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Autore: Euachkatzl    03/08/2013    4 recensioni
2013: la rivista Rolling Stone decide di pubblicare una biografia di uno dei gruppi rock più grandi di sempre, i Guns n' Roses. Ogni ex componente del gruppo viene intervistato singolarmente, vengono poste loro identiche domande. Ad una, però, rispondono tutti allo stesso modo.
"Un periodo della tua vita al quale vorresti tornare?"
"Febbraio 1986"
Ma che è successo, nel febbraio 1986?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La luce che filtra dalle tende e punta direttamente sui miei occhi mi sveglia. Mi alzo, alla ricerca di un orologio. Dopo aver rovistato un po’ in salotto, vado in cucina, dove una piccola sveglia sopra il frigo mi informa che sono le otto. Apro un paio di credenze, sperando di trovare prima o poi un barattolo del caffè. La moca è sopra il fornello. Le do una risciacquata, giusto perché contro la malaria non sono mai stata vaccinata, e mi faccio sto caffè. Intanto che si prepara torno un attimo in salotto e apro la valigia che quell’amore del mio ex amante mi ha dolcemente lanciato dalla finestra del primo piano. Ci trovo dentro due paia di mutandine, i fuseaux blu di un’altra ragazza, dei jeans strappati e la mia maglietta dei Ramones. Oddio, mi ha messo in valigia la maglietta dei Ramones. Sarei andata al suo appartamento a Boston a piedi pur di riaverla. Mi tolgo la canottiera bianca che indosso già dal giorno prima e mi infilo la maglietta. Che bella sensazione, dio. Vado in bagno e mi lavo il viso con l’acqua gelata, visto che in questa casa di calda non ce ne sarà mai, temo. Mi lego i capelli in uno chignon improvvisato e torno in salotto. C’è odore di bruciato. Rifletto un attimo. I ragazzi stanno ancora tutti dormendo. Deve venire da fuori.
“Merda, il caffè”
Mi lancio in cucina, trovandomi davanti alla moca con il manico mezzo colato. Spengo il gas e osservo la mia opera. Magari almeno il caffè è venuto buono. Facendo attenzione a non scottarmi, lo verso in una tazza. Assaggio. No, è venuto uno schifo. Butto via tutto e rinuncio alla colazione.
 
“Non c’è odore di bruciato?”
“Massì, sarà Steven che ha tentato di fare la colazione”
“Michael, sono io Steven”
Apro pigramente gli occhi. Steve è in piedi che annusa l’aria manco fosse un cane.
“Esci e va a vedere, no?”
“Ma sei matto? E se c’è un incendio?”
“Se c’è un incendio moriamo lo stesso perché arriva pure qui”
“Non è che puoi andare tu? Io attendo la morte sul mio letto”
Mi alzo, contrariato. Però è vero, c’è un forte odore di bruciato. Di plastica bruciata. Do un’occhiata alle finestre: chiuse. Qualcuno deve aver fatto qualche disastro in cucina.

