Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: sakura_hikaru    24/07/2013    3 recensioni
Touma Hashiba non è un ragazzo facile, colpa di un'infanzia non proprio normale. Ma c'è qualcosa, anzi, qualcuno che rende la sua esistenza decisamente difficile.
Un vero e proprio groviglio di emozioni che il nostro Tenku non sa proprio spiegarsi ...
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rowen Hashiba, Sage Date, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il sole delle nove era ben alto nel cielo e penetrava i suoi raggi attraverso le vetrate del giardino, andando a colpire un assonnato Shu, riverso sul divano, e un ronfante Byakuen, la mano del ragazzo ancora sul capo: le cicale avevano appena iniziato il loro canto quando il rumore di una macchina in arrivo disturbò il sonno del felino.

La tigre si mosse, attenta e ricettiva, alzandosi e facendo ricadere la mano di Shu a terra.

"Uhm" mugugnò lui, schermandosi gli occhi con una mano. "Che...c'è...".

Byakuen ruggì delicatamente, mosse la coda con una certa foga e camminò fino alla vetrata dove, con una zampata leggera, diede segno di voler uscire.

L'atto smosse definitivamente Shu che, con una buona dose di pigrizia, si alzò in piedi per aprire - non ancora conscio di quello che stava accadendo. A occhi praticamente chiusi, creò una via di fuga al felino facendo scorrere il vetro: così facendo, diede modo a vento e voci di entrare in casa.

"Byakuen!".

La voce di Ryo fu la prima a risuonare in quel silenzio mattiniero, quella di Shin venne dopo, nella forma di una risata: bastò quello per risvegliare Shu e farlo catapultare in giardino, un sorriso raggiante sulla bocca, i capelli arruffati e sulla guancia il segno inconfondibile di un cuscino.

"Ragazzi!".

Inutile dire che il primo su cui le sue attenzioni si rivolsero fu Shin, prendendolo praticamente tra le braccia e stringendolo in una stretta calorosa.

"Mi siete mancati! Non dovete più lasciarmi indietro!".

Shin era troppo imbarazzato per rispondere con la giusta verve. Ryo no.

"Neanche con un terribile mal di pancia?".

Shu gli rivolse una linguaccia prima di tirarlo nell'abbraccio assieme a Shin. Seiji osservava interessato alle loro spalle, un ghignetto non privo di malizia sul malcapitato ragazzo.

"Se vuoi tentiamo ancora con la mia pratica..." esordì lui quando l'abbraccio dei compagni si sciolse. "Forse, stavolta, ho successo".

Lo sguardo inorridito di Shu durò per un breve istante, almeno fino a quando non gli giunse una battutina proprio calzante.

"Puoi sfogarti con Touma, visto che è in camera vostra".

Il viso di Seiji si contrasse per un attimo in una smorfia condita da arrossamento e da tossicchio finale: sapeva ricomporsi per bene, non glielo si poteva negare.

"Mi sfogherò con te se il tuo pesciolino lo riterrà necessario...".

E il pesciolino si sentì in dovere di replicare immediatamente.

"É solo perchè è stato così male...era una soluzione estrema ma efficace".

Il ragazzo di Hagi si voltò verso Shu e, con il suo visino impettito, pronunciò.

"Vero che hai capito?".

Mai contraddire un pesciolino, soprattutto se in difficoltà.

"Certo koi".

Alla vista del sorriso raggiante di Shu, Ryo scoppiò a ridere e andò a scompigliargli i capelli.

"La nostra scimmietta starà attenta, vero?".

La mossa successiva era fin troppo prevedibile, con Shu che cercava di arruffare i capelli a Ryo e il successivo proclama della colazione della scimmietta.

Seiji aveva altri piani e lasciò il trio alla loro corte per dedicarsi al quinto abitante di quella casa.

Salì le scale con fare meditabondo, calmo: aveva il cuore che batteva con fin troppa lena, ma il viso non tradiva l'emozione che si scatenava dentro di lui.

Non aveva più timori, ma una sana dose di ansia era piuttosto normale a quel punto. Per lo meno sapeva che non l'avrebbe trovato sveglio. L'osservazione libera era un'opportunità di cui non voleva privarsi.

Aprì la porta lentamente, facendo attenzione ai rumori molesti - anche se era risaputo quanto il sonno dell'arciere fosse pesante; poggiò in un angolo la borsa che aveva portato in viaggio e richiuse la porta alle sue spalle. Dalla finestra giungeva un sottile filo di luce che giocava sul proprio letto con fare pigro, la stanza pareva avvolta da una strana penombra luminosa solo per quella piccola fonte di luce.

