Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Waterproof    01/08/2013    18 recensioni
Dal XII capitolo:
"Harry, vaffanculo." Borbottai, voltandomi per andarmene.
"Ci andrei, ma ci vai spesso tu. Mi toccherebbe condividere con te anche quel posto."
Ora gli spacco la faccia.
*
"
Mi stai toccando il sedere, Styles? " Domandai, scostando violentemente la sua mano.
" Io posso. "
" Ah, sì? E chi lo dice? " Incrociai le braccia al petto, aspettandomi una risposta esauriente.
" Questo. " Sussurrò, indicando il segno rosso sul collo.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 22.






Tutta la mia vita l’avevo trascorsa pensando che il destino governasse gran parte degli eventi che la caratterizzavano, ritenendo necessario equilibrare il karma per poter vivere in pace con l’universo. Pertanto, ad un tot di azioni negative ne avevo affiancate altrettante positive, in modo da tenermi in proporzione. Dato che in quel momento tutto sembrava andarmi contro, c’erano due possibilità: o il cosmo aveva deciso di punirmi per una qualche scempiaggine compiuta senza sapere né quando né come, oppure il karma era una fottuta idiozia.

Avevo deciso di vertere sulla seconda opzione, anche se significava cambiare completamente il mio modo d’essere. Era un sacrificio richiesto e dovuto se volevo portare avanti la mia nuova linea di condotta.

Finito di sistemare il mio letto, scesi di sotto e mi misi all’opera. Preparai l’impasto per le frittelle, succo di frutta, ananas e infine del latte, poco prima che mia madre entrasse in casa dopo aver finito il giro quotidiano che il suo lavoro di assicuratrice prevedeva, e mi vedesse con un piatto pieno di pancake tra le mani. La sua espressione era assai eloquente, considerando che, dato l’odio che provavo nei loro confronti, quel gesto era del tutto inaspettato. Mi misi a sedere comodamente e le chiesi di chiamare suo marito, o si sarebbe freddato tutto. Cautamente si avvicinò alla tavola e si mise a sedere di fronte a me – forse per tenermi d’occhio, forse perché quello era sempre stato il suo posto – e afferrò una frittella con la forchetta. Vi spezzò sopra del burro e ci versò anche dello sciroppo d’acero, seguita costantemente dal mio sguardo.

Era una buona idea?

Cosa mi diceva che sarebbe cambiato qualcosa?

Mio padre ci raggiunse poco dopo, ancora assonnato perché erano appena le nove del mattino, e si accomodò a capotavola come suo solito. Decisi che quello era il momento.

<< Allora, >> iniziai, schiarendomi la voce << vi chiederete a cosa dobbiate tutto questo. Ebbene, ho deciso che è arrivata l’ora di ricominciare. Non voglio un nucleo perfetto, ma solo una famiglia che ci sia quando sarò sola, quando sentirò di non farcela, che mi sostenga quando mi verranno chiuse porte in faccia e per la quale io possa fare lo stesso. Credevo fosse tardi, invece questo è il momento giusto, e lo so perché sento che se qualcosa deve andare storto, allora dovrò fare qualcosa per impedire che questo accada. Saremo speciali perché rinasceremo dalle macerie, vero? >>

Sentivo che stavano trattenendo il respiro, e io avvertivo un disagio tremendo dovuto ai loro sguardi puntati addosso. Anche quello sarebbe sparito, ne ero certa.

Attesi con ansia che dicessero qualcosa, e quando fu mia madre la prima a parlare, mi sentii quasi sollevata, neanche avessi paura del giudizio di mio padre. In fondo non avevamo mai parlato così tanto.

<< Ci dispiace… >>

Ma stava piangendo davvero? O era solo la mia fervida immaginazione che giocava brutti scherzi?

<< Pensavamo di non essere pronti ad avere una figlia, e vederti allontanare di anno in anno sempre di più ci dava una conferma. Ci siamo stati poco, o quando facevamo sentire la nostra presenza era eccessiva e opprimente… Scusaci, piccola. Non ci eravamo resi conto di niente, e al solito sei tu quella più matura tra i tre. >>

Avvertii una strana sensazione allo stomaco, dovuta forse al fatto che quel muro che si era venuto a formare tra me e i miei genitori stava finalmente crollando.

<< Sei la cosa migliore che ci sia capitata >> intervenne mio padre, facendomi sussultare.

