«Non accetterò mai questa follia!» disse Golden colpendo la
parete con un pugno.
Carian era seduta su un grande letto a baldacchino con dei veli di seta che
elegantemente ne coprivano i lati. Si alzò a quel punto con le braccia
incrociate assorta fra mille pensieri e per quanto si sforzasse non riusciva
propria a trovare una soluzione migliore. Il fratello sfilò la fidata spada dal
fodero e rimase a guardare la sua lucentezza al riflesso delle torce accese
nella camera.
«Possiamo scappare, combatterli finché possibile. Non ti lascerò sposare quel
tipo» ribadì.
«Ci serve quella nave per raggiungere l’Euvenia, non possiamo di certo
attraversare il mare a nuoto. Se solo quell’incendio non avesse devastato Horen
forse i Phylis ci avrebbero aiutato come l’ultima volta, o magari avrebbero
riparato la nostra imbarcazione…».
«Impossibile, è caduta a pezzi non appena io e Ruphis siamo turnati. Comunque
sia non è stato casuale, quella nella città dei Phylis è stata opera di un
mostro… di un drago maturo forse. Sai bene quanto siano terrificanti le
creature nelle Terre Aride, sia nel cielo che nelle acque che bagnano l’Euvenia
e l’Horion» - si passò una mano tra i capelli biondi - «quanto a Mera, come
dovremmo comportarci?» continuò lo spadaccino preoccupato.
«Ruphis è con lei adesso, saprà tranquillizzarla» rispose la rossa con un
sorriso, sperava nelle parole del Drago Nano che si era spesso dimostrato un
buon consigliere.
La bella cacciatrice era in un’altra stanza, notevolmente più
modesta di quella concessa all’amica ma era normale, Carian era diventata la
promessa sposa del figlio del Re di Vhiria. Era distesa nel letto sfatto e con
gli occhi al tetto sembrava non voler uscire da quel circolo di pensieri e
ricordi che l’aveva assalita nel momento in cui aveva scoccato la freccia verso
il guerriero della locanda. Si sentì perduta nel vuoto, capì in un istante
quanto quella spedizione fosse inadatta per lei, quanto uccidere uno scoiattolo
per la cena fosse differente dall’uccidere una persona. Poi trovò la forza di
alzarsi e mettersi seduta ma tornò ad osservare le stesse mani che avevano
imbracciato l’arco in quell’istante. Non riusciva a parlare, non avrebbe voluto
altro che rimanere in quella stanza da sola per chissà quanto tempo ancora ma
d’un tratto un suono alla porta la destò dai suoi pensieri.
«Disturbo?» la voce di Ruphis.
Mera non aveva nessuna intenzione di vedere qualcuno ma in quella circostanza
non poté che accoglierlo:
«Entra pure…» rispose la principessa debolmente.
Il Drago Nano volteggiò lentamente verso la ragazza percependo immediatamente
nell’aria una tensione che sarebbe divenuta presto insostenibile. Venne guidato
dai suoi sospiti profondi e seppur non potesse vederla, riuscì ad affiancarla e
donarle il dorso che un tempo amava tanto farsi accarezzare. La principessa fu
in un primo momento titubante ma non appena vide il suo dolce e fedele compagno
accucciarsi nelle sue gambe non riuscì più a trattenere le lacrime che
sgorgarono copiose dai suoi splendidi occhi azzurri.
«Io… io non sono pronta Ruphis» riuscì a dire mentre affondava il viso tra le
mani.
«È normale, sarebbe strano se lo fossi. Però… guardati, sei cambiata, sei più
matura, più indipendente, più bella. Non sei più la ragazzina che deve essere
salvata, nella locanda sei TU che hai salvato la vita di Carian, adesso l’ho
capito anch’io» spiegò il drago perentorio. Anche lui era cambiato, non era più
il semplice servitore della principessa, non il maledetto rompiscatole che
Valerian odiava tanto, anche se in quel momento era lì a consolare colei che
per tanti anni aveva servito e voluto bene, proprio come un tempo.
«Insieme ce la faremo» continuò.
La ragazza osservò la piccola creatura pensando attentamente alle sue parole ed
annuì tra sé e sé cominciando ad asciugarsi le lacrime. Si alzò dunque per
dirigersi verso la mensola su cui aveva poggiato l’arco e rimase qualche
istante a guardarlo mentre Ruphis si chiedeva cosa stesse facendo.
