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Autore: lulubellula    31/07/2013    3 recensioni
Storia scritta a quattro mani con 2calzona3
"A volte si desidera qualcosa a tal punto da fingere che sia vero anche con se stessi, e all'interno della propria realtà si finisce per renderlo vero. Ma ciò non significa che sia reale. Il vero e il reale sono due cose diverse".
Dall'ultimo capitolo (Giallo/Lexie): "Eri semplicemente euforica e sentivi una scossa di adrenalina pervadere il tuo corpo e correre sino al cervello.
Rubare era per te persino più soddisfacente di una tavoletta di cioccolato.
E ti rendeva felice almeno il doppio.
Finchè il senso di colpa non si sarebbe ripresentato di nuovo".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Cristina Yang, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
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Welcome to my mind
Giallo

 

Le parti in corsivo sono di 2calzona3, quelle in stampatello di lulubellula
 

Sin da bambini, i nostri genitori ci impartiscono regole, modi di comportamento e d’azione, moniti, consigli, massime e pensieri che ci accompagneranno lungo tutto l’arco della nostra vita e che, in una maniera o nell’altra, ci condizioneranno per sempre.
Ci guideranno e indirizzeranno verso la strada che riterranno più giusta per noi, ci influenzeranno e bloccheranno, mettendoci paura o dandoci coraggio.
Le regole, i comandamenti, i moniti.
Non uccidere.
Non desiderare l’uomo o la donna d’altri.
Non rubare.
Poche parole che racchiudono la differenza tra il bene e il male.
Mangiare la mela o no.
Conoscere la differenza tra il bene e il male oppure ignorarla.
Mela o male?
E se il male fosse racchiuso in una mela?
E se la persona più dolce e insospettabile del mondo, fosse in realtà ben diversa da ciò che sembra?




 
Misi a posto gli ultimi guadagni della giornata e guardai il mio Tesoro, ne andavo orgogliosissima. 
Il barattolo della mia prima appendicectomia, un gigante fallimento. La molletta per capelli di Sofia, si, avevo rubato ad una bambina, mi ricordava quanto dovessi dividere Mark con altre 3 donne.
Un quadro dell'ospedale, ritraeva una finestra, almeno mi dava l'impressione che quello sgabuzzino non fosse uno sgabuzzino, almeno mi faceva sentire meno morbosa.
Mille oggetti: siringhe, bisturi, guanti, dilatatori, padelle per la notte, cateteri....che schifo i cateteri.
Perché li ho rubati?
Oggetti lasciati dai pazienti negli armadietti: foto ricordo di ricordi che non ricordavo, e grazie al cielo, oggetti da bagno e cioccolato, tantissimo cioccolato.
Sembrava il primo regalo che ogni paziente riceveva durante le visite.
Uscii dal mio sgabuzzino, sentendomi ancora un po' sporca, rubare cose e accatastarle lì dentro non era da persone normali, ma ne sentivo il bisogno.
Lì erano presenti le mie memorie insieme a quelle di mille persone, riuscivo a dare sollievo al mio cervello, quel posto era come una “memoria esterna”, funzionava come magazzino.
 
 
Quello sgabuzzino era il tuo “nido”, lo stavi costruendo ramoscello dopo ramoscello, oggetto dopo oggetto.
Mancavano ancora piccoli dettagli per completarlo, una cucina a gas, doveva pur essercene qualcuna di troppo nelle cucine, così come pentolame e stoviglie, per i letti non ci sarebbe stato alcun problema, ti trovavi pur sempre in un ospedale no?
In ogni dove si celavano oggetti che ti facevano gola, utili ed inutili, non importava, ti interessava solo prenderli per il gusto di farlo, come quando mangi un gelato anche se non hai fame, solo per toglierti uno sfizio.
Rubare per te era come mangiare dolci fuori pasto, ti soddisfaceva inizialmente, per poi inevitabilmente lasciarti con un senso di nausea qualche minuto dopo, nausea che se ne andava via al prossimo oggetto sul quale mettevi il tuo sguardo.
Eppure, nonostante i tuoi innumerevoli sforzi, mancava sempre qualcosa a completare il tuo nido.
Forse un vaso di colore blu.
Oppure una cappelliera antica trafugata in discarica.
Anche una piscina gonfiabile per bambini non sarebbe stata male.
Piscina.
Gonfiabile.
Bambini.
Oddio, ecco che cosa ti mancava.
 