 
“Buongiorno”
Mi volto e vedo Duff che si strofina gli occhi. Cammina piano, un po’ barcollante.
“Sei una mattiniera?”
“Volevo farmi un caffè, ma ho fatto un leggero casino”
“Del tipo?”
Gli indico la moca sopra il fornello.
“Ah, credevo peggio”
“Ho fuso la caffettiera, non sono stata abbastanza brava?”
“Tu non hai neanche idea di cosa riesce a fare Steven da solo in cucina”
Ridiamo.
“Stamattina niente caffè, insomma?”
“Se non avete un’altra moca…”
“Tranquilla, tanto non lo beviamo mai. La moca ce l’aveva regalata il tipo del bar in fondo alla strada”
Mi da fiducia, questo Duff. È una pertica alta tipo due metri e mezzo, ma mi ispira dolcezza. Al contrario del rosso che sta entrando adesso, di cui manco mi ricordo il nome.
“Che cazzo avete bruciato?”
“La moca”
“Ah vabbè, per la moca..”
Devono essere tutti dipendenti dal caffè, insomma.
“Bella maglia” riprende Duff.
“È la mia preferita. Me l’ha regalata Joey”
“Joey? Joey dei Ramones?!”
Il biondo ha una faccia sconcertata, gli occhi spalancati che tra poco non stanno nemmeno più nelle orbite.
“Joey dei Ramones”
“E tu conosci Joey dei Ramones?”
“Diciamo che essere una groupie degli Aerosmith ti fa conoscere molta gente”
Prendo una tazza da un ripiano e me la faccio riempire di latte dal rosso.
“Com’è che ti chiami, scusa?”
“Ti sei già dimenticata il mio nome?”
“Ti offendi?”
Il ragazzo si gira e si appoggia al bancone, con un sorrisetto malizioso stampato in faccia.
“Se proprio vuoi saperlo, devi pagare”
“Ti chiamerò rosso per tutta la vita”
Bevo il mio latte e esco dalla stanza, voltandomi appena per fargli l’occhiolino.
 
Merda, non doveva andare così.
“Stai perdendo colpi, bello”
“Taci, McKagan. È solo il secondo giorno che è qua, non posso mica saltarle addosso”
“…com’è che con questa siete tutti dolci? Io me la farei subito, se non fosse la sorella di Stradlin” La frase stronza di Slash ci stava, sì.
“Izzy dorme ancora?”
“Sì, russa che sembra un trattore”
Mi guardo intorno.
“E Steven?”
“Ah sì, devo andare a dirgli che per oggi non moriremo”
Duff sparisce dietro la porta, diretto verso un batterista terrorizzato chissà perché dall’idea di morire in mattinata.

 
Ho visto Slash uscire dalla camera poco fa, l’unico che è rimasto dentro è Izzy. Socchiudo piano la porta, quel tanto che basta per vedere mio fratello schiantato sul letto che russa con la bocca spalancata. Notevole, la finezza che ha acquisito durante i sedici anni che non ci siamo visti. Ad un certo punto qualcuno mi prende i fianchi, facendomi sobbalzare.
“Dai, davvero soffri il solletico sui fianchi?”
“Vaffanculo, Steven. Non farlo mai più”
Sbircia dentro alla camera, rimanendo anche lui folgorato dall’eleganza di Jeff.
“Gli avete mai fatto lo scherzo del dentifricio?”
Steven mi guarda, i suoi occhioni che mi scrutano interrogativi. Ha una faccia troppo cucciolosa, sto ragazzo.
“Dai, vai a prendere il dentifricio”
Dopo pochi secondi Steve è di rotorno dal bagno, con in mano un tubetto blu. Lo avverto di fare silenzio con un gesto della mano e insieme entriamo in camera. Mi avvicino a Jeff e spalmo su una sua mano un bel po’ del contenuto del tubetto. Dopodichè mi allontano un po’ e comincio a grattargli il naso. Tempo un paio di secondi e Jeff si porta la mano in faccia, tentando di spiaccicare quell’insetto, tra l’altro inesistente, che gli rompe le palle di prima mattina.
“Ma che cazzo…”
Si alza, facendo in tempo a vedere me e Steven che schizziamo fuori dalla camera, ridendo come cretini. Ci insegue, tentando di pulirsi il viso dal dentifricio appiccicoso.
“Ma che gli avete fatto?” ci chiede Slash, stravaccato sul divano, mentre gli altri se le ridono di gusto con noi.
“Fottetevi. Tutti” è il commento di mio fratello, che entra in bagno sbattendo la porta, facendo sfoggio ancora una volta della sua infinita grazia.
Mi siedo anch’io sul divano, di fianco al rosso di cui non so ancora il nome. Lui mi avvolge un braccio attorno alle spalle.
“Sono Axl, comunque”
“E adesso vuoi il premio per avermelo detto?”
“Se proprio ti va”
Lo guardo intensamente, i miei occhi neri nei suoi verde smeraldo. Mi avvicino lentamente al suo orecchio, faccio aderire le nostra guance. La mia mano pettina i suoi capelli liscissimi. Gli bacio piano il lobo.
“No, non mi va”
Mi alzo e lo guardo, leccandomi il labbro superiore con fare provocante. La sua faccia è contorta in una smorfia tra il ‘Mi vuoi sfidare?’ e il ‘Vaffanculo, mi hai fregato’.
“Voi state tutto il giorno sul divano a non fare niente?”
“In generale, diciamo di sì”
“Io devo andare a fare shopping, in valigia non ho niente”
“Fossi te, indosserei sempre quella maglietta”
“Sì, anch’io Duff, ma dopo un po’ puzza”
Squadro i ragazzi uno a uno, cercando di capire quale possa avere almeno un po’ di gusto nel vestire.
Slash no, sono due giorni che lo vedo e due giorni che gira a torso nudo.
Steven nemmeno, ha una maglietta di un colore alquanto dubbio.
Mio fratello, che è appena uscito dal bagno. A parte il fatto che non uscirebbe mai con me, i suoi pantaloni rossi abbinati ad una camicia verde mi fanno intuire che scelga i vestiti al buio.
Rimangono Axl e Duff. Uno con un paio di pantaloncini e una canotta bianca, l’altro con dei jeans strappati e una maglietta nera.
Lancio uno sguardo complice a Duff, che però non coglie il significato. Mi risponde con una faccia stranita.
“Non è che hai voglia di fare spese?”
 
