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Autore: Lelaiah    27/07/2013    1 recensioni
Ethelyn è figlia del Vento, ma ha i capelli di fiamma.
Drew vive in un villaggio di minatori, in compagnia del suo fidato amico Blaking.
Simar e Kiron sono gli eredi al trono di un Regno celato da una misteriosa e potente foresta.
Nive è stata abbandonata e si guadagna da vivere facendo la danzatrice.
Zahira è a capo del proprio villaggio, ma è rimasta sola.
Gizah ha la capacità di trasformarsi in un centauro grazie all'eredità paterna.
Infine Roving è l'ultimogenito dell'antica casata dei Kite, indomito come il simbolo della propria famiglia.
Tutti loro sono attesi al varco e si ritroveranno a viaggiare per lunghi chilometri nel disperato tentativo di impedire la morte di uno dei Veglianti, i grandi lupi elementali. Non dovranno temere le ombre perchè è in esse che si cela il loro nemico.
Nessuno di loro è nato per diventare un eroe, ma voi siete disposti ad accompagnarli in questo viaggio?
Qualsiasi sia la vostra risposta, vi do comunque il benvenuto a Suran!
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 29 Partire
Dopo l'immenso ritardo (lo so, scusate >__<), ecco un nuovo capitolo!
Si conclude la permanenza a Neith: ci saranno alcuni chiarimenti e tanta attesa per gli eventi futuri. E' un capitolo di transizione, quindi niente scontri, massacri e cose simili... quelli riprenderanno più avanti XD
Buona lettura! :)





Cap. 29 Partire


-Credo dovremo concedere loro un po’ di tempo…- suggerì Ethelyn, lanciando un’occhiata a Nive ed Arkan.
I due erano ancora abbracciati, ma nessuno dei due stava dicendo niente: rimanevano stretti, facendosi bastare il calore dei loro corpi.
  La Ferift non era cresciuta credendosi orfana, ma alcuni giorni si era sentita tale. Avrebbe tanto voluto tornare a Ferend per sincerarsi che la sua famiglia stesse bene e passare del tempo coi suoi genitori, senza pensieri e preoccupazioni.
-Non abbiamo tempo.- la voce del Cair la strappò ai suoi pensieri.
Si voltò a guardarlo, scioccata dal tono di voce che aveva usato. –Permetti l’ardire, ma loro…
-Manannan, capisco l’urgenza, ma lascia loro un po’ di tempo. Si sono appena ritrovati.- intervenne allora Simar.
Il grosso lupo girò lentamente la testa e fissò i suoi occhi di cristallo in quelli blu oltremare dell’Elfo. Si fronteggiarono per un po’, muti, saggiando la resistenza reciproca. Alla fine il Vegliante sospirò, arricciando leggermente il labbro superiore in quello che sembrava un sorriso.
-Sei proprio il nipote di Fenris: stessa cocciutaggine.- commentò, divertito.
-Dovresti conoscere Kiron.- si lasciò sfuggire il giovane. Nehir, alle sue spalle, eruppe in un rumore di gola, che morì poco dopo a causa del dolore diffuso.
Solo in quel momento il principe sembrò ricordarsi del fatto che la battaglia aveva causato dei feriti.
Blaking sembrò leggergli nel pensiero, perché disse:-A noi serve del tempo per rimetterci in sesto. Non vedo perché Nive non possa usarlo per stare con suo padre.
Csi e Manannan si scambiarono un’occhiata e l’Elfo del Sud si ritrovò d’accordo con quanto detto dall’Ippogrifo.
-D’accordo. Ma dovrete partire tra un giorno, al massimo. Nel mentre tenterò di contattare mio fratello.- acconsentì il lupo. Fece per andarsene, ma si bloccò e tornò a voltarsi, puntando il muso verso Cyril. –Noi due dovremo parlare.
-Sicuramente.- convenne l’uomo.
Con un cenno del capo, la creatura diede loro le spalle. Irrigidì i muscoli delle spalle e, poco dopo, l’acqua del canale si sollevò, inghiottendo i resti degli Spiriti corrotti.
“La faccenda è sistemata. Ora devo capire come hanno fatto ad entrare.”, si disse Manannan, prima di tornare nella propria dimora.


***

  Gli astanti si stavano lentamente disperdendo, ma lei non poteva attendere. Doveva correre a casa, per dare la buona notizia.
Il più agilmente possibile scartò alcuni dei Guardiani e si affrettò giù per il declivio su cui cresceva la grande quercia. Qualcuno le imprecò contro e qualcun altro le chiese dove stesse andando così di fretta: non rispose, gesticolò soltanto.
Era quasi giunta ai piedi della collina, quando decise di concedersi un aiuto. Chiuse gli occhi, si concentrò e poco dopo si ritrovò a galoppare sulla tenera erba estiva.
Appena raggiunte le prime strade cittadine, il rumore dei suoi zoccoli si fece chiaro e ritmato e le persone presero a scansarsi per farla passare.
