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Autore: Triskell Nyx    27/07/2013    1 recensioni
una ragazza del mondo reale da cinque anni è stregata da un cartone: blue dragon.
un giorno per un caso fortuito viene catapultata in quel mondo e può realizzare il suo sogno di vivere delle belle avventure insieme ai suoi amici. contemporaneamente scoprirà che nemmeno in quel luogo è tutto rose e fiori e si ritroverà a cercare di risolvere i quesiti che la tormentavano già dall'altra parte dello schermo.
è la mia prima fanfiction, per favore siate clementi e aiutatemi a migliorare.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi con la seconda parte! vi avviso che è un po' un casino e non ho avuto tempo di ricontrollarla, ma spero vi piaccia lo stesso.
Se avrete bisogno di spiegazioni, chiedete e vi sarà dato! grazie a tutti quelli che leggono e mi sostengono con le recensioni.
Baci, Cla



Accidenti.
Quando ho accettato la proposta di Jiro, non ho pensato a un piccolo particolare non esattamente trascurabile: lui pretenderà che io usi la spada.
Il fatto è che Zola mi ha detto di non usare assolutamente la spada fino a che non mi avrà insegnato come fare. Ergo: c***o.
Come se non bastasse, Dante quando Jiro mi ha fatto la sua sottointesa proposta, si è alzato e con la scusa di andare in bagno ed è sparito, senza più tornare.
Kluke e gli altri si sono preoccupati, e hanno proposto di andare a cercarlo, ma io e Mel li abbiamo dissuasi e abbiamo insistito per andare solo noi; quindi adesso siamo sole in un’oasi ostile a cercare qualcuno che non ha intenzione di essere trovato.
Ma tutte a me capitano oggi? Dannazione!
Se non fosse per la stupida gelosia di Dante, avrei almeno la metà dei casini. Dannazione!
-Ambra?-
Sobbalzo, come colpita da un sasso. –Scusa Mel, dicevi?-
-Stai bene?-
“Calmati. Prendertela con il tuo migliore amico non migliorerà le cose. D’altronde, non posso fare niente per cambiare i suoi sentimenti.”
-Scusa, ero solo preoccupata per Dante. Piuttosto, dovremmo...- non finisco la frase, perchè finalmente avvisto il mio migliore amico.
Dante è seduto su una roccia in mezzo a una piccola radura.
Per raggiungere questa radura, però, abbiamo dovuto passare da una parte di boscaglia particolarmente fitta. È’ come se volesse contemporaneamente essere trovato e non essere trovato.
Faccio per mettere un piede avanti, ma Mel mi ferma.
-E’ meglio che vada io- mi sussurra. Poi, senza neanche darmi il tempo di replicare, si avvia.
Dante non si gira per guardare chi arriva, ne’ si gira quando si siede vicino a lui.
-Non sei andata a dormire?- chiede invece.
-Non senza averti trovato- risponde lei, tranquilla.
Dante sospira, poi si circonda le ginocchia con le braccia. –Che devo fare, Mel?-
Lei sospira a sua volta e non commenta.
-Insomma... Jiro era una presenza già troppo ingombrante quando non esisteva. Pensa ora che esiste!-
-Lo so- risponde Mel questa volta.
-Insomma, che devo fare?-
Mel non dice niente neanche questa volta, semplicemente si alza e lo abbraccia. Allora Dante si abbandona e si mette a piangere sulla sua spalla.
Io impallidisco: ora capisco il motivo per cui Mel ha preferito che io non entrassi, e mi sento malissimo: ho fatto piangere il mio migliore amico.
E, probabilmente, non è neanche la prima volta.
Mi giro e corro via; corro, corro, corro. Non ho il diritto di stare a vedere quel dolore, perchè sono stata io a provocarlo. E quel dolore diventa anche mio, le lacrime prendono a scorrermi sulle guance.
