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Autore: Clematis    30/07/2013    5 recensioni
Louis ha permesso alla paura di pregiudizi di avvilupparlo ed ora é sul fondo cercando di trovare una via per riemergere dalle tenebre.
Harry nasconde i suoi scheletri dietro un sorriso mentre la maschera inizia a confondersi con il suo reale volto.
Nessuno direbbe mai che i due ragazzi fingono, nessuno riuscirebbe ad elencare motivi per cui dovrebbero farlo, nessuno sa.
Trovano l'uno nell'altro una sicurezza che mai prima avevano provato e un'amicizia sboccia nelle condizioni più avverse, un'intrepida stella alpina durante il più freddo dei mattini.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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LET ME INTRODUCE YOU TO MY SKELETONS.

 

“[…] Ed io, proteso come folle, bevevo
la dolcezza affascinante e il piacere che uccide
nel suo occhio, livido cielo dove cova l'uragano.
 
Un lampo, poi la notte! - Bellezza fuggitiva
dallo sguardo che m'ha fatto subito rinascere,
ti rivedrò solo nell'eternità?
 
Altrove, assai lontano di qui! Troppo tardi! Forse mai!
Perché ignoro dove fuggi, né tu sai dove io vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi!”
 
Charles Baudelaire, A una passante (I fiori del Male)

 

Venerdì sera, uno dei tanti.
Louis si affrettò verso lo yacht da cui proveniva musica ad un volume assordante e luci dai colori psichedelici, le mani infilate nelle tasche dei jeans stretti, il capo chino verso le sue sneakers grigie che il tempo e le passeggiate sul lungomare avevano reso beige e che si muovevano a passo veloce sul terreno ancora umido per la pioggia recente.
Conosceva bene la strada, del resto la percorreva ogni week-end per recarsi ad una delle feste a cui lo invitavano, perché quella non era nient’altro che l’ennesima festa a cui partecipava.
Non sapeva chi l’avesse invitato o tantomeno chi organizzasse quelle feste e ogni week-end finiva così presto tra drink e musica che non era mai riuscito nemmeno a ricordare di chi fosse l’imbarcazione. Il sabato e la domenica erano vaghi e confusi, sempre e solo tonalità sfumate il cui colore era decisamente in contrasto con l’impetuosa forza dei mal di testa ricorrenti con cui si trovava a dover fare i conti.
Il ragazzo era ormai di fronte all’imbarcazione ed il volume era così alto che il rumore della risacca sulla scogliera poco lontana che prima riusciva a distinguere con chiarezza, ora non era altro che un vago ricordo che Louis trovava difficile associare alla realtà.
Salì sulla passerella seguendo altri ragazzi e non perse tempo nell’osservare lo yacht come invece fecero gli altri, del tutto estasiati dai tre piani di mastodontica sfarzosità più che dalla fastosità degli invitati.
Salito a poppa, fu investito quasi subito dall’odore di alcohol che gran parte degli invitati emanava, erano tutti come sotto una cupola di vetro, circondati dall’inebriante odore di cocktail, unito all’acre odore del fumo, e dall’incalzante ritmo della musica.
In un secondo venne inghiottito dalla folla e desiderò uscirne. Non era mai propriamente convinto di uscire il venerdì sera ma, in genere, il desiderio di riuscire a bere così tanto da dimenticare le sue paure era più forte di ogni cosa e puntualmente vinceva, lasciando Louis a terra stremato e, più spesso di quanto ci tenesse a ricordare, senza abiti.
Individuò i suoi amici e decise di raggiungerli muovendosi a gomitate tra la folla già caduta nell’oblio dell’alcohol.
Jamie fu il primo a vederlo e lo salutò con un cenno del capo, il suo ghigno divertito a caratterizzarlo. Si passò una mano tra i lunghi capelli biondo-cenere e diede una gomitata a Cory, il ragazzo castano alla sua destra, indicandolo.
Non appena si fu avvicinato ai due ragazzi, li salutò e tentò di parlare ma la musica era assordante e Louis non riuscì nemmeno a sentire le sue parole uscir di bocca. Ritentò ma ben presto si arrese e, frustrato, fece loro cenno che sarebbe andato a fumare.
Camminò con passo lento a causa della massa indistinta di corpi sudati che premevano gli uni contro gli altri nel vano tentativo di ballare che bloccava la sua strada e, quando finalmente riuscì a raggiungere la prua, si sedette a terra beandosi silenziosamente per qualche minuto della sua momentanea solitudine.
Non perse troppo tempo a chiedersi come mai fosse durato meno del solito in quella banda di menomati, si disse che era stata una giornata pesante e che probabilmente sarebbe riuscito a stare meglio in pochi minuti, bastava solo aspettare.
Incrociò le gambe e prese una sigaretta, fece per accenderla quando per la prima volta da quand’era arrivato lì a prua si accorse di non essere solo.
Un ragazzo alto e magrolino poggiava i piedi scalzi ai due lati dell’ancora dell’imbarcazione e, reggendosi al parapetto, si sporgeva verso l’acqua cristallina e cupa, osservando con attenzione il movimento quasi impercettibile della superficie lievemente increspata dal vento leggero di quella sera.
Louis si sollevò di scatto facendo pressione sui palmi credendo che quel ragazzo volesse buttarsi giù. Lo raggiunse con un paio di falcate e si bloccò dietro di lui, cercando di non fare alcun rumore che avrebbe potuto spaventarlo e indurlo a lasciare la presa.
Poi si accorse che stava parlando.
«Hamleto… Hans… Holliver… Hannibal… » snocciolava nomi con una certa fluidità e creatività, pensando a chissà cosa. Da lì vicino, Louis riusciva a distinguere il colore della camicia con il collo alla coreana, un bianco sporco, quasi avorio, macchiata da centinaia di minuscole goccioline di diverse tonalità di pittura. I suoi capelli erano scuri e ricci ed il ragazzo portava con sé un acre fragranza di arancia che gli aleggiava attorno come una fitta coltre di nebbia attorno al cucuzzolo di una montagna durante le prime ore del mattino.
«Questa scena mi ricorda molto il Titanic, Mrs. Dawson» decise allora di dire Louis, chiaramente divertito da quella situazione. Il ragazzo riccio sussultò impercettibilmente e poi ridacchiò, evidente segno che aveva già elaborato una risposta.
«E quindi suppongo tu sia il mio Jack» disse allora, facendo la migliore voce femminile che riuscisse a mettere su all’ultimo minuto. Louis rise e il ragazzo lo seguì ben presto tirandosi con le braccia verso l’interno della barca e scavalcando il tientibene di ferro.
Non appena si voltò, il mondo di Louis si bloccò per qualche istante.
Quel ragazzo, qualunque fosse il suo nome, aveva due giade verdi al posto delle iridi e, proprio come esse, avevano centinaia di sfumature diverse che cambiavano e si mescolavano tra di loro ogni volta che muoveva impercettibilmente il capo o cambiava la luce. I capelli scuri erano tirati indietro per lasciare libera la fronte spaziosa e dei ricci disordinatamente ordinati gli coronavano il capo ed incorniciavano il volto dalla pelle candida.
Per quei brevi istanti, la musica martellante sembrò scomparire, sostituita dal dolce suono di una chitarra acustica intenta a suonare la sua canzone preferita.
Troppo tardi Louis si accorse di aver preso a fissare il sorriso smagliante di quel ragazzo e distolse lo sguardo, quello gli sorrise nuovamente come se tentasse di non farlo sentire in imbarazzo e allungò la mano dicendo «Piacere, io sono Harry».
Harry.
Osservò con cupidigia quelle labbra carnose e rosee che si muovevano e notò che aveva il vizio di passarvi la lingua per umettarle e Louis si chiese come mai quel ragazzo esercitasse una tale attrazione nei suoi confronti.
«Harry… Io sono Louis» riuscì a dire con una punta d’imbarazzo e gli strinse la mano «cosa ci facevi al posto della polena?»
C’era riuscito, l’aveva fatto ridere di nuovo.
«Cercavo l’ispirazione per un quadro e allo stesso tempo pensavo al mio pseudonimo da artista» rispose Harry, spiegando almeno in parte quella lunga lista di nomi che continuava ad elencare.
«Per un momento ho creduto che tentassi il suicidio» disse Louis, tornando incredibilmente serio.
«Non avevi tutti i torti» convenne, dopo un momento di silenzio nel quale soppesò le possibilità che aveva –mentire o rivelargli quello che aveva già capito- ed il ragazzo seppe che era serio.
Un silenzio calò tra i due mentre Harry giocherellava con le sue dita a testa china e Louis iniziava a mangiucchiarsi le unghie nonostante si fosse ripromesso di non farlo.
Iniziò a chiedersi cosa potesse averlo portato a quel punto e si rese conto che non sempre era possibile vedere il peso che gravava sulle spalle degli esseri umani, per quanto pesante e ingombrante potesse essere. Non avrebbe mai detto che su Harry, quel ragazzo che gli era sembrato così allegro, avessero caricato uno di quei fardelli con quegli insulti, quegli atti o quei silenzi di cui Louis era così pratico.
Louis fece per aprire bocca- voleva parlare con Harry, aveva molto da dirgli- quando sentì un’altra voce che conosceva bene risuonare da un punto indefinito della prua, alla sua destra, proprio da dove era venuto. Si voltò e vide –chi non l’avrebbe visto?- l’abito color smeraldo che Eugenia, la sua ragazza indossava.
Il tempo di voltarsi di nuovo e gli occhi azzurri di Louis scoprirono che Harry era scomparso, perso chissà dove tra le ombre circostanti e sentì di doverlo ritrovare.
 
