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Autore: Luna_R    24/07/2013    0 recensioni
Azzurra e Flavio sono gli opposti che si attraggono e si respingono con la stessa forza.
Muovono una storia dalle tinte complicate ma capaci d'amarsi di puro amore.
Saranno il tempo e la determinazione a sancire per loro un degno inizio o la più blanda fine.
*Capitolo 1.
«Vuoi?»
«Voglio te. Da due ore e mezza.»
Scivola sinuoso dallo sgabello e sento pizzicarmi il ventre; mi toglie il bicchiere dalle mani appoggiandolo accanto al suo ancora pieno. Getto le mani in avanti per fermarlo, mi piace provocarlo, ma lo vedo piegarsi sulle ginocchia e afferrare me per le mie.
«Flavio, mettimi giù!»
Ubbidisce solo quando raggiungiamo il letto e le profumate lenzuola porpora. «Tutte le volte dici che devo viaggiare solo.» Distribuisce baci dal mento al collo, parlando piano, flebile. «Credevo ti piacesse, viaggiare con me.»
«Mi piace.» Sussulto, con le mani affondate nei suoi folti capelli.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Azzurra D’Amore.

Una storia semplice

 

 

 

Ma non è colpa mia se per noi questo è vivere.

Una storia semplice _Negramaro.

 

Capitolo 2.

 

«Aspetta, ti prego.»
«
Lasciami stare, ti ho detto!»

 

Flavio è impazzito. Dopo il corso sono schizzata fuori dalla sala congressi dritta in camera a fare le valigie per tornare a Roma e mi ha seguito fin lì, lasciando a bocca asciutta quanti volevano complimentarsi; non ho portato quasi niente, mi agito e butto tutto per aria ma nel giro di venti minuti ho finito e prenotato un taxi per la stazione. Lui è lì che mi fissa con quegli occhi piccoli che vorrei scavare via a mani nude; quel nero colato.. mi guarda e mi implora.

«Non vuoi neanche ascoltare cosa ho da dirti?»

«Perché adesso vuoi parlare?!» Rido beffarda più per difesa che per cattiveria. Non sono cattiva, non lo sono mai stata anche se avrei voluto tanto; avrei voluto scopare con questo uomo bellissimo anziché farci l’amore, avrei voluto riempire il tempo con la consapevolezza di tirarmi indietro quando avrei voluto anziché sospirare ogni attimo passatogli accanto. Avrei voluto un sacco di cose ma quello che voglio io non conta più niente ormai. “Voglio solo volere andar via.” «Spostati, non mi interessa cosa vuoi dirmi. Ho sentito abbastanza e quello che ho sentito fa schifo e niente, assolutamente niente di quello che potrai dire cercando biecamente di giustificarti mi farà cambiare idea in merito.»

«Lo so, ma io ho qualcosa da dire.»

«Ah ma davvero? Dov’era ieri la tua voglia di parlare dottor Spagnoli?» Lo guardo gelida, ferma. «Puoi comandare i tuoi subordinati ma non me, perché io non voglio starti ad ascoltare. Non più. Mi hai riempito la testa di parole, ma non erano altro che chiacchiere.» Dalla reception un trillo mi avvisa che il taxi è arrivato. Ci guardiamo un ultima volta, alzo il manico al trolley e lo oltrepasso sfiorandogli la spalla; è un attimo, un fremito, un sospiro smorzato.

«Non andare.»

Ma non lo ascolto veramente, chiudo gli occhi e chiudo anche il cuore; in ascensore piango, contro volere ma piango perché come sempre sono stata schiacciata dal bene che sono in grado di provare e non ho avuto in cambio nulla.

 

Chiara ho avvisato l’azienda che mancherò un paio di giorni.

Sto bene, stanca ma sto bene.

Un bacio tesoro.

 

Spagnoli ti ha stremato?:)

 

Oltremodo : (

 

Spengo il cellulare, non voglio rischiare -nel mezzo del cazzeggio con Chiara- di sentirlo ancora. Il viaggio prosegue senza intoppi e per mia fortuna sono a Roma in perfetto orario; non so cosa devo fare, oltre recarmi a casa, farmi un bel bagno rilassante, strappare via certi momenti dal cuore e cancellare per sempre Flavio Spagnoli dalla mia vita. Non ho davvero nulla da fare! Decido di rimandare il momento tragico della rimozione ricordi ad un’altra volta e così senza pensieri, mi accingo a saltare su un altro treno –un regionale che in un ora scarsa mi porta fuori città, al mare- e a bussare ad un portone che mi ha accolto infinite volte.

 

«Mi fai entrare?!»

 

Il ragazzo sulla porta si fa trovare con un sorriso consapevole e sincero.

Riccardo e io ci conosciamo da secoli, diciamo che lui è la mia ancora di salvezza in momenti tragici come questi; abbiamo frequentato lo stesso liceo e la stessa classe per cinque lunghissimi anni, anche se le nostre famiglie si conoscevano già da tempo. E’ il tipo di ragazzo che piace a tutti perché è sincero, altruista e se ama una persona è disposta a tagliarsi un braccio pur di vederla sorridere; lui mi ha salvata un sacco di volte, a scuola e anche dopo quando non ho smesso di essere la calamita attira catastrofi.

Mi squadra da capo a piedi prima di farmi entrare, con il suo tipico atteggiamento da papà apprensivo.

«Se mi avessi avvisato del tuo arrivo ti avrei fatto trovare qualcosa da mangiare. Sei magra da fare schifo.» Mi stringe il braccio e scuote il capo; va verso la cucina e mi accorgo solo dopo aver spostato l’attenzione sulla sala che c’è una ragazza bruna seminuda sul divano intenta a fumarsi una sigaretta.

«Ciao, io sono Azzurra.»

«Miria, piacere.»

Abbandono il trolley in un angolo, dirigendomi in cucina. «Senti ma.. non è che ti sto disturbando?»

