Vorrei ringraziare infinitamente tutti quelli
che hanno messo questa storia tra le seguite/ricordate/preferite e chi ha
lasciato una recensione, siete fantastici, dal primo all’ultimo, davvero *-*
Vi lascio alla seconda storia e come sempre,
per qualsiasi cosa, non esitate a dirmelo ;)
Spero (ci spero sempre, mica è detto che lo
sia), buona lettura! ^^
2 – È così sbagliato amarlo?
14 febbraio 2005
Hermione Granger da qualche anno odiava San Valentino, forse perché
la persona con la quale avrebbe voluto festeggiarlo giaceva inerme in un letto
di ospedale, ma forse, e soprattutto, perché con gli anni aveva capito che
l’amore andava festeggiato ogni giorno della vita, le bastava guardare Harry e Ginny per comprenderlo.
Ovviamente
sarebbe stata un’ipocrita se non avesse ammesso di desiderare in cuor suo una normale giornata di San Valentino
passata come una normale coppia.
Era
ben consapevole però che questo non sarebbe mai successo, e accettare gli
inviti dei suoi corteggiatori era come ingannare il suo cuore, e questo non lo
avrebbe mai permesso, cosciente che il suo amore non sarebbe mai potuto
sbocciare, ma non avrebbe mai tradito i suoi sentimenti, per quanto complicati
fossero.
Rassegnata,
camminava lungo il corridoio che la separava da quella stanza, incurante degli
strani sguardi che da un po’ di tempo riceveva e di quelle lettere che
stringeva tra le dita, non sapendo bene per quale motivo non le avesse ancora
buttate, forse perché erano piuttosto divertenti e una, addirittura, l’aveva
colpita dritta al cuore: era la dichiarazione d’amore di un bambino che aveva
medicato mesi fa.
Quel
giorno aveva deciso di nascondersi nell’unico luogo in cui quella stupida festa
non sarebbe mai potuta entrare, ma non appena aprì la porta, non poté fare a
meno di spalancare la bocca e gli occhi.
«Cos’è
questa roba?» chiese alla prima infermiera che passò, con un tono abbastanza
duro.
«Oh,
io la trovo così deliziosa, signorina Granger.»
«Quello
che lei trova delizioso è a dir poco patetico, ed è pregata di far togliere
ogni cosa immediatamente!» Hermione non faceva un
lungo sonno da tempo e la stanchezza la rendeva piuttosto suscettibile e
incline a scatti d’ira – e del tutto simile all’uomo che giaceva inerme su quel
letto –, e vedere tutti quei palloncini a forma di cuore, scatole di
cioccolatini che di certo avrebbero mangiato gli infermieri – o Ron se fosse
passato di lì – e cumuli di lettere cosparsi dai più improbabili profumi, non
l’aiutava di certo.
«A
me hanno detto solo di metterla nella stanza.»
«E
chi gliel’avrebbe detto di fare una cosa così idiota? Sicuramente qualcuno che
non ha nessuna idea di chi fosse Severus Snape! Faccia togliere tutto prima che getti ogni cosa
dalla finestra, compresi lei e chi le ha dato il permesso!» in quel frangente
le urla si potevano sentire da parecchie miglia di distanza, sicuramente furono
avvertite in ogni piano del San Mungo.
«Va
bene, ho capito, manderò qualcuno a togliere tutto» l’infermiera era
visibilmente turbata, nonostante lei, come tutto il personale medico, fossero ormai
abituati ai suoi scatti di rabbia che in quei giorni stavano raggiungendo il
picco.
Severus Snape riposava ancora immobile su quel letto dalle lenzuola
candide e sempre pulite, la sua condizione era immutata da tempo, semplicemente
non voleva svegliarsi. Lo avrebbe preso a pugni se fosse stato cosciente, ogni
volta che lo guardava, le si stringeva il cuore e si sentiva completamente impotente,
svegliarsi sarebbe stato soltanto un suo volere, e lui non voleva.
