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Autore: Bad A p p l e    31/07/2013    1 recensioni
!Attenzione! Questa storia è il "remake" di "And if I Fell".
In quel momento squillò il telefono e il ragazzo ci mise diversi secondi a trovarlo tra le cianfrusaglie all’interno della borsetta. Imprecò mentalmente nel pigiare il tastino verde, aveva rischiato di perdere la telefonata perché aveva la borsa piena di robaccia da donne.
«Ciao mamma» salutò svogliatamente, ripulendosi un rivoletto di sangue dall’angolo della bocca, «come sempre hai un tempismo perfetto, ho appena terminato».
Dall’altra parte del telefono Halle Lidner si aprì in un sorriso radioso, tremendamente sbagliato nel contesto.
Genere: Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Halle Lidner, Near, Nuovo personaggio, Sayu Yagami, Tota Matsuda
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Retrace 02: Over and Over.

 

Il Professor Hayashi era ritenuto un ottimo insegnante, in genere riusciva a far passare tutti nella sua materia senza bocciare; aveva anche un certo carisma –poteva ammetterlo senza passare per sbruffone, quello status se l’era sudato- e inoltre si riteneva anche un uomo dotato di molta pazienza.

Detto ciò, la suddetta pazienza andò cordialmente a farsi benedire nel giro della prima misera mezz’ora delle due ore in cui aveva lezione in quella classe.

Non che avesse alunni difficili, anzi, bastava intimare il silenzio entrando nell’aula e regnava una pace senza eguali.

Però c’era lui.

L’incarnazione della mancanza di rispetto –e Dio solo sapeva quanto lui odiasse infinitamente le mancanze di rispetto più di ogni altra cosa-.

Era dall’anno scorso che quell’irritante ragazzino non faceva altro che dormire durante le sue lezioni e lui l’aveva giustamente presa sul personale –molto personale-. Non c’erano giustificazioni, ancora non capiva per quale motivo il preside fosse così restio ad espellerlo una volta per tutte; c’entrava qualcosa con il fatto che il padre fosse stato lo studente migliore del Giappone quando studiava lì, ma ormai quell’idiota del preside si sarebbe dovuto rassegnare da tempo al fatto che Yagami non avesse assolutamente nulla del padre.

Ah, beate speranze, sempre le ultime a morire!

Si schiarì la voce. «Signorina Namikawa» chiamò pacatamente, nonostante una vena pulsasse pericolosamente sulla fronte dell’insegnante, sintomo del nervoso che montava ad una velocità preoccupante.

La ragazza alzò lo sguardo dalle sue equazioni prevedendo ciò che stava per succedere, il teatrino era sempre lo stesso. Non rispose, limitandosi a prestare attenzione all’uomo.

«Potrebbe cortesemente svegliare Yagami e comunicargli che per oggi può considerarsi sospeso?»

Eirin emise un sospiro sconsolato, non riuscendo a capacitarsi della dabbenaggine del suo amico, per farsi sospendere alla prima ora del primo giorno ci voleva proprio dell’immenso talento. O un’immensa stupidità e, non a caso, Eirin si disse propensa ad appoggiare la seconda ipotesi.

“Inutile, sono amica di un ritardato” pensò, per poi scuotere delicatamente Seiho, nel tentativo di strapparlo dalle braccia di Morfeo.

Il ragazzo mugugnò nel sonno, infastidito, qualcosa che sembrava terribilmente un: «ancora cinque minuti, zia».

Molti sembrarono trovare la cosa decisamente esilarante, tanto che le risate riempirono il silenzio che fino a poco prima regnava nell’aula; Il professore, tuttavia, non condivise l’ilarità generale ed ordinò subito il silenzio, per poi scoccare un’occhiataccia ad Eirin, come se fosse stata colpa sua.

Terribilmente offesa ed irritata, la ragazza tirò a Seiho un vero e proprio spintone che per poco non lo fece cadere dalla sedia.

«Ma che…?!» esclamò Yagami, svegliandosi di soprassalto e aggrappandosi al banco per non rovinare ingloriosamente sul pavimento dell’aula. Si guardò attorno, confuso; i suoi occhi vagarono dallo sguardo irritato di Eirin –sicuramente la colpevole che aveva attentato alla sua vita con quello spintone degno del peggior rissaiolo da bar- a quello irato –per non dire “incazzato nero”, che sarà meno delicato, ma rendeva bene l’idea- del professore.