«Ma dai figurati! E comunque se ne stava andando, lei. »

«Mica tanto eh, l’ho vista bella accomodata.» Mimo il gesto di fumare e rido. «Bella però. Cavolo Rich, tu si che hai capito tutto della vita.»

Posa il coltello sul piano lavoro e butta il trito di carote e cipolle in una padella, prima di girarsi a guardarmi con aria compita. «Che è successo stavolta? Sono sei mesi che non ti fai vedere, cavolo ho pensato.. sarà la volta giusta?»

«Sono una stronza lo so.» Mi alzo, apro il frigo e stappo una birra. «Ma stavolta ho fatto una cazzata esagerata. Sto veramente a pezzi.»

«Lo vedo.» Indica la divisa che ho addosso. «Che fai arrivi? Parti?»

«Arrivo.»

«E quindi, la cazzata? Ti ho lasciata tutta cuori e fiori.» Fa finta di ficcarsi due dita in gola e mi guarda schifato.

«E’ sposato.» Trasalisco al sol pensiero.

Allarga le braccia, il sorriso all’ingiù. «Te lo ha detto lui?»

«Oddio, non tecnicamente lui. Ho ascoltato una conversazione..»

Adesso ride, un sorriso che coinvolge gli occhi; adorabile. «Sei la peggio. Almeno sei sicura di aver sentito bene?»

«La parola matrimonio è abbastanza eloquente non trovi? C’era questa tizia e parlava di una certa Susanna e che dovevano darsi un’altra possibilità, che lei stava meglio e chiedeva sempre di lui. Cosa dovrei pensare secondo te?»

«Ok, ma lui che ti ha detto? Magari è una ex. Non mi sembra poi tanto grave.»

«Grave è che non mi ha detto un cavolo di niente in sei mesi e neanche dopo! Se ne è stato impalato a vedermi andare via senza muovere un dito. Cioè cazzo, combatti no? Evidentemente non sono così importante come ritenevo d’essere, tutto qua.»

Mi leva la birra di mano e intanto con l’altra gira il sugo per la pasta; sale un odore intenso e mi accorgo di avere fame veramente. La bruna fa capolino in cucina con i capelli umidi tirati su e profumata di vaniglia, ci guarda, va verso Riccardo e lo bacia velocemente.

«Ho fatto una doccia, spero non ti dispiaccia. Sono stata bene.» Si morde il labbro. «Il numero è sul comodino. Ciao Azzurra.» Fa per andarsene ma torna sui suoi passi. «Scusa ma.. involontariamente ho sentito tutto, posso dirti una cosa?» Alzo le spalle. «Quale relazione può vivere se basata su una menzogna?»

«Esatto, proprio questo. Voglio dire non potevi dirmi subito che eri o sei sposato.. ancora non lo so.. e far decidere me se voler essere presa per culo o no?»

«Certi uomini sono fatti così. Non hanno le palle per decidere quale paio di mutande indossare, figurati se sanno indossare una relazione.» E in attimo siamo tutte e due con lo sguardo su Riccardo, il quale se la ride nervosamente.

«Non guardate me, eh! So che mutande mettermi, giuro!»

«Vabbè, io vado eh.» Miria alza il mento e stavolta se ne va davvero.

«Grazie!» Le urlo dal mio sgabello, poi torno su Rich e sul suo labbro corrucciato. «Ma che aspetti, scusa? Perché non le dici di restare? Sai quale mutanda mettermi però sei duro di comprendonio eh. Non l’hai capita la manfrina?»

«Oddio dici che..»

«Eh già. Senti è una gran gnocca, simpatica e pure sveglia. Un piatto di pasta non è mica un contratto col sangue.»

Si puntella sui piedi, sospira e corre a riprenderla. Ecco, io non capirò nulla di uomini e Riccardo è il mio salvagente da più o meno tutta la vita ma per una volta, unica e irripetibile lo so, sono contenta di averlo potuto aiutare io.

 

 

Rich mi passa al volo il cuscino, mentre timido mi dice che Miria si tratterrà anche per la notte.

«Hai capito.. te le sei cambiate le mutande?»

«Oddio, basta con questa storia eh!»

Rido buttandomi di peso sul letto; indosso una delle sue magliette extra large e ringrazio il cielo di non dovermi sentire a disagio se preferisco dormire in mutande. La vestaglia di seta che ho indossato a Firenze per Flavio sarebbe stata una cosa dolorosissima da tirar fuori; mi accuccio stordita, lui di nuovo prepotente fra i miei pensieri. Rimugino sul cellulare ancora spento, sbuffo incerta ma lo lascio lì nel fondo della borsa inanimato.

«Puoi chiamare mia madre e dirgli che sto bene? Resterei da te qualche giorno se sei d’accordo.»

«Tutto il tempo che vuoi piccola.» E mi bacia la guancia. «Però mi devi promettere che farai qualcosa per tirarti su. Mettilo sotto con la macchina o ignoralo se preferisci, ma fa qualcosa. Non mi piace vederti giù.» Lo abbraccio e sospiro; il mio grande Rich. «Domani ce ne andiamo al mare.»

«Non ho il costume.» Bofonchio con la faccia schiacciata sulla sua spalla.

«Non sarebbe la prima volta, brutta sporcacciona!»

Sorrido ripensando a tutte le cavolate che abbiamo fatto insieme e nel farlo mi lascio cullare in sonno leggero e calmo dove non esistono mostruosità e il mio cuore è libero di volersi bene e volerne un po’ anche me.

Il paio di giorni si trasformano come niente in quattro, nel pomeriggio mentre io e Rich siamo a fare la spesa in un market non lontano da casa sua mi trilla il telefono; non ho resistito e in più mia madre ha minacciato di mandarci quelli dei Nas se non avessimo fatto in modo di far tornare attivo il mio cellulare.

Nella sola giornata di domenica mi ha cercata circa cinquanta volte e sette messaggi più o meno tutti uguali e disperati; dove sei, parliamone, mi manchi, ti prego.. ti prego cosa?

