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Autore: leo rugens    31/07/2013    9 recensioni
Il piano è il terzo strumento al mondo più difficile da suonare e, con i suoi ottanta tasti, rispecchia al meglio l’animo umano. Beethoven era un grande, Einaudi è un fico, ma la musica classica e complicata non fa per lui. Sta bene così, una chitarra acustica –scordata- a tracolla, le parole di David Bowie in testa e le labbra screpolate. Zayn, quando lo vede ridere per la prima volta, pensa che se si sdraiasse sui binari della Piccadilly line e si facesse mettere sotto dalla metro si sentirebbe molto meno rintontito.
“Ciao, sono Niall e ripeto sorrisi. Tu dimmi solo quanti te ne servono per essere felice, al resto penso io.”
Scritto aggiudicatosi il primo posto nel Try!OneDirection!Contest.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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leo rugens' stories 2013 ©
Disclaimer: Questa storia è stata scritta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla.
Non si tenta in alcun modo di stravolgere il profilo dei caratteri noti.
Nessuno degli One Direction mi appartiene, in alcun modo.
Se copiate, giuro che vi prendo a sprangate.





Titolo: Occhi, cielo, ombrello
Rating: Verde
Genere: Fluff
Avvertimenti: Nessuno.
Pacchetto Obbligatorio: Pairing; Ziall (scelto fra Zayn+Niall e Zayn+Louis)
Pacchetto Facoltativo I: prompts- Moments (caduta); Same Mistakes (sangue); non accettati.
Pacchetto Facoltativo II: Ed Sheeran’s quotes- Viva la Vida (So you just need to breathe to feel my heart against yours now);
All You Need Is Love
(I was told to put my job in front of you, but it won't hold me like you do); non accettati.
Note: AU, pansessual!Zayn, bi!Niall.


                                                                             

Buonasera a tutti, lascio poche parole prima di questo scritto :)
La one shot è una Ziall as a romance, cosa strana per me (shippo Ziam), ma comunque molto piacevole da scrivere. Ho partecipato a un contest a inizio mese, e la mia bimba si è piazzata prima -giuro che non ho tirato giù tutti i santi del calendario quando l'ho saputo.
-nb:l'autrice tende a bestemmiare quando ha attacchi euforici.
Tengo quindi a ringraziare lo staff del contest e le/gli altre/i partecipanti dal profondo del mio cuoricino da acida e auguro una buona lettura.
Le recensioni e i pareri sono sempre ben accetti :3

Sun.


 

 


Occhi, cielo, ombrello




Il piano è il terzo strumento al mondo più difficile da suonare e, con i suoi ottanta tasti, rispecchia al meglio l’animo umano. 
Beethoven era un grande, Einaudi è un fico, ma la musica classica e complicata non fa per lui. Sta bene così, una chitarra acustica –scordata- a tracolla, le parole di David Bowie in testa e le labbra screpolate. Zayn, quando lo vede ridere per la prima volta, pensa che se si sdraiasse sui binari della Piccadilly line e si facesse mettere sotto dalla metro si sentirebbe molto meno rintontito.
“Ciao, sono Niall e ripeto sorrisi. Tu dimmi solo quanti te ne servono per essere felice, al resto penso io.”


***



A Birmingham, in Frances Road, numero 95A, sorge una palazzina anonima, con i cornicioni corrosi dalla pioggia. Tutto lì è grigio: soffitti, sedie, pensieri.
Zayn ormai c’è abituato, fa giusto il necessario per non essere inghiottito e tira avanti. Ignora le urla dei suoi genitori, chiusi in cucina a litigare per l’ennesima sciocchezza, alza il volume della televisione e guarda fuori. La malinconia della palazzina ha contaminato il cielo, le nuvole; persino la strada e i suoi passanti sono diventati anonimi.  Vorrebbe raccogliere le poche cose che ha e scappare, lasciarsi lo smog della città alle spalle, ricominciare.
Zayn si sente un dannato –spesso si chiede se sia finito all’Inferno- e prega disperatamente di essere liberato. Ha delle manette invisibili ai polsi, delle catene murate in camera sua che si snodano per qualche metro, perché non deve allontanarsi troppo. Ha cercato di scioglierle in tutti i modi: usando le forcine di Doniya, spaccando il muro, con le lacrime. Tutto quello che ha ottenuto è stato un insuccesso dopo l’altro e ha mollato, lasciando che la speranza scappasse via. Lo vedi nei suoi occhi spenti, nei passi strascicati come se stesse camminando verso il patibolo.


