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Autore: elyl    30/07/2013    11 recensioni
"Tu mi chiedi perché dovresti essere diversa, perché non sei una < schifosa Mezzosangue >.” Deglutì, alla ricerca delle giuste parole. “Tu sei diversa da qualsiasi maga abbia mai conosciuto, Mezzosangue o Puro Sangue. Non mi importano le tue origini, mi importi tu.” Sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo per quanto aveva appena detto.“Sei diversa da tutte perché io ti amo.” "
Lily Evans e Severus Piton stanno finalmente insieme e subito dopo la fine del loro settimo anno vanno a vivere insieme. Dopo 9 mesi nasce loro figlio, Alistair. Sono felici, ma la loro felicità non è destinata a durare. Infatti Severus decide di unirsi ai Mangiamorte e Lily si sente costretta a lasciarlo. Così Severus si ritrova solo con suo figlio e a lavorare per il Signore Oscuro, Lord Voldemort. Una sera è al Testa di Porco e assiste all'enunciazione della Profezia di Sibilla Cooman. Subito riferisce a Lord Voldemort ciò che ha sentito e questi crede che il bambino sia Harry Potter ed è deciso ad uccidere chiunque si metta contro di lui. Severus allora si rivolge ad Albus Silente e lo prega di salvare la madre di suo figlio, l'unica donna che ama, l'unica donna che abbia mai amato. Silente accetta, ma i suoi sforzi non valgono a nulla, poichè quando Harry ha solo un anno Lord Voldemort ucciderà i suoi genitori. Questa è la storia di Harry Potter e il suo fratellastro, Alistair Piton.
Quinto anno per Harry, Hermione e Ron, settimo per Alistair Piton. Il Signore Oscuro è tornato, ma nessuno crede a Harry. Severus è alle prese con il suo doppiogioco e deve proteggere il proprio figlio e quello di Lily Evans e James Potter. Cosa farà quando il Signore Oscuro gli chiederà di Alistair? Come reagirà Alistair quando scoprirà la verità?
Ormai il destino del giovane Piton è segnato. Cosa succederà?
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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A poco meno di un anno di distanza, pubblico il capitolo 37. Ormai molti dei miei “seguaci” mi avranno abbandonata ma purtroppo, se l’anno scorso è stato difficile, quest’anno è stato anche peggio e credevo che non sarei più riuscita a scrivere per tutto ciò che mi è successo. Ho passato davvero dei giorni bui, in cui nulla per me aveva più senso, ma ora eccomi qui, non tanto convinta di questo capitolo e ormai con la “crisi dello scrittore”: piacerà? E se deludo tutti? Ma che senso ha la mia storia?

Eh sì, sono una che si fa mille paranoie.

Comunque vi lascio al capitolo.

 

Questo è dedicato a te, Bobo.

Mi manchi.

Dovresti essere ancora tra noi.

 

 

Chapter XXXVII:

Boulevard Of Broken Dreams

 

Vorrei appartenere alla bella grande anima umana,

quella che sa da che parte stanno i buoni e i cattivi,

gli aggrediti e gli aggressori.

Vorrei essere il fortunato possessore di un’intima convinzione

che mi dicesse che non ho colpa di nulla.
-Ultime notizie dalla famiglia, Daniel Pennac -

 

Casa Heartmann era innaturalmente silenziosa tant’è che sembrava che i suoi membri fossero come svaniti. L’unico suono udibile era quello di una melodia suonata a pianoforte che continuava a essere interrotta sempre nello stesso identico punto.

Alistair Piton era seduto al pianoforte a coda nel grande salone. Gli occhi del ragazzo erano chiusi, i capelli ricadevano davanti ai suoi occhi e le dita si muovevano insicure sui tasti. Indossava un elegante completo nero con camicia bianca, la cravatta poggiata sullo sgabello accanto a lui. Imprecò per l’ennesima volta e scosse il capo, riprendendo a suonare dall’inizio, per poi interrompersi non ricordando come proseguisse quella melodia che aveva imparato a quattro anni durante le vacanze di Natale.

“Alistair?”

La voce di Priscilla Heartmann risuonò per tutta la stanza cogliendo di sorpresa il giovane, che subito sobbalzò. Voltò il capo di lato e guardò la donna ferma sotto l’arco che collegava il salone all’ingresso. La guardò qualche istante, poi abbassò lo sguardo e riprese a “suonare”.

La donna sospirò e s’avvicinò a lui. Prese tra le mani la cravatta e si sedette al suo fianco.

“Come stai, Alistair?” Gli domandò.

Non una parola uscì dalle labbra del ragazzo troppo concentrato su quel maledetto pezzo.