Il respiro di Touma era leggero, quasi impercettibile. Pareva sul punto di risvegliarsi quando, in realtà, giaceva nei meandri dei sonni più profondi.

Seiji lasciò andare un respiro che nemmeno ricordava di aver trattenuto; si avvicinò al proprio letto, sedendovisi e poggiando le mani sul materasso. Il tatto percepì immediatamente che quel posto non era rimasto intatto dalla sua partenza: abbassò gli occhi ed essi incontrarono il cuscino spostato nel mezzo del letto senza la minima cura di voler coprire il misfatto.

Non era da Touma oltrepassare i confini, anche se era solo per un cuscino: chissà cosa aveva voluto fare. Lo prese in mano e, improvvisa, venne la sensazione che quello non fosse il suo guanciale: lo tenne in mano, osservandolo con aria perplessa, poi lo girò su se stesso per sistemarlo al suo posto.

E così l'odore di Touma giunse a lui.

"Arancia...".

No, non era il suo cuscino.

Allora gli occhi di Seiji si allungarono sulla figura dormiente di Touma, sbirciarono fin oltre le sue spalle e trovarono lì, tra le coperte e le braccia del ragazzo, il suo cuscino. La realizzazione di quello che era successo lo aggredì ferocemente. Touma era particolarmente bravo coi colpi bassi, li depositava con una certa naturalezza.

Seiji si portò una mano al viso, cercando di nascondere, almeno in parte, quell'irrefrenabile moto di imbarazzo: e dire che era calmo, calmo e sicuro. Anche se il suo cuore doveva smettere di avere quegli irritanti sbalzi.

Baka ... Sei... ji...”.

Il cuore si fermò per un istante, ma quando riprese a battere era decisamente più regolare. E l'espressione di Korin più indignata che impacciata.

Ma tu guarda ...”.

Uhm ...”. Touma si rivoltò nel letto, il cuscino di Seiji tra le sue braccia fece un viaggio di 180 gradi per atterrare sull'altro lato del letto, quasi soffocato dalla stretta dell'arciere. “...baka ... uhm ...”.

Certo, il tono della voce non era convinto e i versi che infiorettavano quelle mezze parole davano adito a ben altro. Ma Seiji continuava a sentire quel 'baka' e a sentirsi, legittimamente, seccato: e che diamine, cosa aveva fatto per meritarsi ancora un epiteto simile?!

...'orridi... uhm... baka...”.

Il cuore di Korin si fermò una seconda volta e, quando tornò a battere, non sapeva bene nemmeno lui come prendere la cosa.

...potresti essere più gentile...”.

Seiji soffiò, tanto era inutile: quel ragazzo non si sarebbe svegliato con così poco. Nemmeno se avesse riversato su di lui una serie di lamenti e recriminazioni sulle uscite infelici di quello strano essere dal sonno di piombo.

...uhm... Seiji...”.

Ma parlava così tanto?!

Seiji si ritrovò a scuotere ancora il capo, nell'inutile tentativo di levarsi dalla testa quello strano tono usato dal compagno: lo stava sognando? E cosa diamine stava sognando di lui?

... Seiji...” di nuovo la voce di Touma, la sua figura che si stringeva prepotentemente al cuscino, mentre vi affondava il viso. “... uhm...”.

No, così non andava bene. Quel tono non andava affatto bene. Touma non doveva parlare di lui, in sua presenza, in un modo che doveva essere illegale perché dava a Seiji certi pensieri che ...

Touma”. Era meglio svegliarlo. Sarebbe stato tutto molto più semplice. E non ci sarebbero stati versi strani a fargli perdere la concentrazione. Accidenti, ne aveva bisogno! “Touma, svegliati!”.

Seiji si era chinato su di lui, leggermente, senza però azzardare gesti che avrebbero sicuramente sortito l'effetto voluto – e forse qualcosa d'altro non esattamente richiesto.

Ma Touma, Seiji o non Seiji, non si svegliava con quella facilità: non per nulla i ragazzi erano giunti al gesto estremo dell'acqua.

Touma!”.

Non era solito di Seiji alzare la voce, ma si doveva fare di necessità virtù. Più o meno.

Stavolta un mugolio, un movimento stizzito, lento, quasi strisciante percorse tutto il corpo di Tenku: e il cuscino di Korin si abbassò con movimento perentorio.

