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Autore: ladygagas heart    30/07/2013    0 recensioni
Inferno è la storia di Andrea, un ragazzo a cui viene strappata ogni cosa a cui tiene. La sua psiche verrà completamente rasa al suolo e per più volte raggiungerà l'apice della follia per poi riprendere il senno di se. Un viaggio nell'inferno del mio immaginario (ispirato a quello Dantesco e Virgiliano) dove troverai riferimenti alla classicità e non.
«Non riuscirai a sfuggirmi, verrai con me fino all’inferno! »
Genere: Horror, Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inferno

«Non riuscirai a sfuggirmi, verrai con me fino all’inferno! »
 

Andrea, riprese conoscenza e senno come se si fosse svegliato da un incubo. ‘Dove sono?’ ‘Come ci sono finito?’ e una lunga serie di altre domande martellavano la sua mente. Era come se non ricordasse nulla. L’unico vago ricordo è una scia di calore e poi il vuoto totale. Si stava ancora riprendendo quando notò di essere su un posto strano. Una grandissima distesa di sabbia. Comunissima sabbia se non fosse che essa aveva un color violaceo. Che fosse finito in qualche riserva o qualcosa del genere? Beh non si direbbe. Non sembrava esserci nemmeno una forma di vita, la presenza sia animale sia vegetale era assente. Era su un’altura non molto alta e vide una scalinata scavata nella roccia che gli permetteva di scendere in quello strano deserto, e alle sue spalle, un’inquietante porta nera. Poi arrivarono le urla. Seguite dai gemiti. Dai pianti. La porta si aprì. Alle sue spalle, un gruppo di uomini e donne seminudi di tutte le età, incatenati, camminavano goffamente avanzando verso di lui mentre bestemmiavano Dio e il loro seme. Avanzavano con mossa lenta. Quale strano posto era quello?! Vide che quelle persone, se così si potevano definire, trainavano una specie di enorme carro dorato. Ornato con le più belle pietre preziose mai viste sulla terra. Vedendo arrivare un corteo così disgustoso ma allo stesso tempo imponente, pensò bene di nascondersi per evitare di essere visto da chi era nel carro. Magari era qualcuno d’importante e non gradiva particolarmente la sua presenza. Voleva evitare ennesimi guai. Nascosto dietro una roccia, poco presenti nel deserto, osservo silenziosamente il carro che entrava grandiosamente. Nel suo centro, sorgeva un grande trono fatto completamente d’oro. Le rifiniture erano di argento e bronzo, cuscini rossi con delle figure ricamate con del candido filo bianco. A vista d’occhio sembrava valere una fortuna. In più, il trono era arricchito con svariati diamanti, rubini e smeraldi. Ma non erano i soli. Ingenti quantità di pietre adornavano quel trono teatrale. Vedeva una figura seduta su di esso che sembrava bere una sostanza rossastra, vino forse. Non vide subito il viso, ma si concentrò dapprima su cosa indossava. Calze a rete, tacchi e un’inquietante mantello nero svolazzante. Portava un top per coprire le zone intime, adornato da svariati teschi e ossa. Chiunque era aveva uno stile davvero dark e gotico, non particolarmente bello secondo i pensieri del ragazzo. Ma il peggio doveva ancora venire. Mentre osservava la collana che portava al collo, fatta di ambra e topazio, finalmente alzò gli occhi per vedere il viso di quella donna che era seduta come una regina vittoriana. Non riuscì a credere a quello che vide. Per prima vide un viso dolce, sensuale e di gran bellezza. Non lo conosceva ma qualcosa gli diceva che quello era il viso della bellissima Cleopatra regina d’Egitto. Sfregò gli occhi per guardare meglio. Ora vedeva Mary I Tudor, detta Maria la Sanguinaria, colei che aveva provocato moltissimi morti attuando una repressione per fermare la crescita della religione protestante. Com’era possibile? Eppure era proprio il suo viso, non c’era nessun dubbio. Era incredulo. Il viso cambiò ancora. Stavolta era Ilse Koch, una delle più malvagie naziste di tutti i tempi. Detta Cagna di Buchenwald per il suo crudele sadismo e immoralità riguardo ai prigionieri. Scuoiava i tatuaggi sulla pelle umana degli internati uccisi nei campi per farne paralumi e che la sua tavola fosse imbandita