“Alistair, rispondimi.” Disse imperiosamente posando la mano tra le sue scapole in un gesto materno.

“Non mi ricordo come va avanti.” Sussurrò.

“Parla più forte, Alistair. Non sei un bambino: sei un uomo forte.”

“Non mi ricordo come prosegue la canzone.” Ripeté, questa volta a voce più alta. “Me la insegnasti tu quando avevo quattro anni. Era il periodo in cui passavo molto tempo qua e tu mi insegnasti a suonare questa canzone. “ Fece una piccola pausa. “La suonai davanti a tutti, te lo ricordi? Quando finii, Crono mi sorrise, tu mi scompigliasti i capelli e papà mi prese in braccio. Era tutto perfetto.”

Priscilla sospirò e gli diede un bacio sulla guancia, per poi incrociare le braccia sotto il seno volgendo lo sguardo ai tasti del pianoforte.

“Fammi sentire.”

Alistair annuì, chiuse gli occhi e ricominciò a suonare, per poi bloccarsi improvvisamente.

“Non mi ricordo come va avanti.” Sussurrò.

Senza dire niente, la padrona di casa posò le lunghe dita sui tasti e riprese a suonare dal punto in cui il ragazzo s’era interrotto.

Il moro rimase in silenzio ascoltando quella melodia che gli era tanto familiare, per poi sistemarsi sullo sgabello. Fece un respiro profondo e si mise a suonare insieme a quella donna che era la sua unica figura materna.

Completarono la melodia e Priscilla sorrise dolcemente mentre posava le mani sulle proprie gambe.

“Come stai?” Domandò con tenerezza.

“Ho paura.” Rispose sottovoce Alistair.

“Oh, Alistair.” Sussurrò Priscilla stringendolo in un forte abbraccio come quando aveva tre anni e scoppiava a piangere dopo un incubo. “Andrà tutto bene, piccolo mio. Stai tranquillo: andrà tutto bene.” Aggiunse afferrando un fazzoletto dalla tasca e asciugandogli le lacrime.

Il ragazzo annuì lentamente mentre si strofinava gli occhi, somigliando incredibilmente al se stesso di tre anni.

“Sono fiera e orgogliosa di te: non molti avrebbero preso la tua stessa decisione. Sei solo un ragazzo e sei già pronto a seguire il Signore Oscuro.” Continuò. “E sono sicura che pure la tua mamma sarebbe fiera di te.”

Alistair accennò un timido sorriso e chiuse gli occhi, andando a raggomitolarsi contro la donna. Lo sarebbe stata davvero? Lily Evans sarebbe stata orgogliosa di suo figlio Alistair? Avrebbe approvato la sua scelta di rinunciare alla propria vita per permettere a suo fratello di salvarsi e sconfiggere l’Oscuro Signore? O si sarebbe arrabbiata e lo avrebbe odiato? Cos’avrebbe provato nel vederlo mettere in pericolo la propria vita? Non ne aveva idea e mai avrebbe ottenuto risposta a queste sue domande. Avrebbe potuto chiederlo a suo padre, ma non lo avrebbe mai fatto.

“Alistair.”

Si girarono entrambi e, sulla soglia, videro Severus nel suo completo da Mangiamorte, la maschera stretta in una mano.

Il giovane impallidì e si strinse maggiormente a Priscilla sentendosi morire dentro. Il momento si stava avvicinando e non era più tanto sicuro di volerlo fare, di essere in grado di sopportare tutto quello.

“Sei pronto?” Chiese Severus con il suo tipico tono annoiato.

Come poteva? Come poteva essere così normale, così… così se stesso in una situazione del genere? Come poteva essere impassibile mentre lo stava condannando a morte?

Annuì lentamente, incapace di dire qualsiasi cosa.

La signora Heartmann baciò sulla fronte il ragazzo, per poi alzarsi e accompagnarlo dal padre.

“Sono fiera di te.” Ripeté Priscilla stringendolo in un forte abbraccio e baciandogli la guancia, per poi liberarlo.

Gli sistemò la cravatta e gli lisciò l’elegante giacca, per poi voltarsi verso Severus.

“Abbi cura del mio bambino, Severus.” Disse con gli occhi lucidi e un dolce sorriso. “Stai benissimo, sai? Se fossi in te, andrei in giro vestito più spesso così: tutte le donne cadrebbero ai tuoi piedi. Scherzò.

“Grazie, Priscilla.” Posò la mano su quella della donna, poi le baciò la guancia. “Sei sempre molto gentile.” Si guardarono negli occhi qualche istante, poi l’uomo si allontanò di un passo e fece un cenno del capo al figlio. “Andiamo.”

