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Autore: _Eleuthera_    05/02/2008    11 recensioni
"...Prima o poi, si diceva, prima o poi tutto ciò sarebbe finito. Prima o poi avrebbe smesso di pensarci e avrebbe recuperato il sonno perduto. Prima o poi tutto sarebbe diventato lontano e impossibile da ricordare. Pensava.
Matsuri aveva sedici anni, ma credeva di essersi innamorata di Gaara molto tempo prima."
Quattro brevi capitoli per l'intreccio che vede il trio di Suna cinque anni dopo lo Shippuden. L'amore di Matsuri per Gaara è sospeso su di un baratro. Alcune cose sono cambiate, altre andranno in modo diverso da come penseremo.
La commedia degli equivoci sta per iniziare.
[MatsurixGaara] [KankuroxIno] [ShikamaruxTemari / TemarixShikamaru] [GaaraxSakura] [Dedicata a bambi88]
Genere: Commedia, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Temari, Shikamaru Nara, Sorpresa
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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SLEEP, AND THEN WAKE UP


Ultimo Atto


You just gotta...

«Gaara...» Matsuri non credeva che la sua voce potesse diventare così flebile.

Deglutì, i pugni serrati. «Matsuri» Gaara rispose al saluto, o almeno al nome, avvicinandosi al parapetto. Non sembrava essere turbato dall’ora così mattiniera, o almeno dalla presenza di lei.

Ma quando Matsuri riuscì a cogliere un rapido movimento del suo sguardo, vide molte più ombre di quante non si aspettasse.

Non parlavano. Non sapeva che cosa dire, Matsuri. Se avesse detto le parole sbagliate, se non le avesse trovate del tutto, le parole?

«Perché sei sveglia così presto, Matsuri?» la voce di Gaara era perfettamente adeguata, come sempre. Matsuri si morsicò il labbro, perché quella voce era così tanto per lei.

«Ultimamente non riesco a dormire bene» rispose, una piccola scintilla di felicità perché forse sarebbero riusciti a parlare come se niente fosse stato, forse. In verità, non era sicura che fosse proprio quello, ciò che voleva. «Non riesco ad addormentarmi» disse ancora, abbassando gli occhi.

«Neppure io» aggiunse Gaara. Matsuri spostò il proprio sguardo verso di lui, ma non trovò risposta.

Gaara sembrava pensare profondamente, gli occhi perduti in un [certo] punto lontano.

«Ci sono troppe cose su cui riflettere» proseguì, inaspettatamente loquace. «E il tempo sembra essere troppo poco. Non riesco a smettere di pensare, è questo il problema».

Matsuri sospirò. Non era più molto sicura che Gaara non volesse sfiorare la questione del giorno prima.

«Da quando ho perso lo Shukaku ho imparato ad addormentarmi. Ma adesso è diverso. Il sonno sembra aver perso il suo valore».

Non sembrava voler ricevere una risposta, eppure quelle parole erano chiaramente rivolte a Matsuri. C’era qualcosa nella sua voce, un’espressione, il modo in cui era cadenzata. Tutto era rivolto a lei.

Matsuri prese un respiro profondo, ma Gaara la precedette.

«Credo di aver capito com’è» disse lui, sempre quel tono, sempre quella voce.

«Com’è... che cosa?»

Gli occhi chiari dell’altro tremarono appena fissi sull’orizzonte. «Amare una persona».

Il contenuto della breve frase si fece strada nella mente di Matsuri come una saetta, e lei sobbalzò, saldamente aggrappata al parapetto della vecchia torre. Le parve di dover ricordarsi di respirare.

Voltò il viso sconcertato verso Gaara, senza incontrarne lo sguardo chiaro. Sentiva dentro la foga di parlare, di vuotare la propria mente ancora una volta, foga senza motivo.

«Gaara, io-»

«Avevi ragione su Sakura, Matsuri» disse Gaara senza lasciarla parlare. Matsuri tacque, intuendo che forse se l’avesse interrotto non sarebbe più riuscito a continuare. Sentì una piccola scintilla di comprensione invaderle il cuore mentre incrociava un’ombra di tensione negli occhi dell’altro. «Quello che hai detto è la verità. Ma...»