«Lui ha affrontato tutto questo per me?» disse Mera con voce rotta.
«Ha combattuto una guerra per te» rispose il drago rallegrato.
«… Sarà sempre così difficile?» continuò la ragazza.
«Lo è per tutti».
La principessa si voltò abbracciando il drago stavolta senza lacrime, in modo
diverso rispetto a quando si erano rivisti alla pianura dell’Horion dopo anni,
come se avesse acquisito una consapevolezza che prima di giungere a Vhiria non
aveva mai avuto. Rimasero in quella posizione per alcuni minuti mentre nella
mente della donna apparvero ricordi contrastanti della guerra combattuta da
Naos Echel e per la prima volta riuscì a schematizzarli per creare una sequenza
sensata. Lei era lì, di fronte Valerian con lo sguardo furioso e tutto intorno
la città bruciava nelle fiamme mentre urla di dolore si levavano nel cielo
rosso. La fanciulla si rialzò facendo un passo indietro e si portò una mano al
petto sicura di stare per avere un mancamento, ma resistette. Il Drago sentì i
battiti del suo cuore aumentare vertiginosamente ed alzandosi a mezza altezza
battendo le piccole ali, si preoccupò della sua condizione:
«Mera tutto bene?».
«Io… ho dei ricordi» disse senza grande sicurezza.
«Ricordi?» ripeté Ruphis piuttosto confuso.
«Sì e non sono miei».
Il sole era alto nel cielo azzurro e per un giorno la fitta
nebbia dell’Horion sembrava avergli concesso il ruolo di protagonista tra
quelle poche nubi. I raggi dorati illuminavano l’enorme balconata del castello
piena di fiori e stendardi e sotto un centinaio di persone rumoreggiavano in
preda al delirio. La porta del castello si aprì e la luce mise subito in
risalto gli occhi di Carian che splendevano del loro colore dorato in quel viso
candido con la chioma di fuoco raccolta in un fermaglio di zaffiro. Avanzò
tenendosi leggermente su il lungo vestito blu di velluto e sospirando si
affacciò al popolo di cui sarebbe divenuta principessa. Golden era ai lati del
balcone e non appena incrociò il riflesso chiaro degli occhi della sorella, non
riuscì più a dire una parola nonostante Ruphis continuasse a discutere di
quanto fossero fastidiose le voci al livello inferiore. Tarus non si vedeva
mentre Mera assisteva dall’altra parte della terrazza di pietra con un
meraviglioso vestito rosso che si intonava perfettamente al suo nuovo colore di
capelli. Quel matrimonio era quanto di più falso e forzato potesse esistere e
lei che era di sangue nobile lo sapeva bene, ciò non toglieva comunque che
sostenere la tensione di fronte un intero popolo che urlava il tuo nome e ti
acclamava senza riserve, doveva essere difficile. Pensò poi che se fosse
rimasta a Kubara avrebbe probabilmente sposato anche lei un qualche nobile del
regno e rabbrividì: non avrebbe mai voluto essere al posto di Carian.
Da quel giorno alla locanda non aveva più avuto modo di parlarle, di discutere
con lei riguardo quello che era successo, ogni membro della servitù reale non
le lasciava un attimo di tregua e se a volte guadagnava dieci minuti di
libertà, di sicuro non avrebbe voluto spenderli ricordando il loro litigio.
Poco importava pensò, durante il viaggio nell’Euvenia avrebbero avuto ben più
di un’occasione.
Lo sposo era già sul posto, con il suo già celebre sorriso sgargiante dai denti
bianchissimi e l’elegante armatura dai riflessi scarlatti, con nel busto
impressa la freccia circondata dalle fiamme. Carian osservò quello sguardo
bramoso e strinse i pugni sperando di non fare qualche sciocchezza almeno fino
alla fine della cerimonia. A sancire l’unione sarebbe stato il Re di Vhiria che
con una corona d’oro a coprire i corti capelli brizzolati ed il lungo mantello
tenuto insieme sul petto da un diamante dal riflesso meraviglioso, si faceva
vanto della propria carica al cospetto del regno.