Non si fermano per almeno un’ora, e ormai anche i miei due amici devono essere tornati all’accampamento. Io non ho tempo per riposare, però.
“Zola” chiamo, con una mano sulla spada “Zola!”
Qualche secondo di silenzio, poi...
“Ambra, sai che ore sono?”
In effetti, ho il vago presentimento che sia tardino... ma molto vago, eh!
“Ehm... in effetti... scusa, davvero, ma ho un immenso bisogno di un favore”
Altri secondi di silenzio, poi... “Cosa ti serve?”
Uff... grazie Zola. In effetti potevi anche interrompere la comunicazione e tornartene a dormire. Be’... il fatto che ti avrei ricontattato finchè non ti fossi decisa ad ascoltarmi è del tutto trascurabile.
“Beh... ti ricordi che mi hai raccomandato di non usare assolutamente la spada se non in caso di emergenza fin quando non mi avresti insegnato come si usa?”
“Mi ricordo; l’hai usata?”
“No, ma mi trovo nella condizione di doverla usare presto” e le spiego tutta la storia dell’allenamento (tralasciando casini vari annessi, si intende).
“D’accordo, arrivo” mi dice alla fine, e di nuovo tiro un sospiro di sollievo: Zola è sempre la migliore.
Non passa neanche un quarto d’ora che mi raggiunge.
-Allora... mi insegni?- le chiedo subito, preparandomi già a passare una notte in bianco.
-Perchè, ho scelta?- chiede lei in risposta.-Ma preparati, non sarà un allenamento facile-
Mi alzo e mi metto davanti a lei. –Sono pronta-
Un ombra di un sorriso la attraversa per un attimo.
-Bene, quello che ti insegnerò è la conoscenza dell’aura, l’energia vitale che esce dal nostro corpo.-
Io annuisco; dopotutto fin qui il concetto è abbastanza chiaro.
-Ognuno proietta una piccola parte di questa energia vitale, ma in quasi tutti si tratta di una piccola perdita senza alcun controllo.-
Annuisco di nuovo.
-Noi evocatori, però, sappiamo controllare la fuoriuscita dell’aura, perchè è l’energia che trasmettiamo alle nostre ombre per dare loro più potenza.-
Finalmente la spiegazione si fa interessante: queste cose non le spiegavano nell’anime.
-In pratica, questa spada attrae l’aura, la risucchia. Come un vampiro succhia il sangue alle sue prede. Se una persona non è capace di controllare la propria fuoriuscita, rischia di scomparire-
-Come è successo a me quando l’ho usata- ragiono –ma non ho sentito il flusso di energia che se ne andava, quando l’ho impugnata. Al contrario, ho avuto come l’impressione che la mia forza si raddoppiasse, prima di svenire- mi viene in mente poi.
Questa volta è Zola ad annuire.-Certo. Quella spada può anche essere considerata come una sorte di catalizzatore; dopo avere assorbito l’energia la conserva dentro di se, in questo modo questa può essere riutilizzata da una qualsiasi persona che sappia controllare la propria aura-
-Io non so usare la mia aura, quindi perchè ho assorbito energia?-
-Su questo nn possiamo che fare ipotesi; credo che la più azzeccata sia che in quel momento hai provato un tale desiderio che sei riuscita per riflesso a controllare un attimo la tua aura.-
È vero. In quel momento avrei dato tutto per proteggere i miei amici.
-Avrò anche già controllato l’aura come dici tu, ma non mi ricordo minimamente come ho fatto- rispondo però. In effetti, ho ricordi un po’ confusi di tutta la scena.
-Non credo sia un problema: vedi, ci sono due modi per apprendere questo controllo: il primo richiede tempo, cosa che in questo momento ci manca...-
-E scommetto che è quello che hanno fatto Jiro, Shu e gli altri- la interrompo io, entusiasta.
-Si.- Risponde lei, senza mostrarsi minimamente scocciata di essere stata interrotta.