Zayn è un nullatenente: non ha amici, amore, una vita. Tutto quello che fa è alzarsi dal letto la mattina, mangiare qualcosa, avvolgersi in un plaid e buttarsi sul divano. Tricia lo ha portato dagli specialisti migliori che conosca,ma non sembra esserci una cura alla sua depressione. Quando l’ennesimo dottore stempiato varca la porta di casa Malik lui sospira, facendolo accomodare sulla poltrona.
“Ciao, sono il Dr. Hawking.”
“Ehi.”
“Come va?”
“Va.”
“Adesso ti farò delle domande, ma dovrai essere sincero- Zayn alza gli occhi al cielo, perché sa che le cose che chiedono non cambiano mai- Ti sta bene?”
“Ok.”
“Hai mai tentato il suicidio?”
“No.”
“Dormi la notte?”
“Sì.”
“Hai spesso sbalzi di umore?”
“No.”
“Come ti senti?”
Perennemente triste.”
“Laconico?”
“Alle volte.”
“Mangi regolarmente?”
“Sì.”
“Hai una ragazza?”
“No.”
“Un ragazzo?”
“Neanche.”
“A scuola vai bene?”
“Sono stato ammesso al college a Edimburgo.”
“Complimenti! Senti Zayn, ma un amico ce l’hai?”
“No.”
“Pensi che la cosa sia legata al tuo fisico?”
“No.”
“Pensi di essere troppo grasso?”
“No.”
“Magro?”
“No.”
“Brutto?”
“No.”
“Ti sei mai chiesto perché non ne hai uno?”
“Non credo di averne bisogno. Abbiamo finito?”
Senza neanche aspettare la risposta si alza, sfila il pacchetto di sigarette di tasca e si avvia verso le scale di sicurezza con un ronzio di api nelle orecchie.


A Zayn le api sono sempre state –perdonate il turpiloquio- pesantemente sul culo. Trova ridicolo che un animale possa usare il proprio pungiglione una volta sola per poi morire, odia il fatto che vivano come parassiti, rubando il polline dalle corolle dei fiori sul balcone. Appena una gli si avvicina afferra il giornale più vicino e inizia a cercare di colpirla, arrabbiandosi se manca il bersaglio.
Non è cattivo: è l’unica valvola di sfogo che ha.


Niall non pensa che il volontariato sia la sua strada. Non perché bestemmi per qualsiasi cosa gli capiti, bella o brutta che sia, chiariamoci: semplicemente, non crede di essere nato per aiutare gli altri. Spesso ha bisogno di stare da solo, lontano dai sette miliardi di persone che abitano la Terra e tira fuori la sua chitarra. Fra i musicisti c’è la convinzione che il proprio strumento abbia un’anima, per questo il proprietario la battezza nei modi più strani.
Quella vecchia Hoffman, però, un nome non ce l’ha: ha voluto lasciarla libera. È sicuro che le parole siano delle gabbie, perché dobbiamo avere necessariamente qualcosa a marchiarci. Vorrebbe tanto tornare indietro e scegliere chi essere, fare una legge secondo la quale ognuno debba trovare il proprio modo di esistere da solo. Gli manca l’Irlanda, l’aria fredda di prima mattina, suo fratello che gli urla dietro perché ha scordato il pranzo sul ripiano della cucina. Niall ha lasciato la scuola a 17 anni, sicuro di inseguire un sogno che sarebbe diventato realtà. Poco a poco, sta scalando la montagna: si è trasferito innumerevoli volte, ha fatto quindici lavori diversi e ha dormito in otto topaie differenti. Tutto questo per un disco un po’ graffiato, contenente le sue prime sette cover e tre canzoni scritte di suo pugno. Se vuoi parlargli lo trovi all’angolo della strada a vendere giornali e un EP che ha chiamato Take Me Home.
Ditemi, con quel muso da cucciolo, chi non se lo porterebbe a casa?