Gaara deglutì, e fu il primo gesto di angoscia che Matsuri colse. Il Kazekage sembrò riflettere qualche istante, come a cercare le parole. Matsuri non poteva sapere cosa si agitasse dentro di lui in quel momento, quali sentimenti contrastanti, l’orgoglio e il disperato bisogno di parlare. Non poteva saperlo, ma poteva immaginarlo.

«Ma nessuno dei due vedeva veramente l’altro» disse Gaara in un soffio «Lei vedeva in me le ombre che vivono in un’altra persona, e io ero attratto da quell’amore così grande che lei provava».

Rapido, come se la velocità procurasse meno dolore, Gaara aveva vuotato il sacco.

E Matsuri lo fissava sbalordita, i grandi occhi marroni spalancati sulla rivelazione che non si aspettava.

«Gaara...» iniziò, ma il nome si affievolì e sparì prima di arrivare sulla soglia delle labbra.

Lui le scoccò un’occhiata lontana, distolta.

«Almeno adesso siamo pari, no?» disse solo.

Ancora senza parole, Matsuri sorrise debolmente.

All’improvviso tutta quella foga di parlare che un attimo prima le era salita alle labbra si era dissolta, e restava solo il silenzio, un vuoto immenso nella sua mente.

«Sì» mormorò appena. Si sentiva di pietra, improvvisamente. Immobilizzata nella realtà di un istante assurdo. Galleggiando nella penombra del mattino. Rivolse gli occhi sbarrati a Gaara, e finalmente ne incontrò lo sguardo.

«Gaara, mi dispiace!» disse tutt’ad un tratto, gridando, quasi «Mi dispiace per quello che ho detto! Non volevo offenderti, non volevo dire niente! Non so cosa... perché mi sono messa a fare quella scenata, per quale razza di motivo mi sono messa a gridare, non... io...»

«Tu pensavi davvero quelle cose» la interruppe Gaara, senza smettere di fissarla «E le sapevo anche io».

Matsuri non ebbe la forza di spezzare lo sguardo. Rimase immobile, allibita.

«Tu ci sei sempre stata. Hai già ripagato il debito della vita che ti ho salvato, Matsuri».

Gaara si voltò, riappoggiandosi al parapetto. Matsuri, senza più quel legame di sguardi che temeva e desiderava, rimase a fissare la nuca dell’altro.

«Come?»

«Hai salvato la mia, di vita».

Ecco, a lei non sembrava impossibile. Parlare in quel modo, finalmente. Vedere quegli occhi così vicini.

Sembrava un’illusione, maledettamente reale.
Lo sguardo di Gaara la penetrava come uno spillo.

Improvvisamente, Matsuri si sentì in soggezione.
Abbassò lo sguardo, mordendosi un labbro.

Così non si accorse del gesto di Gaara, che lentamente le aveva circondato le spalle con un braccio, impacciato quasi, anche se quel gesto chissà quante volte lo aveva ripetuto, con Sakura.

Matsuri, scivolando lentamente in quell’abbraccio strano, alzò appena lo sguardo.

«Ci vorrà tanto tempo per dimenticare?» chiese.

«Credo di sì» rispose Gaara, ripercorrendo la linea delle spalle di lei.

Matsuri sospirò. «Spererò ancora. Non facevo che ripetermi che dovevo lasciar perdere tutto, volevo dimenticare, ma non credo che sia giusto. Non voglio perdere una parte di me.»

Sentiva il calore dell’abbraccio, e per un attimo pensò che anche solo quello le sarebbe bastato, quell’affetto che per lei era ogni cosa.

«Devo... riprendermi» disse Gaara dopo qualche istante «Ho sbagliato diverse cose. Ci vorrà del tempo per accettarle».

Matsuri sorrise. Sembrava finalmente tranquilla.

«Ed io ci sarò sempre, Gaara».

