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Autore: Dante_Chan    26/07/2013    1 recensioni
Questa storia parla di due ragazzini. Di un metallaro allevatore di ratti (o un allevatore di ratti metallaro?) che si innamora irrimediabilmente di un truzzo un po' particolare. La trama...beh, in realtà la scopro scrivendo, ma in generale il primo incontra il secondo, rimane colpito e tenta di ritrovarlo. Seghe mentali comprese nel prezzo :3
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Muhahahah, rieccomi. Le insistenze della mia ragazza mi hanno obbligato a riprendere in mano questa storia. Nulla di particolare da dire a riguardo.



«E quindi, e quindi ecco insomma, è una persona fantastica, mi piace un sacco! Mi trovo proprio bene con lui!».
«Ti sei innamorato, eh?».
«Nooo, no. “Innamorato” è una  parola grossa! E poi sarebbe troppo presto per dirlo! …però è apprezzabile, ecco.».
Il giorno dopo, Trunks e Dante camminavano finalmente fuori casa, nel parchetto dei salici; il secondo aveva raccontato al primo il pomeriggio precedente nel dettaglio, sotto insistenza dell’amico.
«Comunqueeeee…sarà una mia impressione, ma mi sembri un po’ geloso. Quindi ci tengo a dirti che non ho alcuna intenzione di rimpiazzarti, se è di questo che hai paura.».
«Oh Dante, figurati, no! E comunque, anche se fosse, mica posso evitare che succeda. È un bene se trovi altri amici, sai.».
«Sì beh, ma…io mi offenderei se tu trovassi un altro migliore amico.».
«Succede prima o poi di cambiare amicizie…». Trunks sorrise e arruffò i capelli a Dante; lo faceva spesso, in realtà.
«Oh, dai, sai che non mi piace! Non sono un cane!» brontolò l’altro. «…sai, stamattina poi mi ha chiesto se domani potevamo andare in centro…ma dato che già oggi volevo uscire con te ho dovuto dirgli di no, che se esco troppo spesso i miei sono in grado di richiudermi di nuovo in casa per farmi studiare…però sabato mi porta non so dove.» continuò poi.
«Bene! E sì, magari evita di farti rinchiudere di nuovo.».
«Non lo farò.».
«Ah, ma…hai…più avuto incontri con i due tizi a scuola…?».
«No…li ho visti un paio di volte in giro, ma per fortuna non mi hanno più dato fastidio. Il Diama non voleva, ehm, fare qualcosa per tipo vendicarmi? Non ha fatto niente, vero?».
«Non che io sappia…sarebbe idiota, ma vai a farglielo capire…».
«Se va tutto a posto così, bene. Non è successo niente, alla fine.».
«Beh, proprio niente no, eh. Che provino a toccarti ancora…!».
«Oh, avanti, non sono mica morto! Ho solo preso paura…ah, a proposito, Virgilio conosce Geko, sai. Cioè, mi ha detto che lo conosce solo di vista, ma mi sembrava un po’ preso in verità.».
«Davvero…? Mmh…».
«Che c’è?».
«Basta che non sia uno di quelli lì, allora…».
«Ma cosa dici? Guarda che sono stato io ad avvicinarmi a lui, mica il contrario. Potrei forse pensarlo se fosse stato lui a venire da me, ma non è stato così, e comunque NO, fidati.».
«Ma magari, sai…lui sapeva chi eri, e…insomma, nel senso, ti aveva visto col Diama quella volta davanti alla disco, no? Quindi sapeva che sei un suo amico. E se conosce Geko...poi non hai detto che è stato amichevole fin da subito? Non è sospetto?».
«Trunks…dimmi, è la gelosia che sta parlando?».
«Non è gelosia, è un’ipotesi verosimile!».
«Non puoi andare a pensare certe cose solo perché mi ha detto che conosce Geko DI VISTA! E poi cosa otterrebbe a essere mio amico??».
«Non so, ti tiene d’occhio. Sei un aggancio nella cerchia del Diama, magari carpisce informazioni riguardo al Diama indirettamente da te.».
