Fanfic su attori > Robert Pattinson
Segui la storia  |       
Autore: Frytty    29/07/2013    4 recensioni
Solephine non ha mai smesso di credere nel futuro.
Quando la incontra, Robert capisce che il suo futuro è lei.
Stanno per coronare il loro primo anno di matrimonio con la nascita di un bambino, quando Solephine rimane coinvolta in un incidente stradale, entrando in coma.
Robert si trova in una situazione in cui non ha mai pensato di potersi trovare: solo, costretto a crescere un bambino che non sa se vedrà mai la mamma, ossessionato dal pensiero che Sole possa non svegliarsi più, troppe cose da fare, mille altre da gestire, emozioni da tenere a freno.
Dal Prologo
Non potevo sapere che avrei fatto bene ad essere spaventato; non sapevo che, quando il telefono era squillato ed io avevo letto il nome di mia madre, la mia vita non sarebbe stata più la stessa. D’altronde, come potevo?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve, ragazze!

Ovviamente, devo cominciare, anche questo volta, l'aggiornamento seguente con delle scuse enormi quanto una casa per il ritardo. Pensavo di riuscire a scrivere e ad aggiornare più in fretta adesso che sono in vacanza dallo studio (ahimé, ancora pochi giorni e poi devo ritornare sui libri -.-"), invece, al solito, non è andata proprio come speravo e ho tardato nuovamente. Sono davvero dispiaciuta dell'immenso ritardo e spero, in qualche assurdo modo, di farmi perdonare con questo capitolo (non lanciatemi i pomodori, vi prego, semmai gelati, o acqua gelida, visto il caldo -.-").

Parlando proprio del capitolo: non c'è molto da dirvi, se non che siamo ormai giunti al fatidico arrivo di Kristen in casa Pattinson. Lo so, lo so, non ne siete entusiaste (o meglio, non so se tra qualcuna di voi ci sia qualche sostenitrice dei Robsten, perché, in tal caso, anche se la trama di questa Ff lo esplica chiaramente, ma io ci tengo a ribadirlo, questa non è una Ff Robsten; se, invece, siete simpatizzanti dei Robsten e non disdegnate Robert con altre fanciulle, beh, sappiate che, in ogni caso, Robert e Kristen non finiranno per sposarsi e avere tredici bambini; se non siete Robsten e preferite qualsiasi altra donna a Kristen, accanto al bell'attore inglese, ecco, state leggendo la Ff giusta, anche se la Stewart era anch'essa necessaria, purtroppo); dicevo, non ne siete entusiaste, ma, come ho ribadito anche nella risposta ad una recensione, Kristen è in questa Ff un po' lo Smeagle de Il Signore degli Anelli, nel senso che, nel bene o nel male, ha ancora una parte da recitare, quindi, dovrete provare a sopportarla ancora un po' e se proprio non ce la fate, vi autorizzo a saltare a piè pari questo e i prossimi capitoli, senza problemi. Non mi offendo mica :) Se vorrete rimanere, posso solo confortarvi affermando nuovamente che Kristen e Robert non si fidanzeranno/sposeranno/faranno dei figli insieme/si daranno al sesso sfrenato di coppia :D Se può esservi di conforto, non so :)

Ok, a parte questi sproloqui inutili che non so quanto possano essere utili, aggiungo soltanto che il flashback che ho inserito circa a metà del capitolo, è, finora, uno dei miei preferiti in assoluto *.* Lo so, sono di parte, ma credo che esprima la vera essenza della coppia Robert/Solephine, a mio modestissimo avviso <3

Concludo, ringraziando, ancora una volta, le persone che hanno commentato lo scorso capitolo, che hanno letto, inserito tra le preferite/seguite/da ricordare questa Ff: GRAZIE A TUTTE! <3

Non mi resta che augurarvi una splendida settimana e, ovviamente, una...

 

 

 

... Buona Lettura! <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Three Stones Trailer by TheCarnival

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Run-Leona Lewis

 

 

 

 

 

 

 

 


5. I Miss You so Bad

 

 

 

 

 

E' un'ora che James piange; un'ora e dieci minuti, per essere precisi, e sembra avere tutta l'intenzione di continuare a farlo.

< Cosa succede, piccolino, eh? Stai facendo disperare tutti, sai? > Lo cullo, continuando a camminare da un lato all'altro del salotto, reggendolo contro la mia spalla. In realtà, ho mentito, il tutti non esiste, siamo soltanto io e lui, qui, a goderci il silenzio della casa, ma non credo che conti come bugia aver detto una mezza-verità ad un neonato, giusto? In fondo, non ne conosce la differenza e probabilmente neanche riesce a capirmi, quando parlo.

