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Autore: _Eriky_    27/07/2013    9 recensioni
Isabella è una ragazza cieca. E' discreta, accompagnata nella vita solo dalla sua unica amica Angela, nascosta dall'oscurità che sempre circonda la sua esistenza.
Edward fa parte di una prestigiosa famiglia ricca. E' famoso, circondato da ragazze, sempre incentrato sotto la luce dei riflettori.
Due destini così diversi, ma irreparabilmente uniti, come la luce e l'oscurità: divisi da quella invisibile linea che li legherà insieme per sempre.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Epilogo
 
Di quelle tempeste che avevano caratterizzato i giorni passati era restato solo il ricordo, Forks poteva godere di quei rari momenti di sole.
Malgrado le sue speranze, Isabella era stata svegliata da un flebile raggio di sole che era andato ad illuminarle il volto, e mentre prendeva sempre più contatto con la realtà si accorgeva che il suo corpo rispondeva pienamente ai suoi comandi, senza lamentare alcun dolore.
Si mise seduta, cercando anche un minimo sintomo da poter dimostrare una qualsiasi malattia. Il giorno precedente era restata a letto per la maggior parte del tempo, percependo un leggero mal di testa che voleva andasse peggiorando.
Decise di andare in cucina sconsolata, maledicendo il destino e i suoi piani.
Sua madre la salutò calorosamente, andandole in contro e depositandole un dolce bacio sulla guancia. La ragazza si sorprese, non era ancora abituata a quelle attenzioni.
 
<< Allora come stai? >> le fu chiesto.
<< Bene.. >> rispose lei cercando di imitare una voce roca e subito dopo simulando un forte colpo di tosse.
Renèe la osservò attentamente, capendo sin da subito la sua finzione. Anche se si dimostrava malata, la precisione dei suoi gesti era un inconfondibile segno della sua buona salute.
<< Isabella, perché non vuoi andare a scuola? >> le domandò la madre dopo una decina di minuti in tono più serio, facendo intravedere il sospetto nei suoi confronti.
<< Perché sto male mamma >> le disse sinceramente, riferendosi a un male che nessuna medicina poteva curare e che si celava ancora prepotente nel suo cuore.
 
Si sentì appoggiare una mano vellutata sulla fronte e poi un rumore di boccette di vetro che tintinnano una contro l'altra. Infine un suono tonfo davanti a lei la riscosse da quel leggero torpore che l'aveva circondata, lasciandola in balia dei suoi pensieri, dei suoi ricordi.
 
<< Non hai la febbre, qui davanti a te c'è uno sciroppo per quella possibile tosse, ma per ciò che ti opprime veramente non ho niente finché non me ne parli >> concluse gentilmente appoggiandole  una mano sulla spalla.
 
La giovane si sentì titubante a raccontare la sua storia a colei che aveva appena smesso di essere una sconosciuta; poi quell'istinto di conservazione prese ancora il sopravvento, valutando l'ipotesi di sfogarsi come aveva già fatto con quella persona che le sedeva vicino, non più di due giorni addietro.
<< È per colpa di Edward, ho paura di poterlo incontrare, che mi voglia parlare >> iniziò così il suo racconto. Riuscì in pochissimo tempo a riassumere ciò che le era capitato, i suoi dubbi e, con imbarazzo, le sue sensazioni. Espresse con enfasi i momenti felici che le avevano fatta gioire e quelli che l'avevano costretta su quella finestra aperta.
 
<< Ascoltami bene, te lo dirò una sola volta >> intervenne Renèe dopo aver ascoltato pazientemente la sua storia, con fare deciso << non fare il mio errore, non fatti vincere dalla paura. Se ti vuole parlare bene, farglielo fare davanti agli studenti della scuola. Se non avrete più occasione di incontrarvi va bene lo stesso, è stato un errore da cui imparare. >> fece una pausa e poi concluse << ora ti accompagno a scuola. Coraggio, ce la farai. >>
 
Detto ciò l'aiutò a preparasi e l'accompagnò in macchina. Nell'abitacolo regnava il silenzio, ma per la prima volta non era dovuto all'imbarazzo, quella quiete serviva a Isabella per preparasi psicologicamente per la scuola. C'erano ricordi tra quelle pareti, ricordi pronti a saltarle addosso e ferirla. Poi c'era lui, più che probabilmente, che non avrebbe perso l'occasione di poterla schernire con i suoi amici.
 
Quello che nessuno poteva sospettare era che invece Edward aveva avuto lo stesso impellente desiderio di saltare la scuola, proprio come lei.
Cosa fare se l'avesse vista, come comportarsi se aveva messo in giro il racconto di loro due, modificando dettagli compromettenti? Poi, approfondendo meglio dentro di se, si accorse di non avere quel solito terrore che gli attanagliava le viscere. Aveva paura, si, ma solo che Isabella avesse inventato parti che lo avrebbero messo in cattiva luce: non voleva che gli altri pensassero che si fosse comportato male con lei, non tanto che fosse stato in sua compagnia. Non passò molto che si sentì in colpa per aver pensato male della sua luce, colei che aveva minato la sua sicurezza in quella vita fatta di menzogne.
Infine decise di andare a verificare di persona, recandosi a quella scuola dove era certo di incontrarla.
Fu così che la vide mentre scendeva dall'automobile e si incamminava verso l'entrata, con passo incerto e il capo chino. Come spinto da una forza, le sue gambe si mossero nella sua direzione, proprio nell'istante in cui l'irritante voce di Jessica sopraggiungeva al suo orecchio. Continuò il suo cammino mentre la voce della ragazza si faceva sempre più lontana o forse era lui che non la sentiva più, tale era l'emozione.
 