con pelle di teschi umani mummificata. Com’era possibile? Tutte queste persone erano tutte morte! Come potevano essere tutte davanti a lui? E per di più tutte e tre insieme in una stessa persona? Il viso cambiò di nuovo e Andrea sì stupì nel vedere più di mille volti diversi di donne malvagie che si erano fatte un nome per la loro crudeltà. Il tutto in pochi secondi. Eppure riconosceva ogni viso e ne provava terrore. Infine il viso cambiò per un’ultima volta. Questa volta era una ragazza bella, dalla carnagione pallida. Con dei lunghi capelli neri tinti di rosso scarlatto sulle punte. Andrea si pietrificò. Non c’era nessun dubbio, era proprio lei. Era Kometeria. Perché era lì? Come faceva a cambiare forma e aspetto, assomigliando a tutto e per tutto a donne di grande malvagità? Non riusciva a trovare risposta per nessuna di tutte le domande che sembravano tamburellare la sua testa, lasciandolo senza una sicurezza di dove era e di chi fosse tutta quella gente. Ma soprattutto, chi era Kometeria? Quale belva è in lei?! Era ancora tartassato da queste e altre mille domande, ma continuò comunque a vedere l’avanzare del carro spinto da quella gente. Quelle povere persone sembravano soffrire tantissimo e urlavano spesso per il grande sforzo. Alla minima lamentela Kometeria (o chiunque sia) la colpiva senza pietà con una lunga frusta nera, laccata di rosso nell’impugnatura. Era sicuramente un pezzo grosso, non c’era alta spiegazione. Sì, ovvio. Era stata mandata da qualcuno di più importante di lei per svolgere una missione. Forse quello strano posto era una specie di base militare nazista che si ostinava alla schiavitù degli ebrei e dell’idea di una singola razza ariana. Non c’era altra spiegazione. Chi l’aveva mandata nella sua città? E cosa poteva esserci in un piccolo paesino marchigiano che poteva interessare tanto il suo capo? La processione continuò. Dietro al carro sei satiri, creature mitologiche aventi gambe da capra e corpo da uomo, erano vestiti con delle armature molte pregiate, con varie decorazioni d’oro e di argento. Un fodero d’argento racchiudeva una spada dalla punta di diamante. Questi reggevano sei bandiere. La prima raffigurava una testa di dragone affiancato dalla lettera ebraica zain (ז) il cui valore numerico è sette mentre la pronuncia è corrispondente alla nostra lettera zeta. L’altro mostrava delle corna con affianco la lettera ebraica iod (י) la quale si legge come l’y e indica il valore numerico dieci. Nella terza bandiera era raffigurato un diadema e vicino sempre la lettera iod.  La quarta bandiera non riportava immagini ma nomi, ognuno dei quali era una bestemmia. Dieci in totale. Nella quinta c’era il viso di un leone e nell’ultima c’erano disegnate chiaramente delle zampe di orso. Andrea non comprendeva il significato. Non trovava nessun collegamento logico tra di esse. Questi satiri erano seguiti da altri cinque satiri per fila e in totale ogni fila era formata da sei satiri. Il corteo finì con questi ultimi che si diressero insieme al carro sempre verso sud per poi sparire dalla vista del ragazzo. Andrea non si sentiva ancora abbastanza sicuro e decise di aspettare ancora un po’. Quando la paura lo abbandonò e sentì solo silenzio intorno a se, risalì l’altura dalla quale era entrato per vedere se il corteo era effettivamente sparito dalla sua vista. Era così. In quel momento, sentì chiamare il suo nome, si girò e vide un uomo vestito con una classica toga romana e una corona d’alloro sulla testa.
«Chiunque tu sia, uomo o dio, aiutami per pietà!»
Chiese implorante Andrea che si sentiva perso e solo.
«Non temere –disse questo– sono mandato da Dìke, la giustizia, per aiutarti e farti da guida in questo luogo di pena eterna. Sono Emidees, messaggero della verità. Ti guiderò in questo luogo di eterna tortura affinché tu compia il tuo destino, il quale è scritto da Dìke che non è altri che Dio.>>
Andrea si tranquillizzò sapendo che lo avrebbe aiutato e guidato.
«Dove siamo? E qual è la nostra meta?»
«Siamo dove le anime pagano la loro pena, nell’inferno. La nostra meta, per ora, è il fiume Cocito, seguimi e vedrai con i tuoi occhi.»
