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Autore: Cheonefer86    26/07/2013    1 recensioni
Sono passati sette anni dalla fine della guerra e Severus Snape è da sette lunghi anni in coma in un letto d’ospedale senza alcuna intenzione di svegliarsi.
Andavano tutti a trovarlo e intorno a lui tutti erano così uniti nonostante quello che la guerra aveva lasciato dentro di loro.
Qualcuno andava più di altri a trovare il mago, in ogni momento libero tra studio e lavoro si ritrovava in quella stanza a riflettere e a parlargli come se potesse in qualche modo svegliarlo.
Inoltre, Hermione Granger – sì, proprio lei – era innamorata del suo ex insegnante di Pozioni e sapeva di essere destinata ad amare il fantasma di un uomo di cui sarebbe rimasta soltanto l’ombra, ma era proprio così? O qualcosa avrebbe potuto davvero risvegliarlo?
(EDIT: cambiato titolo provvisorio in definitivo)
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Hermione/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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2 – È così sbagliato amarlo

Vorrei ringraziare infinitamente tutti quelli che hanno messo questa storia tra le seguite/ricordate/preferite e chi ha lasciato una recensione, siete fantastici, dal primo all’ultimo, davvero *-*

Vi lascio alla seconda storia e come sempre, per qualsiasi cosa, non esitate a dirmelo ;)

Spero (ci spero sempre, mica è detto che lo sia), buona lettura! ^^

 

 

2 – È così sbagliato amarlo?

 

14 febbraio 2005

 

Hermione Granger da qualche anno odiava San Valentino, forse perché la persona con la quale avrebbe voluto festeggiarlo giaceva inerme in un letto di ospedale, ma forse, e soprattutto, perché con gli anni aveva capito che l’amore andava festeggiato ogni giorno della vita, le bastava guardare Harry e Ginny per comprenderlo.

Ovviamente sarebbe stata un’ipocrita se non avesse ammesso di desiderare in cuor suo una normale giornata di San Valentino passata come una normale coppia.

Era ben consapevole però che questo non sarebbe mai successo, e accettare gli inviti dei suoi corteggiatori era come ingannare il suo cuore, e questo non lo avrebbe mai permesso, cosciente che il suo amore non sarebbe mai potuto sbocciare, ma non avrebbe mai tradito i suoi sentimenti, per quanto complicati fossero.

Rassegnata, camminava lungo il corridoio che la separava da quella stanza, incurante degli strani sguardi che da un po’ di tempo riceveva e di quelle lettere che stringeva tra le dita, non sapendo bene per quale motivo non le avesse ancora buttate, forse perché erano piuttosto divertenti e una, addirittura, l’aveva colpita dritta al cuore: era la dichiarazione d’amore di un bambino che aveva medicato mesi fa.

Quel giorno aveva deciso di nascondersi nell’unico luogo in cui quella stupida festa non sarebbe mai potuta entrare, ma non appena aprì la porta, non poté fare a meno di spalancare la bocca e gli occhi.

«Cos’è questa roba?» chiese alla prima infermiera che passò, con un tono abbastanza duro.

«Oh, io la trovo così deliziosa, signorina Granger

«Quello che lei trova delizioso è a dir poco patetico, ed è pregata di far togliere ogni cosa immediatamente!» Hermione non faceva un lungo sonno da tempo e la stanchezza la rendeva piuttosto suscettibile e incline a scatti d’ira – e del tutto simile all’uomo che giaceva inerme su quel letto –, e vedere tutti quei palloncini a forma di cuore, scatole di cioccolatini che di certo avrebbero mangiato gli infermieri – o Ron se fosse passato di lì – e cumuli di lettere cosparsi dai più improbabili profumi, non l’aiutava di certo.

«A me hanno detto solo di metterla nella stanza.»

«E chi gliel’avrebbe detto di fare una cosa così idiota? Sicuramente qualcuno che non ha nessuna idea di chi fosse Severus Snape! Faccia togliere tutto prima che getti ogni cosa dalla finestra, compresi lei e chi le ha dato il permesso!» in quel frangente le urla si potevano sentire da parecchie miglia di distanza, sicuramente furono avvertite in ogni piano del San Mungo.

