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Autore: Giu_911    24/07/2013    1 recensioni
Un incidente, la sua morte.
Una perdita impossibile da accettare e la voglia di aggrapparsi ad un ricordo.
Un amore così grande e forte che porterà Max alla distruzione.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Max/Harry Styles  Daniel/Louis Tomlinson
Capitolo Secondo. 


La dottoressa riusciva a vedere quanto amore c’era negli occhi di quel giovane uomo: forse il vero problema era uno. Lui era cosciente di quello che era accaduto a Daniel, ma la sua testa si rifiutava di accettarlo e lui sperava sempre di vederlo varcare la porta, così che potesse corrergli incontro e stringersi tra le sue braccia forti.
Max si sentiva bene, amava raccontare la sua storia, perché sapeva che era unica, sapeva che di quei tempi trovare la persona che ti completava non era cosa da poco, ma lui c’era riuscito: lui aveva trovato la sua anima gemella ed era fiero, era fiero di loro come coppia.
Non amava particolarmente sedersi a tavolino e mettersi a raccontare gli affari propri ad una sconosciuta, ma in quel momento detestava particolarmente la donna che era andata a bussare alla porta della signora Blanket, interrompendo il suo racconto.
“Abbiamo un’urgenza” aveva detto la donna e la signora Blanket si era voltata verso il ragazzo, dicendogli che avrebbero continuato a parlare il giorno a seguire, prima che Doris si avvicinasse a lui, aiutandolo ad alzarsi come se non fosse abbastanza in grado da farlo da solo. Lui si lasciò trascinare fuori dallo studio, attraversando poi il lungo corridoio, dirigendosi verso la sua piccola stanza dall’altra parte dell’edificio.
Sulle sue labbra apparì l’ombra di un sorriso quando vide l’amico in piedi di fianco alla porta e scosse il braccio, obbligando l’anziana infermiera a mollare la presa; Max corse verso Lucas, buttandogli le braccia al collo e scoppiando in lacrime, come faceva sempre quando qualcuno di caro andava a fargli visita.
Lucas strinse più che poteva il corpo dell’amico tra le braccia, iniziando poi a massaggiargli la schiena, sorrise appena all’infermiera che era rimasta impietrita a guardare la scena.
“Non si preoccupi, mi occupo io di lui” mormorò, prima di portare una mano tra i ricci di Max: erano morbidissimi, e sempre in perfetto ordine, così come lo era il suo aspetto.
“Che ne dici di entrare?” chiese lui, e in tutta risposta il riccio si limitò ad annuire, staccandosi quasi in modo brusco dall’amico, come se improvvisamente lo sconforto di poco prima fosse cessato. Lucas entrò dopo di lui nella stanza, guardandosi intorno come faceva sempre: quando camminava per il corridoio della clinica riusciva a scorgere le piccole stanze grazie alle porte semiaperte, ed erano tutte uguali. Claire, la mamma di Max, aveva fatto il possibile per rendere quella stanza confortevole, aveva fatto di tutto per far si che, ogni volta che il figlio varcasse la porta di quella camera, si sentisse a casa. Era una piccola stanza, con le pareti bianche, sulle quali la mamma aveva attaccato foto e poster di ogni genere: in un angolo, appesa al muro, c’era un piccolo televisore a schermo piatto e sotto una piccola mensola dove vi erano sistemati i suoi libri preferiti. Una piccola finestrella, proprio vicina al letto, si affacciava sul cortile della clinica, dove vi era una grossa fontana, circondata da mucchi di rose bianche. A vederla da quella prospettiva era quasi difficile pensare che in quel momento si trovava in una clinica.
“E’ venuto oggi Daniel?” chiese Max; Lucas si voltò di scatto e sospirò pesantemente.
Non di nuovo. Ogni volta era la stessa storia.
“Daniel?..”
“Si, è venuto a fare colazione stamattina? Gli hai messo un po’ di cacao sopra la schiuma di latte? Adora il cacao..” disse a raffica, mentre sistemava i dischi in vinile che la madre aveva sistemato sulla mensola, di fianco ai libri.
“Non è venuto, Max” disse lentamente l’amico, mentre il ragazzo si voltava in sua direzione: corrugò la fronte, avvicinandosi poi al letto dove Lucas si era già accomodato.
“Non viene da quasi un anno..” continuò lui.
“Da quasi un anno, ma di cosa parli?” la voce di Max sembrava essersi fatta improvvisamente tremante: era preoccupato per il suo Daniel, era preoccupato per un ragazzo che era morto già da tanto, troppo tempo. Come poteva Lucas spiegare al suo migliore amico che il suo grande amore non sarebbe mai tornato?
“Daniel è morto, Max. Non ricordi?”
Sta delirando? Sono scherzi da fare questi? Pensò Max mentre sentiva i suoi occhi colmarsi di lacrime che non accennavano minimamente a scivolare sulle sue guance che improvvisamente si erano fatte terribilmente fredde.
Il mondo di Max gli stava letteralmente crollando addosso: aveva un senso di nausea terribile addosso, la testa gli girava, mentre le lacrime avevano iniziato a scendere copiose sulle sue gote arrossate. No, è sicuro, sta mentendo. E’ tutto uno stupido scherzo.