***



Zayn, da un paio di mesi a questa parte, ha la strana abitudine di affacciarsi alla finestra quando piove; gli piace guardare il mondo inzupparsi di ricordi. Abitando al quinto piano, ha una perfetta visuale sulle strade principali e tutti quegli ombrelli che si rincorrono lo fanno tornare bambino, quando saltava per raggiungere la mensola dove c’era il barattolo dei biscotti. Sulla porta piena di graffi di camera sua, incide una tacca ogni volta che vede un ombrello turchese passare fra la folla. Lo ha notato tre mercoledì fa, camminava tranquillo, controcorrente e ne è rimasto talmente affascinato da disegnarlo sul mogano. Quando lo vede, aggiunge un segnetto –è arrivato a undici- e corre di nuovo ad aspettarlo, perché già gli manca. Non sa se sia normale rivedersi in una cosa scontata come un ombrello,o volerlo come amico. Non gli interessa nemmeno, a dirla tutta, perché lui vorrebbe conoscerlo e basta.
“Allora Zayn, come stai?”
“Male.”
“Sempre uguale?”
“No, adesso un po’ meno.”
“Davvero?”
“Sì.”
“Dimmi, questa settimana sei uscito?”
“No.”
“Da quanto non esci?”
“Un bel po’.”
“Sapresti dirmelo in modo più esaustivo?”
“Credo sei mesi.”
“Non ti manca il mondo fuori?”
“No.”
“E le persone?”
“No.”
“Stento a credere che tu non abbia un amico.”
“Ce l’ho.”
“Come si chiama?”
“ È un ombrello.”
Esce dalla cucina come un attore esce di scena, sbuffando, stanco di tutto quel teatrino, di quelle pillole che non vuole prendere –“Adiamo mamma, io, antidepressivi?”- e degli accendini che finiscono. Zayn non è malato, ha bisogno di qualcosa di atipico, qualcuno come lui.


Niall chiude l’ombrello, sbuffando- in Inghilterra piove troppo, cazzo- e lo appoggia nell’atrio, salutando con la mano Matt, il tecnico dei suoni.
“Ehi, Irlanda!”
“Mattie!”
“Pronto per oggi?”
“Certo!”
Appena mette piede nella sala di incisione, sente che lui è nato per fare quello: guarire il mondo. La musica è la migliore medicina, poco importa se troppa porta alla dipendenza; a lui va bene morire di quel tipo di overdose. Niall ammette di esserne drogato, non si vergogna: è la verità, nuda e cruda. I CD sostituiscono i pacchetti di marijuana, a fine giornata ha le corde vocali distrutte ma continua a cantare anche mentre torna a casa. Gli piace particolarmente farlo mentre piove, perché la pioggia migliora qualsiasi cosa. Birmingham ride piano quando lo vede aprire l’ombrello e intonare la canzone di turno per augurarle il buongiorno. È una città stanca, piena di colori cupi, alberi spogli; Niall, i suoi occhi e il suo ombrello sono l’unico motivo per sorridere.
“Allora Irlanda, abbiamo il basso pronto, manca la chitarra, la voce e i cori. Cosa vuoi fare per primo?”
“Se mi dai dieci minuti per accordare la bimba, parto con la chitarra.”
“Perfetto!”
La maggior parte di quello che guadagna lo spende lì, al 109A di Spinner Street, quattordicesimo piano, ascensore in riparazione, venticinque rampe di scale da fare. Non si lamenta, è abituato a correre per qualsiasi cosa. Niall da piccolo voleva fare il paracadutista perché più in alto sali, più il volo è pieno di emozioni.