Ho una soglia del dolore molto alta, tendenzialmente riesco a superare un dramma in circa tre giorni, il dolore diventa assuefazione che diventa a sua volta rabbia, odio se sono proprio in vena. Decisamente lo sono.

Lo detesto con tutte le mie forze.

Dopo lunedì e circa altre trenta chiamate ha smesso di tormentarmi; beh, di tormentare un telefono muto. Immagino la soddisfazione nel riporre in una laconica voce che ti informa che tizio non è raggiungibile, tutti i tuoi perché; per un po’, assaporo il dolce gusto della vendetta. “Ben ti sta, stronzo!”

Guardo angosciata verso Riccardo che posa la confezione di gelati e sospirando prende il telefono al posto mio; siamo a giovedì, perché vuoi tormentarmi proprio di giovedì?

«E’ Chiara.» Scorre il testo e vedo montare un certo divertimento sulla sua faccia; glielo sfilo malamente e lui mi fulmina con lo sguardo «Ti divertirà, vedrai.»

 

Brutta stronzetta che non sei altro, quando avevi intenzione di dirmelo?

Spagnoli mi ha tormentato per due giorni per farsi dire dove ti fossi cacciata.

Alla fine ho ceduto, ma la storia che ti sei dimenticata il beauty case

in albergo e vuole rispedirtelo non è originale, eh. Diglielo! :S

 

Cosa hai fatto! E’ pazzo, non lo sapevi?:(

 

Mi stai dicendo che è una specie di maniaco? Aiutononlosapevo.

 

Sì. : (

 

Cazzo.

 

Scherzavo! : ) Ma ti prego dimmi che non facevi sul serio anche tu.

 

No, sono serissima.

 

Cazzo.

 

Scherzavo! Col cavolo.. che gli davo l’indirizzo. Non prendertela dai, mi ha fatto tenerezza.

Non so cosa è successo fra voi due (giuro ti uccido quando torni)

Ma sembrava davvero a pezzi.

 

Ps=Come è a letto?

Un po’ ci speravo che finisse così. : )

 

Sa dove sono.

Panico. Panico. Panico.

Non voglio vederlo o meglio muoio dalla voglia di rivederlo, ma non così; sono in uno stato pietoso, Riccardo mi ha trasformata in una specie di trita rifiuti facendomi ingoiare praticamente cibo ogni tot ore col risultato che ho la faccia devastata, i capelli da fare schifo e le sue vecchie tute addosso da quattro giorni. Non voglio vederlo, voglio stare nel mio stato di pietà ancora molto a lungo. Non voglio assolutamente vederlo.

 

«Cosa ci troveresti di tanto divertente in questo messaggio, me lo spieghi?»

«Per prima cosa era ora che ti dessi ad un po’ di azione. Non fraintendermi.. ti adoro, ma quando sei in modalità depressa sei insopportabile. Punto secondo, io sarò lì a godermi la scena se il tizio è così pazzo da venire a cercarti. Punto terzo, Chiara ti farà il sedere e la cosa è un vero spasso!»

«Grazie tante. Ridi delle mie disgrazie, che amico!» Spingo il carrello più avanti e lo lascio inveire con la cassa d’acqua in mano; mi raggiunge e la butta dentro malamente, un vasetto di yoghurt si spappola sotto il suo peso.

«Bravo. Guarda che casino hai combinato!»

«Ma smettila di frignare. E’ solo un po’ di yoghurt.»

«Io non frigno!»

«Si tu frigni. Lo fai sempre. Con Luca hai frignato. Con Mirko hai frignato. Con..»

«Oh, frena! Non ho tutti questi ex.»

«Menomale, il mio fegato ti ringrazia! Per una volta che hai beccato uno che si sparerebbe ‘sti novanta chilometri per venire a chiarire, stai qui a farti paranoie. Ma non era quello che volevi, infondo? Tutte brave a lamentarvi e poi quando il principe azzurro arriva, gli azzoppate il cavallo.»

Lo era? Era vero che volessi mi raggiungesse? Oddio fremo all’idea delle sue mani, delle sue labbra, della sua voce. “Che bisogno ho dei capelli a posto? Dei bei vestiti, la faccia migliore. Io voglio lui è vero!”

«Rich hai maledettamente ragione.»

«Come sempre piccola.»

«Però era meglio se avessi detto.. quando il principe arriva, scappate con quello sull’Harley!»

«‘Fanculo cretina!»

 

 

E’ un sabato pigro a casa di Riccardo; oggi non lavora e ci stiamo godendo il cofanetto di Sex and the City che gli ho regalato un San Valentino di alcuni anni fa. Non siamo mai stati fidanzati, non ne saremmo stati capaci ma ci piace comunque scambiarci regali e il bello di averlo nella mia vita corrisponde al fatto che per farmi felice se lo è fatto regalare ben sapendo le ore che avrei speso a casa sua e l’amore spropositato per Carrie&Co.

Miria è in cucina che prepara un tiramisù alle fragole, ogni tanto fa capolino e recita qualche battuta; è peggio di me, le sa a memoria! Da quella Domenica famosa non se ne è mai andata via veramente; sospetto che il mio Rich stavolta faccia sul serio. Sarei più che felice, i lunghi anni di scopazzate a destra e a manca hanno rotto le scatole anche a lui e poi a dirla tutta lo vedo bene con una donna fissa accanto. Lui è un papà mancato; dolcissimo, comprensivo ma autoritario quando serve. A venticinque anni ha un lavoro serio in banca e una famiglia solida alle spalle; quello che si direbbe un ragazzo inquadrato, con sfumature di pazzia che lo rendono speciale.

 

«Questa puntata mi fa venire i lucciconi agli occhi.» Miria ci passa i popcorn e si mette seduta accanto a Rich; lui le posa il braccio intorno alle spalle e le bacia i capelli.

«Qui è quando Big viene operato al cuore e nella guarigione sembra quasi un altro. Ve lo ricordate?»

«Che stiamo facendo? E’ di noi che parlo, che stiamo facendo?» Ripeto la battuta di Big con enfasi.