«Mi dica, madame, per caso sono appena stato sospeso?» domandò alla ragazza, con un sorrisetto ironico.
Si ride o sorride per non piangere, vero?” pensò, conscio che sua zia probabilmente l’avrebbe ucciso nel modo più doloroso possibile.

«Incredibile come il tuo acume si risvegli quando ormai è completamente inutile» sibilò Eirin, trattenendosi a stento dal mollargli un secondo spintone; chissà, magari la botta poteva riuscire nella titanica impresa di ricollegare il signor cervellino al suo attualmente sprovvisto proprietario.
Decise di evitare, un po’ per sottrarsi dall’essere sospesa lei stessa e un po’ perché l’insegnante riportò su di sé l’attenzione, aveva appena finito di completare l’ordine di sospensione e stava lì seduto alla cattedra fissando con astio il suo amico.
«Devi aver stabilito un nuovo record, Yagami; sei orgoglioso di te stesso?»
Non lo era. Anche se sinceramente, escludendo la scenata che gli avrebbe fatto la zia, non gliene poteva importare meno, di quella sospensione. Decise che tanto ormai il danno era fatto, poteva permettersi di divertirsi un pochino.
«
Scherza, prof? Di questo passo mi metteranno ad insegnare una nuova materia: “metodi per farsi sospendere e le sue conseguenze”, non sarebbe una figata pazzesca?» domandò, angelico.
Il professore diede una risata secca simile ad un latrato, mentre gli occhi rimanevano di puro ghiaccio. Oh, no, non la trovava né una “figata pazzasca” né qualcosa di divertente.
«Vogliamo fare due giorni di sospensione o ti dai una mossa a liberarci dalla tua fastidiosa presenza?»
Yagami alzò le mani, in segno di resa e si mise in spalle lo zaino che non era neanche stato ancora aperto da quando era entrato in classe, «va bene, va bene, ho capito l’antifona» sbuffò, per poi voltarsi verso Eirin ed esibirsi in un perfetto baciamano «mi creda, Milady, è con immenso dolore che la abbandono in questo luogo di perdizione, ma credo che Satana mi abbia appena bandito dal regno. Verrò a salvarla all’uscita, I promise» sussurrò in modo da non farsi sentire dall’insegnante che, francamente, cominciava a perdere la pazienza.

Si avvicinò all’insegnante e prese dalla cattedra il foglietto da far firmare alla zia, pensando distrattamente che al posto di “sospensione” il professore avrebbe potuto fare prima e scrivere “condanna a morte”, ma questi erano futili dettagli.

Con un sospiro si voltò verso la classe, accompagnato da un espressione fortemente drammatica «Dame e Cavalieri di questo angusto reame, mi mancherete tutti così terribilmente che è impossibile esplicarlo a parole-»

«Ecco, allora stai zitto»

A parlare era stato un ragazzo in seconda fila, con una perenne aria di annoiata strafottenza sul volto. Il classico “bello e dannato” che c’è in ogni classe; il classico tipo che Seiho non sopportava a prescindere.

«Tu non mi mancherai perché mi hai rubato la maglietta di Barbra Streisand

Il ragazzo fece per ribattere, indignato da quell’accusa ridicola, quando il professor Hayashi decise di averne davvero abbastanza di quel teatrino.

«Vogliamo fare una settimana di sospensione, Yagami

«Va bene, me ne vado, ma così la classe perde il suo elemento più figo!» e senza dare all’insegnante il tempo di urlargli dietro o aumentare davvero i giorni della sua sospensione, sgattaiolò fuori, in corridoio.

Si appoggiò alla porta dell’aula e si permise un sospiro. Stava cominciando a pensare che la sua giornata non sarebbe potuta cominciare peggio di così, quando vide in corridoio niente meno che Hodeka, che probabilmente si stava dirigendo in bagno.

Imprecò appena, quando l’energumeno si accorse della sua presenza.

«Tu!» berciò l’armadio, mentre l’espressione ottusa che lo caratterizzava per la stragrande maggioranza del tempo divenne truce.

«Ma bravo, Taro-chan, abbiamo imparato un pronome soggetto» disse Seiho, anche se il tono ironico era lievemente guastato dall’insicurezza e non poté fare a meno di fare un passo indietro quando l’altro fece scrocchiare minacciosamente le nocche.