***



Zayn si sveglia grugnendo e desidera ripiombare immediatamente fra le braccia di Morfeo. Rotola su un fianco, cercando di riacchiappare gli ultimi rimasugli di sonno, senza successo. Il sole splende pigro, un’ambulanza passa a sirene spiegate e, stizzito, getta le lenzuola a terra. Il caldo tarda ad arrivare anche quest’anno e mette addosso qualcosa, giusto per salvarsi dall’ipotermia.
“Amore, è la centesima volta che te lo dico, smettila di camminare scalzo, prendi il raffreddore.”
’Giorno ma’.
Inizia a giocherellare con le due uova che ha nel piatto mentre Tricia finisce di caricare la lavastoviglie, cantando una canzone dal ritmo anni ’80. Zayn vorrebbe cercare quell’ombrello al posto delle scarpe, trovare chi ci sta sotto invece di fare il fiocco ai lacci delle Balzers.
“Tesoro, cosa fai?”
“Vado a comprarmi le sigarette in fondo alla strada. Ti serve qualcosa?”
“Puoi prendere il giornale?”
“Ok.”
Prende le chiavi ed esce di casa, chiamando a gran voce Boris, il cucciolone di casa. Zayn e il suo cane sono insieme da quando lui aveva 12 anni e sono inseparabili, come ogni coppia di innamorati che si rispetti. Essendo ormai abituato a uscire con Yaser, guarda il ragazzo con aria interrogativa,ma capisce tutto appena l’altro tira fuori il guinzaglio. Scodinzola felice e si precipita fuori, trascinandosi dietro il poveraccio.
Tricia aspetta che la casa sia vuota per tirare un sospiro di sollievo, posando lo straccio: suo figlio sta ricominciando a vivere.


Zayn è troppo preso dal cane per accorgersi che il tabacchino l’ha superato da circa dieci minuti, e decide di lasciar perdere quando imboccano Thundern Road, perché si ricorda che c’è un’edicola duecento metri più avanti. Si era scordato quanto Boris tirasse al guinzaglio e, dopo sei mesi, è un po’ fuori forma.  Si ferma a riprendere le sue Winston rosse, compra una brioche, il quotidiano per sua madre e decide di farsi una camminata. Il mondo visto dal basso fa tutto un altro effetto: è molto più noir, ha la curiosità che aumenta ad ogni passo posato sul marciapiede. Gli sta tornando la voglia di viaggiare per il mondo, diventare un senzatetto, così avrebbe solo le stelle sopra la testa. Rallenta e comincia a guardarsi intorno come se fosse un turista. Zayn non è che un passeggero, qualcosa che verrà cancellato, lo sa da tempo; vorrebbe solo essere indelebile per qualcuno.


“Allora, tua madre mi ha detto che sei uscito, stamattina.”
“Sì.”
“Com’è fuori?”
“Freddo. Avevo scordato il giubbotto.”
Il dottor Hemingway ridacchia, incrociando le caviglie.
“Ti sei mai tagliato?”
“Con il coltello mentre affettavo i peperoni.”
“Sui polsi con una lametta?”
“No.”
“Non capisco, Zayn. Non sei bulimico, anoressico, autolesionista, depresso, non hai fobie particolari. Sei gay per caso?”
Pansessuale.”
“I tuoi lo sanno?”
“Da anni.”
“Hanno reagito bene?”
“Abbastanza.”
“Qual è il problema?”
“Questo me lo deve dire lei, non ho io la laurea in Psicologia.”
Alza lo sguardo e lo guarda negli occhi, finalmente. Li vede vuoti, spenti, così simili a quelli di tutti gli altri. Si chiede se anche i suoi siano così brutti, inespressivi. Ha paura di essere solo l’ennesima scheda. Vorrebbe rompere la fotocopiatrice, schizzare inchiostro ovunque, staccare la spina di quella macchina infernale che riesce solo a riprodurre copie perfettamente uguali di un manichino. Il mondo è stato popolato da infinite marionette: Zayn ha realizzato che hanno tutte la stessa, identica faccia.