«Già e Carrie gli dice che non lo sa e si guardano in quel modo assurdo!»

«Oddio sì, ho i brividi!»

«Ehi voi due, vorrei vederlo se non vi dispiace!»

Rich le fa la linguaccia e quando Miria torna con il viso alla tv le si butta addosso senza pietà, facendo rotolare la ciotola con tutti i popcorn ai piedi del divano. Tipico suo e ci toccherà ripulire! Mentre mi chino per aiutarli a sistemare, suona il campanello.

Ci guardiamo manco fossimo in un film dell’orrore, l’unico che sghignazza è Riccardo, anche il primo ad alzarsi per andare ad aprire. Torna dopo qualche minuto, il viso teso.

«Gli ho detto che se ti fa soffrire gli spacco la faccia.» “Flavio!” Provo a dire qualcosa ma le parole non ne vogliono sapere d’uscire così annuisco e mi alzo come un automa in direzione della porta. «Cazzo, però ha fascino.» Mi sciolgo e gli sorrido come un ebete; quando mi porto fuori dalla loro vista sento Carrie e Big parlare di nuovo ma a volume bassissimo.

 

«Azzurra.» E’ seduto in cucina, con un bicchiere colmo d’acqua davanti a se. “Se è bello, mamma mia.”

E’ vestito informale, una polo chiara su dei pantaloni che non gli ho mai visto addosso; solo adesso mi accorgo di averlo visto poche volte vestito a quel modo e sorrido amaramente, passando in rassegna i diversi vestiti che indosso anche io; un pantalone sportivo di Riccardo e una t-shirt che Miria mi ha portato dal suo armadio. Non faccio poi tanto schifo ma quando sognavo di stare in altri abiti in sua presenza non intendevo proprio questi.

 

«Ciao Flavio. Come stai?» Il mio super autocontrollo ha la meglio sul cuore, riesco ad articolare qualcosa per fortuna; è tutta una questione di respirazione, questo spiegano a certi corsi si self control.

«Senza di te? Un vero schifo. Ti prego, possiamo parlare?»

«Solo se smetti di dire ti prego. E scriverlo. Mi da la nausea, nessuno prega nessuno.»

«Ok. Mi sei mancata. Ti posso abbracciare?»

«Vuoi il permesso?» E non appena finisco di parlare si alza e mi paralizza in una morsa impetuosa.

“Il suo odore. Il suo meraviglioso odore. Oddio lo amo, sì lo amo proprio.” «Ti sono mancata proprio tanto.»

«Scusa, sì tanto.» Prende il respiro e mi slega non allontanandosi troppo. Occhi neri, occhi scuri, occhi ardenti e agognati. «Non sono sposato tanto per cominciare. Ma lo ero, tempo fa.»

Prima pallottola sparata; e mi centra proprio bene. «Lei chi è, Susanna?»

«Sì. Sua madre, Lidia, è originaria di Firenze.»

Seconda pallottola. Firenze. Brucio di gelosia.. hanno respirato la stessa aria.

«Che ne è stato del vostro.. del vostro..» Non riesco a dirlo. Mi fa male.

«Ci siamo lasciati quasi subito.»

«Perché?» Mi interessa davvero? E’ importante? “Ah, fanculo sì!”

«Non è importante.»

“Non cedere! Non cedere!” «Per me lo è.»

«Mi fa male ricordarlo. Ti p.. prego.»

Voltastomaco. «Perché, la ami ancora?»

Mi guarda disgustato. «No!» “Ami me?!”Questo non riesco proprio a dirlo e fluttuo nell’immobilità, lui se ne accorge e continua. «E’ una vecchia storia finita male ma ci sto lavorando su. Non sono stato esattamente il miglior marito ma le volevo bene e gliene voglio ancora, questo sì. Ma solo questo, te lo giuro.»

«Non giurare cazzo! Sai parlare senza pregare e senza promettere nulla che non sei in grado di mantenere?»

«Azzurra io non ho mai promesso nulla proprio per questa mia inadeguatezza nel confrontarmi con i miei sentimenti, ma credimi se ti dico che sono pronto per un tentativo se vuoi.»

«Inadeguatezza? Ci stai lavorando? Mi spieghi cosa stai dicendo?»

«Mi sento in colpa e questo non mi aiuta nelle relazioni con le donne. Questo è quanto dice anche il peggior terapeuta. Ma sai che novità.»

«Ok, vai da un’analista quindi.»

«Ogni tanto. Ma sono passati tanti anni, la situazione è migliorata.»

Ripenso alla dolcezza di certi momenti vissuti insieme e subito dopo ai suoi occhi evasivi e al panico quando gli ho detto che lo amavo riuscendo a capire perfettamente di cosa parla. “Sarà mai in grado d’amarmi?!”

«E dov’è il problema, allora?»

«Che vorrei tanto sbloccarmi, ma questo mi spaventa.»

«Ti spaventa cosa?»

«Sbagliare, una cosa del genere, sì. Non voglio farti male, eppure lo faccio.»

«Già il problema è proprio questo. Chi mi dice che non mi stai prendendo per il culo? Chi mi dice che non mentirai ancora? Chi mi dice che io posso fidarmi di te? Fiducia Flavio è una cosa importante.»

«Lo so, nonostante i miei cazzo di errori, lo so! Tu sei speciale per me. Credimi se puoi.»

«Vorrei.»

«Fallo. Sono vere le cose che ti ho detto, tutte quante.»

“Ma non mi hai detto che mi ami.” Mi stringo nelle spalle, annego nella voglia di essere stretta ancora fra le sue braccia. Non so se posso fidarmi, non mi ha detto tutto e quello che mi ha detto mi ha sconvolta. Inadeguatezza è una parola così tanto tecnica.. poco di pancia. «Perché Flavio, andava tutto così bene.» E mi accorgo di quanto in realtà il bene nostro era un qualcosa di finto e per questo mi fa piangere. «La nostra bolla. La nostra perfetta bolla di inconsapevolezza dove riuscivo, anche se per poco, a sentirmi alla tua altezza, degna di te.»