Probabilmente ci ha fatto il callo con Shu e Marumaro.
-Ma, come stavo dicendo, non abbiamo tempo, quindi dovremo ricorrere all’altro metodo. Credo non sarà un problema, dal momento che tu sembri avere una predisposizione per queste cose... se così non fosse non saresti sopravvissuta all’uso della spada. Il problema è che questo metodo l’ho imparato quando stavo nelle tenebre, e non ho mai avuto possibilità diprovarlo su altri esseri umani-
Mi guarda, serissima –Ci stai lo stesso?-
Non esito neanche un secondo. -Certamente-
E perchè non dovrei? Mi fido di Zola. Mi sono sempre fidata di lei, e mai smetterò di farlo.
-Va bene-. Chiude un attimo gli occhi, ma subito li riapre e viene avvolta dalla familiare luce azzurra che di solito preannuncia l’apparizione di un’ombra. Solo che questa volta non emerge Pipistrello Assassino; invece Zola mi si avvicina e mi pone una mano sul petto.
Per un attimo la luce intorno al suo braccio si intensifica, poi... poi è come se il mondo mi esplodesse addosso.
Vorrei urlare, ma mi manca addirittura la voce per farlo, tanto intenso è il dolore. Poi svengo.
Quando rinvengo Zola è china su di me, con una tazza in mano.
-Dai, bevi- mi esorta, dandomi una mano a sollevarmi.
-Che... che è successo?- domando io.
Poi ammutolisco; forse sono ancora un po’ confusa, perchè vedo ancora la luce azzurra intorno a lei, anche se sembra diversa: è fluida, e non sembra emanare la potenza di quando evoca l’ombra. Poi guardo le mie braccia; anch’io sembro essere coperta da questa luce.
Così come... Trasalisco.
Così come tutti gli esseri viventi presenti. Insetti, uccelli notturni, bestie sconosciute e che spero continuerò a non conoscere...
-Ma questa... questa è... possibile che sia...- farfuglio, guardandomi nuovamente le braccia.
-Le vedi, vero?- mi interrompe Zola –Vedi le aure.-
Queste... queste sono... aure?
Rimango in silenzio per un po’, il tempo di rielaborare le idee. Poi annuisco, piano.
-Se queste... luci... sono aure, allora si. Le vedo- ruspondo.
Lei annuisce. –Si, quelle sono aure. Ma non le vedrai così nitidamente per sempre, se non per una tua decisione. Questo stato si protrarrà per tutta la notte, se va bene; è solo una specie di effetto collaterale a un contatto così violento con la mia aura. Il vederle però ti aiuterà a comprendere come sono fatte, e potrai imparare a controllare la tua più velocemente.-
-C..capisco- balbetto, ma subito mi risquoto: non ho tempo di spaventarmi. Non posso permettermi di sprecare secondi preziosi per queste piccolezze. Io devo diventare più forte.
Così sarò in grado di proteggere Dante e Mel.
-Dimmi cosa devo fare. Per favore, Zola!-
Lei annuisce, come se non si aspettasse niente di meno. Ne’ di meno dovrebbe aspettarsi, in effetti.
-Vedi, prima di tutto devi fermare la piccola parte di aura che fuoriesce dal tuo corpo, in questo modo- E mi mostra come si fa.
Ok, visto da qui non sembra così difficile. Cerco di non badare al fatto che ho appena formulato più o meno lo stesso pensiero di Shu quando ha deciso di imparare ad evocare la sua ombra.
Chiudo gli occhi.
Inspiro. Espiro.
Inspiro. Espiro.
Non ho bisogno di vedere la parte della mia aura che mi fuoriesce dal corpo. D’altronde non potrei neanche, visto che non ho ne uno specchio ne’ un’altro modo per vedermi al di sopra del capo.
Quel che devo fare è sentirla.
Mi concentro. Per un po’ non avverto niente. Poi inizio a sentire il battito del mio cuore.