A quel movimento, Seiji non ci vide più dall'imbarazzo: agguantò il proprio cuscino (ancora perentoriamente tra le mani di Touma) e lo tirò dalla propria parte – e lontano dalle sue zone più pericolose – con tutta l'energia di cui disponeva. Conseguentemente, portandosi dietro anche la persona che, a quel cuscino, si era abbarbicata.

Un tonfo sordo lo trascinò a terra, sotto l'evidente e alquanto reale corpo di Touma.

TOUMA!”.

UhmSei... ji...”.

Era la sua dannazione. Non si svegliava nemmeno con i colpi di cannone, nemmeno cadendo dal letto, nemmeno ...

Il flusso dei pensieri di Seiji s'interruppe all'improvviso: gelo e bollore, fulminei e chiassosi come non mai. Accidenti alle braccia di Touma e alla loro incredibile sfacciataggine! L'aveva scambiato per il cuscino forse?!

Le sue mani scesero come tenaglie sulle braccia dell'arciere e, con uno scossone rigido e brusco, lo smosse, chiamandolo.

Touma, svegliati”.

Si era ripromesso di non essere più duro. Rigido. Irritante.

Con lui.

Ma come poteva quando ...

Stai... con me...”.

La voce di Touma era un mormorio morbido, ma chiaro e distinto. Non era certo la voce di un dormiente.

Touma...”.

Confondevano quel tono, il tocco del suo abbraccio, il suono del suo respiro addosso. Seiji era spiazzato, stregato e assieme perduto, di nuovo, nel sogno del groviglio di Touma.

Rimaniamo così ...” un sussurro, poi una pausa. L'abbraccio di Tenku tremò, stringendosi ancora di più attorno ai fianchi di Korin, mentre le mani impugnavano con ansia la sua maglia. “Mi sei mancato...”.

Touma era il panda che si stava avvinghiando a lui, con tutta la tenerezza che nessuno gli aveva insegnato. Era un dormiglione che aveva dovuto essere trascinato giù dal proprio letto per svegliarsi. Era complicato, dalla mente contorta, dalle emozioni prive di guida e col cuore attanagliato da quei grovigli spinosi che erano nati come sola protezione dal mondo.

Touma era un bambino sperduto che aveva costruito la strada da percorrere da sé, senza possibilità di scelta.

Eppure la scelta era giunta, non troppo tardi, a guidarlo dai ragazzi, da Seiji.

Un respiro lungo, forse trattenuto, si esalò dalle labbra del ragazzo: gli occhi violetti accarezzarono la schiena di Touma, poi una mano scivolò sulla sua nuca, affondando tra le ciocche nere.

Anche tu... anche tu mi sei mancato...”.

Il capo di Touma si alzò d'improvviso, scostando così la mano di Seiji da sé e ritrovandosi ad affondare nel suo sguardo. Socchiuse le labbra, cercava conferme, voleva sicurezza, ne aveva bisogno. Ma temeva anche di farlo arrabbiare, di instillare dubbi o di metterli alla luce senza nemmeno volerlo.

E allora, invece di parlare, sbuffò e abbassò semplicemente lo sguardo. La paura vinceva su tutto.

Fu allora che le mani di Seiji tornarono al suo viso, rialzandolo con sicurezza verso il proprio: aveva un'espressione così risoluta e morbida che pareva quella di un agguerrito angelo. Touma ingollò, gli occhi volarono a terra, mentre il viso era saldamente teso verso l'alto.

Touma. Mi sei mancato. Davvero”.

Perché era così difficile convincerlo delle cose più semplici? Di quelle più chiare ed eclatanti?!

Semplice.

Perché Touma era un insicuro quando si parlava di sentimenti e non era in grado di concepire il semplice fatto che potesse esistere una persona che riuscisse a ricambiare quella strana emozione che era il senso di mancanza.

 

Era difficile amare qualcuno, quando non si sapeva come farlo. Era difficile perché ti mostrava parti di te che non avevi mai conosciuto; ma esse erano sempre state lì, sotto i tuoi occhi più ingenui, solo in attesa che ci fosse qualcuno in grado di cogliere quei frammenti anonimi, spolverarli con la più grande delle emozioni e metterti di fronte ... di fronte al fatto che non vi è nulla di anonimo in nessuno di noi. Che siamo speciali, ma non riusciamo mai a vederci tali.

Forse è a questo che serve l'amore. Scoprire cosa ci rende unici e irripetibili.

Forse è questo che ci rende così tremendamente insicuri, infinitamente terrorizzati, di fronte all'amore.