***



Niall sogna Dublino, l’aeroporto, una valigia persa. Sente lo stomaco brontolare e, grattandosi la nuca, si avvia con passi lenti e studiati verso la cucina.
I cereali hanno lo stesso sapore del cartone, il latte va ricomprato perché domani scade, ma inizia ugualmente la giornata con uno dei suoi sorrisi. Fin da piccolo, è sempre stato riconosciuto, ovunque andasse, per due cose: l’accento e la risata. Non si è mai fermato a pensare se la cosa sia positiva o negativa –non perché sia stupido, ma perché ha altre priorità- e mentre mette le Air Force ricorda che il meteo ha previsto acquazzoni dopo le sei, quindi afferra l’ombrello. È contento, è stato preso in una band di supporto, si limita a qualche assolo da dietro le quinte, ma gli sta bene. Parteciperà al nuovo disco come chitarra solista e non sta nella pelle. Dovrà trasferirsi di nuovo, a Edimburgo, ma poco gli importa: casa è dove lui vuole che sia.
Sono giorni che fa tardi la sera al pub, che ha a che fare con dei post-sbornia sempre più forti; ha, però, un rimedio infallibile: Coca-Cola, accuratamente sgasata. Beve l’ultimo sorso, getta la lattina a terra –al diavolo il surriscaldamento globale- ed entra in edicola, canticchiando.
“Ragazzo, oggi è tutto in mano a te!”
“Va bene, Tom.”
Tom Nightshade, un omone corpulento con un fetish particolare per le giacche color pastello e con il muso perennemente imbronciato, gli lascia le chiavi insieme a un’occhiata truce e se ne va, lasciandolo solo.


Sono le cinque e mezza del pomeriggio e l’ennesimo temporale imperversa sulla Gran Bretagna, facendo riapparire ombrelli e impermeabili. Zayn sbuffa, come se volesse scacciare le nuvole e passa un dito sul vetro della finestra, lasciandoci il segno. Ricorda ancora quando sceglieva la goccia di pioggia più bella e la incoraggiava ad andare più veloce, per poi vederla schiantare contro il davanzale. Ha cominciato ad andare a correre tutte le mattine –se non ne ha voglia e fa bel tempo, invece, prende la bicicletta- e a cantare sotto la doccia; suo padre dice che è bravo, ma non ci crede.
“Quindi Zayn, parlami di questo ombrello.”
“È di una sfumatura del cielo che ho visto una volta sola, alle cinque del mattino. Passa di qui tutti i mercoledì.”
“Hai detto che fai una tacca sulla porta quando lo vedi. Quante ce ne sono?”
Centotre.
“Sei curioso di sapere di chi è?”
“Non lo so.”
“Come mai?”
“Se chi ci sta sotto fosse una delusione?”
“Se ci fosse l’amore della tua vita?”
Sorride scettico, scuotendo la testa. Ha sempre ammirato l’immaginazione delle persone, la loro capacità di costruire i più bei castelli con degli atomi di azoto e ossigeno per poi distruggerli.
“Come sai, questa è la nostra ultima seduta. Non sei mai stato malato, quello che ti è successo è anormale, ragazzo mio, non ho mai avuto un caso come te. Ti lascio con un compito: abbi fede, anche ogni tanto e basta. Ok?”
“Ok.”
Zayn ha sempre pensato che la fede si potesse avere sono in Dio. Avendo una famiglia musulmana e compagni di scuola buddhisti, vivendo in un paese per la maggioranza protestante, mangiando al ristorante sotto casa che appartiene a due induisti, non ha mai pensato a quale religione lui appartenga. Non sa in chi credere.