Non poteva vederlo, ma pensò che stesse sorridendo anche lui.

Gaara le sfiorò un braccio, e lei sentì vicinissima la sua voce.

«Lo so, Matsuri».

--

«Ah, guarda chi è arrivato!»

Shikamaru alzò svogliatamente lo sguardo nella direzione che gli stava indicando Temari.

Sbuffò. Non solo era costretto ad aspettare nei paraggi di quella dannatissima torre che Gaara e la sua allieva si dessero una mossa a mettere in chiaro le rispettive crisi esistenziali. Adesso doveva arrivare pure lui.

Kankuro si avvicinò a passo svelto, sul volto l’ombra di stanchezza del viaggio appena terminato.

«Sei stato veloce a tornare» disse Temari, osservando quelle ombre, quegli occhi insolitamente luminosi «Dovevi essere proprio messo male, per restare tutto quel tempo a Konoha»

Shikamaru le gettò un’occhiataccia. Sapeva come sarebbe andata a finire...

Kankuro si sedette sulla panchina, ostentando un’aria di assoluta indifferenza.

Fu Shikamaru a parlare, dopo qualche istante di silenzio.

«Se sei stato a Konoha, avrai anche visto Ino...»

Qualcosa sembrò scattare dentro Temari. I suoi occhi saettarono verso Shikamaru, il verde chiaro improvvisamente cupo, indagatore, forse. Kankuro, dal canto suo, non si scompose. Una certa soddisfazione parve trapelare sul volto abbronzato.

«Certo» rispose.

«Come sta?» chiese ancora Shikamaru, senza curarsi dello sguardo di Temari, sempre più cupo.

«Oh, bene» fece Kankuro, il tono della voce un po’ strano, morbido «Anzi, meglio del solito».

Shikamaru alzò un sopracciglio. «Che vuoi dire?»

Le labbra di Kankuro si distesero in un sorriso felino. «Che tornerò a Konoha molto presto»

Shikamaru aprì la bocca per dire qualcosa, ma Temari lo batté sul tempo, forte nel suo istinto di sorella, e della perfetta conoscenza che aveva del marionettista.

«Tu... e la Yamanaka?»

Il sorriso di Kankuro si allargò.

Quello che seguì fu una sorta di stupore dirompente. Gli occhi di Shikamaru si spalancarono, come a connettere una rivelazione che, in fondo, aveva già connesso in un istante. Invece, gli occhi di Temari non ebbero che il minimo tremito di ridursi in due fessure.

Come Gaara.
Indubbiamente, non un buon segno.

«Ino Yamanaka?» ecco, la tempesta «INO YAMANAKA?

» «E allora?» ma non sarebbe bastato così poco per scansare lo sguardo corrucciato di Temari.

«E allora?!» Temari, i capelli svolazzanti attorno al volto irritato, spalancò gli occhi «...proprio Ino Yamanaka!»

«Cosa c’è di male, scusa?» s’intromise Shikamaru, senza scomporsi «Ino è una bravissima ragazza e-»

«Ah, certo! Tu la difendi! Non potrebbe essere altrimenti!» ribatté acida Temari.

«Cos’è, sei gelosa, Tem?» fece l’altro, cercando lo sguardo di lei, e non trovandolo «Io e Ino siamo amici, e comunque adesso lei sta con tuo fratello-»

«Bella ragazza che si sceglie, mio fratello! Ino Yamanaka!» replicò ancora Temari, il disappunto ben visibile negli occhi.

«Critichi me? Guarda te con chi ti sei andata a mettere!» sbottò Kankuro, accennando ad uno Shikamaru che si sarebbe volentieri tirato fuori da quel discorso.

«Be’?» ribatté il chunin. Temari, cambiato improvvisamente atteggiamento nei confronti del fidanzato, gli passò un braccio attorno alle spalle.

«Tiri in ballo Shika, ora?»

«Tu piantala con Ino!»

«Non mi sta simpatica, va bene?»

«E a me non va a genio Shikamaru, va bene?»

«Sentite, per favore, lasciatemi fuori da questa storia! E comunque Ino è una gran brava ragazza!»