 

Touma aveva sempre rifiutato l'epiteto di speciale, perché in bocca alla gente quella parola risuonava solitaria, un'eccezione.

Incapace di trovare un luogo abbastanza grande per qualcun altro che non fosse solo ed esclusivamente lui.

Ora quella parola non lo terrorizzava più. Ora la agognava, come un alchimista agogna la propria chimera.

A cosa stai pensando?”.

Gli occhi di Touma salirono velocemente in alto, trovandosi al cospetto di quelli pensierosi di Seiji: si morse il labbro inferiore, lentamente, cercando il coraggio di parlare di nuovo, riabbassò lo sguardo su una spalla del compagno e si decise a rivolgersi ad essa.

Perchè ti sono mancato?”.

Povero Seiji, non si sarebbe aspettato così tanto da un solo risveglio. Non dopo tutto quello che avevano passato.

Potrei farti la stessa domanda, ma non sarebbe giusto nei tuoi confronti”.

I denti di Touma affondarono più a fondo nella carne delle labbra.

A me sei mancato...” sussurrò l'arciere ad occhi chiusi “... perché volevo stare con te ... e non potevo...”.

Non era la risposta che lo spadaccino si aspettava. In realtà, non credeva nemmeno di riuscire a strappargliela una risposta.

Seiji si diede dell'idiota: là dentro il temerario non era certo lui.

La sua testa ricadde un po' in avanti, verso quella corvina che, ancora, restava china, nascosta da lui, da ogni sguardo.

Anche io volevo stare con te e-”.

Davvero?”.

Touma non aveva rialzato il capo, ma la sua voce era diventata chiara, squillante e con un'inequivocabile nota di panico.

Seiji sospirò.

Non mi credi?”.

Perchè non mi rispondi?!”. Capo rialzato, guance arrossate e occhi bagnati, Touma lo fissava con aria dimessa e agguerrita. “Ti do fastidio? Non ... non ti... io non...”. Eppure non riusciva a dire quello che il suo cuore temeva. Aveva paura, paura della conferma di ogni sua paura ... paura di tornare solo.

E Seiji capiva e non comprendeva. Capiva la paura. Ma non comprendeva perché mai quella paura fosse rivolta a lui.

Non mi dai fastidio” rispose privo di tono. “Ma... accidenti!” eppure il tono riprese, secco, esasperato. “Touma stiamo tornando indietro? Io non voglio”.

Tornare indietro?

Litigi... malessere... confusione, tristezza. Niente ... Seiji ...

Gli occhi di Touma, già bagnati, si riempirono, offuscarono le immagini, gonfiarono il cuore: non voleva tornare indietro.

Non voleva tornare a quello che era ... a quello che Seiji era ... quello che loro non erano ... non voleva perderlo.

Un braccio andò a coprirgli il viso, mentre il corpo venne scosso da singhiozzi.

Scu...sa...”.

Davanti agli occhi di Seiji, tutto era successo troppo velocemente.

Tutto aveva preso una piega assurda, incontrollata.

E ora Touma gli chiedeva scusa.

Scusa...

Una mano di Seiji si allungò veloce ed afferrò il braccio che gli nascondeva Touma: gentilmente lo abbassò, combattendo solo contro la testardaggine del ragazzo; poi, quando il viso rosso e in lacrime fu libero da ogni ostacolo, si chinò su di lui e lo baciò.

Touma singhiozzò, ancora una volta, nel bacio. Ma stavolta per stupore.

Gli occhi si erano spalancati così tanto che le lacrime che contenevano finirono di scendere in un istante; il naso un po' umido tirò su un paio di volte, quando Seiji si staccò dalle sue labbra.

Rimase in silenzio per un lunghissimo minuto, finché Seiji non prese parola con aria solenne e seria.

Mi sei mancato tanto perché volevo sentirti e parlarti e ... stare con te. E non potevo. E se pensi cose stupide su quello che penso io, beh... hai torto!”.

Touma sobbalzò a quel ruggito e pensò bene di non replicare, di lasciare che Seiji dicesse tutto quello che il suo sguardo ancora aveva dentro.

Se sei insicuro...” e a quell'accusa Touma abbassò ancora il capo, finendo per avere attorno alle guance le mani di Seiji che lo obbligarono a rialzarsi. “Non esserlo di me. Né di quello che sento. Sono io che-”. Un sospiro. I pollici delle sue mani accarezzarono la pelle ancora umida di lacrime. “... io che posso farti sentire... sicuro...”.