Ringraziò tutti e continuò ad affrettarsi.
-Maahes, Maahes!- chiamò a gran voce. –Maahes!
Raggiunse il cortile della propria abitazione e saltò la staccionata, evitando di atterrare sui fiori appena sbocciati. Aggirò la casa, ma non trovò nessuno.
Perplessa, si voltò verso il grande porticato che introduceva al salotto, ma non individuò nemmeno sua madre.
“Ma dove sono tutti?”, si chiese.
-Gizah! Stai cercando tua madre?- le chiese una voce.
Si voltò e riconobbe la loro vicina. –Sì… sai per caso dov’è?- annuì, avvicinandosi.
-Dovrebbe essere in fondo alla strada, l’hanno chiamata per un’emergenza.- le sorrise la donna. –E’ successo qualcosa di brutto?
La giovane scosse la testa, frustandosi il viso coi capelli color della notte. –Nulla. Cioè, nulla di preoccupante. Devo andare, grazie mille!
Scavalcò nuovamente la recinzione e si affrettò verso il punto che le era stato indicato. Nel momento esatto in cui smise di correre, udì i vagiti del neonato.
Riprese fiato, concedendosi un sorriso e una benedizione per quella nuova vita. –Madre!- chiamò subito dopo.
All’interno della casa ci fu un po’ di trambusto, ma poco dopo ecco uscire la sua copia più anziana. –Gizah, che succede?- le chiese, accigliandosi immediatamente.
-Il Cair ha detto sì. Ha accettato!- senza potersi trattenere le buttò le braccia al collo, contenta oltre ogni dire.
Sua madre rimase un attimo immobile, poi ricambiò l’abbraccio. –Sono felice per te, bambina. Sono davvero felice.
La centaura capì che qualcosa non andava. Pose fine al contatto e fissò la genitrice negli occhi. –Non sei contenta. Cosa c’è che ti turba?- volle sapere.
Kaneka distolse lo sguardo, tentando di mascherare i propri pensieri. Sapeva che sua figlia aveva lavorato tanto e duramente per ottenere quel riconoscimento, ma non voleva che si mettesse spontaneamente nei guai.
-E’ per via di questo incarico…?- azzardò allora Gizah.
La sua interlocutrice fu costretta ad annuire. –So quanto tieni al tuo ruolo di Guardiana, ma non c’è bisogno di…- iniziò.
-Sì, invece. Io ho bisogno di questo riconoscimento, ho bisogno che la smettano di trattarmi con condiscendenza solo perché ho sangue misto.- sbottò.
-Non devi dimostrare niente a nessuno.- le ricordò la donna, tornando a guardarla negli occhi.
Lo sguardo dorato di sua figlia s’indurì. –Devo dimostrare a me stessa che non valgo meno di loro. Voglio aiutare il Cair e anche quei ragazzi.- asserì, convinta.
Kaneka capì che non avrebbe potuto farle cambiare idea e si ritrovò ad abbracciarla, rassegnata a vederla partire. –Giuro che, se ti farai torcere anche un solo capello, non ti vorrò più a casa.- la minacciò, tentando di mantenere salda la voce.
Gizah annuì più volte, affondando il viso tra i suoi capelli. Le voleva un bene del mondo e l’amava anche quando non l’appoggiava, perché le faceva vedere le cose da una prospettiva diversa. Poco importava che lei condividesse o meno la sua opinione, l’importante era il ragionamento che innescava nella sua mente.
-L’hai detto a Maahes?- s’informò dopo un po’ sua madre.
-No… credevo fosse a casa, invece non c’era.
-Sai che ama il suo lavoro: anche quando non è di turno, rimane comunque coi bambini.- sorrise Kaneka, strappando un sorriso anche alla giovane. –Su, vai a cercarlo.- aggiunse, dandole una spintarella.
Gizah fece per avviarsi, ma si bloccò e tornò a voltarsi. –Grazie.- sorrise.
Sua madre si limitò a stringersi nelle spalle e ricambiare il sorriso, abbracciandola con uno sguardo carico d’affetto.

-Gizah! Se cerchi tuo marito è nel cortile principale.- le disse un uomo.
La giovane annuì, ringraziando e si affrettò verso il grande portico che immetteva nel giardino della scuola.
Maahes insegnava la disciplina del combattimento ai bambini di Azmara, in quanto era il combattente più forte della città. Almeno tra i centauri.
A vederlo nessuno avrebbe mai sospettato la sua abilità nel maneggiare il lungo bastone istoriato che portava sempre con sé. Glielo aveva regalato Gizah il giorno del loro matrimonio, come dono della sposa allo sposo.
  Quando individuò la piccola folla di bambini sorrise e rallentò l’andatura. Si mise ad osservare l’ampia schiena dell’uomo che amava mentre mimava alcune rotazioni del polso, utili quando si stava combattendo in un corpo a corpo molto ravvicinato.