“Se questo è uno scherzo io non lo trovo affatto divertente..”
“Ti sei mai chiesto perché non è mai venuto a farti visita?” lo interruppe il suo amico.
“Lui viene ogni sera, sempre” rispose sicuro di se, alzando estremamente il tono di voce.
Lucas non riusciva a credere alle sue orecchie e ai suoi occhi: lui era certo che l’amico era consapevole della morte di Daniel, ne era sempre stato sicuro eppure lui voleva autoconvincersi che un giorno sarebbe tornato, che un giorno si sarebbe presentato in quella clinica e dopo averlo aiutato a raccattare tutte le sue cose, l’avrebbe portato via. Nonostante lui desiderasse vedere il suo amico felice dopo tutto quel dolore, nonostante pregasse ogni notte che avvenisse una specie di miracolo che portasse indietro quel ragazzo, non era possibile e doveva cercare di fare tutto ciò che era in suo potere per aprire gli occhi a Max.
Lui era giovane, lui doveva ricominciare a vivere la sua vita…senza Daniel.
Si avvicinò a lui, accarezzandogli i ricci, prima di dargli un bacio sulla tempia.
“Ti ricordi cosa accadde il 14 agosto dello scorso anno? Ricordi dov’eri?”
Sulla tomba di Daniel, dillo…io sono sicuro che tu possa riuscire a ricordarlo. Continuava a ripetere nella sua testa, mentre i suoi occhi color nocciola penetravano in quelli verde smeraldo del suo migliore amico. Cerca di ricordare, ti prego.
“Ora anche tu mi tratti come uno psicopatico?”  disse freddamente Max, spintonandolo.
Lucas dovette puntare bene i piedi a terra per cercare di non cadere a terra.
“Lo fanno già tutti qua dentro, lo fa la psicologa, Doris, anche la signorina che mi porta quello che dovrebbe essere cibo commestibile e tu, il mio migliore amico…non solo vieni qui a dirmi balle sul mio fidanzato, ma mi tratti anche come un pazzo”. Lucas riusciva a vedere le vene sul collo di Max ingrossarsi per quanto urlava: la voce graffiata e le lacrime che continuavano a rigargli il volto gli provocarono una scossa lungo tutto il corpo.
Odiava vederlo in quelle condizioni, ma visto che tutti fingevano che nulla fosse cambiato era giusto che qualcuno, per quanto crudele fosse, gli sbattesse in faccia l’amara verità.
“Non penso affatto che tu sia pazzo, è anche per questo che sto cercando di essere sincero..”
“Vuoi dire che il resto del mondo, mia madre e le mie sorelle, mi stanno mentendo?” lo interruppe lui, alzando se possibile il tono di voce.
Lucas chiuse gli occhi, sentendo il dolore alla testa con il quale si era svegliato aumentare sempre di più a causa delle sue grida; annuì, aprendo gli occhi e notando quanto Max si stava facendo scuro in volto “Credono sia la cosa migliore per te, mentire..”
“Tu non sai di cosa parli, tu non ne hai la minima idea…esci da qui” sbottò lui, scattando in piedi e dirigendosi a passo svelto verso la porta della stanza che spalancò: Doris, dietro la porta, aveva sentito ogni cosa. Max si sentiva come un carcerato, non aveva libertà.
Non era libero di dire quello che pensava, non era libero di piangere e urlare quando voleva, perché qualcuno era sempre pronto dietro la sua porta a dargli pasticche o tranquillanti.
Lucas, senza aggiungere altro si alzò, raggiungendolo verso la porta e prima di uscire si abbassò per dargli un piccolissimo bacio sulla guancia.
“Io voglio solo il tuo bene Max, non dimenticarlo” disse lui, prima di trascinarsi nel corridoio, senza mai voltarsi indietro. Sentì l’infermiera battibeccare con il ragazzo, per cercare inutilmente di entrare nella sua stanza e poi un tonfo terribile: si voltò e vide la stanza chiusa e l’infermiera che, scuotendo la testa, si accomodava su una piccola sedia che aveva sistemato proprio accanto alla porta.
Non era solo Lucas a volere il suo bene: tutti, a loro modo, cercavano di dare a quel ragazzo una seconda possibilità, tutti, anche i clienti del bar desideravano solo di rivedere Max dietro quel bancone, di rincrociare anche solo per sbaglio un suo sorriso. I suoi familiari desideravano rivederlo correre per casa mentre si preparava per andare al lavoro, i suoi amici volevano passare ancora del tempo con lui, anche solo quei pochi minuti che servivano per dividere una birra o una sigaretta e scambiare così quattro chiacchiere.
C’era chi, come Lucas, era convinto che sarebbe tornato il burlone di sempre che, anche se dentro avrebbe portato quel dolore che non lo avrebbe mai reso del tutto felice, sarebbe tornato alla sua vita di tutti i giorni. Solo una volta, mentre era a lavoro, una ragazza dai lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri, aveva detto una frase che lo aveva colpito e che lo aveva fatto ragionare.
In quell’incidente non è morto solo Daniel. L’anima di Max è andata via con lui e non tornerà mai più indietro”.
  
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