La sua guida si girò e Andrea notò con immenso orrore che era divisa a metà orizzontalmente. Non aveva la schiena, ma il suo corpo era senza la metà dietro. Ciò permetteva di vedere i vari organi. Ogni tanto succedeva che qualche organo cadesse poiché l’interno del suo corpo era in putrefazione e molte mosche gli giravano attorno. Ora che ci pensava le mosche prima non c’erano. Erano apparse dopo l’inquietante corteo di poco tempo prima. Un po’ disgustato dalle viscere del suo maestro, continuò ad avanzare evitando di guardarlo per quanto fosse possibile. Quella vista gli faceva venire il voltastomaco. Dopo diverse ore di viaggio si accorse che non stava più camminando sulla sabbia ma sopra del ghiaccio. Anche la temperatura era incredibilmente scesa. Improvvisamente la sua guida si fermò e girandosi verso Andrea disse:
«Siamo arrivati al Cocito, dove sono puniti gli eretici, coloro che si allontanarono dalla vera fede. Come nella vita ebbero mancanza della vera essenza della vita, cioè Dio, ora sotto questa lastra di ghiaccio, immersi nelle fredde acque del fiume, cercano invano di rompere questo ghiaccio indistruttibile per prendere aria, ma non riusciranno. L’aria gli verrà sempre di più a mancare fino a che non annegheranno nel peggiore dei modi tra atroci sofferenze. E si risveglieranno immediatamente per affogare nuovamente nello stesso modo fino alla fine dei tempi. E –disse, precedendo una domanda del giovane– se intendi parlare con loro, sappi che è impossibile. La lastra di ghiaccio è troppo spessa perché permetta una discussione.»
Andrea restò stupito. La lastra di ghiaccio per quanto spessa permetteva di vedere il fondo. La scena era raccapricciante. Concentrò il suo sguardo verso un dannato che nuotando velocemente era arrivato sotto i suoi piedi e cercava inutilmente di rompere la lastra di ghiaccio con pugni e calci. Per quanto sarebbe resistito ancora? L’ossigeno gli cominciava a mancare. Fece una smorfia. Cerco comunque di rompere quella lastra fallendo di continuo. Infine l’ossigeno gli mancò, e con una faccia straziante esalò l’ultimo respiro prima di rinascere nuovamente per subire nuovamente la stessa pena. Era incredibile il grande numero di dannati che erano lì sotto, che colpivano con forza la lastra mentre bestemmiavano.  Mentre osservavano la scena raccapricciante, ecco arrivare davanti a loro una figura femminile. Teneva in mano una verga, nell'altra teneva salda un contenitore pieno di un liquido verdognolo che profumava di menta. Ad Andrea prese voglia di bere, e quel liquido, probabilmente un miscuglio di erbe tra cui spiccava la menta, era perfetto per dissetarlo. Stava per avvicinarsi incautamente alla donna quando ecco il suo maestro prenderlo per i vestiti e trattenerlo. La figura femminile contemporaneamente avanza sempre più e infine fu visibile. Donna di grandissima bellezza, vestita solamente dai suoi lucenti capelli biondi, che sembravano illuminare quel luogo d’immensa malinconia a tristezza. La ragazza si avvicinò ancora di più per poi chiedere:
«Viaggiatori, che tanto avete viaggiato, sarei onorata di darvi la mia bevanda alla menta affinché con le sue proprietà curative vi guarisca e vi disseti.» la voce della donna era ipnotica e molto sensuale. Il giovane non riuscì a resistere e si stava per catapultare dalla donna per prendere un po’ di quel delizio infuso ma Emidees, lo afferrò una seconda volta, tenendolo stretto. E disse alla donna: «Circe ingannatrice, costui non sarà un tuo schiavo animale come fu la grande flotta d’Odisseo e di tanti prima di lui. Il tuo malefico inganno fu scoperto già una volta, non cercare di ostacolare il suo cammino dettato da Dio, deve compiere il suo destino.»
A queste parole della guida, la donna incominciò inaspettatamente ad urlare come avesse un demone dentro. Nelle urla si distinguevano bestemmie in tutte le lingue che erano parlate sulla terra. I suoi lineamenti perfetti e il suo corpo snello si trasformarono in quello di un grande demone con ali di pipistrello che adornavano già da prima Circe, ma erano nascoste nei suoi capelli. Con una lode a Dio da parte di Emidees, l’infernale demone sparì in un altro punto del fiume per tornare con la sua attività di guardiano.
«Con quelle grandi ali di pipistrello, crea tre venti freddi che ghiacciano perennemente questo fiume. Ogni fiume ha un suo guardiano, ma stai tranquillo amico mio, nessuno può competere contro il volere di chi può tutto.»
Dette queste parole rassicuranti fece cenno al ragazzo di proseguire, continuando a passare sopra il fiume ghiacciato che poi sarebbe sfociato nell’Acheronte, la loro prossima meta.
   
 
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