Li aveva quasi raggiunti quando una delle bambine la vide e la indicò con fare eccitato. I suoi compagni vennero messi sull’attenti e in poco la Guardiana si ritrovò sepolta dai corpi dei piccoli alunni.
Ridendo divertita, prese a strapazzarli più che poté. Adorava i bambini e desiderava tanto averne di propri; il problema era che la natura sembrava ritenerla ancora troppo inesperta per generare una nuova vita.
E la cosa la frustrava, tremendamente, rendendola spesso di cattivo umore.
-Tesoro, vuoi una mano?- Maahes le si avvicinò, ridacchiando.
Gizah riuscì a fargli cenno con una mano ed in poco si ritrovò libera da tutte quelle mani e quelle facce urlanti. –Grazie.- sorrise.
-Sei venuta per giocare con noi?- le chiese Eboleth, la bambina che l’aveva individuata per prima.
-No, piccola, mi dispiace. Devo parlare col vostro maestro.- si scusò. La piccola sporse il labbro, delusa e allora lei le lasciò una carezza sulla testolina bruna, facendole tornare il sorriso.
-Andate ad allenarvi. Mi raccomando: non voglio altre risse.- disse suo marito, con voce calma ma autoritaria.
I bambini annuirono e si allontanarono, correndo come gazzelle in fuga.
-E’ successo qualcosa a casa?- Maahes si fece preoccupato.
Gizah gli scostò una ciocca dei lunghi capelli castani dal viso e scosse la testa, sorridendo. –Sono appena tornata da una riunione del Consiglio.- iniziò.
L’uomo si accigliò ulteriormente. –Ci sono buone nuove…?- azzardò.
-Sì.- confermò solo lei.
-Gizah, mi vuoi tenere sulle spine?- chiese, sollevando un angolo della bocca.
Lei ridacchiò. –Forse.
Lui allora le cinse la vita e la strinse a sé, costringendola a piegarsi leggermente all’indietro. –Avanti, dimmelo.- la pregò.
-Il Cair ha accettato la mia candidatura. Partirò per aiutare quei ragazzi!- rivelò infine.
All’udire quelle parole, il viso di Maahes si fece di pietra. Poi, lentamente, i suoi occhi si restrinsero e la sua mascella si contrasse.
La donna capì di aver appena dato una brutta notizia. –Maahes… io…
Il centauro sciolse l’abbraccio, dandole la schiena. –Mi stai dicendo che stai per partire per una missione suicida e che ne sei contenta?
-Non è una missione suicida!- protestò lei.
-Ah no? Non sappiamo nemmeno contro cosa stiamo combattendo: a me lo sembra eccome.- replicò lui, tornando a fronteggiarla. I suoi occhi verdi lampeggiarono, mentre la sua voce si mantenne sulla stessa tonalità, senza alterarsi.
-Maahes, devi capire che questa cosa è importante, per me.- tentò nuovamente sua moglie.
-Lo so perché lo fai. Ma a me non interessa, ciò che è importante, per me, sei tu.- la prese per le spalle, fissandola dritta negli occhi. –Non posso pensare di poterti perdere.
Gizah allora si aprì in un sorriso, addolcendo il proprio sguardo. –Non mi perderai, non ho intenzione di morire.- lo rassicurò, sfiorandogli il viso.
-Infatti, perché verrò con te.
A quelle parole toccò a lei restare di sasso. L’idea di mettere in pericolo se stessa era tollerabile, ma non poteva assolutamente permettere che Maahes fosse coinvolto.
-No.- rifiutò con tono categorico.
L’uomo che amava tornò ad adombrarsi e, senza una parola, la superò e tornò dai propri alunni.


***

  Dopo la scomparsa di Manannan, Csi restò a fissare il campo di battaglia, silenzioso.
Il Cair sapeva, sicuramente. Forse non tutta la storia, ma avrebbe dovuto rendergli conto delle sue ultime attività.
Quel colloquio lo impensieriva, ma confidava nel fatto di poterlo affrontare a testa alta.
-Ragazzi, torniamo alla locanda.- Blaking si avvicinò a Drew ed Ethelyn, rompendo il silenzio che si era creato.
Tutti si ritrovarono d’accordo, escludendo Nive ed Arkan, ignari di quello che stava succedendo attorno a loro.
Ren, rimasto sconvolto dalla notizia della paternità dell’amico, aveva lo sguardo perso sulle acque del canale, ora limpide e quiete.
-Ren.- si sentì chiamare. Sollevò la testa e si ritrovò a fissare il proprio capo. –Stai bene? Sei ferito?
Abbassò gli occhi, scrutandosi alla ricerca di eventuali ferite e poi disse in un sussurro:-No.
Le labbra di Cyril si stesero in un sorriso. –Bene… che ne dici di tornare alla base?
-E lasciamo qui Arkan?- s’informò, perplesso.