Il mio cuore porta sangue a tutte le estremità del mio corpo. Porta vita. Porta... energia.
Energia. Energia. Energia.
Mi concentro su questo pensiero, fino a quando da pensiero diventa una sensazione. Ed è allora che avverto la Pulsazione. È un suono diverso dal battito del cuore, anche se opera all’unisono con lui.
Il battito porta l’energia nel corpo, la Pulsazione è l’energia stessa che scorre. Una volta arrivata agli estremi del corpo, l’energia indugia un poco intorno al mio corpo, a contatto con la pelle, poi viene dispersa attraverso la fuoriuscita sopra il capo.
Quindi...si tratta di convincere l’energia ad indugiare di più sulla mia pelle.
D’altronde, ho imparato a muovere le braccia e le gambe... l’aura sarà come un arto più complesso ed elaborato del solito, no?
“Rimani, rimani” prego l’energia che esce da me. Non sono sicura che serva formulare le parole sia necessario, ma mi sembra che mi aiuti a concentrarmi meglio.
Continuo a ripeterlo, e ripeterlo, e ripeterlo ancora. Poi, piano piano, avverto un cambiamento nel flusso, che via via continua a diminuire.
E finalmente si blocca.
Appena si blocca, sento come un mutamento nella Pulsazione.
Inizia a scorrere più veloce del battito del cuore,come se a ogni battito si sprigionasse almeno il doppio dell’energia. Questa energia, affollandosi attorno al mio corpo, rimane come più viva, densa e guizzante. Ho più forza da utilizzare.
Ma devo trovare un modo per sfogarla, altrimenti... altrimenti non la controllerò più. Rischio più volte di perderla e la riprendo per i capelli, ma alla fine scoppio, e rilascio l’aura trattenuta tutta in una volta.
–Anf... anf...- sbuffo, riprendendo fiato. Al contrario di prima, che mi sembrava di scoppiare per tutte le energie che avevo, ora è come se non ne avessi più.
-Non è andata affatto male- mi incoraggia Zola.
-Quanto ci ho messo?- chiedo io, fa un ansimo e l’altro.
-Hai impiegato tre quarti d’ora per fermare il flusso, poi per dieci minuti sei riuscita a mantenere il controllo-
-Eeeeh? Così tanto?!- non è possibile, ho sprecato troppo tempo!
-Bene, riprova-
Annuisco, e mi concentro. Devo metterci meno tempo, molto mrno tempo!!
“Flusso, ti prego, fermati!”
Questa volta impiego mezz’ora a preparare il flusso, ma non resisto più di undici minuti. Provo altre due volte, e arrivo a venti minuti di caricamento e quindici di mantenimento. Alla fine ho un fiatone che non accenna a diminuire, e ho problemi a sentire la Pulsazione a causa della stanchezza. Ma non posso permettermi di chiedere una pausa.
È Zola a impormene una, però, come se mi avesse letto nei pensieri.
-Mh, solo cinque minuti- acconsento, visto che la maestra è lei. Prendo un altro sorso della bevanda che mi aveva dato anche prima (una sorta di miscuglio d’erbe rigenerante) e di nuovo mi rimette un po’ in sesto.
-Sono pronta a ricominciare, Zola- annuncio.
Lei annuisce di nuovo. –adesso, per prima cosa blocchi il flusso come prima. Poi devi concentrare l’aura in un solo punto-.
-...Ok, eseguo-
Ogni volta che interrompo il flusso mi viene più facile, anche se non riesco a ridurre il tempo di neanche un minuto. È la seconda parte che mi preoccupa.
Finora ho pensato a mantenere l’enegia, non a muoverla; doverla insieme muoverla e contenerla sarà più faticoso, e probabilmente perderò il controllo molto più presto. Senza contare che non ho la pallida idea di come fare.
Be’, non mi resta che provare.
Primo: fermare il flusso. Fatto.
Secondo: portare l’energia in un punto ben definito del corpo: da fare.