Cerco di mantenere la calma, come mi hanno insegnato le decine di libri che ho letto sui neonati insieme a Solephine, anche se è difficile quando sei sicuro che, da un momento all'altro, ti esploderà un timpano.

Un'ora fa era in compagnia di Tom e di mio padre e sembrava divertirsi o, almeno, è quello che sono riuscito ad interpretare tra i suoi urletti eccitati e i suoi sorrisi; poi, quando Tom era dovuto uscire alla volta dell'aeroporto per accompagnare Kristen qui, e mio padre è stato richiamato da mia sorella, ha cominciato a piangere. Ho provato a coinvolgerlo negli stessi giochi che sembravano divertirlo tanto un momento prima, ma senza nessun risultato; ho pensato che avesse fame, ma non c'è stato verso di convincerlo a bere il latte; gli ho cambiato il pannolino, nonostante non fosse sporco, convinto che gli desse fastidio, che l'avessi messo male, ma ha continuato ad agitarsi e a piangere senza freni.

Non sono neanche riuscito a prepararlo per andare dal pediatra, tanto che ho dovuto rimandare l'appuntamento.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, penso che Sole saprebbe cosa fare, perché una mamma sa sempre cosa fare, mentre io sono un incapace; sono solo, in tutti i sensi, non importa l'aiuto che ricevo dai miei genitori, da Jack, da Tom o da Sophia; sono solo, e lo rimarrò fin quando Solephine rimarrà in ospedale, in quella stanza asettica e fredda.

Sapevo che non sarebbe stato facile, sapevo a cosa saremmo andati incontro con la nascita di un neonato, ma non sapevo che avrei dovuto farmi carico di tutto, non sapevo che mia moglie sarebbe rimasta coinvolta in un incidente, che avrebbe rischiato la vita e sarebbe finita in coma.

Non ho idea neanche di come abbia fatto a resistere fino ad ora, a non esplodere, perché è così che mi sento: una bomba ad orologeria, pronta a scoppiare e a mandare tutto all'aria.

All'improvviso mi sento debole, mi formicolano le mani e ho la sensazione di cadere. Mi accascio sul divano, preoccupandomi che James non si faccia male, mentre lo sistemo accanto a me, disteso, le mani che tremano.

Respiro affannosamente e il cuore sembra voglia schizzarmi dal petto; mi tremano le mani, mi gira la testa e avverto caldo e freddo insieme, come se avessi la febbre.

Sono più fragile di quello che pensavo, più debole di quello che gli altri credono e, nonostante ce la metta tutta, non riesco a prendermi cura di mio figlio nella maniera che vorrei, non riesco a farlo smettere di piangere, a fargli il bagnetto senza farlo innervosire, a farlo addormentare raccontandogli una fiaba.

Non ci riesco, perché la mia mente è altrove, perché non sono sufficientemente concentrato, perché non faccio altro che pensare e ripensare a quel maledetto giorno dell'incidente, a quanto vorrei aver insistito perché Solephine non guidasse, a quanto vorrei essermi liberato prima da quella noiosa riunione per andarla a prendere personalmente, a quanto vorrei che fosse qui, che vedesse James crescere, così come lo vedo io ogni giorno arricciare il naso in maniera diversa, o corrugare le sopracciglia, cercando di imitare Tom, o sorridere senza apparente motivo.

La testa tra le mani, cerco di ritornare a respirare in maniera normale, stropicciandomi i capelli e ritrovando il controllo. Mi volto verso James, che mi osserva placido dalla sua posizione supina, agitando i piedini in aria e gorgogliando. Non mi sono neanche accorto che ha smesso di piangere. Gli sorrido e allungo una mano verso di lui per carezzargli la pancia e asciugargli gli ultimi residui di lacrime dalle guance.

Il rumore della chiave nella serratura mi distrae e, per un attimo, un solo, magnifico e impossibile attimo, immagino la figura di Solephine aggirarsi nell'ingresso, spogliarsi del cappotto, sistemarsi i capelli allo specchio sistemato accanto allo svuota-tasche e accendere la luce in cucina, credendo che io non sia ancora tornato a casa. Ho gli occhi aperti, ma è come se stessi sognando, come se la mia mente mi stesse giocando uno scherzo di pessimo gusto.