L’Elfo si voltò a guardare il Ferift e il suo sorriso si allargò ulteriormente. Era tanto tempo che desiderava rivelare tutto ad Arkan, ma non si era mai presentata l’occasione giusta. –Sì, lasciamolo con sua figlia. Sono sicuro che abbiano tanto di cui parlare.
-D’accordo.
I ragazzi, che avevano assistito a quel breve scambio di battute, si avvicinarono ai due.
-Grazie per il vostro aiuto.- ringraziò Simar.
-Se non ci si aiuta nel momento del bisogno, quando?- replicò Csi, fissandolo dritto negli occhi. –Mi dispiace solo che siate rimasti feriti…- aggiunse subito dopo, spiacente.
-Non c’è problema: sappiamo cavarcela.- sdrammatizzò Drew.
-Oh, a quanto ne sono tu te la sei cavata egregiamente, ragazzo.- ridacchiò l’uomo. Il Nun lo guardò confuso, non capendo. –Ho visto il tuo scontro con i draghi.- gli spiegò allora.
Il giovane arrossì leggermente. –Be’… fortuna, credo. Non capisco nemmeno io cosa sia successo.- ammise.
Blaking gli lanciò un’occhiata, per poi rivolgersi a Csi. –Non è stata fortuna, vero? Dipende dal suo sangue.- domandò.
Lo studioso rimase in silenzio per qualche momento, meditando sulla risposta. Il suo braccio destro, al suo fianco, passò gli occhi dall’uno all’altro, chiedendosi come sarebbe finita.
-Dipende dal sangue, sì.- rivelò. –Drew ha discendenze elfiche, se non erro.
Lui sgranò gli occhi. –E’… è così evidente?
-Dopo ciò che è successo oggi, sì. Almeno per i presenti.- Cyril tentò di tranquillizzarlo anche se, a giudicare dallo sguardo del ragazzo, non ci era propriamente riuscito.
-Potresti spiegarci…?- Blaking si fece avanti, speranzoso.
-Csi, forse sarebbe il caso di allontanarci.- gli fece notare lo Spirito Blu. L’uomo annuì distrattamente, soppesando i suoi interlocutori.
Se non aveva fatto una valutazione errata, avevano tutti sangue misto. O comunque caratteristiche inusuali per le loro razze di appartenenza.
Si chiese se spettasse a lui rivelare loro cosa avrebbero potuto fare e ritornò con la mente a diversi anni prima, quando aveva iniziato suo nipote.
Abbassò gli occhi, sfiorandosi pensosamente il mento. Alla fine disse:-Venite con noi al rifugio, lì vi dirò quello che so.
I ragazzi ne furono tutti entusiasti e si scambiarono sguardi eccitati.
-Per quanto riguarda…?- iniziò Ren.
-Arkan.- chiamò Cyril. Il Ferift sciolse l’abbraccio ed alzò la testa, guardando direttamente verso il proprio capo. –Non rimanete qui a parlare, non è del tutto sicuro. Noi andiamo al rifugio, ti aspetto là.
In risposta ebbe solo un cenno del capo ed un’occhiata spaesata da parte di Nive.
-Staranno bene?- si premurò di chiedere Ethelyn.
-Piangere non ha mai fatto male a nessuno.- sdrammatizzò Csi, avviandosi verso l’uscita del tempio.
Dato che tutte le imbarcazioni erano andate distrutte o disperse, non poterono fare altro che percorrere lo stretto camminamento di pietra che correva lungo il canale.
In poco furono all’ingresso e si avviarono verso il rifugio, ignorando la moltitudine di persone che si erano affollate sulla piazza.


  Quando non sentì più i passi dei suoi compagni, Arkan sollevò il capo.
Nive se ne accorse e lo guardò, ancora confusa dagli eventi. Una parte di lei sapeva che si era lasciata andare ad uno sfogo a dir poco imbarazzante, ma l’altra, la più importante in quel momento, era concentrata sull’uomo che aveva davanti.
  Nemmeno nei suoi sogni più rosei avrebbe mai potuto immaginare di incontrare suo padre. Per di più, nonostante il suo passato difficile, era un guerriero valoroso che combatteva per raggiungere un obiettivo molto importante.
Senza farsi scoprire, lo studiò da sotto le lunghe ciglia, tentando di mandare a memoria i suoi lineamenti. E trovarvi anche qualche tratto fisiognomico condiviso.
Era strano pensare di avere un Ferift come genitore, ma quello spiegava la sua diversità. Aveva sempre saputo che c’era una spiegazione più che logica alla sua pelle chiara e ai suoi capelli corvini.
-Hai finito di studiarmi?- la voce di Arkan la riscosse.
La giovane sbatté le palpebre, stupita, e poi sentì chiaramente le guance andare a fuoco. Era stata beccata! Proprio lei che aveva fatto della furtività la propria arma vincente.
La sua reazione lo fece ridacchiare, divertito. –Sei brava, te lo concedo, ma puoi ancora migliorare.- le disse, per farla calmare.