«E cosa starebbe facendo il Diama di così…importante? da dover esser tenuto sott’occhio?  Manco fosse un capo mafioso!».
«Non so cosa combini il Diama nel tempo libero e nemmeno voglio saperlo, ma proprio per questo non possiamo giudicare.».
«Oh, non farmi ridere, dai! Se ci parlassi capiresti che non è possibile. E non mi ha mai chiesto nulla riguardo a nessuno di voi, se t’interessa.».
«Io comunque se fossi in te starei un attimo attento…».
«…non credevo che fossi così. Anzi, una volta non eri così. E sei stato tu a dirmi che non c’era niente di male se facevo amicizia con lui, quando io mi facevo pare perché era truzzo!».
«Ma non ti sto dicendo che è una persona cattiva, solo di stare un po’ attento! È un’ipotesi. E poi non ci avevo pensato a questa cosa, mi è venuta adesso che mi hai detto che conosce quell’altro ragazzo, basta!».
«Di vista, Trunks, DI VISTA!».
«Hai detto che non ti sembrava da come ha reagito. L’hai detto tu, eh!».
«Sì, e avrei dovuto starmene zitto.».
«Ma non prendertela, dai! Non l’ho detto per cattiveria, perché ti arrabbi?».
«Perché non devi permetterti di giudicare persone che non conosci così, gratuitamente.».
«Era solo un pensiero, mica ho detto che è un criminale! Ma che è, hai le tue cose??».
«Ma…!!». Dante si impettì gonfiandosi come un tacchino, pronto a girarsi e ad andarsene offeso; l’amico riuscì a fermarlo prima che muovesse un passo, prendendolo per le spalle.
«No no no, scusa, non volevo! Non litighiamo per questa cavolata, dai!» si scusò, quasi supplicandolo.
«Non è una cavolata!» sbottò il più piccolo in risposta, liberandosi dalla presa. Si girò poi di nuovo verso l’altro, guardandolo risentito.
«Sì che lo è. Dimentica cosa ho detto, ok? Non importa. Ritiro. Era solo un’idea stupida. Non farne un dramma, va bene?».
«Non ne faccio un dramma, però evita di sparare sentenze così contro gente che non conosci.» abbassò gli occhi Dante.
«Ma io non ho…! Uff, sì, va bene, scusa.». Intrattabile e permaloso!
E Dante era davvero intrattabile e permaloso: se l’era presa sul serio per quell’ipotesi e il giorno dopo, a scuola, non si fece vedere dai suoi amici a ricreazione; andò giù da Virgilio appena suonata la campanella, perché aveva voglia di vedere lui soltanto. Il ragazzo fu felice della visita, anche se non si aspettava di incontrare lì l’altro fin dal primo dei quindici minuti di pausa. «Ma dai, è già la seconda volta che scendi, tutto in una settimana. Potrei abituarmici.» scherzò.
«Abituatici pure. Piuttosto che stare con gli altri al momento preferisco di gran lunga te!».
«È capitato qualcosa?».
«In realtà no, nulla di che. Sarà che oggi mi girano particolarmente le balle.».
«…mi spiace, non so cosa dire…».
Dante tentò di essere aperto come al solito, ma era troppo infastidito e allo stesso tempo dispiaciuto per la pseudo-litigata con Trunks per non far trasparire il suo cattivo umore anche con Virgilio; quest’ultimo gli stava chiedendo per la terza volta cosa fosse successo quando si bloccò di colpo, guardando fisso verso la fine del corridoio. Girando lo sguardo, Dante vide cosa l’aveva distratto: stava passando Geko, insieme al Capo come sempre.
«Ehh, sì, scusa.» riprese il ragazzo dopo pochi secondi di silenzio. «Dicevo,  se c’è qual-».
«Ecco, quello è Geko. È quello il tizio di cui parlavamo l’altro giorno, giusto?».
«Ssì, lui.»
«…!». Dante all’improvviso ebbe un’illuminazione; prese un’espressione concentrata e fissò il pavimento, grattandosi il mento.
«…sì?».
«Nulla…mi stavo solo chiedendo una cosa.».
«Cosa…?».
«…beh, io…posso…posso chiederti…?».