Sia chiaro, io odio fare spese. Le uniche magliette che ho sono quelle che ci regalano quando suoniamo in qualche locale o che trovo nei negozi di dischi. Ma in questo caso potrei fare un’eccezione.
“D’accordo, perché no?”
Mi alzo e mi dirigo con Jeanette verso il portone d’ingresso.
“Torniamo per stasera” urla lei, prima di uscire tutta felice. Stasera? Sono appena le dieci del mattino.

 
Sono ancora lì seduto sul divano, lo sguardo perso nel vuoto. Quella ragazzina è riuscita a fregarmi. A fregare me. A illudermi. Cazzo, io sono Axl Rose. Le donne mi saltano addosso. E questa invece ci gioca, con me. Preparati, bellezza, che non avrai vita facile qui.
“È il secondo giorno, Axl, non le salterai mica addosso” Slash ripete il discorso che avevo fatto in cucina.
“Se l’è cercata, Saul. Izzy, non ti dispiace…”
“Falle quello che vuoi, per quello che interessa a me”
“Vabbè, tanto anche se mi dicevi di no non ti ascoltavo”
Mi alzo e vado in camera, continuando a rimuginare su cosa potrei fare al ritorno a casa di quella ragazzetta malefica.

 
“Conosci posti dove andare?”
“Di sicuro non in questo quartiere, dobbiamo andare più verso il centro”
Ci appostiamo a una fermata del bus. Fermata costituita da un palo con appeso un cartello disegnato a mano, con tanto di scritta ‘A fanculo’ al posto dell’indicazione della destinazione. Bellalì, sono capitata in un quartiere di matti.
Il bus arriva dieci minuti dopo. Ci sediamo sui sedili in fondo.
“Come mai sei venuta a stare da noi?”
Guardo Duff prima di rispondere, non mi aspettavo una domanda così diretta.
“Mi hanno lasciato per strada. Letteralmente. E Jeff era l’unica persona che conoscevo in California”
“Ti hanno lasciata per strada”
Sospiro. Non è che mi vada di raccontargli tutta la storia. Tento di riassumere il più brevemente possibile.
“Ero una groupie, seguivo gli Aerosmith in giro per l’America. Finchè quell’amore di Tyler non si è stancato di scoparmi”
“Brutta roba”
“Direi che è stato un bene”
“Dobbiamo scendere qui”
Mi guardo intorno. Il quartiere è decisamente diverso. Non direi che siamo arrivati a Hollywood, ma non è neppure così male. Duff mi prende per mano.
“Andiamo”
Entriamo in un negozio che puzza di chiuso e polvere. A destra e sinistra ci sono file interminabili di vestiti, di tutti i colori possibili e immaginabili. Se non fosse per l’odore, direi che sono arrivata in paradiso. Forse questo è il purgatorio. Vado verso la fila di destra, è quella che mi ispira di più: ho già adocchiato un paio di pantaloncini niente male.
 