«Va bene, ho capito, manderò qualcuno a togliere tutto» l’infermiera era visibilmente turbata, nonostante lei, come tutto il personale medico, fossero ormai abituati ai suoi scatti di rabbia che in quei giorni stavano raggiungendo il picco.

Severus Snape riposava ancora immobile su quel letto dalle lenzuola candide e sempre pulite, la sua condizione era immutata da tempo, semplicemente non voleva svegliarsi. Lo avrebbe preso a pugni se fosse stato cosciente, ogni volta che lo guardava, le si stringeva il cuore e si sentiva completamente impotente, svegliarsi sarebbe stato soltanto un suo volere, e lui non voleva.

Lo aspettavano tutti, lo avrebbero abbracciato tutti quelli che gli volevano bene, e a lui semplicemente non importava, se ne stava lì, fermo nel suo letto, accompagnato dal rumore del respiratore, da quel ticchettio che segnalava la vita che ancora batteva in lui e quelle gocce che scendevano lente, una dopo l’altra. Tutto questo la faceva arrabbiare.

«Mi dispiace, professore, se lo avessi saputo, avrei proibito a chiunque di portare questa roba. Sa, noi donne amiamo gli eroi, ma lei non ama tutto questo» indicò tutti quei regali con le mani, come se lui potesse vederli e scrutarli irritato uno a uno con i suoi meravigliosi occhi. Probabilmente avrebbe fatto saltare tutto in aria. «La capisco, sembra l’ufficio di Dolores Umbridge

«Dovrebbe esistere una legge che vieti questo slancio patetico di sentimenti. Se non c’è, dovrebbero farla!»

«So che lei odia San Valentino, e so anche il perché. Non la biasimo, in fondo è lo stesso motivo per cui lo odio anch’io. È piuttosto avvilente guardare tutte quelle coppiette felici, quando il nostro amore è del tutto irraggiungibile.»

«No, per pietà, un discorso sull’amore, proprio no, e poi tu che ne sai, ragazzina, di quello che si prova, e soprattutto, come fai a sapere il motivo che mi fa odiare questa stupida festa?»

«Deve essere stata dura amare Lily fino alla fine, difficile amare qualcuno che non ricambia i tuoi sentimenti prima, e un fantasma poi. Il mio non è ancora diventato un fantasma, ma non ho comunque speranza alcuna.»

«Fantastico! Quando andrò nell’aldilà, dovrò ricordarmi di infastidire il signor Potter e la sua lingua lunga. Perfetto, adesso la mia vita è di dominio pubblico» e come avresti sospirato decisamente seccato.

La rosa che gli aveva portato più di un mese fa era ancora lì, fresca e profumata come se fosse stata appena colta, vegliava il corpo di Severus giorno dopo giorno, notte dopo notte a guardare quel volto finalmente rilassato che sembrava sorridere.

«Purtroppo durante il processo non siamo riusciti a tenere fuori questioni private, abbiamo usato qualsiasi mezzo per farla scagionare, ma è stato tutto inutile visto che lei è ancora lì e non si decide a svegliarsi. È una condizione stupida la sua, se avesse voluto farla finita, avrebbe dovuto pensarci anni fa, lasciarsi semplicemente andare, non farne passare sette, non è giusto nei confronti di nessuno. Lei è uno che non si arrende mai, che lotta sempre, ma, per Merlino, sette dannatissimi anni!» Hermione sbatté con forza le lettere che ancora teneva in mano sul tavolo sotto la finestra, facendo cadere alcune scatole di cioccolatini, ne prese una e la scaraventò con rabbia addosso alla parete.

Si sentiva stanca, arrabbiata e frustrata, sarebbe voluta andare lontano, in un posto solitario, sotto una cascata che avrebbe voluto lavasse via i suoi pensieri, che togliesse quel dannato viso dalla testa.

Era consapevole, però, che nessuna magia avrebbe potuto estirpare quei sentimenti dal suo cuore, o forse sì? Sarebbe bastato un Oblivion?

Scacciò con prepotenza quelle riflessioni, per nessun motivo al mondo avrebbe eliminato il suo amore per Severus Snape, nonostante sapesse benissimo che ne avrebbe soltanto sofferto.