Lo
aspettavano tutti, lo avrebbero abbracciato tutti quelli che gli volevano bene,
e a lui semplicemente non importava, se ne stava lì, fermo nel suo letto,
accompagnato dal rumore del respiratore, da quel ticchettio che segnalava la
vita che ancora batteva in lui e quelle gocce che scendevano lente, una dopo
l’altra. Tutto questo la faceva arrabbiare.
«Mi
dispiace, professore, se lo avessi saputo, avrei proibito a chiunque di portare
questa roba. Sa, noi donne amiamo gli eroi, ma lei non ama tutto questo» indicò
tutti quei regali con le mani, come se lui potesse vederli e scrutarli irritato
uno a uno con i suoi meravigliosi occhi. Probabilmente avrebbe fatto saltare
tutto in aria. «La capisco, sembra l’ufficio di Dolores Umbridge.»
«Dovrebbe esistere una legge che vieti
questo slancio patetico di sentimenti. Se non c’è, dovrebbero farla!»
«So
che lei odia San Valentino, e so anche il perché. Non la biasimo, in fondo è lo
stesso motivo per cui lo odio anch’io. È piuttosto avvilente guardare tutte
quelle coppiette felici, quando il nostro amore è del tutto irraggiungibile.»
«No, per pietà, un discorso sull’amore,
proprio no, e poi tu che ne sai, ragazzina, di quello che si prova, e
soprattutto, come fai a sapere il motivo che mi fa odiare questa stupida
festa?»
«Deve
essere stata dura amare Lily fino alla fine, difficile amare qualcuno che non
ricambia i tuoi sentimenti prima, e un fantasma poi. Il mio non è ancora
diventato un fantasma, ma non ho comunque speranza alcuna.»
«Fantastico! Quando andrò nell’aldilà,
dovrò ricordarmi di infastidire il signor Potter e la sua lingua lunga.
Perfetto, adesso la mia vita è di dominio pubblico» e come avresti sospirato
decisamente seccato.
La
rosa che gli aveva portato più di un mese fa era ancora lì, fresca e profumata
come se fosse stata appena colta, vegliava il corpo di Severus
giorno dopo giorno, notte dopo notte a guardare quel volto finalmente rilassato
che sembrava sorridere.
«Purtroppo
durante il processo non siamo riusciti a tenere fuori questioni private,
abbiamo usato qualsiasi mezzo per farla scagionare, ma è stato tutto inutile
visto che lei è ancora lì e non si decide a svegliarsi. È una condizione
stupida la sua, se avesse voluto farla finita, avrebbe dovuto pensarci anni fa,
lasciarsi semplicemente andare, non farne passare sette, non è giusto nei confronti
di nessuno. Lei è uno che non si arrende mai, che lotta sempre, ma, per
Merlino, sette dannatissimi anni!» Hermione sbatté
con forza le lettere che ancora teneva in mano sul tavolo sotto la finestra,
facendo cadere alcune scatole di cioccolatini, ne prese una e la scaraventò con
rabbia addosso alla parete.
Si
sentiva stanca, arrabbiata e frustrata, sarebbe voluta andare lontano, in un
posto solitario, sotto una cascata che avrebbe voluto lavasse via i suoi pensieri,
che togliesse quel dannato viso dalla testa.
Era
consapevole, però, che nessuna magia avrebbe potuto estirpare quei sentimenti
dal suo cuore, o forse sì? Sarebbe bastato un Oblivion?
Scacciò
con prepotenza quelle riflessioni, per nessun motivo al mondo avrebbe eliminato
il suo amore per Severus Snape,
nonostante sapesse benissimo che ne avrebbe soltanto sofferto.
La
giovane strega prese una di quelle lettere sparse sul letto e l’aprì, era
curiosa di sapere cosa mai avessero potuto scrivergli, avrebbe pagato oro per
vedere Severus tra tutta quella roba così rosa da
dare sui nervi persino a lei. E in quel periodo non era di certo un bene
aumentare il suo nervosismo.
«“Forse
lei non si ricorda neppure di me, ma io sì, ogni centimetro di lei è ben
impresso nella mia mente, ricordo ogni singolo fremito che mi procurava ogni
volta che passava davanti ai miei occhi”» Hermione
non riuscì a trattenere una risata, forte e profonda, come se non ridesse da
secoli.
