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Autore: Psyker_    24/07/2013    1 recensioni
Grazie al paradossale sacrificio del Demone, il Saar è riuscito a riemergere dopo gli anni di guerra. Una cacciatrice e i suoi preziosi compagni non hanno però dimenticato il debito nei confronti di quella entità "oscura" che li aveva salvati, e riunendo il gruppo si preparano a varcare il limite del Saar, in quei tempi di cambiamenti in cui ognuno di loro ha imparato a vivere la propria storia. Tra magia e stregoneria si pongono intanto i Cacciatori della Notte, vincolati alla loro imprescindibile Promessa.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mondo di Saar'
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cap5

«Non accetterò mai questa follia!» disse Golden colpendo la parete con un pugno.
Carian era seduta su un grande letto a baldacchino con dei veli di seta che elegantemente ne coprivano i lati. Si alzò a quel punto con le braccia incrociate assorta fra mille pensieri e per quanto si sforzasse non riusciva propria a trovare una soluzione migliore. Il fratello sfilò la fidata spada dal fodero e rimase a guardare la sua lucentezza al riflesso delle torce accese nella camera.
«Possiamo scappare, combatterli finché possibile. Non ti lascerò sposare quel tipo» ribadì.
«Ci serve quella nave per raggiungere l’Euvenia, non possiamo di certo attraversare il mare a nuoto. Se solo quell’incendio non avesse devastato Horen forse i Phylis ci avrebbero aiutato come l’ultima volta, o magari avrebbero riparato la nostra imbarcazione…».
«Impossibile, è caduta a pezzi non appena io e Ruphis siamo turnati. Comunque sia non è stato casuale, quella nella città dei Phylis è stata opera di un mostro… di un drago maturo forse. Sai bene quanto siano terrificanti le creature nelle Terre Aride, sia nel cielo che nelle acque che bagnano l’Euvenia e l’Horion» - si passò una mano tra i capelli biondi - «quanto a Mera, come dovremmo comportarci?» continuò lo spadaccino preoccupato.
«Ruphis è con lei adesso, saprà tranquillizzarla» rispose la rossa con un sorriso, sperava nelle parole del Drago Nano che si era spesso dimostrato un buon consigliere.

 

La bella cacciatrice era in un’altra stanza, notevolmente più modesta di quella concessa all’amica ma era normale, Carian era diventata la promessa sposa del figlio del Re di Vhiria. Era distesa nel letto sfatto e con gli occhi al tetto sembrava non voler uscire da quel circolo di pensieri e ricordi che l’aveva assalita nel momento in cui aveva scoccato la freccia verso il guerriero della locanda. Si sentì perduta nel vuoto, capì in un istante quanto quella spedizione fosse inadatta per lei, quanto uccidere uno scoiattolo per la cena fosse differente dall’uccidere una persona. Poi trovò la forza di alzarsi e mettersi seduta ma tornò ad osservare le stesse mani che avevano imbracciato l’arco in quell’istante. Non riusciva a parlare, non avrebbe voluto altro che rimanere in quella stanza da sola per chissà quanto tempo ancora ma d’un tratto un suono alla porta la destò dai suoi pensieri.
«Disturbo?» la voce di Ruphis.
Mera non aveva nessuna intenzione di vedere qualcuno ma in quella circostanza non poté che accoglierlo:
«Entra pure…» rispose la principessa debolmente.
Il Drago Nano volteggiò lentamente verso la ragazza percependo immediatamente nell’aria una tensione che sarebbe divenuta presto insostenibile. Venne guidato dai suoi sospiti profondi e seppur non potesse vederla, riuscì ad affiancarla e donarle il dorso che un tempo amava tanto farsi accarezzare. La principessa fu in un primo momento titubante ma non appena vide il suo dolce e fedele compagno accucciarsi nelle sue gambe non riuscì più a trattenere le lacrime che sgorgarono copiose dai suoi splendidi occhi azzurri.
«Io… io non sono pronta Ruphis» riuscì a dire mentre affondava il viso tra le mani.
«È normale, sarebbe strano se lo fossi. Però… guardati, sei cambiata, sei più matura, più indipendente, più bella. Non sei più la ragazzina che deve essere salvata, nella locanda sei TU che hai salvato la vita di Carian, adesso l’ho capito anch’io» spiegò il drago perentorio. Anche lui era cambiato, non era più il semplice servitore della principessa, non il maledetto rompiscatole che Valerian odiava tanto, anche se in quel momento era lì a consolare colei che per tanti anni aveva servito e voluto bene, proprio come un tempo.
«Insieme ce la faremo» continuò.
La ragazza osservò la piccola creatura pensando attentamente alle sue parole ed annuì tra sé e sé cominciando ad asciugarsi le lacrime. Si alzò dunque per dirigersi verso la mensola su cui aveva poggiato l’arco e rimase qualche istante a guardarlo mentre Ruphis si chiedeva cosa stesse facendo.
«Lui ha affrontato tutto questo per me?» disse Mera con voce rotta.
«Ha combattuto una guerra per te» rispose il drago rallegrato.
«… Sarà sempre così difficile?» continuò la ragazza.
«Lo è per tutti».
La principessa si voltò abbracciando il drago stavolta senza lacrime, in modo diverso rispetto a quando si erano rivisti alla pianura dell’Horion dopo anni, come se avesse acquisito una consapevolezza che prima di giungere a Vhiria non aveva mai avuto. Rimasero in quella posizione per alcuni minuti mentre nella mente della donna apparvero ricordi contrastanti della guerra combattuta da Naos Echel e per la prima volta riuscì a schematizzarli per creare una sequenza sensata. Lei era lì, di fronte Valerian con lo sguardo furioso e tutto intorno la città bruciava nelle fiamme mentre urla di dolore si levavano nel cielo rosso. La fanciulla si rialzò facendo un passo indietro e si portò una mano al petto sicura di stare per avere un mancamento, ma resistette. Il Drago sentì i battiti del suo cuore aumentare vertiginosamente ed alzandosi a mezza altezza battendo le piccole ali, si preoccupò della sua condizione:
«Mera tutto bene?».
«Io… ho dei ricordi» disse senza grande sicurezza.
«Ricordi?» ripeté Ruphis piuttosto confuso.
«Sì e non sono miei».