La giovane strega prese una di quelle lettere sparse sul letto e l’aprì, era curiosa di sapere cosa mai avessero potuto scrivergli, avrebbe pagato oro per vedere Severus tra tutta quella roba così rosa da dare sui nervi persino a lei. E in quel periodo non era di certo un bene aumentare il suo nervosismo.

«“Forse lei non si ricorda neppure di me, ma io sì, ogni centimetro di lei è ben impresso nella mia mente, ricordo ogni singolo fremito che mi procurava ogni volta che passava davanti ai miei occhi”» Hermione non riuscì a trattenere una risata, forte e profonda, come se non ridesse da secoli.

«Mrs. Irrequietezza, non ci trovo nulla da ridere. Piuttosto da piangere. E oltretutto esiste anche una legge che proibisce di violare l’altrui privacy. Prima o poi dovranno arrestarla per tutte queste infrazioni.»

La strega continuava a ridere, non sapeva esattamente il motivo, forse perché s’immaginava questa donna che sospirava seduta al tavolo di un locale di Diagon Alley, mentre Severus Snape passava, nero come la notte, incurante del mondo che lo circondava.

«Non posso avere delle ammiratrici?»

La risata di Hermione echeggiava per tutta la stanza, e continuava a fantasticare possibili scene tra Severus e una sua personalissima versione di Lavander Brown, forse gli avrebbe persino trovato un soprannome, “Sevvy-Sevvy” sembrava adatto. E rise ancora più forte.

«“Vorrei tanto venirti a trovare,”» continuò la strega «“ma quell’irascibile, scorbutica della tua guardia del corpo non ti molla un minuto”… COSA?»

Questa volta è il tuo turno di ridere, trattenendo a stento le lacrime.

«Irascibile e scorbutica, io? Come si permette! Chi è questa zotica che le faccio vedere io!»

Dai, Severus, continua a ridere, chissà che quest’allegria riesca finalmente a svegliarti da questo torpore.

Gli occhi neri di Severus Snape erano ancora chiusi e il suo corpo immobile, come se fosse stato congelato da un incantesimo che lo rendeva immutabile nel tempo, come se in quella stanza non ci fosse nient’altro che lui. C’erano dei momenti in cui Hermione aveva la sensazione che tutto intorno a lei sparisse, lasciandola sola con Severus in un luogo senza pareti che si espandeva all’infinito, di un bianco che accecava la vista, un bianco che metteva in risalto quelle iridi così profonde. Sarebbe voluta rimanere in quel posto per sempre, con il suo viso e i suoi occhi luminosi, con il suo sorriso che sarebbe stato soltanto per lei.

Hermione accartocciò con rabbia la lettera e la gettò a terra poco lontano, se l’autrice di quelle parole si fosse presentata davanti, l’avrebbe di certo incenerita, e le sarebbe bastato lo sguardo.

«Hermione, quand’è che ti riposi un po’?»

Ginny era in piedi sulla porta, poggiata allo stipite a osservare la sua amica intenta a maltrattare della carta, per un attimo il suo sguardo si fermò sul corpo immobile di quello che era stato per anni il suo insegnante di Pozioni.

I suoi sentimenti verso quell’uomo erano contrastanti, sapeva tutto ciò che aveva fatto per Harry e per tutti loro, e sapeva quanto suo marito lo stimasse, ma vedere la sua amica in quello stato da anni, la faceva infuriare, e ultimamente andava peggiorando, le sue urla le aveva sentite dal cortile dell’ospedale e le sue occhiaie, unite all’umore, erano l’inequivocabile segno che aveva bisogno di riposo, di staccarsi da tutto quello, altrimenti sarebbe crollata.

Di questo passo l’avrebbe vista distesa su un letto, inerte, la copia di Severus Snape.

Forse era proprio quello che voleva, si chiese.

«Hermione dovresti dormire. Staccare un po’ la spina. Non credo che Snape vada da qualche parte.»

«Cos’è che fa credere a tutti che io abbia bisogno di riposo? Sono riposata! Sto bene!»

«Ti senti quando parli? Questa non è la Hermione che sta bene. È tutta colpa sua!» e indicò il corpo steso sul letto.