Le voci mi disorientano, permettendomi di ritornare alla realtà. La risata che riesco a sentire non è quella di Solephine, così come il rumore delle borse posate maldestramente a terra, perché Solephine non fa mai rumore, è silenziosa come un gatto e discreta come un'estranea. E' entrata nella mia vita all'improvviso, ma con cautela; mi ha aiutato a raccogliere i resti del mio cuore dall'angolo più buio della mia anima e ha cercato di ricomporli senza presunzione, delicatamente, cambiandomi, ma stando attenta a non spostare nulla. A Sofia piace ricordare che, quando è nata, non ha neanche pianto, e non perché non riuscisse a respirare, ma semplicemente perché non ne aveva sentito il bisogno, se non quando l'ostetrica l'aveva scossa appena, credendo qualche complicazione e allora lei aveva urlato e pianto, facendola sorridere.

E' sempre stata così, ha sempre preferito farsi amare in silenzio.

Sollevo James in braccio, adagiandolo contro la mia spalla e mi alzo, camminando in direzione delle voci di Tom e Kristen.

Nessuno dei due si accorge subito di me, intenti come sono a rovistare in un borsone di Kristen alla ricerca di chissà cosa.

E' lei ad alzare per prima lo sguardo, reggendo in mano un pacco regalo con un enorme fiocco azzurro in cima.

< Robert! Tom mi ha detto che eri dal pediatra... > Riassume la posizione eretta e nasconde la scatola dietro la schiena, anche se probabilmente sa che l'ho già vista.

< Non sono riuscito a calmare James; ha pianto ininterrottamente fino ad un istante fa, così sono stato costretto a disdire l'appuntamento. > Rispondo, sorridendo appena. Quasi avesse riconosciuto il suo nome, mio figlio scalcia, forse desideroso di conoscere il possessore della voce che ha sentito, tanto che a stento riesco a calmarlo il necessario per voltarlo nella direzione giusta.

Kristen lo osserva meravigliata, come se non avesse visto niente di più bello in vita sua.

< E'... bellissimo! Ed è già così cresciuto! Tom mi ha fatto vedere la foto che tua sorella gli ha mandato appena nato e adesso... insomma, è quasi un ometto. > Mi si avvicina, sorridendo dolce, tendendo la mano per accarezzare quella infinitamente più piccola di James, ma lui sembra attratto dai suoi capelli lunghi, che quasi lo sfiorano, così è ad essi che indirizza la mano, afferrandoli e strattonandoli debolmente.

Sorrido divertito, cercando di fargli lasciare la presa, anche se Kristen non sembra infastidita dalla situazione.

< Posso prenderlo in braccio? > Mi chiede con aspettativa ed io annuisco, lasciando che lo afferri con attenzione.

< Ma ciao! Lo sai che sei bellissimo? > Gli accarezza i capelli, facendolo sorridere e strattonare con sempre più insistenza la ciocca di capelli dalla quale sembra non volersi proprio separare.

Nel frattempo, il pacco regalo è finito tra le mani di Tom, che non tenta neanche di nasconderlo.

Kristen nota il mio sguardo curioso e se ne riappropria, porgendomelo con un sorriso.

< E' per James. O meglio, è per entrambi. Spero possa tornarti utile. > Commenta.

Disfo il fiocco con attenzione, anche se alla carta, decorata da minuscoli palloncini colorati, non riservo la stessa cura; quasi la appallottolo nel tentativo di scoprire il regalo il più in fretta possibile.

E' un album di fotografie.

Semplice, con la copertina leggermente in rilievo e il disegno di un neonato che regge in mano un sonaglio colorato, al centro. Le pagine sono color sabbia e sono tutte dedicate ad un evento particolare: il mio primo compleanno, il mio primo Natale, la mia prima passeggiata. 

< Grazie, è... voglio dire, nessuno aveva ancora pensato di regalarmi un album di foto e, se non contiamo quelle che gli hanno scattato Tom e le mie sorelle, James ne ha davvero pochissime degne di figurare in un album, perciò... grazie. > La vedo arrossire, James ancora in braccio che sembra sul punto di addormentarsi e Tom che ci guarda come se fornissimo uno spettacolo raro.

< Figurati. Ho solo pensato che, conoscendo Tom e le tue sorelle, sarebbe già stato pieno fino all'inverosimile di giocattoli e accessori. > Risponde, camminando fino al divano, prendendo posto con accortezza, accertandosi che James non si faccia male.