<< Isabella >> la chiamò in un sussurro che basto a bloccarla, lasciandola immobile, senza fiato. Non riusciva a capacitarsi della sua improvvisa apparizione, era sicura che non si sarebbe mostrato così presto, troppo intimidito dalla presenza altrui.
<< Edward >> salutò lei girandosi nella sua direzione, facendosi coraggio e ricordando le parole della madre << Sei venuto qui a finire ciò che hai iniziato? Vuoi rovinarmi la vita definitivamente? >>
A quelle parole egli sentì come una stilettata nella schiena: era vero, le aveva rovinato la vita e lo poteva ben immaginare, ma lui era lì apposta perché le cose cambiassero.
<< Se per rovinarti la vita intendi che voglio che tutti si risistemi, che noi incominciamo a essere ciò che io ho impedito con i miei numerosi errori, allora si: sono qui pronto a rovinarti la vita. >> ammise e si sentì in imbarazzo, mentre un grande peso stava per lasciare la sua coscienza.
 
Attorno a loro, tutta la comunità studentesca si era fermata ad osservare la particolare scena. Chi bisbigliava, chi restava in silenzio e, in piccola parte, chi guardava con sdegno la scena.
La ragazza, sentendo un centinaio di sguardi su di se, provò a ferirlo nel punto di cui, ne era sicura, si preoccupasse molto: la sua reputazione.
<< Non hai paura che qualcuno senta i nostri discorsi, che gli studenti si facciano strane idee su questo nostro incontro e che inventino strane storie su di noi? >> lo stuzzicò con una punta di ironia, premendo su quel fatto che la faceva soffrire. Sarebbe stata tutta una storia perfetta se solo lui non avesse amato la sua reputazione più di se stesso, la superficie anziché la sostanza. Se non fosse stato così tutto sarebbe stato più semplice.
Mentre lei rimuginava sugli sbagli che avevano portato la loro storia al fallimento, lui si concentrava su quel fantastico "noi" con cui aveva descritto il loro rapporto. Qualcosa scattò.
Si portò in avanti, prendendole il viso tra le mani e avvicinandolo al suo.
<< Ho imparato la lezione, la mia fama non vale quanto te, niente vale quanto te. Voglio ricominciare e spero che tu mi possa accompagnare in questo viaggio. Tu sei colei che mi ha fatto risaltare ancor di più i miei sbagli, colei che mi ha fatto superare i limiti, colei che per me è tutto. >> le sussurrò dolcemente, avvicinandosi ad ogni parola sempre più alle sue labbra, finché non si toccarono. Ci fu un piccolo momento in cui lei si tirò indietro, come scottata, e ad Edward parve cadere il mondo addosso, ma poi il bacio ricominciò. I fischi di incitazione presero sempre più spazio nella folla, qualche mormorio contrariato si diffuse tra il suo vecchio gruppo di amici, incredulo ai propri occhi. Infine c'era Angela che applaudiva, commossa per l'amica, sicura che una fiaba non avrebbe potuto avere un lieto fine, o meglio, un lieto inizio migliore di quello.
In realtà di tutto il rumore che vi era intorno a loro, i due innamorati percepivano solo i respiri e le carezze di entrambi, mentre fuori non c'era nient'altro di importante, niente che in quel momento potesse avere un determinato interesse, niente che potesse rompere quella bolla di felicità che gli avrebbe seguiti per sempre, ma forse "per sempre" è troppo riduttivo: le fiabe hanno questa fine, le storie reali, semplicemente, continuano.
 


*Angolino del manicomio dell'autrice*


Buon pomeriggio a tutti!
Lo so di avere ritardato un giorno, ma almeno è proprio l'ultima volta in cui ho potuto farlo. Spero di non avervi deluso, ma ho dovuto fare una manovra di emergenza: domani parto per le vacanze e non potevo farvi aspettare tre settimane per un epilogo, perciò ho dovuto tagliare un po'.
Non so come ringraziarvi, sinceramente, mi dispiace concludere questa storia perché non vi sentirò più. E' probabile che non vi liberiate di me del tutto a dire il vero... Può essere che tornerò con un'altra storia strappalacrime.

Chiedo perdono perché non ho risposto alle vostre magnifiche recensioni e spero che non mi portiate rancore.
Oggi sono riuscita a totalizzare quanti siete: 266. Grazie di tutto e spero di potervi risentire presto, non sarebbe stato lo stesso senza di voi.
Un abbraccio
Eriky

  
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