Erano
passati già tre anni da quella notte e nella casa sembrava
essere tornata la
tranquillità.
Ma,
in fondo, non sempre le cose sono esattamente come sembrano agli occhi
delle
persone.
Pattie
provava ad andare avanti, voleva rifarsi una vita, ma proprio non ci
riusciva.
Nonostante
fossero passati tre anni, ancora non accettava ciò che era
successo. Non amava
più Jeremy, ma si sentiva ferita per quei cinque anni in cui
lei lo aveva amato
con tutto il cuore, mentre lui l'aveva solo presa in giro. Non pensava
che
sarebbe stato capace di una cosa simile.
Il
Jeremy di cui si era follemente innamorata, era un uomo dolce,
simpatico e
soprattutto sincero. Non sembrava capace di mentire e invece l'aveva
fatto.
Desiderava delle spiegazioni, ma forse era troppo tardi per averle.
Sophie
non riusciva a convivere con i sensi di colpa.
Credeva
di essere lei la causa della separazione dei suoi genitori, ma non
piangeva da
quella sera. Lei e Justin avevano fatto una promessa e si sicuro non
sarebbe
stata lei la prima a infrangerla.
Ogni
volta che le lacrime premevano per uscire, lei trovava qualche
distrazione.
Non
le dispiaceva vivere senza Jeremy, in fondo nemmeno lo conosceva, ma
non
sopportava di dover assistere ai pianti sommessi della madre. Quando
tornava
dal lavoro, infatti, Pattie entrava nella sua stanza da letto e
scoppiava a
piangere, senza preoccuparsi troppo di chiudere del tutto la porta.
Sophie la
vedeva e capiva quanto amore avesse provato nei confronti dell'uomo che
l'aveva
tradita.
Justin,
invece, non voleva assolutamente vedere i pianti della madre. Riusciva
a
sentire i suoi singhiozzi e per lui era anche troppo. Lui sembrava
quello più
indifferente all'accaduto, ma in realtà era probabilmente
quello che aveva
sofferto di più. Sentiva la mancanza del padre, dei loro
viaggi e dei pomeriggi
passati insieme a vedere le partite di hockey. Non sopportava l'idea di
non
avere più una persona con cui parlare di sport. Vedeva i
suoi migliori amici
accompagnati ovunque dai loro papà, mentre lui dalla madre.
Non che gli
dispiacesse, amava sua madre, ma solo un padre può capire
certe cose.
Quell'anno
anche Sophie avrebbe frequentato la scuola elementare e sperava di
trovare
qualche amica simpatica, ma mancavano ancora un paio di settimane e non
aveva
niente da fare.
-Portami
in piscina, Justin- disse fermamente, entrando nella loro stanza.
Justin,
sdraiato sul suo letto, distolse per un attimo lo sguardo dal suo album
delle
figurine, per poi osservarlo nuovamente.
-No-
rispose semplicemente.
Sophie
sbuffò e si sdraiò sul suo letto, volgendo lo
sguardo al muro leggermente
rovinato.
Passò
le sue dita dove la vernice si era tolta, lasciando intravedere il
bianco della
base.
Non
voleva sprecare gli ultimi giorni delle sue vacanze in quel modo.
Voleva uscire
da quella casa, ma era troppo piccola per farlo da sola, doveva ancora
compiere
sei anni.
Justin
guardò di sottecchi la sorellina, ma si finse indifferente
non appena lei gli
rivolse di nuovo la sua attenzione.
-Perché?-
chiese lei. Non si sarebbe arresa così facilmente.
Il
biondo roteò gli occhi nocciola.
Alzò
lievemente l'album come per farlo notare a Sophie.
-Sto
facendo i compiti, non vedi?- chiese retorico.
La
bambina sbuffò ancora -Ho due anni in meno di te, ma non
sono stupida. Quelli
non sono compiti- commentò stizzita.
-Due
anni e mezzo- sottolineò Justin, visibilmente spazientito.
Sophie
appoggiò i piedi sul pavimento freddo. Afferrò un
elastico nero e si legò i
capelli biondo scuro.