«Ma lo sei. Ed io sono un cretino.. » si avvicina e mi prende a se nuovamente, «non è colpa tua se sono uno che ha problemi ad amare una donna straordinaria come te.» “No!” Il terribile uomo anaffettivo di cui fin da ragazzina ho sentito parlare dalle ragazze più grandi di me esiste davvero e per mia sfortuna non l’ho solo beccato, me ne sono anche innamorata! Cerco di divincolarmi ma le sue braccia si estendono per tutta la schiena; cerca di rilassarmi strofinando la guancia contro i miei capelli.

«Dammi tempo, anche se non sono bravo con le promesse. Ho bisogno di te, lo senti?» Sento come mi stringe. «Senti qua, ascolta il mio cuore.» Mi prende la mano e se la posa sul petto.

«Accidenti quanto rumore.» Lo sento sorridermi addosso e piegarsi sul mio viso; le sue labbra in un attimo sono sulle mie e ci baciamo pieni di passione e qualcosa di più disperato, irrazionale, primordiale. Le nostre mani restano intrecciate sul suo petto, anneghiamo l’uno addosso all’altra, spaventati dalla potenza dei nostri sospiri e respiri; apro gli occhi e lui mi guarda, le nostre lingue sui denti, sulle labbra, un altro bacio e poi un morso. Chiudo gli occhi e ridiamo e lontano molto lontano, mi ricordo di Carrie&Mr.Big e che forse ce la possiamo fare anche noi.

 

 

C’era voluto il miglior cardiochirurgo di New York, ma il cuore di Big era finalmente sbloccato.

Addirittura spalancato.

Cit. “Effetto Domino” _Sex and the city.

 

 

Riprendere il lavoro dopo una settimana di stravizi non è cosa semplice; tanto per cominciare la gonna della divisa mi tira e per questo dovrò punire seriamente Miria e i suoi tiramisù bomba, secondo poi rivedere lui dove tutto è cominciato, dopo quello è successo ultimamente fra di noi.. mi fa stare completamente con la testa fra le nuvole. Più del solito, da non crederci! Se a questo aggiungiamo la voglia di starci sempre addosso abbiamo un cocktail letale di passione, libidine e disattenzione per tutto ciò che ci circonda.

«Sei così bella.» Maria Rita ha sempre qualche scartoffia da recuperare infondo ai baratri che sono i nostri archivi sul piano, per questo quando mi interpella alla fine lo faccio sempre con il sorriso e Chiara se la ride ormai in sintonia con il nostro gioco; ogni volta che apro quella porta –piccola, rossa con la dicitura “solo personale addetto”- lo trovo lì ad aspettarmi, a volte già nudo, spesso assorto, il più delle volte fra le scartoffie anche lui. La prima soluzione è quella che mi piace di più, già.. proprio come adesso che seduta sul suo grembo sento le sue gambe flessuose sfregarmi sulle cosce nell’attrito di spinta per la risalita; mi tengo salda allo scaffale alle sue spalle e intanto gemo il mio piacere sulle sue labbra dolci e succose. «Ti voglio sempre di più.»

«Sono tua.» I fogli tremano, io tremo, lui trema ed esplode.

 

«Siamo irrecuperabili.» Mi asciugo veloce con una salvietta rinfrescante gettandogliela in faccia con una smorfia. «la prossima volta la boss manderà una squadra di ricognizione a cercarci.»

«Assolutamente no. La galleria ha ingresso privato.»

«Solo personale addetto.»

«Io e solo io sono addetto a te.»

Esco per prima con un fascio di fogli al petto, mi do una vigorosa scrollata ai capelli ed entro in stanza dalla responsabile; mi guarda come se si fosse completamente dimenticata che esistessi e fa un gridolino di stupore solo quando vede ciò che stringo fra le mani. Poco dopo Flavio arriva alle mie spalle, sospira e prende posto sulla sedia difronte a quella di Maria Rita; ha i capelli scompigliati ma tutto sommato non così diversi dal solito.

«Azzurra?!»

«Oh sì, ecco» Mi affretto nel consegnare il materiale e svignare via, M. Rita ha cambiato tono e quando lo fa aria di problemi in vista; getto un’ultima occhiata fugace all’uomo di tutti i miei sogni proibiti ed esco.

«Dove eri finita Dio mio!» Chiara sbuca dal corridoio mulinando passi veloci su tacchi dodici, sventolandosi con delle cartellette rosse. «Riunione all’ultimo momento. Agenti, venti, penne e blocchi. Se non ci fossi io!» Me la trascino in sala riunioni e gli faccio cenno d’abbassare la voce, indicando la stanza oltre le parete.

«Eri con lui?» Bisbiglia ed io annuisco energicamente con la testa.

«Hai un aspetto invidiabile. Ma come fa?!»

«E’ il numero uno.»

«A me è capitato il numero ninja invece! Quando io e Piero finiamo di fare l’amore sembro un lego smontato!»

«E ti lamenti?»

Scoppiamo a ridere ma dei passi strusciati ci avvisano della presenza di qualcuno; la boss parla a Flavio–dai sospiri capisco che è lui- con una voce un po’ troppo confidenziale ed attivo il radar/conversazioni.

«Ma dai Rita questa storia non la capisco proprio. Sono abituato ad altro, mi dispiace.»

«Ma come non sei contento? Roberta Saona è la nostra punta di diamante, nonché una bellissima donna!» La sento ridere civettuola e il radar/conversazioni perde campo passando a linea/ansia; che cazzo c’entra la stangona milanese con Flavio adesso? «E poi si tratterebbe solo di un fuori sede, al posto della hostess ti aiuterebbe lei e farebbe pratica con questo genere di appuntamenti. Come si dice, due piccioni con una fava!»

“La stanga deve prendere il mio posto? Chi lo dice!”

«Cerca di non romperlo per piacere!» Chiara mi sgomita togliendomi il videoproiettore dalle mani. «Perché non torni in reception, magari sta suonando il telefono e siamo tutte e due qui.»