Era davvero così che la pensavano? Ero stata io col mio carattere scontroso ad allontanarli, sebbene loro avessero gettato benzina sul fuoco? Non volevo avessero paura di me e di come avrei reagito, ma ora non c’era più motivo di preoccuparsi del passato.

<< Agli abbracci ci arriveremo con calma, ora mangiamo >> scherzai, addentando un pancake mentre mio padre rideva.

Chiacchierando del più e del mondo, mentre io mi rendevo quanto fosse stato semplice mettere le cose a posto, sentimmo suonare il campanello. Chiesi loro di restare seduti ai propri posti mentre io mi avviavo alla porta per vedere di chi si trattasse.

Quando l’aprii, mi trovai davanti un ragazzo sulla ventina in divisa.

 

I postini di oggi sono tutti così?

 

Scossi il capo per scacciare quei pensieri e tornai a… George, che mi stava parlando.

<< Lei è la signorina Lewis? >> chiese, inarcando un sopracciglio.

Mi limitai ad annuire per non inveirgli contro, e attesi che mi porgesse un foglio da firmare. C’era una raccomandata per me.

Per me che fino a quel momento avevo ricevuto solo posta pubblicitaria, senza sapere come facessero le agenzie a sapere il mio nome e da quando fossi maggiorenne. Ringraziai malevolmente il ragazzo e rientrai in casa, scrutando la busta. Solo quando lessi il nome del mittente quasi non mi venne un infarto.

La lanciai sul tavolo sotto gli occhi curiosi dei miei e mi allontanai, allarmata. Era troppo leggera, il che non lasciava presagire nulla di buono.

<< Ah, è Oxford. Non la leggi? >>

Mia madre fece per aprirla, ma la fermai proprio quando cercò un coltello per tagliare la sommità della lettera.

<< Non sono pronta, magari dopo >> affermai, salendo di sopra.

E se la risposta fosse stata negativa? Certo, non sentivo più quel bisogno impellente di andarmene dalla città, avendo chiarito coi miei e avendo chiuso con Harry da ormai dodici giorni, ma era ormai diventata una questione di principio. Avevo convissuto con Sandy, avevo rischiato una violenza, avevo passato le notti in ospedale nella speranza che Harry si salvasse, c’ero andata a letto, mi ero incasinata l’esistenza… tutto per quel corso che mi avrebbe valso molti, tanti punti di credito per l’Università. Non volevo fosse stato tutto inutile.

Feci l’unica cosa che trovavo sensata da giorni, e accesi il computer. Effettuai l’accesso a Skype e contattai Zayn, che rispose quasi subito. Optammo per una videochiamata, e quando lo vidi fui subito più tranquilla.

<< Fatto quella cosa? >> chiese, andando dritto al punto.

<< Certo, ed è andato tutto bene. Chissà che non faremo anche qualche viaggio insieme >> ridacchiai, contagiandolo. << E’ arrivata la risposta da Oxford… >>

<< E me lo dici così?! Momento… Perché me lo dici così? Quei figli di put… >>

<< Zayn! >> lo frenai, ridendo. << Non ho ancora letto nulla, quando lo farò sarai uno dei primi a saperlo. Okay? >>

Annuì, poco convinto, e cambiammo totalmente discorso.

<< Quell’idiota di Marcus sta rendendo la vita un inferno a tutti, al locale. >>

<< Perché non cerchi altro? Sei un bel ragazzo e sei abbastanza avvenente, non dovresti avere problemi. Magari ti prendono a Geordie Shore >> dichiarai, ridendo come una forsennata, immaginandomelo nelle vesti del tamarro.

<< Ah-ah, divertente. Se fossi lì una grattata di capo non te la toglierebbe nessuno >> rispose, fingendosi offeso. << Comunque non posso, si parla di tremila sterline mensili, e per un dj come me sono anche poche. >>

<< Mi inchino dinanzi a sua maestà >> scherzai. << Non farti mettere i piedi in testa, Zayn. >>

<< Ci mancherebbe. Quel tipo è alto sì e no quanto il bancone del piano bar. >>

Ridemmo a quella sua battuta, poi decidemmo di staccare dato che lui aveva da fare e io dovevo decidere cosa fare del mio futuro.

Abbassai lo schermo mandando il computer in stand-by e scesi di sotto, trovando il tavolo sparecchiato e la busta al centro di esso. Mi avvicinai lentamente senza smettere un solo istante di fissarla e la presi tra le dita, uscendo poi in giardino per andarmi a sedere sul marciapiede.