Niall sta camminando sotto la tettoia del 95A di Frances Road, l’ombrello aperto e l’acqua nelle scarpe. Gli manca amare –forse non ricorda nemmeno come si fa- e i quadrifogli sulle insegne dei locali, ha voglia di abbracci, vuole una svolta nella sua vita. È così preso dai pensieri che non si accorge di un ragazzo che gli sta correndo incontro, fradicio da capo a piedi, solo un paio di jeans e una fruit nera a coprirlo miseramente. Se lo trova addosso, con il fiatone, con gli avambracci che gli sfiorano i fianchi, l’aria di uno che ha appena preso una botta in testa. Zayn è incantato: i suoi occhi hanno la stessa sfumatura azzurra dell’ombrello, del cielo. Sente il cuore battergli ovunque, non è sicuro che sia rimasto fermo nel petto e sorride, perché adesso è felice.
“Ciao.”


***


Edimburgo, tre anni dopo.


Niall arriccia il naso quando sente l’odore di frittelle e affonda il viso nel suo cuscino, perché il suo profumo è più buono. Mai avrebbe immaginato di trovarsi un appartamento vicino all’Università di Arte, di lavorare a tempo piano per l’Elektra Records, di viaggiare solo durante l’estate. Eppure è lì, con un lenzuolo avvoltolato attorno alle gambe e con il sonno intrappolato fra le ciglia. Zayn entra in camera sbadigliando, lo sente poggiare le mani sulla sua schiena e percepisce il freddo dell’anello che il ragazzo tiene al mignolo sinistro. Ricorda ancora la gaffe di quando glielo ha regalato l’anno prima: tutti erano convinti che gli avrebbe chiesto di sposarlo, ma lui aveva capito subito che non era quello.
“Niall, è ora di alzarsi.”
“Non posso star qui altri dieci minuti?”
“No, la colazione si fredda.”
Volta un poco la testa e vederlo lì, con una maglietta e i boxer addosso in pieno Dicembre, lo fa sorridere. Sicuramente Zaynie ha qualche problema di temperatura corporea, si dice mettendosi a sedere sulla sponda del letto. L’immagine del loro primo incontro gli balena in mente e poco ci manca che scoppi a ridere, la voce ancora roca e il tepore delle coperte addosso.
“Particolarmente di buon umore stamattina, mh?”
Per tutta risposta Niall lo bacia sulle labbra, rubandogli di mano il piatto e sedendosi a tavola.
“Oggi pomeriggio hai da fare?”
“Devo consegnare un progetto alle quattro, ma poi sono libero. Perché?”
“Niente, ho giorno libero. Ti va di andare a fare un giro in centro dopo?”
“Ok.”
Per un paio di minuti si sente solo il rumore delle posate e della stoviglie. Non è un silenzio fastidioso; è ricco di sguardi, amore, mattina, fiducia. Niall si diverte a guardare Zayn gonfiare le guance quando mangia: lo trova adorabile e si vergogna, perché in quasi quattro anni è diventato schifosamente dolce per colpa sua.


Zayn corre per l’atrio ed esce dall’università. Niall lo sta aspettando al cancello, con le mani in tasca. Sta iniziando a piovere e non hanno ombrelli. La cosa gli sembra comica, visto che è grazie a uno di quelli che si sono conosciuti. Ha imparato, però, a non farci troppo caso, a credere che Niall lo avrebbe incontrato comunque. Zayn ha capito che la fede non è una cosa da Chiesa: la fede è in qualunque cosa tu voglia. Qualunque cosa di cui tu abbia bisogno.
Zaynie, se per colpa tua prendo il raffreddore io…”
“Corri, stupido!”
“Ti ho mai detto che ti amo?”


***
 


Premio per miglior caratterizzazione.

Premio per miglior momento romantico.

Primo classificato al Try!OneDirection!Contest.

Dedico queste otto pagine di Word alla mia adorata Franci, alla promessa di un gelato e ai pianti sui programmi in spagnolo.

Alla McCharmey. Bud, quanti soprannomi ti darò, vero? Considerali una piccola parte del bene che ti voglio, grazie di tutto. Per tutto.



 

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