 

Il sole era alto nel cielo azzurro e per un giorno la fitta nebbia dell’Horion sembrava avergli concesso il ruolo di protagonista tra quelle poche nubi. I raggi dorati illuminavano l’enorme balconata del castello piena di fiori e stendardi e sotto un centinaio di persone rumoreggiavano in preda al delirio. La porta del castello si aprì e la luce mise subito in risalto gli occhi di Carian che splendevano del loro colore dorato in quel viso candido con la chioma di fuoco raccolta in un fermaglio di zaffiro. Avanzò tenendosi leggermente su il lungo vestito blu di velluto e sospirando si affacciò al popolo di cui sarebbe divenuta principessa. Golden era ai lati del balcone e non appena incrociò il riflesso chiaro degli occhi della sorella, non riuscì più a dire una parola nonostante Ruphis continuasse a discutere di quanto fossero fastidiose le voci al livello inferiore. Tarus non si vedeva mentre Mera assisteva dall’altra parte della terrazza di pietra con un meraviglioso vestito rosso che si intonava perfettamente al suo nuovo colore di capelli. Quel matrimonio era quanto di più falso e forzato potesse esistere e lei che era di sangue nobile lo sapeva bene, ciò non toglieva comunque che sostenere la tensione di fronte un intero popolo che urlava il tuo nome e ti acclamava senza riserve, doveva essere difficile. Pensò poi che se fosse rimasta a Kubara avrebbe probabilmente sposato anche lei un qualche nobile del regno e rabbrividì: non avrebbe mai voluto essere al posto di Carian.
Da quel giorno alla locanda non aveva più avuto modo di parlarle, di discutere con lei riguardo quello che era successo, ogni membro della servitù reale non le lasciava un attimo di tregua e se a volte guadagnava dieci minuti di libertà, di sicuro non avrebbe voluto spenderli ricordando il loro litigio. Poco importava pensò, durante il viaggio nell’Euvenia avrebbero avuto ben più di un’occasione.
Lo sposo era già sul posto, con il suo già celebre sorriso sgargiante dai denti bianchissimi e l’elegante armatura dai riflessi scarlatti, con nel busto impressa la freccia circondata dalle fiamme. Carian osservò quello sguardo bramoso e strinse i pugni sperando di non fare qualche sciocchezza almeno fino alla fine della cerimonia. A sancire l’unione sarebbe stato il Re di Vhiria che con una corona d’oro a coprire i corti capelli brizzolati ed il lungo mantello tenuto insieme sul petto da un diamante dal riflesso meraviglioso, si faceva vanto della propria carica al cospetto del regno.
«Quest’oggi» - cominciò - «io, Sion Riel, Re di Vhiria, sarò testimone insieme a voi dell’unione fra mio figlio Firion e la bellissima Carian Maleth. In nome dell’intero Horion, di tutto il Saar, prego il Dio Fuoco nostro protettore che secoli addietro ha inghiottito i nostri nemici nell’erba rossa, di proteggervi e rendere forti i vostri figli».
Carian deglutì sonoramente a quelle parole e abbassò lo sguardo.
«Scambiatevi le promesse» continuò il Re.
