualche certezza?» chiese di rimando, ma sembrava più che altro una domanda di routine. Stava già sorridendo.
Forse, alla fine, non c’era bisogno di grandi spiegazioni, loro tre si conoscevano abbastanza bene da necessitare solo di un indizio, per poi lasciare che le cose continuassero da sé.
«No» ribatté immediatamente, posando finalmente lo sguardo su di lei «ma ci posso provare» ovvero ciò che voleva lui.
Sakura continuò a sorridere e Sasuke spostò di nuovo lo sguardo, prendendo a giocherellare con la carne sulla griglia.
Naruto smise di colpo di parlare e i due nemmeno se ne accorsero. Era proprio vero che quando si ci abituava a qualcosa di fastidioso questo diveniva quasi invisibile.
Naruto non parve apprezzare.
«Di cosa parlate così segretamente, mh?» chiese con sguardo indagatorio, sporgendosi sul tavolo.
Poi parve essere colto da una qualche illuminazione divina, infatti tornò indietro e spalancò gli occhi azzurri con una certa consapevolezza. «È per il mio compleanno, vero? Ah, ci pensate già adesso, che begli amici che ho-»
Naruto non ebbe tempo di finire la frase, dal momento che Sasuke gli infilò un pezzo di carne in bocca a tradimento.
«Taci, dobe, se non vuoi che le tue ultime parole siano delle enormi idiozie» commentò sardonico e senza togliere le bacchette dalla bocca del ragazzo.
L’Uzumaki biascicò qualcosa di incomprensibile, per poi appellarsi alla sua ultima salvezza. Guardò Sakura con fare implorante, ma l’Haruno lo liquidò con un’alzata di spalle.
«Probabilmente sarebbe così in qualunque caso» fece presente con semplicità, mentre afferrava un pezzo di carne.
Sasuke tolse le bacchette, a suo modo soddisfatto pure lui.
«Sakura chan! Perché siete tutti contro di me?! Ahhh, teme-!» le aveva tolte solo per prendere un altro pezzo di carne, chiaramente.
«Mangia e taci, baka.»
«Il baka sei tu che ti sei fatto fregare dai pomodori! Li hai pure seguit- così mi strozzi!»
«Appunto
Sakura sorrise, osservando i due compagni battibeccare.
Lo fece anche Sasuke, anche se più discretamente e con la certezza che avrebbe fatto del suo meglio per tenersi stretti quei due.



Natto: fagioli fermentati
Hikikomori: termine giapponese usato per indicare lo stile di vita di coloro che si sono ritirati dalla vita sociale.


Potevo forse dimenticarmi il compleanno di Sasuke?... beh, forse sì, ma visto che mi girava quest'idea in testa tanto valeva scriverla XD
In teoria è legata a Haru no kanji, ma in pratica si può leggere anche senza conoscere l'altra, l'unico filo conduttore sono le stagioni Xd e il fatto che vivono insieme dopo che Sasuke glielo ha gentilmente chiesto/offerto/ordinato/imposto. E il titolo, comunque, vuol dire qualcosa come 'sensazione d'estate', visto che lui è nato a luglio era proprio perfetta come idea (: ciò non toglie che l'ho resa in maniera parecchio stupida, ma dettagli, non credo sarebbe uscito di meglio anche se l'avessi riscritta XD
Chiedo venia per gli erroretti che ovviamente troverete, perché anche se l'ho riletta quattro volte qualcosa c'è comunque e visto che la mia beta è andata in vacanza trulla trulla, dimenticandosi di me, beh, spero comunque non ce ne siano troppi XD
Non so se il natto faccia effettivamente schifo, non l'ho mai assaggiato e, a quanto pare, ai giapponesi piace... diciamo solo che a vista a me ha fatto un po' senso, perciò facciamo finta che i gusti di Naruto e Sasuke per un attimo sono stati i miei :/
  
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