Hermione spalancò gli occhi per la sorpresa di quell’esclamazione di cui non capiva bene il significato.

«Cosa c’entra Severus

«Sì, appunto, cosa c’entro io. Anche da semi-morto devo prendermi le colpe di tutti? E poi, tra l’altro, chi è che le ha concesso il permesso di chiamarmi per nome?»

«Severus? Lo chiami Severus adesso?

«È il suo nome, come dovrei chiamarlo? Harry non lo chiami di certo signor Potter.»

«Harry è mio marito, Hermione

«Beh, Severus era il nostro insegnante, ha salvato Harry, ha salvato tutti noi, ed è…»

«È cosa, Hermione

La giovane Granger rimase in silenzio a osservare l’amica, non sapendo cosa risponderle, in fondo cos’era per lei Severus Snape? Sapeva di esserne innamorata, di questo era assolutamente certa, ma per lei in quel momento era soltanto un corpo immobile in un letto da sette anni, amava il ricordo del mago che era stato e che ormai non c’era più.

Era inutile prendersi in giro: non si sarebbe svegliato mai più.

«Dai, Hermione, dillo che sei innamorata di lui e lo sei da tempo. Ammettilo!»

«Qualcuno mi risparmi le confessioni lacrimevoli di due giovani donne. Spero che questa stanza non diventi un ritrovo dove rifarsi le unghie.»

Forse potresti prendere in considerazione l’idea di svegliarti e andartene da qui.

«Aspetta un momento, di chi è innamorata?»

Di te, babbeo!

«Non azzardarti a chiamarmi babbeo!»

Altrimenti che fai? Mi uccidi? Notizia dell’ultima ora: sono già quasi morto su questo letto e immobile, per giunta.

«È così sbagliato amarlo?» In un attimo si accasciò sulle ginocchia, tra le lacrime, coprendosi il viso con entrambe le mani. Sentiva il fardello di tutta quella situazione stringerle il petto, aveva cercato di far finta di niente per tutto quel tempo provando a relegare ogni sentimento nel suo cuore che iniziava a scricchiolare sotto il peso di quell’amore che non sarebbe mai potuto sorgere.

«È in coma da sette anni, certo che è sbagliato amarlo. È sbagliato per te. Non puoi amare l’ombra di un uomo che non c’è più. Tralasciando tutto quello che è stato nel bene e nel male, hai visto con attenzione in che condizioni si trova? Stai amando un fantasma, e ti sta distruggendo così com’è stato distrutto lui.»

«Il suo amore per Lily lo ha salvato!»

«Tu, però, non puoi salvare lui. E di certo lui non salverà te. Se desiderava farsi salvare si sarebbe svegliato da tempo.»

«Forse deve solo capire che c’è ancora posto per lui, che può ancora amare ed essere amato.»

«Merlino, Hermione, sette anni. Sono passati sette anni, e molti di più quand’era in vita, avrebbe dovuto capirlo da tempo.»

«Maledizione, Ginny, adesso sei tu quella che dovrebbe sentirsi parlare. Dovresti conoscere la sua storia, quello che ha passato, lo abbiamo scostato e odiato tutti, come puoi pretendere che lo capisse, in coma poi. Non si può scegliere chi amare, succede e basta, e se a te o a chiunque la cosa non fosse gradita, sono problemi vostri, non miei!»

La stanza era sempre avvolta da quei suoni che le erano così familiari, ma quella volta non riuscirono ad acquietare il suo spirito, accrebbero soltanto la sua inquietudine perché sapeva che nulla sarebbe cambiato e il suo amore era soltanto pazzia.

Sapeva che la sua amica era solamente preoccupata, ma nemmeno lei aveva il diritto di giudicare i suoi sentimenti; furiosa, uscì da quella stanza lasciando sola Ginny.

«Era difficile amarla da vivo, figuriamoci da morto, o quasi. A volte penso che se fosse morto quel giorno alla Stamberga sarebbe stato meglio per tutti. Anche così continua a far soffrire le persone» sospirando, mentre un sorriso amaro le piegò le labbra, si gettò sulla sedia accanto al letto, dove Severus Snape giaceva da sette lunghi anni.

 

   
 
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