Nego con il capo, se uscissi adesso me li troverei difronte e sarei costretta a perdermi stralci del momento confessionale. «Azzurra, vedi di essere seria.» Già, glielo ho promesso; l’unica richiesta da parte sua per il prezioso silenzio è stata assicurarle che non ci avrei messo nei pasticci con la mia cotta subissale, così controvoglia esco dalla stanza e mi becco la plateale visione della stangona su Flavio. “E’ quiii?! Merda!”

Mi è sempre stata sulle scatole a dire il vero, il suo modo di guardarci –anche adesso, mi squadra da capo a piedi mentre lancio uno sguardo interrogativo in direzione di un catatonico Flavio- sempre con quell’aria da snob puzza culi della serie “siete delle cacche al mio confronto”, da farti venir voglia di prenderla per i capelli e sbatterla per aria. “Oddio che aggressività; devo farmi dare il numero dello specialista di Flavio.”

Scivolo via da quella situazione ridendo dei miei pensieri quando la sento aprire bocca fra il ticchettio spedito dei miei tacchi e un colpo di tosse da una delle porte del corridoio; in questo preciso momento vorrei volare.

«A quanto pare da domani niente hostess caro Spagnoli. Ci faremo compagnia come i vecchi tempi..»

“Come i vecchi tempi.”

Maria Rita tossicchia presumo imbarazzata, prima di interrompere la piega ambigua del discorso e riportarlo alla serissima noiosità della riunione imminente.

“Come i vecchi tempi.” Non riesco a pensare ad altro perciò mi sforzo di guardare il telefono -mai come oggi muto- ed attendo impaziente che qualche cliente nervoso faccia la sua chiamata/bufera giornaliera e mi tenga impegnata; la stronza si parcheggia al desk dopo pochi minuti dal suo arrivo con Flavio sotto braccio. Si aggrappa a lui in maniera imbarazzante e la troppa confidenza di ciò mi rende alquanto nervosa; se l’è scopata, sono pronta a scommetterci.

Alzo lo sguardo per capire se vogliono chiedermi qualcosa ma lei mi guarda incantata.

«Ti diamo fastidio se restiamo qui?»

“E perché mai, adoro vederti strusciare come una gatta in calore sul mio uomo.”

«A patto che non parliate male di nessuno. Non voglio essere la testimone di massacri.»

«Solo chiacchiere innocenti.» Alza le mani e non le crederei neanche se fosse sotto tortura; con quella faccia da iena che si ritrova! «Me lo godo prima che arrivino gli avvoltoi.»

Se lo gode. “Come no, stronza!” «Come i vecchi tempi.» E non so perché ho la sfacciataggine di dirlo e nel preciso istante in cui lo dico Flavio diventa rosso e comincia ad agitarsi, la Saona prima guarda me, poi lui e fa finta di sbellicarsi dalle risate.

«Sarebbe interessante, non trovi Flavio?». E si perde in uno sguardo malizioso che sa solo lei; per fortuna il trambusto per le scale ci avvisa che stanno salendo gli altri ospiti, lei si d auna sistemata veloce e a grandi passi ripercorre il corridoio al contrario portandosi in sala.

«Come i vecchi tempi, eh?» Rimasti soli, Flavio mi parla con un sopracciglio arcuato; è arrabbiato?

«Lo ha detto lei.» Rispondo lagnando.

«Smettila di fare così. E smettila di metterti in competizione con lei. Non conta un cazzo per me, chiaro?»

«Certo dottor Spagnoli.»

 

«Flavio!» Un onda umana lo travolge prima di poter aggiungere una qualsiasi cosa.

 

 

«Siediti.»

Chiara arriva con la faccia da brutte notizie. «Che è successo?»

«La stangona prenderà il posto di Spagnoli, l’ho sentita chiacchierare al telefono circa un trasferimento, credo centrasse un immobiliarista, parlava di trasferirsi a Roma. Che avrebbe lavorato qui!»

Ok, siamo ufficialmente le spie di questo posto. «Magari lo affiancherà e tu hai capito una cosa per un altra.»

Quale ipotesi può risultare meno peggio dell’altra? Flavio che va via o la stronza a lavorargli gomito a gomito? “Oddio che mal di testa.” «E come la metti che Maria Rita me l’ha presentata come nostra futura collaboratrice?»

La metto che come al solito devo sapere dagli altri ciò che succede nella sua vita.

«Scusa un attimo.» Scappo in bagno perché sento la bile annegarmi i polmoni; dopo pochi minuti, sento bussare. “Oddio povera Chiara, si sentirà in colpa da morire.” «Entra è aperto. E ti prego non dire te lo avevo detto perché me lo sono detta centinaia di volte anche io. Non c’è verso, mi piace. Lo amo. Lo amo, punto.»

Getto la carta nel water e mi volto; decisamente non c’è Chiara a sorridermi come un ebete, la camicia bianca slacciata di qualche bottone, i capelli scomposti. «Mi fa piacere che stai meglio. Mi ha fatto spaventare.»

«Sto di merda invece.» Caccio giù la sorpresa e l’imbarazzo per avergli confessato nuovamente i miei sentimenti e lo oltrepasso nell’angusto spazio che ci circonda, fiondandomi sulla borsa appesa alla maniglia della porta alla ricerca di una caramella; lo sento respirare forte alle mie spalle, più vicino da sentire il calore della sua pelle contro la mia stessa pelle. Quando mi tiro su, mi cinge la vita.

«Non voglio che stai male per colpa mia.»

«Non farmi stare male, allora.» Mi volto. “Oddio devo avere un pessimo alito.” Eppure non smette di tenermi stretta. «Mi sembra elementare, no?»

«Lo sarebbe se io..»

«Se io. Se tu. Cazzate! E posso anche capire che ti resta difficile innamorarti di me per non so quale psico paturnia tu abbia passato, ma non dirmi che te ne vai.. questo mi sembra un colpo basso in grande stile. Una vigliaccata. Ecco cosa sei, un vigliacco.» Lo guardo con il fuoco negli occhi, un crescendo di rabbia da farmi tremare.