Nella penombra della stanza, il silenzio calò con tenerezza, come la neve che si posa, di notte, sui tetti.

Touma avrebbe voluto parlare ancora. Dire la sua, replicare, aggiungere, fare quello che aveva sempre fatto con Seiji, non stare zitto.

Ma anche una mente brillante, per quanto ingenua qual era la sua, capiva il momento giusto per lasciar parlare il silenzio e i fatti. Ricoprì le mani di Seiji con le proprie, le strinse appena, poi lasciò cadere il capo contro il petto di Seiji e li rimase, la fronte e la punta del naso a contatto con la maglia del ragazzo.

Era strano. Dopo tutto quello che era successo, tutto appariva più leggero, praticamente volatile.

Touma stesso si sentiva svuotato e riempito. Da qualcosa di così leggero che si sentiva levitare fino al cielo. E non c'era nessuna yoroi ad aiutarlo.

Si strinse a Seiji, ancora una volta, facendo una leggera pressione attorno al suo torace; poi strusciò la fronte contro il suo petto, sospirando.

Seiji sospirò di rimando, poggiando una mano sul suo capo.

...panda...”.

Era stato un sussurro, ma Touma lo recepì chiaramente, muovendosi incerto tra le sue braccia.

Panda?”.

Una risatina tra le labbra di Seiji che rese un po' nervoso Touma: era la seconda volta che lo sentiva usare quell'epiteto e, ancora, non ne comprendeva la logica.

Perchè 'panda', Seiji?”.

Perchè il panda ti s'addice perfettamente”.

Mi vedi come un animale?”.

Come tu vedi Shin come un pesciolino ... o Ryo come un gatto ...”.

E Shu come una scimmietta, ma solo perché lo chiama così Shin...” finì per replicare l'arciere. “Ma perché mi s'addice? Io non mangio bambù!”. Oh, tono indignato.

Ma io ti vedo così bene come un panda. Pigro, tranquillo e ...” Seiji si morse la lingua, ma finì la frase. “...morbido”.

L'indignazione scese giù per la schiena di Touma, il suo volto si rialzò come se ci fosse una molla al posto del collo, mentre la bocca rimase semiaperta, priva di una battuta con cui ribattere.

Seiji non riuscì a trattenere un'altra risatina, scioccando ancora il già scioccato Touma.

E quando riesci a tenere a bada la tua bocca, sei anche silenzioso come un panda”.

Però Touma non seppe tenere più a lungo quella bocca e replicò.

Allora la terrò lontano da te, visto che devo tenerla a bada”.

Non era arrabbiato e nemmeno seccato. Qualcosa di strano si era scatenato in lui.

Ma guarda...” il tono di Seiji si era colorato di ironia. “A Narita non mi è sembrato...”.

Touchè.

Touma detestava i touchè.

E detestava quando non aveva niente per le mani – o per la testa – per poter concludere ... beh, qualunque cosa dovesse concludere.

Fu per questo motivo che si gettò in avanti, con una certa prepotenza, sulle labbra di Seiji – scaraventando entrambi, nuovamente, a terra. E sperava di trovarlo impreparato, sorprenderlo e beh ... averla vinta.

Ma non era il momento e nemmeno il caso.

Quello di cui non si era ancora reso conto era che Seiji non era la persona. Non quella con cui lui l'avrebbe avuta vinta.

Non così facilmente almeno.

Seiji comprese la sorpresa del compagno, un po' ne rise, un po' ne rimase intenerito. E gli piacque quando capì che aveva un certo potere su di lui. Anche se sviluppò quel pensiero – con alcuni e strani sconvolgimenti – solo qualche tempo dopo.

E Touma ne era rimasto sorpreso e un po' non gli andava giù. E un po' non gli dispiaceva affatto.

Doveva ancora capire bene da che parte stare.

Ma aveva tempo. In effetti, tutto quello che poteva desiderare – anche se, ancora, non lo sapeva.

Era solo all'inizio e conosceva ancora poco se stesso e i propri sentimenti.

Non pensava nemmeno di non poterli tenere sotto controllo, né che essi l'avrebbero travolto completamente, senza possibilità di tornare indietro.

Ma l'avrebbe scoperto, col tempo.

Senza fretta, perché Seiji diceva che era sempre una cattiva consigliera, anche per lo studio.

Con i suoi tempi, perché Seiji affermava che un panda sceglieva il proprio bambù con estrema cura.

E, col tempo, avrebbe imparato che Seiji, sui panda, la sapeva lunga.

  
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