 
 


Sentii bussare alla porta del mio sgabuzzino. Avrei voluto rubare il suono di quel tonfo e metterlo in un barattolo per non doverlo riascoltare.
“Lexie?” Mark entrò, in silenzio si guardò in giro, non disse niente per dei minuti, gli avevo appena rubato la parola.
“Ti posso spiegare tutto” si fermò davanti ad uno specchietto.
“Questo è...questo è lo specchio del mio bagno?”
“Sì, quello che usi per rifarti le tue stupide sopracciglia, quello che tenevi in parte al dopobarba e alla crema antirughe, molto virile Mark”
“Quello è il mio spazzolino da denti! E quello è...un giocattolo di Sofia? Cosa ci fai con un giocattolo di Sofia? E cosa ci fai con quelle posate, con quei barattoli, con quelle...cosa sono? Foto di sconosciuti?” mi guardò come se fosse invidioso del mio Tesoro, sicuramente avrebbe voluto rubarmelo. Finendo per trafugare di nuovo le cose che avevo rubato. 
“Lexie, perché metà della roba che hai qui dentro è MIA?”
“Volevo qualcosa di tuo Mark”.

 



Ti stava guardando come se tu fossi stata pazza, malata, una squilibrata.
Non riuscivi a capire se a lui desse più fastidio il fatto che tu avessi rubato una montagna di oggetti sparsi ovunque tra casa sua e l’ospedale o il fatto che gli avessi sottratto il suo amato specchio.
Trascorreva ore intere in bagno, a specchiarsi e a farsi bello, riusciva a battere la media nazionale di minuti passati ad ammirare la sua immagine riflessa.
E la media nazionale si riferiva a delle adolescenti alla prima cotta, alle prese con trucco e parrucco.
Deprimente.
Nauseante.
Da narcisisti.
Ma così seducente, in fondo.
Non poteva passare metà del tempo arrabbiandosi con te e l’altra metà a sistemarsi i capelli e a controllare la sua dentatura perfetta.
Avreste dovuto avere un figlio.
Un figlio vostro.
Avresti rubato milioni di piscine per lui.
E vagonate di orsacchiotti.
Avresti persino rubato un bambino, se solo si fosse rivelato necessario.





Avrei voluto rubargli tutti e 32 i denti e portarmeli sul comodino in parte al letto, sarebbe stato come addormentarsi con il suo sorriso. No?
Avrei voluto prendergli gli occhi e metterli sulla mensolina del bagno, mi avrebbe guardato in continuazione e io avrei dato spettacolo, perché ci sapevo fare.
Poi le mani, Mark aveva delle bellissime mani. Uscì dalla stanza con un’espressione delusa e arrabbiata in viso, quella no, non la volevo, non l’avrei mai rubata per tenerla con me. Sentivo che mancava qualcosa, non poteva assolutamente andarsene così, senza lasciarmi una parola per chiarirci, un bacio per appacificarci, un pezzo di lui.

Ma la cosa più importante...dovevo trovare il modo di rubargli i capelli. Cominciai perciò a seguirlo, mi rendevo conto che non avrei mai potuto staccargli pezzi di corpo, ma avrei potuto prendere comunque qualcosa di suo. Passava di stanza in stanza nei post operatori, era sempre il solito, diceva di odiarli ma nel frattempo si assicurava sempre dell'ottimo lavoro che aveva fatto. Stavo letteralmente pedinando il mio uomo, così mi nascosi dietro a qualsiasi persona mi potesse servire.
Stanza 2330, Mark uscì e si diede uno sguardo al vetro della porta, si sistemò i capelli e io ne approfittai per nascondermi dietro la Bailey.
“Piccola Grey ma cosa diavolo stai facendo?” era davvero troppo bassa.

Le rubai una cartella e nel momento giusto ricominciai a correre dietro a Mark.
Memorizzai tutta la cartella aspettando che finisse con il nuovo paziente.
Stanza 2331, Mark uscì e si specchiò nel vetro di una Xilografia, ottima stampa, ottimo quadro, sarebbe stato bene nel mio sgabuzzino.
Mi nascosi dietro mia sorella.
“Lexie! Sono miei! Non te ne do neanche uno, vai a rubare cioccolatini ai bambini in pediatria, questi servono a Feto”.
Le rubai due cioccolatini e mentre aspettavo che Mark entrasse nella stanza seguente ne mangiai uno, mi sentii subito meglio.