In
quei tre anni, i capelli dei due fratelli si erano scuriti
notevolmente, ma
Justin li aveva comunque più chiari della sorella. Al
contrario, gli occhi di
Sophie erano diventati lievemente più chiari, mostrando
delle deliziose
sfumature verdi.
Si
avvicinò alla porta della camera e l'aprì.
-Due
anni, sei mesi e ventidue giorni- lo corresse e, dopo avergli rivolto
una
linguaccia, uscì dalla stanza.
-Oh,
allora sei brava a fare i conti- sentì il commento ironico
del fratello, fuori,
ma decise di non considerarlo.
Si
diresse verso la cucina, sicura che avrebbe trovato sua madre.
Pattie
era seduta al tavolo con delle carte davanti e una calcolatrice in
mano. Tra la
spalla e la guancia teneva un telefono. Stava parlando di sicuro con
l'avvocato.
Le
toccò ripetutamente il braccio, fino a quando le rivolse
un'occhiata scocciata.
-Scusami
un attimo, Claire- disse, appunto, al suo avvocato.
-Cosa
c'è, Sophie?- chiese con tono arrabbiato alla figlia.
La
bambina si morse il labbro inferiore.
-Non
andiamo in piscina?- chiese ingenuamente.
Pattie
roteò gli occhi -Ti sembra che io stia giocando? Adesso non
posso- rispose, agitando
la mano come per mandarla via.
Sospirando,
Sophie uscì dalla casa e si sedette sul marciapiede davanti
alla villa della
famiglia Bieber.
Sapeva
perfettamente che sua madre non voleva in alcun modo offenderla. Senza
dubbio
aveva molte cose da fare, ma la bambina aveva sperato che potesse
trovare un
po' di tempo da passare con lei. Era anche un po' arrabbiata per il
tono di
voce usato dalla madre, ma lo avrebbe dimenticato presto, no?
Afferrò
un pugno di sassolini e iniziò a lanciarli uno ad uno
sull'altro lato della
strada, facendo fuggire un gattino.
Sporse
involontariamente il labbro in fuori, mentre si perse fra i suoi
pensieri.
Sembrava
quasi che suo fratello avesse già infranto la promessa.
Insomma, aveva detto
che non l'avrebbe mai abbandonata, e invece Sophie si sentiva proprio
sola.
Non
per forza una persona ti abbandona quando parte per un lungo viaggio,
pensò
Sophie, ma quando ti è vicino e nonostante tutto ti sembra
distante.
Justin,
nello stesso momento, lanciò dall'altra parte della stanza
il suo inutile
album.
Non
voleva trattare male sua sorella, ma aveva iniziato a credere che fosse
lei la causa
della separazione di Pattie e Jeremy, i suoi genitori. Non era proprio
un bel
pensiero, ma non poteva farci niente.
Ricordava
perfettamente un pomeriggio dell'anno prima, in cui i suoi nuovi amici
erano
andati a casa sua per guardare una partita alla televisione.
-Dov'è
tuo padre?- chiese Chaz, guardandosi intorno.
Era
abituato a vedere i suoi genitori sempre insieme,
mentre a casa di Justin c'erano solo la madre e la sorellina dagli
occhi
strani. Guardandoli da varie angolazioni, cambiavano colore.
-Non
c'è- rispose Justin alzando le spalle con
noncuranza.
-Perché?-
chiese confuso Ryan.
-Mia
madre l'ha cacciato di casa dopo la nascita di
Sophie- rispose senza distogliere lo sguardo dalla televisione.
Christian
rise -Be', allora è colpa sua- commentò senza
riflettere troppo sulle sue parole. Cosa che, purtroppo, Justin fece.
Non
gli interessava più la partita.
Distolse
lo sguardo e lo puntò sulle due figure, sua
madre e sua sorella, intente a parlare nella cucina. Avevano lasciato
la porta
aperta e Justin riusciva a vederle perfettamente. Sophie sorrideva,
cosa che
Justin non riusciva più a fare dopo quella sera.
Strinse
i pugni.
Era
ovvio che lei non fosse minimamente triste.
Lei
non conosceva nemmeno Jeremy e, se quella notte si
era sentito in colpa per non averle permesso di stare più
tempo con lui, in
quel momento riuscì a provare solo rabbia nei suoi
confronti. Lei non lo
conosceva. Come si può provare la mancanza di una persona
che per te è come se
non esistesse? È impossibile.