Okay, le possibilità erano due: entrata o… Non entrata. Potevo pur sempre fare richiesta altrove, ma l’alternativa migliore era Bristol, e io non potevo frequentare la stessa università di Harold Edward Styles. Ergo, dovevo entrare a Oxford. Inspirai ed espirai, arrivando ad accartocciarla e subito mi rimproverai per averlo fatto.

 

Cara busta, so bene che non mi odi e che per un motivo o per un altro prima o poi ti aprirò. Magari quando sarò ubriaca, così non ricorderò niente. Ma sarà come soffrire due volte, quindi credo che tra un paio di secondi strapperò quel sigillo e leggerò il tuo contenuto.

 

Presi un respiro profondo e…

<< Se continui a guardarla così rischi di farla sparire. >>

Sollevai lo sguardo in direzione della voce e quasi non mi venne un colpo. Non sapendo bene cosa dire, mi limitai a distogliere lo sguardo e poggiarlo di nuovo sulla carta bianca.

<< Posso? >>

Anne indicò lo spazio accanto a me e si mise a sedere, poggiando le buste della spesa di fianco a sé. Le allungai la busta, senza dire una sola parola.

<< Prima di aprirla voglio chiederti scusa. Mi sono comportata malissimo. >>

<< Avevi le tue buone ragioni per odiarmi, non preoccuparti. >>

Abbozzai un sorriso per nulla sincero. Anne mi era mancata tantissimo, era stato come perdere una madre quando aveva iniziato ad ignorarmi.

<< Io non ti ho mai odiata, piccola. Sei come una figlia per me, non potrei mai. Quando ho saputo di Harry sono andata nel panico, è mio figlio… è lecito. Ma poi ho pensato che se non avesse anche solo tentato di proteggerti forse avrei litigato con lui. Par condicio, no? >>

Mi allungai verso di lei e l’abbracciai, cercando di rimuovere dalla mente quel periodo terribile. Quando mi scostai, lei mi guardò e io annuii. Chiamai i miei a gran voce, e quando arrivarono si misero alle nostre spalle. Anne, con uno strappo netto, rivelò il contenuto della lettera, mentre io tenevo gli occhi serrati e speravo con tutta me stessa di essere entrata.

<< Perché non volevi aprirla, prima? >> chiese Anne, poggiando il foglio contro il suo petto.

<< Era troppo leggera, il che non è mai un buon segno >> spiegai, cercando di celare l’ansia.

Tentativo più che fallito dato che un solo sguardo la spinse a continuare.

<< Hai mai pensato che prima erano più pesanti per il semplice motivo che oggi le iscrizioni si fanno anche online? >>

<< Mi stai dicendo…che… >> non riuscivo a spiccicar parola, ero totalmente paralizzata mentre i miei genitori già mi stringevano in un abbraccio soffocante.

<< Sei entrata, genietto. >>

Non riuscii a reprimere un urlo consolatorio, mentre già balzavo in piedi e afferravo il cellulare per avvisare Elena e Liam.

<< Vado ad Oxford, vado ad Oxford! >> gridai, udendo, dall’altra parte della cornetta, migliaia di congratulazioni.

Mio padre corse dentro, seguito da tutti noi, e mentre attendevamo che arrivassero anche i miei amici, scese in cantina a prendere l’unica bottiglia di champagne che teneva conservata.

Elena e Liam arrivarono praticamente subito e mi furono addosso, abbracciandomi e congratulandosi ancora con me. Io ancora non ci credevo, e forse mi ci sarebbe voluta una sbronza per calmare tutto quel fuoco che sentivo dentro. Quando mio padre riempì i calici, fui la prima a scolare il contenuto per intero, sentendo un lieve bruciore all’altezza dello stomaco.

<< Posso avere l’onore di ospitarti per cena, stasera? >> chiese Anne, sorridendo.

<< Oh, io non credo che.. >>

<< Ma dai, in fondo anche Harry è entrato a Bristol, no? Festeggerete insieme! >> intervenne mia madre, mentre io cercavo scuse su scuse per non vedere Styles.

Che motivo c’era di mandare a monte tutti i miei favolosi piani per una vita tranquilla che non prevedesse l’esistenza di Harry? Non chiedevo poi tanto, ma a quanto pareva Anne e i miei genitori non erano poi così d’accordo.

<< Ti aspetto alle otto! >>

Avevo nove ore per praticare training autogeno.

 

Ce la puoi fare, Lewis, sei entrata ad Oxford. Ce la devi fare.