Stanza 2332, Mark uscì e non si specchiò, rischiai di essere scoperta, Jackson mi venne addosso correndo da dietro, facendomi cadere la cartella della Bailey, il cioccolatino di Mer e la matita porta fortuna che gli avevo appena rubato.
 




Fu solo e unicamente dovuto alla tua arte di dissimulare che tu non fosti scoperta.
Riuscisti a far dimenticare lo specchio a Mark, chiudendo la porta dello sgabuzzino alle vostre spalle.
Narciso aveva un altro punto debole in fondo oltre all’eccessivo amore per se stesso.
Dopo l’inutile discussione con tua sorella, inghiottisti il cioccolatino senza masticarlo, diventando quasi violacea in volto, rischiando la tua stessa vita per non farti scoprire.
La Bailey e Jackson accorsero in tuo aiuto.
Ti aiutarono a non soffocare e non fecero caso agli oggetti sparsi sul pavimento.
Così, con una mano lesta, riuscisti ad infilare la matita portafortuna in una tasca del tuo camice e con il piede sinistro, allontanasti la cartella della donna sotto una barella abbandonata in corridoio.
“Dovresti stare più attenta, Lexie. Hai rischiato il soffocamento” ti fece notare Jackson.
Tua sorella si avvicinò a te e noto i denti sporchi di cioccolato.
“Hai rubato i miei cioccolatini, Lexie?” ti domandò con aria di rimprovero.
“No, che cosa te lo fa pensare? Li avevo con me”.
“Ne sei sicura”.
“Certo che sì! Stai diventando paranoica, lo sai?” le rispondesti, allontanandoti e sogghignando tra te e te.
Eri semplicemente euforica e sentivi una scossa di adrenalina pervadere il tuo corpo e correre sino al cervello.
Rubare era per te persino più soddisfacente di una tavoletta di cioccolato.
E ti rendeva felice almeno il doppio.
Finchè il senso di colpa non si sarebbe ripresentato di nuovo.
Ma la vista dell’uomo delle macchinette che trafugava dolciumi dal magazzino, ti rincuorava.
In fondo, non eri l’unica a custodire lo stesso dolceamaro segreto.






Mi avvicinai ad Andy, la sua tuta color carne mi metteva i brividi, possibile che quando era vestito sembrava più nudo di quando era svestito?
 Non so, mi avvicinai incuriosita, sembrava organizzato per questo genere di cose, metteva le merendine su una carriola.
 Poi metteva me sulle merendine sulla carriola.
“Stanza 2332 per favore” gli indicai il corridoio, lui fece partire il conta chilometri e mi spinse. Lo pagai in cioccolatini e abbandonai a carriola-taxi per entrare nella stanza.
 Che poi, il mondo dovrebbe funzionare a cioccolatini, non a soldi.
 
 



Stanza 2332


Mark ha quasi finito di sistemarti il volto, non sei bello quanto lo eri prima...ma le cicatrici ti daranno un viso da duro. Lo so che non ne hai bisogno, allontani la gente con le tue maniere scorbutiche senza bisogno di cicatrici. Meredith e Cristina non ti hanno mai lasciato cioccolatini, sono la tua famiglia, questo si. Per questo motivo hai il comodino pieno di birre e cartelle mediche. 
Credo che ti ruberò una birra.
Ho sbirciato nel tuo armadietto, non hai dentro niente. Non posso rubare niente, perché non hai niente. Certo è che rubare ad un mio amico in coma non è il massimo delle azioni.
Credo che mi porterò via tutte quelle cartelle.
Credo che la flebo di fisiologica serva più a me che a te.
Tu non ti sveglierai mai, non ti arrabbierai.
E la flebo ti sarà sostituita in meno di cinque minuti da un'infermiera innamorata di te.
E io ruberò anche quella.
Ruberò anche l'infermiera.
E l'ospedale.
Tutto mio.
 

 
 
 
 
 
 
 

   
 
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