-Lo so benissimo.- fu la sua risposta. Secca ed indisponente, proprio come quando si voleva difendere dallo sguardo di qualcuno. La sua era una tecnica passivo-aggressiva, ma spesso funzionava.
-Vedi di non usare quel tono con me, potrei indispormi più di quanto tu non finga di essere.- Arkan la freddò coi suoi occhi chiari.
Quel breve scambio di battute mise in luce il loro primo tratto in comune: erano persone con cui era difficile avere a che fare.
Nive si rese conto di essere stata maleducata e si affrettò a mormorare qualche parola di scusa. Suo padre non disse nulla, ma le diede una leggera pacca sulla testa.
Fece spaziare lo sguardo davanti a sé, fino all’ingresso del tempio e poi tornò a guardare la ragazza. –Meglio andare. Vieni con me.
-Dove?- chiese lei, sospettosa.
-Voglio portarti in uno dei luoghi preferiti di tua madre. Ti va?- addolcì leggermente il tono. Ottenne una risposta molto più che affermativa e si ritrovò a sorridere. Quella piccola danzatrice aveva moltissimo di Leliana, ma era indubbiamente anche figlia sua.
“Sarà divertente conoscerla.”, si ritrovò a pensare, stuzzicato dall’idea di potersi confrontare con lei. Per capirla ed imparare ad amarla come avrebbe dovuto saper fare da molto tempo.
-Questo posto è molto lontano?- venne strappato ai propri pensieri.
Abbassò lo sguardo. –Come?
-Il luogo in cui vuoi portarmi è lontano? Perché non sono sicura di poterci arrivare… non camminando, almeno.- spiegò Nive. Aveva dimenticato tutta la fatica nel momento in cui Csi le aveva rivelato di suo padre, ma questa era tornata a reclamare il conto.
E sembrava essere abbastanza salato.
-Ti posso trasportare, non c’è problema.- la rassicurò.
-Dobbiamo volare?!
Arkan sollevò un sopracciglio, stupito dalla reazione. –Sì. C’è qualche problema?- domandò, scrutandola.
“Ok, sei mio padre… ma questo non vuol dire che mi fidi di te.”, pensò lei. Se c’era una cosa che aveva imparato, vivendo alla Locanda dei Fiori, era di non fidarsi di nessuno. Nemmeno di se stessa.
E suo padre non poteva pretendere che si buttasse tra le sue braccia, fidandosi ciecamente. Proprio non esisteva.
L’uomo sembrò intuire i suoi ragionamenti, perché replicò:-Non ti farò cadere né tenterò di portarti chissà dove per venderti. Non sono quel tipo di persona e, se lo fossi stato, Csi non mi avrebbe scelto come suo terzo in comando.
Lo Spirito valutò attentamente quelle parole, tentando di capire se l’Elfo avesse fatto una scelta oculata, prendendo l’ex ladro sotto la propria ala protettrice.
“Finora non si è mai sbagliato e mi ha anche aiutata ad arrivare a lui.”, si disse, puntando gli occhi dorati in quelli azzurri del padre. –Va bene. Andiamo.- acconsentì finalmente.
-Vedo che, dopo lo stupore iniziale, sei tornata ad essere una piccola danzatrice diffidente.- la canzonò Arkan.
Nive sgranò gli occhi. –Piccola danzatrice diffidente?!
-E’ così che ti ha definita Csi, la prima volta che vi siete incontrati. Direi che ti calza a pennello.- replicò, sorridendo sornione.
Capì che la stava punzecchiando e si rilassò un poco, decidendo di dargli pan per focaccia. –Sarò anche diffidente, ma come mai tu sei solo il terzo in comando?- chiese.
Non ottenne risposta, ma all’improvviso si ritrovò strettamente avvinghiata al corpo del Ferift. Poco dopo sentì la terra allontanarsi e dovette trattenersi dall’urlare per la sorpresa.
“Calma.”, invece di dimenarsi si afferrò ancora più saldamente, nascondendo il viso nel petto di Arkan. Lui se ne accorse, ma non disse nulla, limitandosi a puntare verso il grande parco cittadino.


-Prendetevi cura delle ferite dei miei ospiti, per favore. Portate cibo e acqua.- ordinò Cyril. –Anzi, no, portate anche del vino speziato.- si corresse subito dopo.
Il gruppo di viaggiatori rimase immobile al centro della grande caverna, osservando il via vai di persone causato dalle direttive dell’Elfo.
Nonostante il suo viso non incutesse particolare timore, sapeva farsi rispettare senza sforzo alcuno.
-Possiamo curarci da soli.- tentò di protestare Simar, mentre un’Elfa gli si avvicinava.
-No, siete deboli.- rifiutò l’uomo. Addolcì l’espressione ed aggiunse:-Non vi faranno del male, tranquilli.