Allora, prima di tutto immagino di dover decidere il punto.
Un piede? Il petto? Il cuore, dove partono il battito e la Pulsazione?
No. Scelgo il braccio, il braccio destro. Quello con cui uso la spada.
È per riuscire ad usare la spada nera che sto facendo questo allenamento, dopotutto.
“Aura” penso, concentrandomi sulla Pulsazione stessa e sul suo movimento “concentrati attorno al mio braccio”. E di nuovo, inizio a ripetermi queste parole come una nenia, mentre mi sforzo di controllare il battito. E, filamento per filamento, inizio a staccare la Pulsazione dal battito, per indirizzarla tutta intorno al braccio e alla mano. Alla fine ci riesco. E subito crollo, come una marionetta.
La cosa non va bene.
Non ho idea di come reagire, e cado un attimo nel panico. Devo immediatamente lasciare che la pulsazione torni al suo posto regolare.
Appena la Pulsazione si riunisce al battito, riesco di nuovo ad alzarmi, ansimando per lo sforzo.
-Riprova- mi dice subito Zola.
No mi da’ ne suggerimenti ne aiuti. E io non li voglio: devo capire da sola come fare.
Togliendo la Pulsazione dal resto del corpo per concentrarla solo sul braccio, non posso più muovermi. Dopotutto il corpo ha bisogno di energia, per muoversi.
Allora, riflettiamo. Fino a quando non fermo il flusso che esce dal mio corpo, la pulsazione scorre all’unicono col battito. Quando fermo il flusso, invece, la pulsazione raddoppia di intensità.
Io, però, non ho bisogno del doppio dell’energia per muovermi, riesco a muovermi efficacemente con quella che ho di solito.
E se... e se provassi a bloccare solamente una pulsazione su due, e indirizzare quella al braccio, senza intaccare minimamente l’altra pulsazione?
Chiudo gli occhi.
Fermo il flusso.
Immediatamente la pulsazione raddoppia.
Sarà più facile risparmiare la pulsazione che si accoppia con il battito, per controllare invece l’altra.
Parte una pulsazione, e la lascio andare perchè si muove all’unisono con il battito. Ne parte un’altr: ecco, è questa che devo usare.
“Fermati!”  Penso, con tutta al forza, rivolta alla pulsazione. “fermati, fermati, fermati!”
E, incredibile, ma vero, l’energia mi ascolta e si convoglia nel mio braccio.
Lascio passare una pulsazione e poi convoglio l’altra in un braccio.
Di nuovo. E di nuovo.
L’energia del mio corpo rimane invariata, mentre quella del mio braccio cresce sempre di più. Poi, come al solito, non riesco più a controllarla e la perdo.
-Anf... anf...- ansimo. Tuttavia sono soddisfatta di me stessa: ho capito come fare!
-Bene. Ora riprova- mi dice Zola, e per tre o quattro volte replico l’esercizio.
Poi, sfinita, sono costretta a prendermi un’altra pausa.
-Stai facendo passi da gigante- mi incoraggia Zola –ora prova a mantenere il controllo dell’aura su tutto il corpo tranne che sul braccio-
-Ok- esclamo, dopo aver preso un altro sorso di quel te.
Mi concentro di nuovo: dopotutto togliere l’energia da un punto non sarà più difficile di metterla solo in un punto, giusto? Sbagliato!
Lo capisco la terza volta che ci provo e fallisco.
Quando tento di trattenere l’energia solo da quel punto, questa si ribella. Come se non volesse lasciare solo il mio povero e piccolo braccio destro.
Ma perchè il mio corpo non può essere meno solidale?!
Dopo l’ennesima volta che la mia stessa aura mi travolge decido che forse è meglio se mi fermo a riflettere.
“Maledizione, ci deve essere un modo” rifletto, ansimando.
-Un suggerimento: la tua energia accetterebbe di non propagarsi in una zona se percepisse che possa portare un danno.- mi dice Zola all’improvviso.