Severus s’incamminò e Alistair guardò Priscilla. Tirò su col naso, si strinse nelle spalle e seguì il padre tenendo lo sguardo basso.

L’uomo serrò la mascella e si fermò al centro del salone d’ingresso, posando lo sguardo su Crono e Lucius che parlavano fermi sulla soglia del portone.

“Sono fiero di te, Alistair.” Sussurrò sistemandosi una manica. “Di te e dell’uomo che sei diventato e sarai. Non è da tutti rinunciare alla propria vita, alla propria felicità…” Fece una piccola pausa. “…all’amore.” Fece un respiro profondo e lisciò il mantello. “Non avrei mai voluto coinvolgerti in tutto questo, mai. Non avrei mai voluto che tu diventassi un Mangiamorte. Avrei desiderato lasciarti fuori.”

Alistair lo ascoltò, stupito da tutte quelle parole. Quanto aveva desiderato udirle? Da quanto bramava sentire tali complimenti?

“Tua madre…” Si interruppe per schiarirsi la gola. “Tua madre sarebbe orgogliosa di te.” Concluse a fatica.

Sollevarono entrambi il capo nello stesso momento e Severus si perse negl’occhi verdi del figlio, che tanto somigliavano a quelli della donna ch’amava. Alistair cercò più volte di parlare, ma non trovò alcuna parola da dire, così si limitò ad annuire.

Ripresero a camminare e con pochi passi raggiunsero Crono e Lucius.

“Severus! Alistair!” Li salutò felice il padrone di casa.

Crono.” Disse Severus. “Lucius.”

“Severus.” Ricambiò il saluto Lucius, per poi posare lo sguardo gelido sul viso del giovane. “Sei pronto, Alistair?”

Si, lo è.” Rispose Severus al posto del figlio.

Crono guardò pieno d’orgoglio il giovane Piton, si avvicinò a lui e lo strinse forte a sé, come solo un padre potrebbe fare. Non disse niente e posò semplicemente le mani sulle sue spalle, annuendo felice. Lo liberò dalla propria stretta e si fece da parte.

“Andiamo, dunque.” Disse Lucius varcando il portone.

Severus posò una mano sulla spalla di Alistair e lo spinse appena. Il giovane tornò alla realtà e riprese a camminare. Salirono in carrozza e si sedette vicino al finestrino. Guardò il paesaggio scorrere e si perse nei propri pensieri, tanto che non si rese nemmeno conto che avevano abbandonato i confini della casa del migliore amico ed erano giunti in aperta campagna.

“Scendiamo.” Ordinò Lucius.

I tre scesero, poi Lucius allungò la mano chiusa a pugno e invitò i due Piton a posare le loro mani su di essa. Non appena lo fecero, un uncino li arpionò dall’ombelico e pochi istanti dopo si ritrovarono in una stanza molto buia, se non per delle candele che la illuminavano fiocamente.

“Mettigli questo.” Malfoy porse a Severus un cappuccio nero. “E fagli togliere scarpe, giacca e camicia.”

“Lo so come funziona.” Ringhiò quasi l’uomo.

I due si guardarono qualche istante, poi Lucius varcò una porta che, da quanto aveva intuito Alistair, era la stanza dove si sarebbe svolta la sua cerimonia per divenire Mangiamorte.

Deglutì a fatica, poi si voltò e posò le mani sulle ginocchia, si piegò in avanti e vomitò, il respiro affannato e la fronte imperlata di sudore. Si mise di nuovo eretto e si guardò attorno terrorizzato.

“Voglio andare via da qui. Non lo voglio più. Voglio scappare.” Si ritrovò a sussurrare.

“Ali.” Suo padre posò le mani sulle sue spalle. “Ali, calmati. Siamo al punto di non ritorno, non possiamo più tornare indietro. Devi calmarti o altrimenti tutto ciò a cui hai già rinunciato sarà stato vano. Così abbiamo una possibilità mi capisci?” Domandò portando ora la mano alla sua guancia per costringerlo a guardarlo negli occhi e provò la stessa paura che il figlio provava.

“N-non credo di potercela fare.” Balbettò.

“Tu ce la farai. Sei forte, sei l’uomo migliore che io abbia mai conosciuto e vorrei aver avuto il tuo coraggio tanti anni addietro. Vorrei aver fatto le tue stesse scelte. Tu sei un uomo da ammirare.”

“Ammirare?!” Sbottò. “Sto per diventare un Mangiamorte e probabilmente un assassino!”