Angolo dell’autrice:
Giuro che non mi sono ispirata a Baudelaire mentre scrivevo. Quando ho riletto il capitolo per controllare la grammatica, l’ortografia e tutto il resto mi sono resa conto che aveva qualche tratto in comune con la poesia, sono andata a rileggerla e ho scoperto che effettivamente gli ultimi righi sembrano copiati da ‘A una passante’ di Baudelaire.
Non sono una directioner ma seguo le vicende e stando su twitter ho iniziato a leggere qualche tweet su Larry che mi ha ispirata, quindi ho pensato fosse doveroso lasciare i loro nomi e tutto il resto.
Non sono il tipo che posta banner per le fan fiction o link di come erano vestiti i personaggi, in genere è tutto di mia invenzione e quindi l’unica immagine del look che vi potrei fornire sarebbe un mio disegno e, vi assicuro, io non so disegnare.
Il titolo del primo capitolo, ‘facing the truth’, viene da  ‘You’re Beautiful’ di James Blunt:
‘but it’s time to face the truth, I will never be with you’
perché come contenuto questa storia mi ricordava molto la canzone :)
Detto questo, io me ne vado, spero davvero che la mia storia vi piaccia anche se non ho ancora in mente la direzione che potrebbe prendere.
Cheers! (dovrei smetterla di farmi influenzare dagli Oasis)
C. x

  
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