Non avrei mai pensato che sarebbe potuta essere così a suo agio con un bambino in braccio. Solo qualche anno fa, dopotutto, non lo era, ma suppongo che, da allora, siano cambiate molte cose.

< Non ti dispiace dividere la stanza con Tom, vero? > Le chiedo in imbarazzo, mentre Tom trascina via le sue valigie.

Scuote la testa e mi sorride.

< Bene! Ehm... se hai bisogno del bagno è la seconda porta a destra, la camera di James è quella accanto e le due stanze da letto sono a sinistra. > Le spiego, sentendomi un idiota.

Non sembra molto interessata a quello che sto dicendo, presa com'è dall'accarezzare la schiena a James, sussurrandogli qualcosa che non riesco a sentire.

Quello che Tom mi ha detto solo qualche giorno fa, mi si riaffaccia alla mente: voglio davvero che Kristen prenda il posto di Solephine? Voglio davvero permetterle di prendersi cura di James? E se Sole dovesse svegliarsi tra due, tre anni e James non la riconoscesse come sua madre, così abituato alla presenza di Kristen? Non dovrà stare con noi per sempre, certo, ma i primi mesi sono importanti per un neonato, sono quelli in cui impara a riconoscere i genitori attraverso l'odore, il suono della voce ed io non voglio confonderlo, non voglio che pensi che Kristen sia sua madre.

Mi avvicino, tendendo le mani per farmi riconsegnare James e quello che noto sono i suoi occhi verdi contrariati.

< Si sta addormentando, credo. > Suona quasi come un rimprovero la sua voce. Non vuole svegliarlo e neanch'io, ma non voglio neanche che continui a tenerlo in braccio.

< Devo cambiarlo e poi per lui è quasi ora di pranzo. > Spiego, cercando di non essere prepotente.

< Posso farlo io, li so cambiare i pannolini, sai? > Mi osserva divertita, alzandosi nuovamente in piedi, costringendomi a spostarmi.

< No, non ce n'è bisogno, Kristen, posso farlo io. > La seguo nel corridoio e poi in direzione della stanza di James.

< Sono qui per aiutarti, Robert, o no? Non voglio mangiarlo, sta' tranquillo. > Mi prende in giro, sistemando James sul fasciatoio, individuando, senza neanche darmi la possibilità di indicarle il posto di ogni oggetto, un pannolino pulito, le salviette e il borotalco.

Lui non protesta, mezzo addormentato, si lascia pulire e coccolare, seguendo i movimenti di Kristen con attenzione.

Non appena finisce di sistemargli la tutina, lo prendo in braccio prima che possa farlo lei.

< Posso occuparmene io, Robert. Dovresti rilassarti, d'accordo? > Mi segue in cucina.

< Sono il padre, Kristen, e poi ci sono abituato, ormai. Tu dovresti riposarti, sei appena arrivata. > Riscaldo il latte, mentre lei mi rivolge l'ennesima occhiata di rimprovero e rassegnazione.

Tuttavia, mi ascolta e mi lascia in balia del biberon per andare a farsi una doccia e disfare le valigie.

Non sono più così sicuro di volerla qui, con James.

Quando Tom mi raggiunge, qualche istante più tardi, mi osserva divertito e saccente.

< Cosa? > Sbuffo, lanciandogli un'occhiata esasperata.

< Non ho detto niente! > Alza le mani, evidenziando il concetto.

< No, ma lo stai pensando. > Reggo il biberon di James, mentre lui beve avido.

< Stavo solo riflettendo sul fatto che non sembri molto contento che sia qui. > Risponde, scrutandomi con attenzione.

< Beh, non l'ho propriamente invitata; si è offerta lei di venirci a trovare. > Rispondo, cercando di non far trasparire i miei reali pensieri a riguardo.

< Hai accettato, però. Avresti potuto dirle qualsiasi cosa, inventarti qualsiasi tipo di scusa, invece le hai dato il tuo benestare. > Fa spallucce, il che mi lascia intendere che, secondo lui, è soprattutto colpa mia.

Sospiro.

< L'ho vista con James, prima e ho pensato a quello che mi hai detto qualche giorno fa, al fatto che potrebbe sostituire Sole e non perché io lo voglia, ma perché James potrebbe affezionarsi a lei; in fondo, è la prima persona di sesso femminile che si fermerà da noi per qualche tempo. Non voglio confonderlo e non voglio che pensi che Kristen sia la sua vera mamma. Sole ha solo bisogno di tempo, si sveglierà e vorrà conoscerlo e non voglio che si abitui all'odore di qualcun'altra. > Esterno i miei pensieri, incapace di fermarli e di fermarmi.