 

Quando uscii di casa, ero totalmente smorta. Il training autogeno non era servito a niente se non a ricordarmi, tutto il giorno, che entro pochi minuti avrei rivisto Harry. Non volevo finire così, non volevo diventare una di quelle che lui lasciava e che facevano di tutto per riconquistarlo, come andare a cena a casa dei suoi il giorno in cui avevo scoperto di essere entrata ad Oxford. Non eravamo stati insieme, questo era vero, ma il concetto era quello.

Arrivai fuori casa sua in nemmeno sessanta secondi, mandando al diavolo i miei tentativi di prolungare quel tempo al fine di andare via il più presto possibile. Le parole che mi aveva urlato contro ancora suonavano nella mia mente, e come un mantra mi rammentavano che lui mi disprezzava, quando poi avrei dovuto farlo io.

Il problema era che non ci riuscivo affatto.

Suonai il campanello e rimasi in attesa, fino a quando ad aprirmi non fu Gemma. Mi stavo giusto ponendo il problema dell’attrito che si era creato tra noi due, quando mi saltò addosso e mi abbracciò, stringendomi forte.

Mi invitò ad entrare e raggiungere gli altri membri della famiglia, tutti seduti sul divano del salotto.

<< Harry sarà qui tra poco, accomodati. Oh, ma che dico? Questa è casa tua! >>

Anne era tornata quella di prima, e ne ero estremamente felice date le condizioni in cui era gravato ultimamente il nostro rapporto.

Mi offrii di darle una mano in cucina, ricalcando sull’ “è casa tua” e proposi di preparare le mie piccole cheesecake. Robin ne fu entusiasta, dato che le adorava, e quindi Anne non poté rifiutarsi.

Preparai in fretta l’impasto e posi i dolci nel freezer per accelerarne il raffreddamento.

<< Vado in bagno, torno subito >> affermai, e lasciai la cucina.

Mi diedi una rinfrescata al volto e mi guardai allo specchio: stavo tremando, e lui neanche c’era. Ma cosa mi stava succedendo?

Non era possibile, io non ero mai stata così debole. Perché ad un tratto lui era diventato così importante per me? Mi aveva trattata malissimo, eppure mi ostinavo a desiderarlo. Masochismo, si trattava di puro e semplice masochismo.

Quando tornai dagli altri, li sentii parlare. Entrai in sala da pranzo e, mentre stavo per chiamare Gemma, incontrai un paio di occhi verdi e vidi scomparire le due fossette che tanto amavo dal suo volto.

 

Sto spegnendo i suoi sorrisi.

 

Quella consapevolezza mi fece sentire ancora peggio, tanto che sentii di aver bisogno d’aria. Dissi ad Anne che sarei andata a controllare i dolci nel freezer, così mi allontanai di nuovo per cercare di calmarmi. Dopo quella notte non ci eravamo più visti né sentiti, e incontrarlo di nuovo, così, era destabilizzante. Presi due lunghi respiri e mi appoggiai al bancone della cucina, chiudendo gli occhi.

<< Potrete anche fregare mia madre, ma non me. >>

Gemma mi fece venire un colpo. Se ne stava appoggiata allo stipite della porta e mi fissava, con le braccia incrociate.

<< Che intendi dire? >>

<< C’è qualcosa tra te e Harry. E sono sicura che tra venti secondi mi dirai di che si tratta. >>

Deglutii, impossibilitata ad arretrare a causa dell’ostacolo che fino a quel momento mi era valso come punto d’appoggio.

<< E’ tutto passato, ormai. Almeno per lui >> mormorai, abbassando lo sguardo. A Gemma non potevo mentire, era una specie di sorella. Mi conosceva quanto Elena.

<< Io non credo, quindi non scappare. Harry ha bisogno di qualcuno che resti >> spiegò, sorridendo. Ricambiai, per nulla sicura di tutto quello. Come potevo restare se lui mi respingeva in quel modo? Avevo una dignità e, seppur soppresso, un orgoglio che si stava facendo sentire ora più che mai.

Sospirai e mi avvicinai a lei, ricevendo un abbraccio; mi era mancata, tanto.

<< Oh, che carine >> intervenne Anne, avvolgendoci. Fu istintivo per me scoppiare a ridere, mentre, in quel sandwich, mi sentivo schiacciata tra due corpi.

<< Ora a tavola! >>

Mi accomodai accanto a Gemma, mentre Harry prese posto di fronte a me, vicino alla madre.

 

Ovviamente. Zayn aveva ragione, il culo ce l’hanno solo le principesse.