La ragazza strinse i denti, doveva fare ancora un ultimo sforzo, resistere per qualche minuto e tutto sarebbe finito, avrebbe potuto prendere una nave e salpare verso l’Euvenia, dimenticare tutto e lasciarsi alle spalle le mura della città senza più voltarsi. Poi però qualcosa dentro di lei l’allertò: una visione, una sorta di premonizione che se vista da colei che era da alcuni conosciuta come la “Strega Celeste” non poteva che voler dire qualcosa. Firion parlò recitando i passi fondamentali della promessa, poi sorrise in attesa che la sposa facesse lo stesso per poterla baciare davanti gli emozionati invitati. Carian rialzò lo sguardo e si portò una mano al collo come se qualcosa la stesse soffocando. Il principe si chinò afferrandole la testa prima che battesse al suolo ma quando il corpo della fanciulla brillò di una luce azzurra, una forza invisibile sbalzò chi le era vicino. Alcuni, tra cui Firion, volarono giù dalla terrazza mentre gli altri vennero scaraventati al muro insieme al Re. Solo Golden sembrava aver resistito alla carica e sfidando la forza che continuava ad infuriare nella balconata, raggiunse la sorella prendendola tra le braccia: era cosciente.
«Hai fatto la cosa giusta!» disse lo spadaccino con un sorriso fiero a colorargli il viso mentre sul posto arrivavano decine di guardie.
«M-muoviti idiota, non è come pensi» concluse in fretta Carian.
Il biondo non sapeva assolutamente come muoversi in quel palazzo e Mera e Ruphis sembravano nella stessa situazione. Erano intrappolati nella terrazza destinati ad affrontare chiunque avesse varcato la soglia della grande porta.
«Potremmo saltare!» propose Mera senza troppa convinzione.
«È alto… molto alto» rispose il ragazzo deglutendo.
I soldati reali erano quasi giunti e non sembrava esserci altra scelta. Golden si avvicinò al bordo del parapetto di pietra e sospirò come non aveva mai fatto in vita sua. Prima che potesse prendere qualsiasi decisione però, una voce familiare chiamò l’attenzione del gruppo:
«Da questa parte!».
«Tarus!» esclamarono in coro Mera e Golden.
Senza perdersi in chiacchere raggiunsero il piccolo amico nei pressi di una minuscola botola, nascosta dalle foglie d’edera ai lati della terrazza: probabilmente un passaggio alternativo verso le segrete del castello per casi allarmanti, e quello lo era decisamente. Il primo ad entrare fu Ruphis, poi Mera e a seguire Carian ancora dolorante e Golden. Proseguirono per un tunnel stretto e fetido ma per sfuggire a quelle guardie bramanti le loro teste avrebbero accettato di introdursi in qualsiasi luogo. La fuga durò una decina di minuti e da quei cunicoli poteva sentirsi la folla in agitazione per quanto successo. Non era ancora chiaro a nessuno il motivo per cui la fanciulla avesse cambiato idea all’improvviso ma soprattutto non era spiegabile la ragione di un simile comportamento nei confronti del Re.
«Se non volevi sposarti potevi semplicemente rifiutarti all’inizio, ci avrebbero rimandato nella pianura senza una nave ma con almeno con la testa sul collo!» esordì Tarus dopo diversi minuti di silenzio. Carian aveva cominciato nuovamente a muoversi con le proprie gambe e concedendo uno sguardo al compagno, sospirò prima di raccontare cosa avesse visto.
«Avrei voluto tanto agire come ho agito, dal principio, ma non sono così stupida. Ho… avuto una sorta di visione. Avevo già dei dubbi ma questa cosa mi ha definitivamente fatto aprire gli occhi» - sospirò e continuò a spiegare - «nostro padre, Khalaf, mi aveva parlato tante volte della famiglia Riel descrivendola come gente di sani principi e pronta a pagare qualsiasi costo pur di soddisfare la richiesta di un amico in difficoltà. Mi raccontava dei folti baffi bianchi del Re e di come la vecchiaia stesse cominciando ad avere la meglio su di lui, ma… è un’altra cosa che più mi ha insospettita: la sua giovane e bella moglie, la Regina, mi era sempre stata descritta come “l’angelo disceso sulla terra dell’erba rossa” con la sua carnagione chiara e i lucenti capelli platinati, preziosi come il sole. Nostro padre raccontava sempre di lei a me e Golden, pensavamo l’amasse».