Ethelyn fu la prima ad accettare l’aiuto offerto, crollando sul pavimento, esausta. Quando Drew la vide a terra fece per raggiungerla, ma lei scosse la testa, subito soccorsa da un curatore.
In poco le loro ferite vennero trattate e si ritrovarono a sospirare per il sollievo, grati di non essere più attanagliati dal dolore.
-Grazie mille.- Blaking ringraziò a nome di tutti.
Cyril fece loro un cenno del capo e li invitò a raggiungerlo sotto il grande frassino che dominava l’atrio del covo.
-Per favore, lasciateci soli.- disse, non appena ebbero portato vassoi con diverse leccornie e caraffe piene d’acqua e vino.
Tutti i presenti si congedarono con un breve inchino, sparendo nei meandri della roccia.
-Wow… impressionante.- si lasciò sfuggire il Nun.
-Mi piace l’organizzazione.- si giustificò Csi. –Prego, prendete pure.- aggiunse, indicando con un gesto le vettovaglie.
Nehir le osservò sospettoso, fiutando l’aria. “Gallette col miele.”, riconobbe uno dei cibi e poi si mise ad analizzare gli altri.
“Ne vuoi un po’?”, gli chiese Simar.
Il grosso mosse leggermente gli occhi, in segno di diniego. “Nel caso in cui fossero avvelenati, ci deve pur essere qualcuno in grado di portarvi in salvo, no?”, replicò, sornione.
“Vedo che stai meglio.”, il principe gli diede una pacca sulla spalla.
“Sì.”, fu l’unica risposta. Passò qualche altro istante e poi il Fisàan aggiunse un ”Grazie.”
-Il tuo compagno gradisce qualcos’altro?- s’informò Cyril. Il ragazzo dai capelli d’argento sollevò gli occhi, stupito e poi scosse lentamente la testa.  –Bene, ora che siete stati curati, direi che possiamo iniziare la nostra chiacchierata. Anche perché non avete molto tempo.
-Il Cair è impaziente di vederci partire.- convenne Blaking.
-E a ragione.- convenne l’Elfo.
Drew si fece preoccupato. -Fin dove si è spinto il nemico?
Gli occhi di Csi si spostarono su di lui, inchiodandolo con la loro profondità. –L’Ovest ed il Nord sono i territori più attaccati, per ora. Ma, come avete potuto appurare, la minaccia sta giungendo anche qui all’Est.- rispose, unendo la punta delle dita con fare preoccupato.
-E per quanto riguarda il Sud?- volle sapere Ethelyn.
Lo studioso si lasciò sfuggire un sorriso. –Il Sud e il Cuore sono ancora troppo potenti, per lui. I Doslor saranno una spina nel fianco per il nostro nemico, poco ma sicuro.- disse.
-Perché l’Ovest ed il Nord sono stati presi così in fretta?
-Perché le comunità sono molto più isolate. E poi, l’Ovest non ha più la protezione del Cair.- spiegò con voce greve.
Drew scosse la testa, abbattuto. Se solo avesse potuto esser certo della salute della sua famiglia. La sua compagna dovette intuire i suoi pensieri, perché gli si avvicinò, stringendogli una mano.
-So che siete preoccupati per le vostre famiglie, ma ora non c’è tempo.- s’intromise Csi.
-Spiegaci, per favore.- lo esortò Blaking.
L’altro annuì. –Correggetemi se sbaglio, ma tutti voi avete sangue misto, giusto? Ad esclusione di Blaking e Nehir.- iniziò. I tre ragazzi annuirono. –Drew è per metà Elfo, Simar è il nipote di Fenris ed Ethelyn…- si bloccò, incerto.
Aveva fatto le sue supposizioni, ma non era pienamente sicuro del risultato delle sue elucubrazioni.
-Mia madre è una Doslor, ma…- la giovane si bloccò, a disagio. Come spiegare che metà della sua famiglia aveva discendenza mista? L’avrebbero sicuramente disprezzata.
Abbassò la testa, iniziando a torturarsi le mani.
-Ethelyn, puoi parlare liberamente.- le sussurrò Drew, tentando di metterla a proprio agio.
Sembrava facile, ma non lo era dato che gli occhi di tutti erano puntati su di lei. –Ecco… mia madre… lei… lei ha discendenze elfiche e Fey.- rivelò.
Tutti gli astanti rimasero a fissarla sconcertati.
Il primo a riprendersi fu Nehir, che le si avvicinò e l’annusò per qualche istante. Lei lo osservò per tutto il tempo, timorosa.
“E’ vero! Ora che ci faccio caso, lei non ha un odore definito. È come se ve ne fossero più di uno mescolati insieme.”, fece, stupito.
Simar lo guardò con tanto d’occhi, poi si affrettò a riferire. –Nehir dice che Ethelyn ha un odore non ben definito, come un miscuglio di profumi diversi.- spiegò.
-Ingenuamente credevo ci fosse solo del sangue Doslor in te, ma mi devo ricredere.- commentò Csi, meravigliato.