 

Anne servì i suoi famosi manicaretti, tanto che, mentre li mangiavo, non pensavo allo sguardo assassino che Harry mi riservava. Cosa si aspettava? Che lasciassi perdere tutta la sua famiglia a causa della sua stronzaggine? Non ci pensavo nemmeno, quindi sarebbe stato meglio per lui se avesse smesso di fissarmi.

Chiacchierammo di varie cose, i miei interventi erano ridotti al limite dato che non avevo molta voglia di parlare, e solo quando Anne portò in tavola le mie mini-cheesecake Robin si decise a servire del vino a tutti. Mi chiesi cosa stesse facendo, e quando si alzò e mi guardò mi fu tutto più chiaro.

Cercai di nascondermi usando Gemma come scudo, ma fu tutto inutile.

<< A Harry, che partirà alla volta di Bristol, ed Abbey che è entrata ad Oxford! >>

<< Cosa?! Davvero? Oh, sono così fiera di te! >>

Gemma quasi mi stritolò, scuotendomi mentre io cercavo di riprendere aria.

<< Quand’è che parti? >> chiese subito dopo Anne, guardandomi.

<< In verità pensavo di andare prima dai nonni e poi partire per la contea >> spiegai.

<< Ma i tuoi nonni stanno a York. O sbaglio? >>

Annuii, giocherellando con la cheesecake. Non ne avevo per niente voglia, ma non potevo farlo notare. Gemma mi stava già scrutando neanche fossi un topo da laboratorio sotto analisi.

<< Tra una settimana li raggiungo e passo l’estate da loro, quando tornerò avrò solo un paio di giorni per preparare i bagagli e trasferirmi. >>

<< Ah, quindi vai a vivere lì. Mi mancherai un casino, piccola Ab >> mormorò Gemma, carezzandomi i capelli.

Lo sguardo mi cadde casualmente sull’orologio, e notando l’orario decisi che era ora di andare. La famiglia intera si alzò e mi accompagnò alla porta, compreso Harry che non aveva spiccicato parola durante tutta la cena. Quel suo silenzio era troppo strano.

<< Harry, l’accompagni tu? >>

 

Grazie Anne, ti voglio bene anch’io.

 

<< Non c’è bisogno, casa mia è vicinissima >> tentai, ma fu tutto inutile. Robin insistette per la moglie, fino a quando io ed Harry non ci ritrovammo da soli fuori la porta di casa. Camminammo taciturni per quel piccolo tratto di strada che separava le nostre abitazioni, e quando fummo di fronte casa mia, lo salutai velocemente prima di avviarmi lungo il vialetto.

<< Abbey… >>

Forse ero impazzita e nella mia mente udivo ancora il suo della sua voce, ma per sicurezza mi voltai. Lo vidi tendere i muscoli delle braccia ricoperte di tatuaggi e fissarmi intensamente.

Sentivo già il tipico tremore alle gambe e il cuore partire alla volta di un paese totalmente sconosciuto. Cercai di non guardarlo, tenendo in considerazione un punto imprecisato sulla strada.

<< Non intendevo dire quelle cose. >>

<< La rabbia è passata, lascia stare >> affermai, cercando di apparire fredda.

<< Ma sei delusa >> continuò, provocandomi una morsa allo stomaco. Era quello che faceva più male, il fatto che mi conoscesse così bene e non si facesse problemi a ferirmi.

<< Ripeto, lascia stare >> insistetti, e feci per tornare dentro.

<< Pensavi di dirmi che stai per andartene? >>

Il tono della sua voce era cambiato. Sembrava arrabbiato, forse amareggiato e io non capivo il perché. Mi stava confondendo, e io non sapevo gestire la cosa per il semplice motivo che non mi era mai successo di… innamorarmi.

Quella consapevolezza mi attanagliò le viscere.

<< No, >> mormorai, abbassando lo sguardo per poi rialzarlo sul suo volto. << Non ne vedo il senso. >>

<< Io sì >> affermò, prima di separare in un istante la distanza che ci divideva e impossessarsi delle mie labbra. C’era un senso di disperazione che spingeva la sua lingua a cercare l’accesso, e un senso di protezione da parte mia che mi spinse a respingerlo non poco delicatamente.

Mi asciugai la bocca con il dorso della mano, mentre nei suoi occhi non leggevo altro che confusione.

<< Non è così che funziona, Harry. >>

 

Non commetterò ancora lo stesso errore.