«Mrs. Irrequietezza, non ci trovo nulla
da ridere. Piuttosto da piangere. E oltretutto esiste anche una legge che
proibisce di violare l’altrui privacy. Prima o poi dovranno arrestarla per
tutte queste infrazioni.»
La
strega continuava a ridere, non sapeva esattamente il motivo, forse perché
s’immaginava questa donna che sospirava seduta al tavolo di un locale di Diagon Alley, mentre Severus Snape passava, nero come
la notte, incurante del mondo che lo circondava.
«Non posso avere delle ammiratrici?»
La
risata di Hermione echeggiava per tutta la stanza, e
continuava a fantasticare possibili scene tra Severus
e una sua personalissima versione di Lavander Brown, forse gli avrebbe persino trovato un soprannome, “Sevvy-Sevvy” sembrava adatto. E rise ancora più forte.
«“Vorrei
tanto venirti a trovare,”» continuò la strega «“ma quell’irascibile, scorbutica
della tua guardia del corpo non ti molla un minuto”… COSA?»
Questa volta è il tuo turno di ridere,
trattenendo a stento le lacrime.
«Irascibile
e scorbutica, io? Come si permette! Chi è questa zotica che le faccio vedere
io!»
Dai, Severus,
continua a ridere, chissà che quest’allegria riesca finalmente a svegliarti da
questo torpore.
Gli
occhi neri di Severus Snape
erano ancora chiusi e il suo corpo immobile, come se fosse stato congelato da
un incantesimo che lo rendeva immutabile nel tempo, come se in quella stanza
non ci fosse nient’altro che lui. C’erano dei momenti in cui Hermione aveva la sensazione che tutto intorno a lei sparisse,
lasciandola sola con Severus in un luogo senza pareti
che si espandeva all’infinito, di un bianco che accecava la vista, un bianco
che metteva in risalto quelle iridi così profonde. Sarebbe voluta rimanere in
quel posto per sempre, con il suo viso e i suoi occhi luminosi, con il suo
sorriso che sarebbe stato soltanto per lei.
Hermione
accartocciò con rabbia la lettera e la gettò a terra poco lontano, se l’autrice
di quelle parole si fosse presentata davanti, l’avrebbe di certo incenerita, e
le sarebbe bastato lo sguardo.
«Hermione, quand’è che ti riposi un po’?»
Ginny era
in piedi sulla porta, poggiata allo stipite a osservare la sua amica intenta a
maltrattare della carta, per un attimo il suo sguardo si fermò sul corpo
immobile di quello che era stato per anni il suo insegnante di Pozioni.
I
suoi sentimenti verso quell’uomo erano contrastanti, sapeva tutto ciò che aveva
fatto per Harry e per tutti loro, e sapeva quanto suo marito lo stimasse, ma
vedere la sua amica in quello stato da anni, la faceva infuriare, e ultimamente
andava peggiorando, le sue urla le aveva sentite dal cortile dell’ospedale e le
sue occhiaie, unite all’umore, erano l’inequivocabile segno che aveva bisogno
di riposo, di staccarsi da tutto quello, altrimenti sarebbe crollata.
Di
questo passo l’avrebbe vista distesa su un letto, inerte, la copia di Severus Snape.
Forse
era proprio quello che voleva, si chiese.
«Hermione dovresti dormire. Staccare un po’ la spina. Non
credo che Snape vada da qualche parte.»
«Cos’è
che fa credere a tutti che io abbia bisogno di riposo? Sono riposata! Sto
bene!»
«Ti
senti quando parli? Questa non è la Hermione che sta
bene. È tutta colpa sua!» e indicò il corpo steso sul letto.
Hermione
spalancò gli occhi per la sorpresa di quell’esclamazione di cui non capiva bene
il significato.
«Cosa
c’entra Severus?»
«Sì, appunto, cosa c’entro io. Anche da
semi-morto devo prendermi le colpe di tutti? E poi, tra l’altro, chi è che le
ha concesso il permesso di chiamarmi per nome?»