Allarga gli occhi incredulo ma tiene salde le sue mani su di me, sente che fuggirei. E lo farei.

«Non sono un vigliacco.» Prende possesso delle mie spalle con le sue grandi mani e mai come adesso mi rendo conto di quanto sia forte, pericoloso. Indietreggio, la parete bianca e asettica del bagno mi sfiora ormai.

«Lo sei, invece. Sei incapace di assumerti responsabilità Flavio, il tuo problema è un problema comune a tutti gli uomini, non servono grandi psicologi per capirlo e tu forse per troppo tempo ti sei nascosto nelle pieghe di questa insicurezza che millanti credendoti diverso, mentre invece sei come tutti gli altri.»

Mi divincolo da quelle mani improvvisamente fiacche afferrando con un solo gesto la borsa e la maniglia della porta. «E’ finita.» Inspiro profondamente per non essere investita dall’onda di tristezza che le mie stesse parole mi provocano muovendo passi di ritorno al desk. “Adesso stai calma, per favore, stai calma.”

 

Chiara mi abbraccia, quando mi vede; la parete che divide il bagno dalla reception è talmente sottile che alle volte abbiamo paura ad appoggiarci. Tante volte abbiamo riso di questa cosa così sciocca, adesso vorrei solo piangere e la frustrazione di non poterlo fare mi rende ancora più nervosa.

 

«Mi dispiace.»

«Dispiace a me di averti ficcato in questo casino. Non succederà più.»

 

Sì non succederà più. Un altro Flavio Spagnoli sulla faccia della terra è qualcosa di impensabile da credere.

 

 

«Vai a casa, non farmelo ripetere di nuovo.. per favore

«Ma c’è ancora tutto da sistemare.. i fogli, la lavagna..»

«Eh sì una nazione da rifare! Azzurra dai, non farti pregare. Hai bisogno di riposare.»

“Sì, anche di un bel bagno caldo e un cuore nuovo. Grazie, quanto le devo vita cara?”

«Grazie Chià. Ti prometto che starò meglio e basta casini, giuro. A domani.»

«Sì, sì. L’ho già sentita questa. Corri!!»

La saluto schioccandole un bacio in guancia, affrettando i passi per le scale visto l’improvviso trambusto proveniente dalle nostre sale; “Probabilmente la riunione è finita. Oddio! Saluto tutti giù nell’atrio e schizzo in strada come fossi una saetta; occhialoni neri infilati sul naso e cuffiette per l’I-pod, sono accessori essenziali al mio totale estraniarmi con il mondo. La musica parte su un pezzo nostalgico che mando via con un gesto secco del dito spazientendomi. “Flavio.” Un tizio in giacca e cravatta passando mi urta; alzo lo sguardo speranzosa, ma i suoi occhi azzurri fanno a pezzi tutte le mie speranze. “Flavio.” Mi sembra di vederlo nel sorriso di un ragazzo e nel passo svelto di un altro, in una canzone sciocca e un po’ frivola e nella dolcezza di un lui che tiene stretta la sua lei come potessero rubargliela. “Flavio. Non riesco a non pensare a te, Flavio.”

All’improvviso degli schiamazzi mi distolgono dai foschi pensieri; il conducente del sessanta sta platealmente mandando a fanculo un tipo che con la macchina gli ha tagliato la strada incanalandosi in fermata. “Idiota.” Penso e una botta di clacson conferma la mia teoria, ma mettendo a fuoco l’auto e il finestrino semiabbassato, noto un ciuffo di capelli folti e scuri assai familiare.

«Flavio!» Mi sfilo le cuffie, lui esce dall’auto.

«Ti do un passaggio, vieni con me.» Non mi da il tempo di razionalizzare, mi tira per il gomito fino alla portiera la apre e gentilmente mi fa accomodare sul suo sedile passeggero. “La sua macchina!” Alza la mano in segno di scuse all’autista del bus e mette in moto sgasando come esistessimo solo noi.

 

«Cosa non ti è chiaro della frase è finita?»

«Tutto. Questo è il tuo modo di darmi tempo?»

«Sei bravo a rigirarti le cose, ma te l’ho già detto una volta io non sono una tua subordinata. Non mi freghi Flavio.»

«Non voglio fregarti, cazzo! Come te lo devo far capire?»

«Parlami. Rendimi parte di te, della tua vita.»

«Ti ho promesso che ci avrei provato.»

«Bel modo di cominciare. » Sbuffo arrendendomi allo schienale confortevole del mio sedile. «Sei stato sposato mio Dio, sai cosa significa condividere no?»

«Non ho condiviso molto di me.»

«Che significa?»

«Non le ho dato niente. Se non dolore. Ma ti prego..»

«Non ne parliamo, ok.» “Condividere..” «E Roberta Saona, allora?»

«Roberta Saona, cosa?»

«Perché non mi hai mai detto che te la sei scopata?»

Per un attimo molla la strada e mi guarda con sopracciglio inarcato. «Devo farti una lista per caso?»

«Sì, se le bastarde ti girano intorno come mosche sulla merda.»

«Tante grazie.»

«Sai cosa intendo. E in questo caso un po’ merda lo sei per non avermi detto niente, accettalo.»

«Ok non te l’ho detto. Ma è una storia vecchia e sono stato chiaro con lei fin da subito.»

«Non abbastanza a quanto pare.» Mi struscio sul suo braccio imitando la stangona, piegando il capo e ridendo come una barbie scema; perfetta, da cabaret quasi. «Vuole farti ricordare i vecchi tempi. Quella è una promessa amico mio.»

«Non sono tuo amico.»

«Si dice tanto per dire, non fare l’acido.» Guardo la strada e mi accorgo solo adesso del diverso percorso che sta compiendo; in realtà non gli ho mai detto dove volessi andare, adesso non capisco dove mi stia portando lui. «Mi dici dove stiamo andando? Abbiamo passato dieci fermate della metropolitana!»