“Ciao, Michael”
Mi volto: un signore sulla cinquantina è appena comparso alle mie spalle.
“Ciao”
Lui mi da una pacca sulla spalla e indica Jeanette, che sta esaminando una canottiera viola.
“Te l’ho detto io, che la vita da rockstar frutta bene. Guarda che ragazze ti vengono dietro”
“È la sorella di un mio amico, non mi viene dietro proprio nessuno”
“Intanto te la stai portando in giro”
 
“Com’è, mi sta bene secondo te?”
Jeanette si è avvicinata a noi senza che ce ne accorgessimo, mi sbatte davanti agli occhi quella canotta che stava guardando poco fa.
“Secondo me ti starebbe bene tutto quello che c’è qua dentro, piccola”
“Duff, mi sa che qualcuno qui è più bravo di te, a flirtare” ride lei, facendo un occhiolino scherzoso al signore di fianco a me.
“I camerini?”
“In fondo, sulla sinistra”
Lei raccoglie il pacco di vestiti che aveva appoggiato su uno scaffale lì vicino e si dirige nella direzione che le ha indicato. Ad un tratto si gira.
“Non vieni? Devi dirmi come sto”
Il proprietario del negozio mi da un’altra pacca sulla spalla e mi sussurra, neanche troppo a bassa voce: “Non perdertela”.

 
“Buonasera, siamo tornati” urlo appena Duff spalanca il portone.
“Jeanette!” esclama tutto contento Axl, riemergendo dal divano. Jeff è seduto per terra, di fronte a lui, con davanti a sé un foglio di carta scarabocchiato.
“Ma se tipo, invece di dire ‘Baby maybe someday’ dici ‘No, baby, it’s Sunday’?” Questo il saluto di mio fratello, che mi accoglie in un modo decisamente caloroso.
“Ma perché, se è domenica non devi piangere? Lascia quello che ho detto io, tanto abbiamo quanto tempo vogliamo per fare quella canzone”
Jeff si alza e va in cucina, borbottando qualcosa.
“Gli altri?”
“Slash è in camera e Steve è sotto la doccia”
Tiro fuori da una borsa un vestitino rosso e lo mostro ad Axl.
“Allora?”
“Non male. Ma devo vedertelo addosso”
“Duff mi ha detto che suonate, domani sera. Mi vedrai quando sarà il momento”
Lui resta impalato lì mentre io vado in cucina.
“Ho fame!”
 
Duff mi posa una mano sulla spalla.
“Lo sai che è un’impresa difficile, vero?”
“Ho già un’idea, Michael. Ho già un’idea”

 
Jeff si gira, fissandomi scocciato.
“Lo fai apposta a seguirmi?”
“Mi dispiace se avete una casa grande quanto un francobollo”
Apro il frigo e lo fisso, aspettando che mi salti addosso un piatto di qualcosa già pronto. Invece niente, tutto resta fermo al suo posto. Prendo una carota, due pomodori, un sacchetto di insalata. Stasera verdura.
 