-Ed è un male?- domandò la giovane, preoccupata.
-No, no. Anzi.
-Perché la nostra discendenza è così importante?- chiese allora Simar.
Il suo interlocutore sorrise di rimando. -Perché potete avere una marcia in più.
In quel momento Blaking capì. –Possono sfruttare i poteri di entrambe le razze, giusto?- balzò il piedi, esaltato, spaventando Drew.
Cyril annuì, valutando ancora più positivamente l’Ippogrifo: la sua era una mente veramente brillante.
-Quindi… sono diventato un drago perché sono per metà un Elfo?- il Nun tirò le fila del discorso.
-Esattamente. Hai sviluppato il potere della mutazione, a quanto pare. Se ti allenerai e te ne prenderai cura, diventerà sempre più forte.- fu la conferma.
-Wow!- il ragazzo si voltò verso la Ferift, sorridendole. –Hai sentito, Ethelyn?
Lei rispose al sorriso con qualche istante di ritardo. Si stava chiedendo se sarebbe diventata un fenomeno da baraccone, con la discendenza che si ritrovava.
-Ethelyn, tu hai manifestato qualche potere insolito?- Csi notò la sua reazione.
-L’acqua… a volte mi succedono cose strane…- dovette ammettere, vergognandosene. Se i suoi compaesani l’avevano rifiutata per la sua discendenza Doslor, i suoi compagni avrebbero potuto allontanarla a causa delle altre.
-Simar?
-Nessuna capacità di controllare l’aria, almeno fino ad adesso.- rispose, pronto.
-Arriverà anche il tuo momento, tranquillo.- lo rassicurò l’uomo.
“Pensa quando lo verrà a sapere Kiron… diventerà ancora più insopportabile.”, commentò Nehir.
Simar era conscio del fatto che il lupo trovasse il suo gemello un po’ troppo pieno di sé, ma sapeva che non l’aveva detto non cattiveria. “Probabile.”, concesse.
-Bambina mia, che ti succede?- Csi strappò i due alla loro conversazione mentale. Si voltarono verso la Ferift, che sembrava sull’orlo di collassare.
La notizia dei suoi futuri poteri l’aveva sconvolta così tanto? Eppure avrebbe dovuto essere una cosa positiva.
-Se temi di poter diventare un pericolo, non devi preoccuparti: fa parte di te, riuscirai a controllarlo.- tentò di rassicurarla Csi.
-Sul serio? E non diventerò uno strano… scherzo della natura?- domandò, non molto convinta.
L’Elfo fece tanto d’occhi. -Scherzo della natura? Voi, in quanto persone con sangue misto, avete una marcia in più rispetto ai cosiddetti purosangue!
-Oh. Davvero?
L’uomo si alzò e la raggiunse, inginocchiandosi al suo fianco. La giovane lo fissò coi suoi grandi occhi verdi, in attesa. –Mio nipote, Roving, ha avuto una reazione simile alla tua. Si è sempre sentito la pecora nera della famiglia e, quando il potere del fuoco si è manifestato, ha deciso che avrebbe imparato a domarlo a qualsiasi costo. Si è allenato per anni e alla fine ne è venuto a capo.- le raccontò.
-E non gli ha causato nessun problema?- fu la domanda.
-A parte qualche covone bruciato, no.- ridacchiò Cyril. Ricordava ancora la faccia sporca di fuliggine del ragazzino, mentre tentava di spegnere il piccolo incendio. La determinazione nei suoi occhi era così radicata che ne aveva avuto ragione in poco tempo e senza causare danni alla propria persona o a terzi.
-Sono curiosa di incontrare vostro nipote.- confessò lei, aprendosi in un sorriso.
-Lo incontrerete. Almeno, lo spero.- disse, rabbuiandosi leggermente.
-Dovremo aspettarci altre sorprese…?- s’inserì Blaking.
-No. Però devo chiedervi un’ultima cosa, prima di lasciarvi andare.- l’Elfo si rialzò con un gesto fluido. –Risvegliate i Balhia. Loro ci aiuteranno a sconfiggere il nostro nemico.
A quelle parole i presenti si agitarono, scambiandosi sguardi allarmati.
-Fingerò di non aver visto quest’agitazione. Sappiate solo che confido in voi.- disse loro.


Cercò con lo sguardo il punto d’atterraggio e, una volta individuatolo, iniziò ad abbassarsi.
Nive non si era più lamentata da quando avevano preso il volo, limitandosi a starsene aggrappata al torace del padre.
Arkan si bloccò a mezz’aria con un unico colpo delle possenti ali, scrutò all’intorno e poi, dopo essersi assicurato di avere la via sgombra, riprese la discesa.
Tra gli alberi si poteva intravvedere il luccichio dell’acqua di una delle tante polle che costellavano quello spazio cittadino. D’altronde, Neith era una città d’acqua, quindi questa era di casa ovunque si andasse.