«Ti porto da me.» Sorride e si immette in tangenziale verso il foro italico; io resto così un po’ accigliata, stupefatta e contenta. Contenta e spaventata, curiosa, perplessa. E contenta. Ma forse l’ho già detto.

 

Ferma l’auto in Via Doria, quartiere prati, una zona ultra chic della Roma che ho sempre snobbato.

Ed evitato, come la peste. Tuttavia adesso che so che ci vive lui.. comincia a farsi interessante.

«Di un po’, quanto è che vivi qui?»

Cerco di sciogliere il ghiaccio che si è creato fra di noi, dalla sua faccia tesa e i suoi movimenti schematici.

«Sono a Roma da tre anni, lo sai questo te lo avevo detto.» Già e la regola parla chiaro, superati i tre anni l’azienda tendenzialmente vira al ricambio, ne ho vista passare di gente nel tempo.

«Questo cosa significa, che te ne andrai?!» Gli chiedo con un velo di tristezza, mentre gira la chiave nella toppa e mette in luce il nido in cui passa le notti che non siamo insieme; è tutto un tripudio di luminosità, bianco candido con tocchi di crema e giochi di specchi che danno all’appartamento un aria di classe bon ton d’epoca.

Mi prende per mano conducendomi per il salone fino ad un corridoio lungo per la quale si snodano diverse porte; alla fine di questo si apre una sala che funge da cabina armadio dove mi fa lasciare la borsa e mi indica delle cose che posso indossare. “Per quanto tempo hai intenzione di tenermi qui, Spagnoli?” Guardo in basso al parquet finemente levigato, chiaro e mi perdo nelle venature del legno, negli intrecci di quella materia così diversa all’apparenza, nata per stare insieme e mi chiedo se in qualche modo anche noi siamo nati per questo; lui mi alza il viso e posa un bacio leggero sulle mie labbra; sentimenti contrastanti si fanno largo in me, rabbia, frustrazione, ma anche dolcezza e amore. “E’ finita.” Ed io, non sono mai stata più bugiarda.

Si allontana e va verso la finestra, il suo profilo in controluce è deleterio per il cuore. «E’ una probabilità.» Risponde alla mia domanda iniziale, frantumandomi.

«E noi?» Gli chiedo sull’orlo della disperazione; si fa avanti di nuovo ma resta a metà strada fra il pouf rosso al centro del locale e le grucce con i suoi abiti perfettamente ordinati.

«Non posso decidere al posto tuo. Ma sappi che sono disposto a strisciare purché tu mi segua.»

L’idea che ci abbia pensato mi fa dimenticare di tutto. Del trasferimento, della stangona milanese, del suo passato di merda.. in attimo finisco fra le sue braccia.

«Mi sembra un sì.» Mi alza da terra poggiandomi a sé con tenerezza, scorre una porta comunicante con un’altra stanza e ci ritroviamo nella sua camera da letto; un letto King capeggia al centro della stanza, con gli angoli arrotondati e alle spalle delle stampe di paesaggi in bianco e nero commoventi da tanto belli. Tutto intorno è perfetto, pulito, sgombro, non una cosa fuori posto, le tende bianche e spesse semi socchiuse con quel tanto di luce che basta, il sofà ai piedi del letto libero.

«Che ordine Dio mio, io impazzirei.»

«Io sono già pazzo.» Fa una smorfia, poi torna serio. «Di te.»

«Sai il fatto che tu non mi abbia mai detto ti amo non è poi così male..» Ridacchio come una bambina ma lui mi fa scendere. “Spettacolo terminato.” «Pensavo d’esser stata simpatica.»

Mi lascia intravedere l’ombra di un sorriso agli angoli della bocca, ma si inginocchia e affonda il viso nella mia pancia, bacandola. Tiro indietro la testa mentre sento che mi sfila i jeans e li tira giù strattonando all’altezza delle cosce; con delicatezza invece fa scendere gli slip e con estrema bravura, mi ama nel solo modo in cui è capace d’amarmi… ma lo fa benissimo.

 

«Trovi interessante il soffitto?» Sono con occhi sognanti al cielo da non so quanto tempo; lui mi è di fianco, con i capelli scomposti sul cuscino a pancia in giù che mi osserva; mi passa l’indice sotto al naso, sorridendo.

«Non sapevo nemmeno avessi una casa a Roma.»

Gli dico, tornando prepotentemente con i piedi in terra, dove i miei sogni scappano via spaventati.

Sospira angosciato. Si gira dalla parte opposta ma torna subito al suo posto.

«Lo so, ma adesso sei qui, no?» Mi giro abbracciandomi al suo petto, lui si piega fra i miei capelli annusandoli. «Sei così calda. E dolce. Da quando ti ho vista la prima volta non faccio che pensare a te, a quanto ti voglio. E’ un qualcosa che non riesco a dominare, l’istinto di volerti mia sempre.»

Dovrei sentirmi lusingata ma la possessione quando si tratta di sesso mi ha sempre reso molto scettica.

«Dottor Spagnoli, in parole povere mi sta dicendo che vuole saltarmi sempre addosso.»

«Più o meno, sì. Ma non è tutto nemmeno questo; hai toccato la mia anima Azzurra, hai smosso delle cose dentro che credevo assopite ormai da anni e tutto questo credimi è scioccante.»

«E’ così difficile crederti Flavio, sei sempre così.. ermetico.»

«Ermetico? Ti ho appena detto che sei tutto per me.»

 

 

 

«Sappi che non mollerò!»

Gli urlo sulla bocca, dondolandomi sul suo sesso dopo ore di chiacchiere e baci.

«Non avevo dubbi.» Mi butta giù di peso, saltandomi addosso all’istante. «E ti adoro per questo.»

Lo sento entrare nuovamente in me e mi sento piena e viva nella nostra bolla personale; è bello amarlo, ed è bello che in qualche modo lui mi ami. Anche o solo così sarà il doloroso e amico tempo a dirlo.

  
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