“Non è che puoi farla anche a me, la cena?”
Steven arriva da dietro e appoggia la testa sulla mia spalla, sperando in una risposta positiva.
“Trovami un buon motivo”
“Sai cosa succede se quest’asciugamano che ho addosso casualmente cade?”
“Ti sbatto fuori a pedate?”
Mi giro appena e lo guardo. Maledetta sua madre che gli ha fatto sta faccia da cucciolo.
“Va bene, ma è un’insalata, non è sta gran roba”
“Mi accontenterò”
E se ne va in camera, tutto felice di aver rimediato la cena.
 
È mezzanotte e mezza. Tutti dovrebbero dormire. Mi alzo piano dal letto, attento a non far rumore, e vado verso il salotto, dove una Jeanette ignara del mio diabolico piano dorme tranquilla.
“Buona fortuna”
“Non urlare, stronzo”
Slash mi compare alle spalle, ha appena finito di farsi la doccia e i suoi capelli gocciolanti stanno inondando il salotto.
“Da quand’è che ti fai la doccia a mezzanotte e mezza?”
“Da quando viviamo con una ragazza che sta due ore in bagno”
“Ok, adesso vattene”
“Buona fortuna”
“Sì, me l’hai già detto”
Sento la porta della camera chiudersi. Posso attuare il mio piano. Mi avvicino al divano e mi piego sulle gambe, per arrivare al livello del viso di Jeanette. Dorme. Respira piano, appena un soffio. La coperta è tirata su fino ai fianchi, lasciando scoperto il punto vita incredibilmente sottile. Poso una mano lì, poi la faccio salire sempre di più, sempre più su. Mi soffermo quando arrivo alle costole, che si vedono bene sotto la pelle pallida. La accarezzo, sto solo aspettando che si svegli.

 
Merda, che cazzo è che mi sta camminando su per la pancia? Mi tiro su di colpo, mettendomi seduta e trovandomi davanti Axl che mi fissa, i suoi occhi persi nel buio della stanza.
“Che cazzo fai? Mi hai fatto prendere un colpo”
“Devo ancora avere la ricompensa per averti detto il mio nome”
“Ancora con questa storia? Ti avevo detto che non l’avresti avuta”
“Eddai, Isbell”
 
È strano chiamarla Isbell, mi sembra di parlare con Izzy. Facciamo che la chiamerò Jeanette e basta.
“Senti, facciamo così”
Appoggia due dita sotto al mio mento, costringendomi a guardarla negli occhi. Peccato, avevo trovato di meglio da vedere. Non che i suoi occhi non siano belli, per carità, ma sono un uomo, cazzo. Lasciatemi guardare quello che voglio.
“Sì?” le chiedo, assaporando il tocco dolce che ha sulla mia pelle.
“Facciamo una sfida. Ti piacciono le sfide, Rose?”
“Sì”
“Siamo il due febbraio, giusto?”
“Sì”

 
È troppo divertente sentirlo rispondere sempre ‘Sì’.
 
Che è, mi sono rincoglionito che continuo a risponderle sempre sì? Dovevo condurlo io il gioco.
“Ti do ventotto giorni. Devi riuscire a portarmi a letto entro il primo di marzo, d’accordo?”
“Ventotto giorni sono anche troppi, perché non abbassiamo?”
“Sei così convinto di vincere, Rose?”
Mi accorgo che i nostri visi si sono sempre più avvicinati. Ventotto giorni, non sono mica un dilettante, io. Lei appoggia la sua fronte contro la mia.
“Sono più che convinto, bellezza”
“Vedremo rosso, vedremo”
Mi lascia un bacio a stampo sulle labbra e poi, lentamente, si allontana dal mio viso.
“Buonanotte”
“Buonanotte”
Torno in camera, il mio cervello lavora forsennatamente per elaborare una strategia per farla mia al più presto.
 

Ciao, sono l’autrice:
papappapaaaaaaaaa! Si accettano scommesse su quanti giorni impiegherà Axl a vincere. Sempre se vince.
 
Oooook, ciao amori miei <33
Euachkatzl
 
  
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