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Autore: marta_smolder    24/07/2013    4 recensioni
Dean Winchester e Caroline Forbes, sono due persone totalmente diverse l'una dall'altra, ma destinate ad appartenersi.
"Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre mai s’era potuta riconoscere così.
Lui aveva ancora il sole negli occhi, quello rosso scuro dei tramonti d’agosto e d’improvviso in un giorno bianco di neve la luce calda dei suoi occhi si era specchiata in quelli di lei: freddi, grigio acciaio.
Invano lo cercò lei, era fuggito.
Lui temeva quegli occhi, impaurito e attratto dalla stanchezza dello sguardo di chi ha visto, vissuto, infine capitolato di fronte a quel turbinio di immagini che lascia il vuoto dentro.
Occhi che ricercano, scrutano, mai capaci di sottrarsi. Ma il calore degli occhi di lui , quello che scalda la neve, era ormai lontano, scosso dal gelo che che aveva visto.
E così si erano conosciuti e nel gelo lui si era ormai saputo e lei, che si sapeva da sempre, finalmente si poté riconoscere."
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessuna stagione
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-"Dean Winchester?"

Una voce squillante pronunciò il mio nome, irrompendo nel silenzio di un caldo pomeriggio estivo.
Non era un tono del tutto sconosciuto, riuscivo a distinguere qua e là note già familiari alle mie orecchie, anche se mettere a fuoco il volto del padrone di tale suono sembrava quasi impossibile.
Il mio indice non si fece pregare due volte e in breve si diresse verso l'alza cristalli elettrico, che fece scivolare giù in un batter d'occhio.
L'aria calda inondò la mia auto, lasciandomi in una bolgia di umidità per qualche istante.
Scrollai il capo, cercando di distrarmi e in tal proposito, mi affacciai dal finestrino, ormai aperto, sporgendomi il più possibile verso la fonte del suono, fino a quando ogni rumore attorno a me si arrestò, lasciando campo libero alla melodia del mio cuore, che per qualche ragione inspiegabile, cominciò ad accellerare i battiti, in un "boom, boom" che scandiva velocemente i secondi che sprecavo lontana da lei.

-"Caroline?"
Sussurrai, incredulo. Era lì, per davvero. I suoi occhi erano inconfondibili, colmi dei colori dell'oceano e del cielo, incorniciati da biondi capelli che le ricadevano morbidi sulle spalle. Gli anni trascorsi, l'avevano solo resa più bella. 
Il suo viso si illuminò non appena pronunciai il suo nome e le nostre labbra si distesero nello stesso momento, come se fossero state sincronizzate. Vederla mi aveva riempito il cuore di felicità, era una conquista vedere ancora viva la gente che conoscevo. Affrontavo Morte ogni giorno e sapevo quanto fosse facile per il cavaliere recidere i fili delle vite umani.

Mi affrettai a posteggiare la macchina sul ciglio della strada, catapultandomi fuori, non appena spensi il motore. 
L'ultima volta che ci eravamo visti, avevamo poco più di sedici anni e non ci eravamo salutati esattatamente in buoni rapporti. Ma il suo sorriso sembrava aver rimosso tutto.
Ci eravamo conosciuti proprio lì, al liceo di Mystic Falls. 
Mio padre aveva mollato me e Sammy in quella città per qualche settimana, il tempo di concludere la caccia ad un paio di demoni e poi ripartire.

Caroline mi colpì subito.
Il suo viso angelico mi aveva incantato e non perdemmo tempo prima di cominciare a frequentarci e a rinchiuderci nello sgabuzzino del bidello, per baciarci e coccolarci di nascosto.
Poi però, un giorno cominciò a parlare di progetti su di noi, sul nostro fututro, a volermi presentare ai suoi, a immaginarci insieme per sempre. Ed io sapevo che tutto ciò sarebbe stato impossibile. Sarei rimasto a Mystic Falls per un paio di settimane e non potevo continuare ad illuderla così. 
Decisi quindi di lasciarla nel peggiore dei modi: mi feci trovare proprio lì, nel nostro sgabuzzino, con un altra ragazzina, distruggendole il cuore. Ma odiandomi, mi avrebbe dimenticato più facilmente.

- "Dio, quanto tempo è passato?"
Mi chiese poi, senza staccarmi gli occhi da dosso. 
Il mio stupido sorriso era rimasto lì. Continuavo a fissarla a bocca aperta senza riuscire a pronunciare una frase sensata con più di tre parole. Il mio sarcasmo e il mio carisma, erano andati a farsi fottere non appena i miei occhi avevano incrociato i suoi.
Così mi limitai a fare spallucce e a continuare a fissarla come un idiota.
- "Come mai da queste parti?"
- "Ho alcuni affari da sistemare."
Mormorai in fretta, aggrottando le sopracciglia. Di certo non potevo assolutamente dirle "un paio di piste da seguire sui vampiri" o roba simile.

Erano secoli che la mia famiglia ed io cacciavamo le creature dell'oscurità.
Avevamo definito questo compito come una sottospecie di impresa familiare, che avevamo ereditato dai nostri genitori. 
Eppure Sam aveva deciso di abbandonarmi. Aveva scelto di vivere una vita normale, lontana da demoni, fantasmi, vampiri e qualsiasi altro mostro che abitasse nel buio. Fin da piccolo rimpiangeva il giorno in cui nostro padre gli aveva dato una calibro 21 con pallottole al sale, insegnandogli a combattere e a difendersi. Lui detestava tutto questo, e finalmente aveva trovato la forza di mollare tutto - me compreso - e dedicarsi a se stesso. 
In fin dei conti lo capivo. Cacciare non era un semplice lavoro, ma uno stile di vita. Non come essere emo, punk o anticonvenzionale, per carità. Era un vero e proprio modo di affrontare la vita e di correre rischi continui ogni giorno.
Insieme a mio fratello mi sentivo al sicuro, ma anche più debole. Papà ci aveva insegnato a non affezionarci troppo agli altri, perchè sarebbero stati i nostri punti deboli. Quando combattevamo eravamo attenti a salvarci l'un l'altro la vita, ma ora, senza di lui, era tutto diverso. Ma di mollare tutto non se ne parlava. Sentivo addosso il peso di proteggere il mondo e niente mi avrebbe impedito di farlo. 

Beep. Beep. Beep.

Un nuovo suono comparì nella mia testa. Mi portai le mani alle orecchie, come per tapparle e capire da dove provenisse, ma questa volta non fu possibile. Chiusi momentaneamente gli occhi, fino a quando la suoneria di un cellulare non richiamò nuovamente la mia attenzione. "Fottuti rumori, oggi." pensai.

- "Oh, perdonami Dean. Chiamami per un caffè!"
Mi liquidò in fretta Caroline, mentre trafficava con le mani nella borsetta, rispondendo al cellulare. Mi diede un'ultima occhiata, lasciandomi in mano il suo biglietto da visita e agitando nervosamente la mano destra, salutandomi.
Rimasi qualche minuto lì, sull'asfalto a fissarla correre via verso la sua auto. Poi misi il biglietto in tasca, avviandomi verso l'impala ancora stordito.

 

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