Pensò che probabilmente sarebbe stato meglio farsi uccidere dalla zia piuttosto che da Hodeka, se proprio era suo destino morire quel giorno.

«Prima ti distruggo, poi mi insegnerai tutta la grammatica che vuoi» ringhiò Taro, avvicinandosi.

“Andiamo, non posso farmi uccidere da quell’idiota! È perfino più idiota di me, sarebbe umiliante!” pensò, per poi essere fulminato da un’idea che solitamente funzionava solo nei film di pessima fattura… ma si stava parlando di Taro mi-pompo-il-cervello-di-testosterone Hodeka, no?

Finse un’aria fortemente terrorizzata ed indicò qualcosa alle spalle di Hodeka, pigolando un “Oh mio Dio” che gli sarebbe valso un Oscar per quanto lo faceva sembrare davvero spaventato.

Inutile dire che Hodeka ci cascò in pieno, voltandosi verso il punto indicato e Seiho ne approfittò per correre il più velocemente possibile per il corridoio, cercando di guadagnare l’uscita prima di fare una pessima fine. Arrivò in portineria ancora tutto intero e mostro rapidamente il foglio della sospensione ad un annoiato portinaio, per poi azzardarsi a fermarsi e reggersi la milza dolorante solo una volta fuori dalla scuola.

Sorrise con aria vittoriosa, dopotutto Hodeka era davvero troppo tonto, quasi non c’era gusto nel batterlo in quel modo.

Poi si ricordò che si stava dirigendo al patibolo, quindi si lasciò sfuggire un sospiro e si incamminò verso casa.

Ci mise relativamente poco ad arrivare, benché si fosse sforzato di camminare il più lentamente possibile per rimandare la propria morte. Entrando in casa si rese conto che, stranamente, la zia era ancora a casa.

Sayu era in cucina, indaffarata in quello che doveva essere un tentativo di preparare una torta; già non era una brava cuoca, poi era terribilmente presa da un giallo che stavano trasmettendo alla televisione, quindi la sua concentrazione era tutta calamitata sullo schermo, con il risultato che stava per versare del sale al posto dello zucchero all’interno dell’impasto.

Seiho si affrettò a spostare il recipiente con l’impasto, prima che la zia potesse compiere quell’abominevole scempio.

«Zia, non pensi che una torta renda ben poco con tutto quel sale dentro?» domandò accennando un sorriso.

Col senno di poi avrebbe potuto fregarsene della torta e sgattaiolare in camera: la zia era talmente concentrata che non se ne sarebbe accorta… ma, al diavolo, sarebbe morto ma almeno a cena ci sarebbe stata la torta. Si stava immolando per il bene superiore, decise di provare a sviare i discorso, «che ci fai già a casa?».

Sayu si permise un sospiro e mise a posto il sale e aggiungendo finalmente lo zucchero al composto. «Lo studio legale si è completamente allagato, quindi per oggi niente lavoro… be’, relativamente, c’è il tavolo del salotto completamente rivestito dalle pratiche che devo visionare per domani» spiegò sconsolata, per poi rendersi conto di un particolare non affatto trascurabile. «ma la vera domanda è: cosa ci fai TU a casa, dato che dovresti essere a scuola!»

Sgamato.

Seiho si preparò psicologicamente ed guardò la zia. Se proprio doveva morire, sarebbe morto a testa alta.

 «Sono stato sospeso» disse, cercando di non pigolare.

La donna ruppe un uovo con così tanta forza che Seiho ringraziò tutti gli dei esistenti per il fatto che non ci fosse stata la sua testa tra le mani della zia, in quel momento. Sì, quando si arrabbiava faceva spavento, senza bisogno di mettersi ad urlare come un’isterica in perenne sindrome pre-mestruale.

«Seiho, ti rendi conto che è il primo giorno di scuola, sì?» domandò freddamente, «hai intenzione di fare come l’anno scorso, che collezionavi qualcosa come una sospensione al mese? E già che parliamo dell’anno scorso, credi che quest’anno riuscirai a prendere un voto che vada oltre alla sufficienza?»

 

Seiho si permise uno sbuffo, «Ci terrei a ricordarti che anche se non sono propriamente uno studente modello, non ho neanche mai preso un’insufficienza, quindi non c’è bisogno di fare tragedie… e per le sospensioni, be’, a quanto pare il preside ha deciso di sbattersene delle mie sospensioni, quindi il problema non si pone, no?»