Mi fermo un attimo, stupita: è la prima volta che mi da’ un suggerimento. Questo esercizio dev’essere davvero difficile.
La mia energia accetterebbe di non propagarsi in una zona dannosa... che significa?
All’improvviso mi viene un’idea. È solo un abbozzo, ma...
Ok, esperimenti mode on. Ma credo di dover cambiare parte del corpo da isolare; il braccio sinistro, per esempio, andrà benissimo.
Estraggo l’ormai famigerato coltello da cucina e faccio un taglio leggero.
La mia mano non esita neppure per un attimo. Dopotutto, non è certo la prima volta che mi incido.
Poi rimango semplicemente a guardare: l’energia ora non fluisce più solo attraverso la perdita sopra il mio capo, ma anche dal taglietto.
Quindi un taglio è dannoso per l’energia... il che vuol dire che lei mi ascolterebbe se fermassi il flusso che fuoriesce da lì.
“Ok” penso, e ci provo: l’energia per una volta mi ascolta.
Si ferma, non si ribella quando le chiedo di non propagarsi al braccio.
Lo guardo, sorpresa. Ce l’ho fatta: ce l’ho fatta!
-Brava. Ora prova a lasciar fluire l’energia per il braccio, ma fermare la fuoriuscita dal taglio-
Lo faccio; non sembra difficile. È più o men come bloccare il flusso sopra la testa, l’unica differenza è che ora devo fermarne due anzichè una, e faccio più fatica a controllarlo.
Alla fine lascio uscire l’energia di nuovo, e mi accascio a terra. Sono sfinita, ma ne è valsa la pena.
Alzo il volto verso il cielo. E vedo una cosa che non mi piace.
-Cazzo, è l’alba!-
Anche Zola guarda verso l’alto. –Non ci sono problemi; ormai hai imparato i principi. Per non farti risucchiare le energie dalla spada basta che tu usi quest’ultimo esercizio. Sarà più difficile, perchè la spada ti farà resistenza, ma se non chiudi la fuoriuscita sulla testa avrai abbastanza controllo da resistere-
-Grazie Zola- sorrido, piena di gratitudine.
-Dai, va’ a dormire almeno un paio d’ore- risponde lei, e sparisce.
Sorrido ancora, rivolta al vuoto; l’ho già detto che Zola è la migliore?
Be’, se l’ho già detto lo ripeto, mentre finalmente mi infilo nel sacco a pelo. Ho un sonno... accoglimi, Morfeo!
-Ehi, Ambra!-
-Mmmm...- chi è che rompe a quest’ora del mattino?
-Eddai, Ambra, svegliati! Dobbiamo partire!-
Eeeeh?! Ditemi che sta scherzando!
Apro gli occhi e vedo Mel che mi guarda.
-Ma io ho sonno...- mi lamento. Sarò andata a letto si e no un’ora fa!
-Ci credo che hai sonno, quando siamo tornati all’accampamento non eri ancora qui; dove sei stata?- chiede lei.
-Lascia perdere, va’.- mugugno io alla fine, alzandomi.
-Buongiorno!- mi saluta Kluke quando mi aggiungo alla colazione.
-Bu.. yaawwn... buongiorno- rispondo io.
-Dormito bene?- mi domanda Bouquet.
-Si, si. Esiste il caffè in questo mondo?-
-Caffè?-
E davanti alle faccie confuse di tutti, capisco che la mia unica speranza di restare sveglia è sparita.
-Il caffè è una bevanda che serve a rimanere svegli- dice una voce pacata. Sobbalzo.
Dante è seduto vicino a un albero, con le occhiaie marcate quasi come le mie. Mi sento malissimo; i sensi di colpa che ho cercato di ignorare per tutta la notte tornano a perseguitarmi, insistenti come non mai.