«Ecco che la difendi ancora...»

«Ma porco cane, sono stato suo compagno di team, sono suo amico, piantala, Temari!»

Lei fece per dire qualcosa, ma sorprendentemente, tacque. Voltò il capo in alto, verso l’antica costruzione di pietra accanto a loro.

Sorrise.

Poi altre due paia d’occhi seguirono lo sguardo di Temari.

Le ombre nella vecchia torre andavano diradandosi con l’alba.

E Gaara e Matsuri, l’una con la testa sulla spalla dell’altro, fissando un punto invisibile, le uniche gocce d’oscurità nella luce.

--

Passeranno in fretta, questi giorni di ricordi. Passerà in fretta l’ombra di dolore che ancora s’insinua negli occhi di Gaara e sul volto di Matsuri.

Passeranno in fretta la paura di parlare, il timore, la vergogna.

Passerà anche la rabbia, adesso che sa di aver avuto un senso, un motivo, e passeranno infine le lacrime, sciolte nel buio dell’inconscio celato.

Non ci vorrà molto tempo.

Resteranno invece scolpiti nell’anima i baci scambiati quasi con cautela, perché entrambi avevano il timore di tradire sé stessi, quando ormai sarebbe stato un tradimento continuare a fingere che tutto fosse come prima. Lassù, prima di scendere dalla torre, Gaara gliel’aveva detto, a Matsuri. Ci vorrà del tempo per dimenticare. Ma poteva intuirlo dal calore delle dita, da quei piccoli particolari che lei aveva sempre notato.

Matsuri era riuscita a capirlo, finalmente, che Gaara era innamorato di lei, forse dal giorno in cui aveva fatto un passo avanti proponendosi come sua allieva, o forse no.

Lei non era più la ragazzina impaurita che impallidiva allo sfiorare la lama di un kunai.

E lui non era più il ragazzo perduto nelle tenebre di un’esistenza che rinnegava.

E Matsuri era felice di saper dire chi era veramente Gaara, l’uomo che amava.

Appoggiò la testa sul cuscino. La finestra della sua stanza era aperta. Il vento caldo di Suna non taceva neppure quella sera.

Voltò il capo, scostando la cortina di capelli scuri, e guardò fuori.

Il palazzo del Kazekage, laggiù.

Nella finestra che conosceva bene, la luce era spenta.

Matsuri sorrise. Poi chiuse gli occhi, e si addormentò.

...let it go.














.................corner A
Finalmente ce l'ho fatta a finire questa fan fiction! C'ha provato, la scuola, a tenermi lontana dallo scrivere l'epilogo. Ma non c'è riuscita, muah ah ah!
Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto. Meglio tardi che mai... Non ho voluto scegliere un finale troppo zuccheroso, come avrete visto. E' stato abbastanza complicato scriverlo. Non volevo un "e vissero per sempre felici e contenti", perché sia Gaara che Matsuri hanno le proprie ombre, il proprio dolore. Ci vorrà del tempo, anche se si amano, per tornare alla normalità, per stare insieme senza alcun rimpianto. Ecco tutto.

Ringrazio coloro che hanno commentato l'ultimo capitolo: celiane4ever, bambi88, saku89, arwen5786, stefy90, sammy4ever, Queen_of_Sharingan_91, xari-chan. E bambi88, MoonCristal, Nicole_chan, Paccy, rolly too, sammy4ever e stefy90 che hanno inserito la storia fra i preferiti. La maggior parte di quest'ultimi, però, non ha lasciato neanche un commento. Cosa vi costano due righe? Per favore, lasciate 'sto benedetto commento, almeno a questo epilogo. Grazie^^

Spero di pubblicare presto qualche nuovo lavoro. Le idee ci sono, è il tempo che manca.
Ma un giorno tornerò in carica, vi sommergerò di fan fiction, lo prometto. Be', almeno lo spero.

Grazie ancora, o miei lettori. Pochi, ma buoni, aggiungerei.
Sayonara!
Ele.
   
 
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