< Dovresti parlarne con lei. E' qui per aiutarti e dovresti suggerirle tu come farlo meglio, di cosa hai davvero bisogno e di cosa no. Lei, ora come ora, può soltanto improvvisare. > Afferma pratico, dirigendosi verso il frigorifero per concedersi una lattina di birra.

Annuisco in silenzio, abbassando lo sguardo su mio figlio, che mi osserva con curiosità.

Gli sorrido, accarezzandogli il profilo del naso con un dito, facendogli chiudere gli occhi per la sorpresa ed agitare le manine nella mia direzione.

 

Robert posò il mento sulla spalla di Solephine, intenta a battere velocemente i tasti della tastiera del computer per riuscire a terminare l'articolo che le era stato richiesto due giorni prima, entro le ventuno, orario in cui il quotidiano per cui lavorava chiudeva i battenti per organizzarsi in vista della stampa.

Ci aveva lavorato tutto il giorno, consapevole che le sarebbero occorse, come minimo, quattro ore per mettere la parola fine al foglio; peccato che si erano rivelate essere molte di più. Non aveva tenuto conto del fatto che Robert sarebbe rimasto a casa con lei, avendo terminato, pochi giorni prima, le riprese del suo ultimo film. Aveva tentato di distrarla dal suo lavoro in ogni modo possibile, provocandola con il suo gironzolarle davanti senza maglietta, fingendo indifferenza e, alla fine, suo malgrado, era stata costretta a cedere alla tentazione e a fare l'amore con lui.

Quando si era decisa ad abbandonare il confortante tepore delle lenzuola, Robert l'aveva seguita e l'aveva fatta accomodare sulle sue gambe, stringendola a sé e osservandola ammirato.

Aveva partecipato ad una mostra, quel lunedì e avrebbe dovuto renderne conto ai lettori, in quanto l'artista non aveva ancora raggiunto la maggiore età, che già era stato acclamato come il nuovo Picasso. Non era stata affatto entusiasta dell'incarico; sperava che Vince, il direttore, lo affidasse a George, più ferrato di lei in materia artistica, invece, George aveva ricevuto il compito di redarre una recensione sul nuovo film in uscita quella settimana con protagonista Tom Cruise e a lei era toccata la mostra più noiosa del secolo.

< La mostra non ti è piaciuta affatto. > Osservò Robert, leggendo le ultime righe.

< Non che ne capisca molto di pittura, ma ho fatto le dovute ricerche e, a quanto pare, non sono neanche l'unica a pensare che questo ragazzino sia stato decisamente sopravvalutato. > Rispose lei, dando un'ultima occhiata ai suoi appunti.

< E poi, non riesco ad apprezzare i quadri astratti; ho sempre l'impressione che soffochino qualcosa. Preferisco un paesaggio, un volto, qualcosa che riesca ad emozionarmi, insomma. > Continuò, firmando l'articolo e inviandolo direttamente alla redazione, senza rileggerlo in cerca di eventuali errori: una sua cattiva abitudine, come la definiva sempre Vince che, nonostante ciò, non aveva avuto mai nulla da ribadire sulla qualità dei suoi scritti.

Robert le baciò una spalla, strofinando il naso contro i suoi capelli profumati, facendola sorridere.

< Stavo pensando che sarebbe il momento adatto per avere un bambino. > Mormorò. In realtà, da quando aveva sposato Solephine, gli era sempre sembrato il momento adatto, anche se non l'aveva espresso in nessun modo, se non nei suoi pensieri. Conosceva il desiderio di Sole di diventare, prima o poi, una mamma e lui si sentiva abbastanza pronto per prendere in considerazione l'idea, perciò, perché no?

< Hai parlato con mia madre. > E non era una domanda la sua, ma un'affermazione, perché, proprio qualche giorno prima, aveva telefonato a casa di sua madre in un ritaglio di tempo libero e lei le aveva ripetuto la domanda che le rivolgeva sempre, ogni singola settimana, da quando erano convolati a nozze: "Allora, quando vi decidete a farmi diventare nonna?". Solephine le aveva spiegato, come sempre, che era un periodo piuttosto impegnativo quello, soprattutto per Robert e che non vedeva come una gravidanza sarebbe potuta essere d'aiuto e allora sua madre aveva sospirato sconfitta, tornando a parlarle del più e del meno.