 

<< Lo so, fanculo. Lo so… >>

Non poteva arrabbiarsi con me! Non avrei permesso che mi facesse sentire in colpa solo per non essere davvero solo un’altra delle puttanelle che si portava a letto per divertimento. Io non ero così, lui non poteva trattarmi come gli sembrava più idoneo alle sue esigenze.

<< Non mi riconosco più da quando ho iniziato a sentire quest’attrazione così forte per te. Sono geloso, possessivo, altamente protettivo. Più di prima, molto più di prima >> spiegò, passandosi le dita tra i capelli. Era un gesto che era solito fare quando cercava una risposta e non la trovava a portata di mano.

<< Be’, scusa >> ironizzai, incrociando le braccia al petto.

<< Tu non capisci… >>

<< Perché tu non me lo permetti! >> sbottai, nervosa.

Era riuscito a farmi arrabbiare, perfetto. Ora avrei dovuto fare ricorso a tutto il mio autocontrollo per cercare di apparire distaccata e disinteressata.

<< Perché non è facile. >>

Quelle erano esattamente le parole che aspettavo. Aveva finalmente capito cos’avessi passato prima che riuscissi a capire cosa provassi per lui, perché ogni volta avrei preferito essere apatica anziché stargli accanto senza poter fare niente perché lui diventasse mio.

Presi un respiro profondo e puntai i miei occhi nei suoi, pronta a rovinarmi con le mie stesse mani.

 

Ora o mai più.

 

<< Non sono mai stata la migliore, in queste cose. Ho fatto tanti errori, addirittura ne ho perso il conto quando sono arrivata a cinquanta... Pensa, ho portato pazientemente con me questo fardello per tanti anni, sentendone il peso passo dopo passo, ma arrivata ad un certo punto mi sono abituata e ho arrancato. Le cose sono cambiate, stanno cambiando ora. In realtà è già da un po' che ci penso. Non è facile, credimi, ammettere certe cose, soprattutto quando la tua coscienza ti chiede di fare diversamente, quando l'orgoglio ti impedisce di esternare i tuoi sentimenti. Forse hai ragione, con Zayn ci ho giocato, ma era un gioco sadico, faceva male prima a me perché sapevo che non ti avrebbe neanche sfiorato l'idea che stessi diventando una persona orribile solo perché tu aprissi gli occhi e ti accorgessi di me, che esistevo, che volevo una possibilità per starti accanto e renderti felice. Vederti sorridere, sereno, tra le mie braccia, era la sensazione più bella e appagante del mondo, per la prima volta mi ero sentita utile ed accettata. Non ti nascondo di essermi pentita tante volte di essere venuta a letto con te, di aver ceduto e lasciato cadere le barriere solo perché tu mi avevi offerto l'illusione di ricambiare quello che sentivo io... Non erano aspettative, erano illusioni, il che è diverso. Molto diverso. >>

Improvvisamente mi tornò alla mente la nostra prima notte, quella in cui mi ero sentita un gioco. Era una sensazione che non auguravo neanche alla mia peggior nemica.

<< E io... Io non mi sono mai illusa, mai >> continuai. << Poi arrivi tu, rischi la vita per me quando io per te l'avrei data più che volentieri, quella notte. Incredibile. Ho ferito tante persone nella mia vita, ma non mi sono mai resa effettivamente conto di quanto poco potesse importarmene, dato che loro non si erano mai fatte indietro quando si trattava di farmi sentire un completo fallimento, ma non con te. Ad ogni tua parola sentivo di dover dare un significato, perché lo so che non parli mai a vanvera e che quello che dici ha sempre qualcosa di latente... Mi sono impegnata con te, io stessa ho offerto alla sottoscritta migliaia di possibilità per potermi riscattare, ma non è valso a niente, perché la facilità con cui tu mi hai fatto soffrire mi ha fatto capire che più passi compio verso di te, più ne fai tu in direzione opposta. Sono solo stanca. Per la prima volta, mi arrendo di fronte all'impossibilità di un'impresa. Credevo di detestarti, e invece... Mi sono ritrovata ad amarti. >>

 

 

 

 

Sono commossa, davvero. Credevo sareste sparite, invece leggendo le vostre recensioni mi sono sentita a casa. Siete meravigliose, e vi adoro, tutte… Grazie per esserci, grazie per il supporto incondizionato. Non posso far altro che regalarvi un finale perfetto.

 

p.s scusate il ritardo, ma stavolta non è colpa mia. L’editor, come vi ho detto, mi ha dato problemi fino a poco fa..

  
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Waterproof