La zia smise di impastare e gli rivolse un sorriso angelico maledettamente inquietante, «Decidilo tu se il problema non si pone: se ti farai sospendere ancora una volta e se non alzerai la tua media, ti spedisco in un’accademia militare» disse, sapendo perfettamente quanto quell’ipotesi terrorizzasse il nipote.

Seiho, infatti, non riuscì ad evitare un’espressione orripilata. Accademia militare significava fatica e farsi fare il lavaggio del cervello per diventare una persona mortalmente noiosa, cose inaccettabili per lui.

«Non potresti semplicemente iscrivermi al conservatorio? Lì sarei sicuramente il primo della classe» tentò, pur sapendo quanto la zia fosse irremovibile su quel punto.

«Scordatelo, prima finisci il liceo e poi potrai fare quello che vuoi» disse infatti, tornando a prestare attenzione alla televisione.

Il ragazzo sbuffò, profondamente frustrato, «ma dai! E’ una perdita di tempo! E poi sai di chi sono figlio no? Mamma era un Idol! Partirei molto avvantaggiato!» tentò ancora, ma ormai Sayu aveva optato per la strategia del fingere di non ascoltarlo.

Sbuffò ancora e salì le scale, per poi andare in camera sua e buttarsi sul letto, trovandosi di conseguenza la schiena trafitta da qualcosa che non avrebbe dovuto trovarsi lì.

Si mise a sedere con aria interrogativa, per poi scoprire che l’elemento intruso nel suo letto era un quaderno dalla copertina nera, con una scritta illeggibile in grossi caratteri bianchi.

Pe l’ennesima volta sbuffò, lanciando con malagrazia il quaderno sulla scrivania. Cosa pensava Sayu? Che mettendogli dei quaderni sul letto gli sarebbe magicamente venuta voglia di studiare? Suonava parecchio infantile, a dire il vero…

Si sdraiò nuovamente, ma non appena rivolse lo sguardo al soffitto emise un breve strillo acuto.

Sul soffitto della sua stanza stava tranquillamente fluttuando un mostro orribile, simile ad uno scheletro e quasi completamente incastonato di pietre preziose, gioielli e frammenti di specchio. Si disse di mantenere la calma, che una creatura del genere non poteva esistere e che forse era solo un’allucinazione dovuta alla stanchezza.

Cercò, quindi, di ignorare la creatura, accoccolandosi sotto le coperte, anche se avrebbe dovuto scendere dalla zia a dirle ciò che vedeva, opzione che scartò perché non gli andava di sentirsi dare del pazzo.

“Se dopo un riposino continuerò a vedere quel mostro, parlerò con la zia” si disse.

«Ma come? Tutta qui la tua reazione?»

La creatura parlò, ma Seiho non si prese nemmeno la briga di alzare lo sguardo verso di essa «tanto sei solo un’allucinazione» rispose, per poi sbadigliare profondamente.

«Il mio nome è Armònia Justin Beyondllemason» esordì l’essere con evidente disappunto, volando sopra di lui fino a trovarsi a pochi centimetri dal suo viso, «sono lo Shinigami a cui appartiene il quaderno che hai sconsideratamente lanciato sulla scrivania come se fosse solo un rifiuto».

Seiho si permise un secondo sbadiglio, «certo, tutto ciò è davvero molto interessante ma, bello mio, se non volevi che “gettassi sconsideratamente il tuo quaderno sulla scrivania” avevi da non lasciarlo sul mio letto» rispose svogliatamente, per poi rendersi conto di quanto fosse infinitamente stupido mettersi a parlare con un’allucinazione.

«Non assomigli affatto a quell’umano» disse il sedicente Shinigami, scrutandolo attentamente.

«Quale umano?»

Il muso della creatura si deformò in un ghigno. «Tuo padre»

 

 

Death Note: Okay, so che teoricamente non si dovrebbe scrivere con lo scopo di ricevere recensioni ed effettivamente sono d’accordo… detto ciò, farebbe comunque piacere ricevere qualche recensione, avere un feedback con chi legge, sapere se la storia interessa.

Insomma, se scrivessi solo per me stessa non pubblicherei ciò che scrivo, quindi se nessuno la reputa abbastanza interessante da lasciare un piccolo commento, non la continuerò.

   
 
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