Per
questo era arrabbiato. Sophie avrebbe continuato la
sua vita come se niente fosse, ma lui no.
Sospirò.
Il
suo amico era riuscito a fargli aprire gli occhi, ma avrebbe preferito
che non
lo avesse mai fatto. Per quella battuta, lui aveva infranto la
promessa.
Be',
non odiava Sophie, le voleva naturalmente ancora bene, ma stava
iniziando ad
abbandonarla giorno per giorno.
Pattie,
in cucina, aveva smesso di considerare le parole di Claire.
Nella
sua mente era impressa l'espressione di sua figlia Sophie.
Nell'ultimo
periodo non passavano molto tempo insieme, nonostante fossero sotto lo
stesso
tetto.
-Hai
capito, Pattie?- l'avvocato chiese la conferma.
La
donna scosse lievemente la testa, come per cacciare quei pensieri.
No,
non aveva capito. In realtà, non aveva proprio ascoltato la
donna. Il silenzio
fu la risposto alla domanda di Claire.
-Ho
detto che non potete andare a Londra queste ultime due settimane di
vacanza- ripeté
dopo aver sospirato.
Pattie
spalancò i suoi occhi celesti.
-Ma
perché?- chiese incredula -Ho risparmiato abbastanza soldi e
i bambini hanno i
passaporti. Qual è il problema?- continuò poco
dopo.
Aveva
deciso già da un po' di tempo che per sarebbero partiti per
l'Inghilterra.
Aveva visitato Londra da ragazza e le mancava terribilmente quella
città
affascinante. Voleva che anche i suoi figli ci andassero e poi sapeva
quanto ci
tenesse Sophie a vederla.
Claire
sospirò -Lo sai. Jeremy ora vive a Londra e tu dovresti
comunicare comunque
agli assistenti sociali ogni tua decisione, quindi anche i viaggi. Loro
non
perderebbero tempo per organizzare degli incontri tra i tuoi figli e
Jeremy-
spiegò.
Pattie
sbuffò.
In
fondo era anche un po' colpa sua. Vedendo lo strano comportamento di
Justin
nell'ultimo periodo, aveva deciso di coinvolgere gli assistenti sociali
di
Stratford nella faccenda. Ma, evidentemente, aveva solo peggiorato le
cose.
Justin
era sempre più distaccato e suscettibile, mentre la piccola
Sophie odiava
quelle due donne che la riempivano di domande. Inoltre, non potevano
andare a
Londra.
-Va
bene, ho capito. Grazie comunque, Claire- disse prima di salutarla e
terminare
la conversazione telefonica.
Si
alzò, appoggiò il telefono sul tavolo e si
guardò intorno per cercare Sophie.
Con
una veloce occhiata alla finestra, la vide seduta sul marciapiede,
intenta a lanciare
dei sassolini.
Sorrise
e la raggiunse.
Si
sedette vicino a lei e le circondò il corpo con il suo
braccio.
Sophie,
però, rimase immobile, con lo sguardo perso nel vuoto.
La
giovane madre sospirò.
-Non
possiamo andare a Londra- sussurrò, accarezzando la sua
schiena.
La
bambina annuì semplicemente, ma era delusa. Aveva creduto
veramente che ci
sarebbero andati, ma avrebbe aspettato ancora.
Lasciò
scivolare i sassi dalle sue dita e si alzò, per poi
dirigersi verso la casa.
Pattie
rimase qualche altro minuto lì, seduta.
Era
normale che la figlia fosse arrabbiata e delusa. Ma presto il rancore
se ne
sarebbe andato, no?
EHI!
Ed
ecco qua il secondo capitolo, spero veramente che vi
piaccia.
Ricordo
a tutti che i due fratelli non si innamoreranno,
questa storia parla solo ed esclusivamente del loro rapporto che, come
vedete,
è già cambiato.
Ringrazio
chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate e I_am_just_myself per aver recensito, vi
adoro.
E
tu, Francy, ricorda che dedico questa storia a te, ti
voglio un bene immenso.
Un
abbraccio coccoloso,
Morena