-Dove siamo? Al parco?- indagò la danzatrice, guardandosi attorno. Il suo compagno di viaggio non rispose, limitandosi a scendere ancora di più.
Stando attendo a non strapparsi le piume delle ali, Arkan atterrò leggero sulla piccola isola posta al centro dello specchio d’acqua.
Lasciò andare la figlia e si concesse un momento per poter abbandonarsi ai ricordi agrodolci che gli riportava alla mente quel luogo.
Era lì che aveva conosciuto Leliana ed era sempre lì che i due si erano detti addio.
-Che ci facciamo qui…?- si sentì chiedere.
-Questo era il nostro posto speciale. Mio e di tua madre.- le spiegò, tentando di mantenere la voce salda.
-Oh. È… è molto bello.- ammise Nive. Si trovavano al centro di un piccolo tempio a tholos, le cui colonne sostenevano un architrave circolare. Non aveva copertura, se non quella celeste.
La particolarità di quel piccolo edificio non era la squisita fattura delle colonne, ma la fragranza dei cespugli rampicanti che le avevano rivestite, i quali davano al complesso un’aria romantica e contemplativa.
Un piccolo bacile, sorretto da un treppiedi, rifletteva la luce solare.
-Veramente mia madre veniva qui…?- chiese la giovane, sfiorando i petali di un fiore.
Arkan sentì una stretta al cuore. Nonostante il suo comportamento sostenuto di poco prima, ricordare l’unica donna che avesse mai amato gli faceva venir voglia di piangere.
Si sedette su una delle panchine semicircolari. –Sì. La prima volta che l’ho vista stava cantando… credo fosse poco dopo l’alba. Non c’era nessuno.- mormorò, guardandosi i palmi delle mani.
-A quanto pare il canto era la sua dote.- commentò lo Spirito Blu.
-Oh sì, era bravissima. Un vero usignolo.
Nive gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla. -Io sono stonata.
-Però sai ballare, mi sembra. È sempre una dote artistica.- le fece presente.
Sollevò un angolo della bocca senza la minima allegria. -Buona per spillare soldi agli stolti.- commentò ruvidamente.
-Immagino tu sia molto brava a sfruttare le persone.
-E se anche fosse?
Lei si voltò e si ritrovarono faccia a faccia. Si scrutarono per alcuni istanti, poi Arkan distolse lo sguardo, lasciando uscire un sospiro. –Come sei permalosa.- disse.
-Be’, sono tua figlia, no?- ribattè la danzatrice.
Il Ferift si passò una mano sul viso. -Sì, forse anche troppo.
A quelle parole, Nive non seppe come replicare. Si ritrovò a fissarlo, senza sapere bene cosa dire. Nel cuore una paura folle di essere rifiutata.
Vedendo che la giovane non diceva nulla, l’uomo sollevò la testa e colse la sua espressione. –Scusa, mi sono espresso male. Quello che volevo dire era che hai preso molto del mio carattere e so quanto possa esser difficile avere a che fare con me.- si spiegò.
-Ti sei mai pentito di aver messo incinta mia madre?- la domanda arrivò a bruciapelo.
Nive si avvicinò così tanto che suo padre fu costretto a piegare la testa all’indietro per poterla guardare in viso. –All’inizio sì.- dovette ammettere.
-Bene.- fu l’unico commento.
-Ma solo perché non avevo i soldi per poter mantenere la mia famiglia.- concluse. –Tu sei il frutto dell’amore che legava me e Leliana, non avrei mai potuto allontanarti. Per anni ho vagato, cercando il tuo viso in quello delle altre persone.
La ragazza distolse lo sguardo, sentendo qualcosa pizzicarle gli occhi.
-Nive.- Arkan sussurrò il suo nome, ma tanto bastò per attirare la sua attenzione. –Partirai con gli altri?
Avrebbe voluto dire di no, perché non desiderava altro che passare del tempo con lui, ma aveva già dato la sua parola. Si limitò ad annuire, tentando di ingoiare il fastidioso groppo che aveva in gola.
-Allora ho poco tempo per tentare di fare il padre.- ridacchiò, tentando di alleggerire l’atmosfera.
-Non credo basti così poco.- osservò lei.
La fece sedere accanto a sé. -Nemmeno io. Ma possiamo iniziare ora e continuare quando sarai tornata.
A quelle parole, Nive lo guardò stupita. –Credi che…?
-Mi fido di Csi. E lui ha visto qualcosa in voi, in tutti voi. Quindi sì, sono certo del tuo ritorno.- terminò la frase per lei.
Senza poterlo impedire, una lacrima le scivolò silenziosa lungo la guancia. Si affrettò ad asciugarla, imbarazzata. –Mi… mi racconteresti di come vi siete incontrati tu e mia madre?- domandò dopo un po’.
-Certo, tutto quello che vuoi.- le sorrise e l’attirò a sé, facendola appoggiare alla propria spalla.
Dapprima la sentì irrigidirsi, ma poi entrambi si rilassarono.

  
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