«Severus? Lo chiami Severus
adesso?
«È
il suo nome, come dovrei chiamarlo? Harry non lo chiami di certo signor
Potter.»
«Harry
è mio marito, Hermione.»
«Beh,
Severus era il nostro insegnante, ha salvato Harry,
ha salvato tutti noi, ed è…»
«È
cosa, Hermione?»
La
giovane Granger rimase in silenzio a osservare
l’amica, non sapendo cosa risponderle, in fondo cos’era per lei Severus Snape? Sapeva di esserne
innamorata, di questo era assolutamente certa, ma per lei in quel momento era
soltanto un corpo immobile in un letto da sette anni, amava il ricordo del mago
che era stato e che ormai non c’era più.
Era
inutile prendersi in giro: non si sarebbe svegliato mai più.
«Dai,
Hermione, dillo che sei innamorata di lui e lo sei da
tempo. Ammettilo!»
«Qualcuno mi risparmi le confessioni
lacrimevoli di due giovani donne. Spero che questa stanza non diventi un
ritrovo dove rifarsi le unghie.»
Forse potresti prendere in
considerazione l’idea di svegliarti e andartene da qui.
«Aspetta un momento, di chi è
innamorata?»
Di te, babbeo!
«Non azzardarti a chiamarmi babbeo!»
Altrimenti che fai? Mi uccidi? Notizia
dell’ultima ora: sono già quasi morto su questo letto e immobile, per giunta.
«È
così sbagliato amarlo?» In un attimo si accasciò sulle ginocchia, tra le
lacrime, coprendosi il viso con entrambe le mani. Sentiva il fardello di tutta
quella situazione stringerle il petto, aveva cercato di far finta di niente per
tutto quel tempo provando a relegare ogni sentimento nel suo cuore che iniziava
a scricchiolare sotto il peso di quell’amore che non sarebbe mai potuto
sorgere.
«È
in coma da sette anni, certo che è sbagliato amarlo. È sbagliato per te. Non
puoi amare l’ombra di un uomo che non c’è più. Tralasciando tutto quello che è
stato nel bene e nel male, hai visto con attenzione in che condizioni si trova?
Stai amando un fantasma, e ti sta distruggendo così com’è stato distrutto lui.»
«Il
suo amore per Lily lo ha salvato!»
«Tu,
però, non puoi salvare lui. E di certo lui non salverà te. Se desiderava farsi
salvare si sarebbe svegliato da tempo.»
«Forse
deve solo capire che c’è ancora posto per lui, che può ancora amare ed essere
amato.»
«Merlino,
Hermione, sette anni. Sono passati sette anni, e
molti di più quand’era in vita, avrebbe dovuto capirlo da tempo.»
«Maledizione,
Ginny, adesso sei tu quella che dovrebbe sentirsi
parlare. Dovresti conoscere la sua storia, quello che ha passato, lo abbiamo
scostato e odiato tutti, come puoi pretendere che lo capisse, in coma poi. Non
si può scegliere chi amare, succede e basta, e se a te o a chiunque la cosa non
fosse gradita, sono problemi vostri, non miei!»
La
stanza era sempre avvolta da quei suoni che le erano così familiari, ma quella
volta non riuscirono ad acquietare il suo spirito, accrebbero soltanto la sua
inquietudine perché sapeva che nulla sarebbe cambiato e il suo amore era
soltanto pazzia.
Sapeva
che la sua amica era solamente preoccupata, ma nemmeno lei aveva il diritto di
giudicare i suoi sentimenti; furiosa, uscì da quella stanza lasciando sola Ginny.
«Era
difficile amarla da vivo, figuriamoci da morto, o quasi. A volte penso che se
fosse morto quel giorno alla Stamberga sarebbe stato meglio per tutti. Anche
così continua a far soffrire le persone» sospirando, mentre un sorriso amaro le
piegò le labbra, si gettò sulla sedia accanto al letto, dove Severus Snape giaceva da sette
lunghi anni.