«Chiedimi, sì.».
«Ma non prendertela se non è così, eh…è solo-».
«Non me la prendo per una domanda, domandare è legittimo. Dimmi.».
«Sì, ma…non si sa mai…eccoo…Virgilio, può essere…può essere che ti piaccia Geko?».
Bingo: Virgilio avvampò all’istante e girò la testa di scatto da un lato, colto alla sprovvista. «B-beh, ehhh, no, io…» balbettò; vedendo di non riuscire a mentire, imbarazzatissimo, si coprì la faccia con le mani: «Dio, si vede così tanto?».
«Ah…sul serio quindi…io l’avevo buttata lì…».
 «Ma non è che mi piace, cioè, non lo conosco, è che è carino e…cioè, no, proprio figo, cioè, lo vedi no? Eehm no scusa, magari tu non se-».
«Secondo me ha la faccia da scemo, scusa.».
«…oh. Vabbè.».
«Intendi fare qualcosa?».
«Mh…behhh, ora come ora nnno…non lo conosco…non riesco ad andare lì…e boh…». Il viso di Virgilio aveva raggiunto la tonalità cremisi. «Tanto…tanto non credo che gli piacciano i maschi, comunque. È sempre attorniato da belle ragazze, e si permette pure di snobbarle praticamente tutte da quante oche gli van dietro.».
«L’hai osservato bene, eh!».
«Ahah, diciamo che lo stalkero da qualche mese!».
A fine ricreazione, Dante se ne tornò in aula con un amaro sapore in bocca, meno nervoso ma più triste di prima; era riuscito a non darlo a vedere, ma quando Virgilio gli aveva confessato che gli piaceva Geko si era sentito cadere addosso un macigno. Anzi, una montagna intera. Non tanto perché gli piaceva qualcuno, anzi almeno quel qualcuno era un ragazzo e non una ragazza. Ma accidenti, che ragazzo! Il giorno dopo Dante andò a cercarselo in giro per la scuola e lo osservò: effettivamente, guardandolo bene, ma bene bene eh, quando non aveva quel sorriso ebete stampato in faccia –il che era raro– era abbastanza un pezzo di figo. Se davvero il tipo ideale di Virgilio era il brunaccio avvenente vestito di marca, Dante poteva mettersela via: lui era tutto il contrario; altre qualità su cui puntare non ne aveva, sapeva solo allevare ratti. Che sono adorabili, certo; ma non si conquista i ragazzi coi ratti. [vaccate, con me funzionerebbe alla grande - nda]
La tristezza del nostro amico, in ogni caso, si tramutò in aspettativa e contentezza solo quel pomeriggio, in quanto era sabato e Virgilio gli aveva promesso di portarlo in quel tal posto speciale che Dante proprio non riusciva a immaginare. L’amico passò a prenderlo col motorino a casa sua alle 15; Dante lo fece salire per qualche minuto, perché sua madre voleva sapere con chi sarebbe andato in giro il figlio. Virgilio le fece una buonissima impressione: finalmente un ragazzo normale, aperto e vivace! Era stufa di vedere corvi all’uscio di casa sua.
«Spero che tu non rimanga deluso.» disse Virgilio a Dante, mentre avviava il motorino con un colpo secco e porgeva all’altro un caschetto bianco. «Magari hai pensato a chissà quale posto! Non è nulla di che in realtà, ma io lo trovo rilassante.». Ma non ci fu pericolo; appena arrivati, Dante parve sorpreso e deliziato allo stesso tempo: davanti a loro si stagliava un grande prato verdissimo, con a lato un campo arato ancora spoglio e, tra i due, una stretta stradina sterrata che andava a perdersi in mezzo a gelsi e alberi da frutto ibridi a causa dei numerosi innesti.
«Oooh, ma…! È bellissimo!».
Virgilio sorrise: «Davvero ti piace?».
«Sì! Non credevo che ci fosse un posto del genere appena fuori città.».
«Beh, è solo campagna…ma qui non ci viene mai nessuno, vedi solo qualche contadino ogni tanto. È silenzioso e si vedono bene le stelle di sera.». i due s’incamminarono lentamente seguendo il sentierino, Dante appena un paio di passi dietro a Virgilio.