< No! Insomma, l'insistenza di tua madre a riguardo non c'entra assolutamente nulla. Abbiamo deciso di costruire una famiglia insieme, no? Beh, mi sembra giunto il momento di allargarla, tutto qui. > Rispose con enfasi.

Solephine alzò gli occhi al cielo.

< Ma davvero? > Lo apostrofò divertita.

Lui annuì, sorridendole sereno.

< E suppongo che sia per questo motivo che non stai facendo altro che provocarmi da stamattina. > Gli agganciò le braccia al collo, sfiorandogli le labbra con un bacio.

< Non faccio l'amore con te soltanto perché desidero un bambino, Sole. > Fu lui, questa volta, a baciarle le labbra e ad accarezzarle, lieve e delicato, la coscia nuda con il dorso di un dito.

< Vuoi dimostrare la tua teoria circa il fatto che sia una ninfomane, allora? > Rise, scompigliandogli i capelli.

< E' la verità: non riesci a resistermi. > La baciò ancora, delineando il profilo dei suoi slip con la punta dell'indice.

Solephine gli accarezzò le spalle, solleticandogli, poi, i capelli più corti della nuca.

< E' scorretto corrompermi, sai? > Gli fece presente quando si separarono, fintamente arrabbiata.

Robert le sistemò i capelli dietro le orecchie con attenzione, abbracciandola.

< Mi sei mancata a Toronto, sai? > Le confessò dopo qualche istante, accarezzandole la schiena.

< Vince mi ha negato quel maledetto permesso e George ha deciso di ammalarsi proprio quando avevo progettato di venire a farti visita, approfittando dello slittamento della rubrica di due settimane. > Borbottò contrariata.

Aveva pianificato tutto per poterlo raggiungere sul set e, ancora una volta, niente era andato per il verso giusto. Due mesi senza vederlo, senza poterlo sfiorare, costretta ad accontentarsi della sua voce a telefono e dei rari incontri su Skype. Una tortura.

< Mi sei mancato anche tu, non immagini quanto. > Aggiunse, chiudendo gli occhi e stringendolo a sé un po' di più.

< Un bambino ti aiuterebbe a sentire di meno la mia mancanza. > Dichiarò lui sorridente.

Solephine si allontanò appena dalle sue braccia, quel tanto per osservargli il viso.

< Lo credo bene! Con tutto il da fare che avrei, ti dimenticherei totalmente. > Rispose divertita.

< Ecco, vedi? Una distrazione è proprio quello che ti serve. > Le strinse i fianchi con entrambe le mani, avvicinandosi al suo viso.

< Non c'è bisogno che tu mi convinca che avere un bambino sarebbe la cosa giusta; lo voglio anch'io, ma forse è troppo presto: hai molti progetti da portare a termine, eventi ai quali partecipare... non saresti con me nei primi mesi ed io voglio che tu sia presente al primo incontro con l'ostetrica, alla prima ecografia, al lievitare sensibile della mia pancia e alle mie richieste assurde nel cuore della notte. > Rise insieme a lui sull'ultima frase, avvicinandoglisi per permettere alle loro fronti di combaciare perfettamente.

< Ci sarò sempre, te lo prometto e se questo vorrà dire rinunciare a qualche progetto, a qualche manifestazione cinematografica o a qualche premier, lo farò; rimarrò con te. Sei tu la cosa più importante, adesso. > Sussurrò in risposta, cercando di tranquillizzarla.

< Le frasi che fanno capitolare ogni donna-Parte Seconda. > Scherzò, baciandolo brevemente.

< E la Parte Prima quale sarebbe? > Le domandò divertito.

< Oh, beh, sai, quel discorsetto strappalacrime che mi hai fatto quando mi hai chiesto di sposarti. > Lo prese in giro. In realtà, aveva pianto eccome, quella sera; non l'aveva mai fatto per qualcosa di così bello.

Senza alcun preavviso, Robert la sollevò in braccio, alzandosi dalla sedia, caricandosela poi sulle spalle come un sacco di patate, facendola ridere e scalciare.

< Mi dispiace, ma questa volta l'hai detta davvero grossa, non posso lasciarti impunita. > Avanzò verso la camera da letto, fingendosi arrabbiato e offeso, adagiandola sul materasso e sovrastandola, bloccandole i polsi sulla testa con entrambe le mani, anche se lei non si stava affatto ribellando, anzi, aveva accolto i suoi baci irruenti con un sorriso, circondandogli la vita con le gambe per averlo più vicino.

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Robert Pattinson / Vai alla pagina dell'autore: Frytty