«Quest’oggi» - cominciò - «io, Sion Riel, Re di Vhiria, sarò testimone insieme
a voi dell’unione fra mio figlio Firion e la bellissima Carian Maleth. In nome
dell’intero Horion, di tutto il Saar, prego il Dio Fuoco nostro protettore che
secoli addietro ha inghiottito i nostri nemici nell’erba rossa, di proteggervi
e rendere forti i vostri figli».
Carian deglutì sonoramente a quelle parole e abbassò lo sguardo.
«Scambiatevi le promesse» continuò il Re.
La ragazza strinse i denti, doveva fare ancora un ultimo sforzo, resistere per
qualche minuto e tutto sarebbe finito, avrebbe potuto prendere una nave e
salpare verso l’Euvenia, dimenticare tutto e lasciarsi alle spalle le mura della
città senza più voltarsi. Poi però qualcosa dentro di lei l’allertò: una
visione, una sorta di premonizione che se vista da colei che era da alcuni
conosciuta come la “Strega Celeste” non poteva che voler dire qualcosa. Firion
parlò recitando i passi fondamentali della promessa, poi sorrise in attesa che
la sposa facesse lo stesso per poterla baciare davanti gli emozionati invitati.
Carian rialzò lo sguardo e si portò una mano al collo come se qualcosa la
stesse soffocando. Il principe si chinò afferrandole la testa prima che
battesse al suolo ma quando il corpo della fanciulla brillò di una luce
azzurra, una forza invisibile sbalzò chi le era vicino. Alcuni, tra cui Firion,
volarono giù dalla terrazza mentre gli altri vennero scaraventati al muro
insieme al Re. Solo Golden sembrava aver resistito alla carica e sfidando la
forza che continuava ad infuriare nella balconata, raggiunse la sorella prendendola
tra le braccia: era cosciente.
«Hai fatto la cosa giusta!» disse lo spadaccino con un sorriso fiero a
colorargli il viso mentre sul posto arrivavano decine di guardie.
«M-muoviti idiota, non è come pensi» concluse in fretta Carian.
Il biondo non sapeva assolutamente come muoversi in quel palazzo e Mera e
Ruphis sembravano nella stessa situazione. Erano intrappolati nella terrazza
destinati ad affrontare chiunque avesse varcato la soglia della grande porta.
«Potremmo saltare!» propose Mera senza troppa convinzione.
«È alto… molto alto» rispose il ragazzo deglutendo.
I soldati reali erano quasi giunti e non sembrava esserci altra scelta. Golden
si avvicinò al bordo del parapetto di pietra e sospirò come non aveva mai fatto
in vita sua. Prima che potesse prendere qualsiasi decisione però, una voce
familiare chiamò l’attenzione del gruppo:
«Da questa parte!».
«Tarus!» esclamarono in coro Mera e Golden.
Senza perdersi in chiacchere raggiunsero il piccolo amico nei pressi di una
minuscola botola, nascosta dalle foglie d’edera ai lati della terrazza:
probabilmente un passaggio alternativo verso le segrete del castello per casi
allarmanti, e quello lo era decisamente. Il primo ad entrare fu Ruphis, poi
Mera e a seguire Carian ancora dolorante e Golden. Proseguirono per un tunnel
stretto e fetido ma per sfuggire a quelle guardie bramanti le loro teste
avrebbero accettato di introdursi in qualsiasi luogo. La fuga durò una decina
di minuti e da quei cunicoli poteva sentirsi la folla in agitazione per quanto successo.
Non era ancora chiaro a nessuno il motivo per cui la fanciulla avesse cambiato
idea all’improvviso ma soprattutto non era spiegabile la ragione di un simile
comportamento nei confronti del Re.
«Se non volevi sposarti potevi semplicemente rifiutarti all’inizio, ci avrebbero
rimandato nella pianura senza una nave ma con almeno con la testa sul collo!»
esordì Tarus dopo diversi minuti di silenzio. Carian aveva cominciato
nuovamente a muoversi con le proprie gambe e concedendo uno sguardo al
compagno, sospirò prima di raccontare cosa avesse visto.