«Vieni qui di sera? Non fa paura?».
«Ahah, da solo non andrei mai! Ma ci vengo con la Star ed Elìo. Vedi, preferisco questo alla discoteca.».
«E ci credo, è una figata! Grazie per avermi portato qui! Voglio vederlo anche di sera una volta, allora!».
La primavera era convenzionalmente iniziata solamente da un paio di giorni, ma già quella settimana la temperatura aveva deciso di mitigarsi un po’ e le piante avevano colto l’occasione per esplodere in tante piccole gemme fresche e tenere; solo qualche albero coraggioso che aveva deciso di germogliare quand’ancora era freddo aveva già fatto spuntare dei timidi fiorellini. Il clima quel giorno era ottimo, in felpa si aveva quasi caldo e in cielo non c’era una singola nuvola. Il terreno era solo leggermente umido e dopo una passeggiata, in mezzo a creature che alla nascita dovevano essere state semplici cotogni, i due ragazzi decisero di buttarsi tra l’erba per godere delle favorevoli condizioni atmosferiche fino in fondo. Dante era al settimo cielo; ogni tanto guardava sottecchi Virgilio il quale, pacifico, aveva chiuso gli occhi ed era lì lì per addormentarsi. Diavolo, perché doveva piacergli Geko? Perché proprio lui?? Palesemente Virgilio non lo conosceva, altrimenti avrebbe sicuramente cambiato idea a riguardo. Geko era uno stronzo, Virgilio al contrario era la persona più adorabile del mondo. Non li avrebbe mai visti insieme, mai. L’amico stava perdendo tempo. E intanto lui rimuginava e ci stava male, e così ci rimettevano entrambi.
Decise di intavolare il discorso e vedere cosa riusciva a capire in più riguardo la faccenda, ma nel momento in cui aprì la bocca una suoneria di quelle polifoniche ruppe il silenzio prima di lui: Trunks lo stava chiamando (per la cronaca, Dante non era più arrabbiato con lui. Era andato a cercare la sua spalla consolatrice la sera precedente, lo stesso giorno in cui l’aveva snobbato, riportandogli la situazione e godendo terribilmente nel rinfacciargli più volte che aveva avuto torto marcio).
«Trunks?».
«Oi, Dante…». La sua voce suonava particolarmente mogia e un poco preoccupata.
«Sì, dimmi.».
«Scusa se ti chiamo…sei con Virgilio, vero?».
«Sì.».
«So di disturbarti, spero di non aver…interrotto qualcosa, o-».
«Non fare l’idiota, dai! Che c’è?».
«Non faccio l’idiota, si sente che sei seccato. Si tratta di Francesco…non ho capito nulla di quello che è successo perché mi ha chiamato Chele agitatissimo che era stato chiamato a sua volta da Massi che era ancora più agitato che era stato contattato proprio dal Diama, ma tecnicamente gli è successo qualcosa. Sai che ha i suoi giri strani, che cheddiavolo, maledizione a lui…!».
«Oddio…ma tipo? È stato picchiato, o altro?».
«Non ho capito, Dan. Per esser vivo è vivo, so che anzi è fuori di sé dalla rabbia quindi è pure cosciente. Chele ha capito che c’entra una ragazza, e poi che forse è graffiato, guarda non so come si fa a non capirsi così tanto! Vado a casa di Fra e poi ti faccio sapere. Non dev’essere una cosa così grave per quello che ho afferrato, ma quanto meno bisogna calmarlo.».
«Vuoi che venga anch’io?».
«No, lascia stare, non c’è bisogno. Ti ho chiamato solo per avvisarti, che mi sa che eri l’ultimo rimasto a non saperlo e non mi sembrava giusto. Scusa per il disturbo, non preoccuparti troppo e goditi la compagnia! Vedrai che non è niente.».
«È successo qualcosa?» chiese Virgilio una volta che Dante ebbe chiuso la telefonata.