“No, non lo permetterò mai.” Disse fermamente Severus. “E ora ascoltami. Respira, figlio mio. Respira e calmati poiché ciò che affronterai non sarà facile né bello. Per i prossimi anni dovrai fingere e occultare i tuoi pensieri e sentimenti all’Oscuro Signore, dovrai essere un’altra persona ma sono sicuro che ce la farai.

“Non voglio più farlo.” Sussurrò con gli occhi lucidi.

“Non abbiamo altra scelta.” Mormorò l’uomo stringendo il figlio in un abbraccio. “Ti voglio bene, Alistair. Te ne voglio così tanto che vorrei scappare, ma lui ci troverebbe e tutto il lavoro svolto finora, la copertura… tutto salterebbe e metteremmo in pericolo… Potter.”

“Mio fratello.” Sussurrò ancora.

“Sì. Lui.” Disse gelidamente. “Ora capisci perché non possiamo più tirarci indietro?”

Alistair annuì lentamente e tirò su col naso come un bimbo.

“C-cosa devo fare?”

Resta solo con indosso i pantaloni.”

Annuì e, una volta liberatosi dall’abbraccio del padre,  iniziò a spogliarsi come ordinato. Si fissò le mani nude e si mordicchiò il labbro inferiore.

“Farà male?” Sussurrò.

Severus indossò la maschera da Mangiamorte e rimase in silenzio qualche istante così da celare le lacrime che a quella domanda avevano iniziato a rigargli le guance.

“Sì.” Rispose soltanto.

Alistair chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e annuì.

“Sono pronto.” Disse con voce incrinata dalla paura.

“Hai liberato la mente?”

“Sì, papà: crederà sarà emozione.”

“Allora andiamo.”

Severus afferrò un cappuccio e lo mise in testa al figlio.

“Tra poco sarà tutto finito. Almeno questa parte.” Sussurrò al suo orecchio.

 

Dal piano di sotto giungeva un gran frastuono: bicchieri che cozzavano l’uno contro l’altro per festeggiare, risate, inneggiamenti al Signore Oscuro, un gran vociare su quanto fosse stato coraggioso il giovane Piton durante l’iniziazione, come non si fosse minimamente scomposto nel momento in cui il Marchio Nero era stato impresso sul suo avambraccio sinistro.

Dal canto suo, Alistair era nascosto nella stanza che da sempre gli era appartenuta quando era ospite a casa Heartmann. Seduto sul bordo del letto, indossava solo un paio di pantaloni del pigiama e i piedi scalzi erano posati sul freddo marmo, come se questo lo aiutasse a capacitarsi di ciò che era successo, di ciò che era diventato: un Mangiamorte a tutti gli effetti.

Sentì bussare e mormorò un semplice “avanti”. La porta si aprì e fece il suo ingresso Selene, la sorella maggiore di Eric, vestita di un abito bianco che lasciava scoperta la schiena e la scollatura metteva in risalto il suo piccolo seno.

“Dovresti essere giù a festeggiare con tutti gli altri.” Gli disse portando alle labbra un bicchiere pieno fino all’orlo di champagne mentre chiudeva la porta.

“Sì, dovrei.” Mormorò continuando a fissare il Marchio Nero illuminato solo dalla luce della luna che entrava dalla finestra.

Ma qualcosa mi dice che non ne hai tanta voglia.”

“Già.”

Rimasero in silenzio qualche istante, poi Selene posò il bicchiere sul comò e andò a sedersi al suo fianco. Prese tra le proprie mani la sua mano sinistra e osservò il “tatuaggio” appena fatto. Senza dire una parola si piegò e baciò il serpente impresso nella pelle del ragazzo che la osservò attentamente.

Senza nemmeno rendersene conto, Alistair posò la mano sulla sua nuca e l’attirò a sé. Premette le labbra sulle sue e la fece stendere sul letto. Immediatamente Selene ricambiò il suo bacio, desiderosa di lui e di tutto ciò che avrebbero potuto fare.

“Sono contenta che hai deciso di lasciare quella schifosa.” Sussurrò baciandogli lentamente il collo.

“Già, anche io.” Mormorò strizzando gli occhi mentre l’odio pareva invaderlo.

Tornò a baciarla e le lacrime cominciarono a rigargli le lacrime: stava tradendo la donna che amava, era diventato un Mangiamorte e stava rischiando di implodere.

“Perché piangi, Ali?” Domandò asciugandogli una lacrima col pollice.

“Non fare domande, Selene.” Rispose cercando nuovamente le sue labbra. “Solo per stanotte.”

Selene lo guardò interrogativamente, per poi annuire.

“Solo per stanotte.” Ribadì Alistair.

Così, Alistair, si maledì da solo.

   
 
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