«Si ma tutto questo cosa c’entra con la tua visione?» interruppe Tarus senza smettere di muoversi tra i cunicoli.
«Il Re non ha i baffi come avete visto e non è vecchio come credevo e nelle sale al primo piano del castello alcuni quadri ritraevano la famiglia reale: Re Sion e un’altra donna dai capelli scuri. Quello non è l’uomo di cui mi ha parlato mio padre…» concluse Carian stringendo i pugni.
«Sì, ok, ma perché reagire in quel modo? Evidentemente è successo qualcosa al Re o magari è morto di vecchiaia visto che tuo padre lo descriveva ormai lontano dal fiore degli anni» intervenne Mera che fino ad allora si era limitata a seguire gli altri in silenzio. Carian la guardò con aria amareggiata, non aveva ancora detto tutto.
«Sion ti ha riconosciuta e non aveva nessuna intenzione di lasciarti venire con noi verso l’Euvenia. Il suo obbiettivo è il Sud, il Ventus e le sue ultime miniere di Luthus».
«Cosa?! Com’è possibile?! Sono stata attenta, non può avermi riconosciuta, non può!» rispose la fanciulla afferrando per la splendida veste blu l’amica.
«Calmati Mera, ho agito d’impulso prima e forse ho esagerato… ma almeno resteremo insieme. Ti avrebbero usata come merce di scambio!».
La cacciatrice mollò la presa e fece qualche passo indietro titubante.
«Sempre per colpa mia, prima ho ucciso la guardia rischiando di mandare tutto all’aria, adesso ho precluso l’unico modo per raggiungere l’Euvenia. Forse è giusto che mi prendano e che torni a casa» rispose decisa sotto lo sguardo attonito di Carian.
«Qual è il tuo problema Mera?!» cominciò la rossa sbattendo la principessa alla parete del tunnel, e Golden e Ruphis sussultarono senza parole.
«Siamo un gruppo! Lo siamo sempre stati e continueremo ad esserlo finché non riporteremo Valerian nel Saar! Hai paura? Tutti noi l’abbiamo ma smettila di fare la bambina e affronta la situazione! Se non ce la fai voltati e corri da Sion» continuò Carian senza mezze misure lasciando l’interlocutrice pietrificata.
«Non voglio distruggere questi tragici momenti di profonda analisi introspettiva, ma ho trovato l’uscita!» disse Tarus interrompendo le ragazze. Carian annuì e dopo un ultimo sguardo a Mera, si portò alle spalle del Phylis insieme agli altri verso un cunicolo che sembrava finalmente risalire fino alla superficie. In fondo al percorso vi era l’inconfondibile luce del sole, e la brezza ristoratrice che investì il gruppo fece saettare fuori Tarus col sorriso sul volto, distrutto immediatamente da ciò che gli si presentò davanti agli occhi.
«Ehm, forse è meglio tornare indietro?» chiese sconvolto voltandosi verso Carian e gli altri che però erano già arrivati.
«Siete in arresto in attesa di giudizio per pratica di arti oscure, atti violenti verso il regno e il Re, che il Dio Fuoco abbia pietà della vostra anima».
La caduta non l’aveva ucciso: Firion, figlio di Sion, con al seguito almeno venti uomini armati, accolse i fuggitivi con quelle parole. Sfoderò quindi la spada e sospirò amareggiato mentre incrociava gli occhi dorati della mancata sposa:
«Un bellezza così rara… sprecata in questo modo».
«Meglio del fuoco che tua» rispose lei senza pensarci.
«Già… un vero peccato».



 

 

  
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