«Sì…pare che abbiano fatto qualcosa al Diama…è sempre ad attaccar briga coi tamarri, se la merita anche probabilmente. Trunks sta andando da lui, mi dirà meglio dopo.».
«Oh…sei preoccupato? Vuoi raggiungerli?».
«Beh, solo un po’…Trunks mi ha detto che non c’è bisogno, ma io sono curioso in effetti.».
«Ti accompagno, se vuoi.».
«Davvero? È che mi dispiace andarmene…è un posto così bello…».
«Ci possiamo ritornare quando vuoi, tranquillo! Ma ora il tuo amico è più importante. Dai, andiamo.».
Così, salutarono gli alberi e fecero la stradina al contrario, fino a dove era parcheggiato il motorino. In un quarto d’ora arrivarono a casa del Diama, una modesta villetta con giardino, e davanti al cancello trovarono la moto di Massimo e la mountain bike di Trunks. Come suonarono, il cancello del giardino si aprì e venne ad accoglierli alla porta proprio quest’ultimo; «Dante, ti avevo detto che non era-» cominciò, ma si interruppe appena notò Virgilio, che era dietro all’amico, raggelando. «No, NO! Lui no!! Ma sei impazzito?? Se lo vede il Diama lo ammazza!».
«Eh? E perché mai? Non ha fatto niente!».
«Gli hanno rigato la macchina, Dante! La macchina, era questa la “ragazza” di cui nessuno aveva capito! Sai quanto ci tiene, se vede lui si ricorda sicuramente di quella volta in discoteca! E in ogni caso, se ora vede un truzzo lo sbrana a prescindere, come ti è venuto in mente?? Sai com’è! Guardalo, diamine!». Dante non ci aveva pensato. Guardò atterrito Virgilio e solo allora notò la felpa a stelline (la preferita del ragazzo), i jeans a vita bassa e i lacci delle scarpe giallo evidenziatore. Li notò solo allora perché ormai non ci faceva più caso, quando era l’amico a indossarli. Il Diama non l’avrebbe sbranato, l’avrebbe proprio scannato. «Va’ via…!» gemette, proprio un attimo prima che Francesco e Massimo, un ragazzo biondo con la faccia da componente di boy band, facessero capolino sull’uscio.
«Ah, ma allora non c’è solo Dantino.» fece il secondo ragazzo, prima di rendersi conto di cosa fosse l’altro nuovo arrivato.
«Ssì, lui, lui mi ha solo accompagnato…» balbettò Dante, notando che un secondo dopo aver inquadrato Virgilio gli occhi del Diama erano diventati due fessure. Nessuno fu abbastanza pronto di riflessi per riuscire a bloccarlo: il gigante si scagliò contro il ragazzino subito dopo, senza preavviso, afferrandolo per la gola con una mano, ululando di rabbia.
«TU!! Sei stato tu, brutto figlio di puttana!!».
«Ma che c-cazzo fai??!» boccheggiò l’aggredito, preso completamente alla sprovvista. Si ricordava a malapena quello che aveva detto quella fatidica sera, qualcosa come due mesi prima!
 «Mi ricordo di te, piccolo verme schifoso, cosa credi?!! Ma io ti ammazzo, ti ammazzo e vediamo se hai il coraggio di rifarlo!!!».
«DIAMA, NO!!». Dante si era aggrappato al braccio che ora stringeva Virgilio appena l’aveva visto scattare e gli dava strattoni per cercare di fargli mollare la presa, senza riuscire nell’intento. Anche Massimo e Trunks si erano uniti nel tentativo di dividerli, ma nemmeno in tre potevano tener testa al ragazzo infuriato, che anzi per reazione stringeva sempre più forte. Dante lo implorava di lasciar andare l’amico, perché non aveva fatto proprio nulla, ma in quel momento le parole arrivavano a Francesco solo parzialmente.
«Ti appendo per le palle e ti scortico vivo, hai capito??!! Non basta che mi ripaghi il danno, devi soffrire, perché cose del genere a me- CHE CAZZO, E NON ROMPETE I COGLIONI VOI!!! Dante, finiscila o ti torco il collo con l’altra mano!!».