Accidenti, cosa devo fare? Non so proprio rispondere a questa domanda. Però so che è impossibile risolvere un problema senza affrontarlo.
-Dante... facciamo un giro?- propongo. Lui ovviamente, risponde di si. Ma lo fa con un’aria cupa che non gli avevo mai visto.
-Ambra- mi chiama Jiro prima che mi allontani, e mi lancia un'erba. -Masticala. noi usiamo questa per scacciare il sonno-
Io annuisco, grata, e di nuovo non posso fare a meno di pensare a quanto sia bello. E mi sento ancora più in colpa, mentre io e Dante ci avviamo.
Mentre camminiamo, per un po’ non diciamo niente. Di tanto in tanto gli lancio un’occhiata, ma lui non si gira a ricambiarle.
Alla fine sospiro. –Dante... cosa devo fare?-
Lui si gira, sorpreso che io abbia rotto il silenzio.
-Cosa intendi, Ambra?-
-Lo sai, Dante. C’ero anch’io ieri sera, fuori dalla radura, ho sentito tutto-
Alla mia rivelazione lui sgrana gli occhi. Io chiudo i miei, per continuare a parlare e potergli dire tutto quello che devo.
-E lo sapevo già, sapevo che ti piacevo, che ti piaccio! Ma non mi ero resa conto che fosse un sentimento così forte. E io... io non so proprio cosa fare! Ti prego, dimmi qualcosa...- concludo riaprendo gli occhi, ormai bagnati di lacrime, e fissandoli sul suo viso. Lui ricambia il mio sguardo per un attimo, impietrito.
Poi abbassa gli occhi. La luce mi impedisce di vedere una parte del suo volto, e i suoi lineamenti sono confusi. Soprattutto, non riesco a vedere assolutamente i suoi occhi.
Per un po’ di tempo non dice niente, e io non riesco a parlare. Aspetto e basta. Poi è lui a rompere il silenzio, in un tono basso che quasi non percepisco.
-Va bene così- dice, con l’ombra di un sorriso che non mi convince neanche un po’.
-Dante...- cerco di dire, ma lui mi interrompe di nuovo.
-Ambra, davvero va bene così. Ormai sai che io... ti amo.- e il mio cuore perde un battito; è la prima volta che qualcuno me lo dice. –E so anche che tu non corrispondi, perchè ti piace...quello.-
Non riesco a replicare nulla, neanche a chiedergli di non chiamare Jiro in quel modo, perchè non ne avrei il diritto.
-Eppure, davvero va bene così.- e di nuovo non so cosa dire. Lui in compenso mi regala un sorriso dolcissimo. –Va bene così perchè mi basta potere starti accanto, per ora. Il tuo voler allenarti con lui comunque dipende dal fatto che vuoi proteggere Mel e me. È per noi che lo stai facendo. Per me...-
E detto così mi abbraccia. Non mi scosto, di nuovo non ne ho il diritto. E non trovo niente di male in un abbraccio, anche se è così intenso.
-Ma io non voglio che tu mi protegga. Aspetta, Ambra. Diventerò forte, vedrai. Anche più forte di quel damerino di Jiro. E allora sarò io a proteggere te.-
E detto questo fa il gesto che più di tutti mi stupisce e mi lascia senza parole: posa le sue labbra sulle mie.
È un contatto solo di qualche secondo, poi lo allontano.
-Dante, scusami, ma io... non posso- dico, senza osare guardarlo negli occhi.
Lui sorride di nuovo -Va bene così, ho detto. I mutamenti dell’animo umano sono continui; nessuno sa cosa ci riserva il futuro. Io sarò qui ad aspettarti, sempre.-
E poi si allontana. Rimango a guardarlo, immobile.
È stato il mio secondo bacio, se considero quello con Jiro sotto il vischio. E me lo ha dato una persona che io non posso considerare altro che un fratello, e che dice di amarmi.
Sospiro e mi lascio cadere su un masso.
E adesso cosa devo fare?
  
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