«Avrei voluto tanto agire come ho agito, dal principio, ma non sono così
stupida. Ho… avuto una sorta di visione. Avevo già dei dubbi ma questa cosa mi
ha definitivamente fatto aprire gli occhi» - sospirò e continuò a spiegare -
«nostro padre, Khalaf, mi aveva parlato tante volte della famiglia Riel
descrivendola come gente di sani principi e pronta a pagare qualsiasi costo pur
di soddisfare la richiesta di un amico in difficoltà. Mi raccontava dei folti
baffi bianchi del Re e di come la vecchiaia stesse cominciando ad avere la
meglio su di lui, ma… è un’altra cosa che più mi ha insospettita: la sua
giovane e bella moglie, la Regina, mi era sempre stata descritta come “l’angelo
disceso sulla terra dell’erba rossa” con la sua carnagione chiara e i lucenti
capelli platinati, preziosi come il sole. Nostro padre raccontava sempre di lei
a me e Golden, pensavamo l’amasse».
«Si ma tutto questo cosa c’entra con la tua visione?» interruppe Tarus senza
smettere di muoversi tra i cunicoli.
«Il Re non ha i baffi come avete visto e non è vecchio come credevo e nelle
sale al primo piano del castello alcuni quadri ritraevano la famiglia reale: Re
Sion e un’altra donna dai capelli scuri. Quello non è l’uomo di cui mi ha
parlato mio padre…» concluse Carian stringendo i pugni.
«Sì, ok, ma perché reagire in quel modo? Evidentemente è successo qualcosa al
Re o magari è morto di vecchiaia visto che tuo padre lo descriveva ormai
lontano dal fiore degli anni» intervenne Mera che fino ad allora si era
limitata a seguire gli altri in silenzio. Carian la guardò con aria
amareggiata, non aveva ancora detto tutto.
«Sion ti ha riconosciuta e non aveva nessuna intenzione di lasciarti venire con
noi verso l’Euvenia. Il suo obbiettivo è il Sud, il Ventus e le sue ultime
miniere di Luthus».
«Cosa?! Com’è possibile?! Sono stata attenta, non può avermi riconosciuta, non
può!» rispose la fanciulla afferrando per la splendida veste blu l’amica.
«Calmati Mera, ho agito d’impulso prima e forse ho esagerato… ma almeno
resteremo insieme. Ti avrebbero usata come merce di scambio!».
La cacciatrice mollò la presa e fece qualche passo indietro titubante.
«Sempre per colpa mia, prima ho ucciso la guardia rischiando di mandare tutto
all’aria, adesso ho precluso l’unico modo per raggiungere l’Euvenia. Forse è
giusto che mi prendano e che torni a casa» rispose decisa sotto lo sguardo
attonito di Carian.
«Qual è il tuo problema Mera?!» cominciò la rossa sbattendo la principessa alla
parete del tunnel, e Golden e Ruphis sussultarono senza parole.
«Siamo un gruppo! Lo siamo sempre stati e continueremo ad esserlo finché non
riporteremo Valerian nel Saar! Hai paura? Tutti noi l’abbiamo ma smettila di
fare la bambina e affronta la situazione! Se non ce la fai voltati e corri da
Sion» continuò Carian senza mezze misure lasciando l’interlocutrice
pietrificata.
«Non voglio distruggere questi tragici momenti di profonda analisi
introspettiva, ma ho trovato l’uscita!» disse Tarus interrompendo le ragazze.
Carian annuì e dopo un ultimo sguardo a Mera, si portò alle spalle del Phylis
insieme agli altri verso un cunicolo che sembrava finalmente risalire fino alla
superficie. In fondo al percorso vi era l’inconfondibile luce del sole, e la
brezza ristoratrice che investì il gruppo fece saettare fuori Tarus col sorriso
sul volto, distrutto immediatamente da ciò che gli si presentò davanti agli
occhi.
«Ehm, forse è meglio tornare indietro?» chiese sconvolto voltandosi verso
Carian e gli altri che però erano già arrivati.
«Siete in arresto in attesa di giudizio per pratica di arti oscure, atti
violenti verso il regno e il Re, che il Dio Fuoco abbia pietà della vostra
anima».
La caduta non l’aveva ucciso: Firion, figlio di Sion, con al seguito almeno
venti uomini armati, accolse i fuggitivi con quelle parole. Sfoderò quindi la
spada e sospirò amareggiato mentre incrociava gli occhi dorati della mancata
sposa:
«Un bellezza così rara… sprecata in questo modo».
«Meglio del fuoco che tua» rispose lei senza pensarci.
«Già… un vero peccato».