«No, basta, basta!! Non vedi che sta diventando viola?! Basta!» lo scongiurò Trunks. Era vero: il viso di Virgilio da rosso stava iniziando a prendere una tonalità violacea; al ragazzino mancava il fiato e non riusciva più a parlare, così per difendersi aveva iniziato a dare ginocchiate all’aggressore tentando di colpirgli le parti basse. Nel mentre, Dante aveva preso a tirar pugni all’omone, partendo a piangere dall’angoscia.
«Smettila! Ti ha visto solo una volta! È stato con me fino ad adesso, non è stato lui! La-scialo!». Ma ancora non lo mollava. «È uno striscio sulla macchina, se anche fosse stato lui non puoi strozzarlo così!».
«È la mia macchina, la MIA macchina cazzo! Per la MIA macchina questo ed altro!».
«M-ma se non è nemmeno tua! Manco l’avessi comprata con soldi tuoi lavorando e facendo sacrifici, te l’ha regalata tuo padre solo perché è pieno di soldi!!».
Quest’ultima frase funzionò: il Diama lasciò la presa e Virgilio cadde carponi, prendendo grandi boccate d’aria e recuperando poco a poco il colore consueto. Imbufalito, l’altro si era girato verso Dante e gli si era avvicinato. «Che ne sai tu? Ma CHE CAZZO ne sai di mio padre?!!» gridò dandogli uno spintone che lo fece arretrare di parecchi metri. «Non devi permetterti di parlare, tu, non devi permetterti!!».
«No! TU non devi permetterti di strangolare così la gente! Sei un pazzo, Diama, un pazzo!! Fatti curare!».
«Vattene subito, pulce! Vattene e porta con te quel rifiuto prima che lo butti fuori io!! Andatevene tutti, VIA!!».
Nessuno aveva mai visto il Diama in quelle condizioni; gli amici sapevano che era piuttosto irascibile, ma non credevano che potesse diventare violento a quei livelli. Massimo, Dante e Virgilio schizzarono fuori al suo comando, il primo guardandolo sconvolto, il secondo lanciandogli occhiatacce tra le lacrime e il terzo massaggiandosi il collo; Trunks invece rimase, nel tentativo di parlargli e farlo ragionare.
I due ragazzini montarono sul motorino stralunati, senza dire una parola; solo una volta che furono arrivati davanti a casa di Dante questi smontò, si sfilò il casco e fissando il terreno –perché non riusciva a guardare Virgilio in faccia– mormorò flebilmente: «Scusa. È stata colpa mia.». Aveva ancora le guance bagnate e dopo qualche secondo nuove lacrime tornarono a scorrergli sul viso, seguite da un singhiozzo che cercò di soffocare; poi gli saltò al collo, abbracciandolo forte.
«…tranquillo, calmati…non importa, davvero…» rispose a bassa voce Virgilio; ma non sembrava troppo convinto. Evidentemente era ancora mezzo sconvolto.
Dante scosse la testa, sempre standogli avvinghiato. Si sentiva malissimo e in colpa, e non sapeva come comunicargli tutto il suo dispiacere. Fu allora che quella vocina parlò per la prima volta:
Bacialo.
“Come, scusa?”.
Bacialo.
“Ma che, sei fuori?? Se lo faccio si mette di nuovo a tirare ginocchiate, e a me mi becca.”.
Così gli fai capire quanto tieni a lui. Bacialo!
“Ma t’ho detto di no, nemmeno per sogno!!”.
Spaventato da questo suo impulso, e deciso a proteggere i suoi gioielli di famiglia, si staccò dall’amico e fece qualche passo indietro allontanandoglisi.
«Davvero, non preoccuparti…» gli disse ancora Virgilio. Dante non rispose, ora non tanto perché si sentiva troppo male per farlo, ma perché era concentrato a contenere quella sua nuova brama.
«…beh, ciao allora. Ci vediamo.» proseguì l’altro abbassandosi la visiera del casco.
«Ciao.» lo salutò Dante in risposta con un filo di voce, mentre il rombo del motorino tornava a mangiare la quiete e copriva le sue parole.
Si lasciarono così, entrambi agitati e un poco tremanti.

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