Embrace
Me With Your Mind.
She
Is My Person.
Deluso.
Sconfitto. Solo. Amareggiato. Inutile. Senza arte né
parte. Invisibile. Spregevole. Odioso. Sono una nullità, ho
tutti i buoni
propositi per premere questo grilletto e farla finita, per sempre, una
volta
per tutte. Smetterla di lottare per un amore impossibile, smettere di
far
soffrire quella persona che per me farebbe di tutto quando io in cambio
non
posso dargli nulla. Mi accascio al suolo, gettando la pistola lontano
da me da
buon codardo quale sono. Adesso sono arrivato in un punto morto,
congelato,
rimarrò così per sempre, non posso eseguire
ciò che Tanya mi ha chiesto, non
posso vivere senza Bella, eppure ho scelto la via più
giusta, quella che
qualunque altra persona avrebbe scelto, continuerò a vivere
così, in questo
modo che mi ha sempre fatto schifo, dove non sono mai felice, dove la
mia vita
non è affatto ciò che la parola vuol definire. Mi
alzo, ormai sconfitto,
cercando di non pensare a niente, tentando invano, perché
quando chiudo le
palpebre vedo lei, quando respiro sento il suo profumo ormai dentro di
me. Non
posso vivere così, sono certo che troverò il
coraggio di mettere fine alla mia
vita, in modo da non soffrire più. Perché per
quanto io voglia provarci non
posso dimenticarla, lei è la mia anima, indissolubilmente,
inevitabilmente,
assolutamente la mia anima è lei. Inizio a camminare senza
una meta precisa,
fin quando l’alba fa capolino sopra la città. Non
ho voglia di tornare a casa, non
ho voglia di fare assolutamente nulla, avrei solo voglia di distendermi
al
suolo a guardare il cielo, passare
la
mia vita tra pioggia, sole, nuvole e stelle, avrei voglia di vivere per
niente,
di non vivere, di non esistere. Lei è la mia anima, e senza
la nostra anima non
possiamo vivere.
«Edward.
Ti prego.» Mi supplica Alice, vuole sapere perché
ho abbandonato tutto, perché ho deciso di continuare a
vivere in questo modo
malato, assolutamente sbagliato.
«Basta Alice. L’ho ha detto anche Papà,
se non fosse
arrivata Bella nulla sarebbe cambiato. Ho scelto di far finta che lei
non abbia
mai fatto parte della mia vita…»
«Ma non ci riesci!» Esclama inorridita,
interrompendomi. «Non
ci riesci cavolo! Quando imparerai Edward! Ci sono voluti nove anni per
capire
il bene della famiglia, cresci Edward! Per una buona volta non fare
ciò che
pensi sia giusto, ma fai quello che effettivamente lo
è.» Sbuffa arrabbiata e
guardandomi con sguardo truce.
«Non posso Alice. Dio lo vorrei davvero, ma non posso! NON
POSSO! Cosa credi che io non ci sto male? Come posso dimenticarla? Non
ce la
farò mai. Non posso.» Mormoro fuori di me,
rischiando di strapparmi i capelli
per la rabbia. Ho deciso di venire qui da mia sorella perché
pensavo che lei
potesse capirmi, invece no lei ha visto ciò che io non
volevo che lei vedesse,
lei è mia sorella, ha capito che non è quello che
voglio, che non è
assolutamente la cosa più giusta, ma non ha capito il motivo.
«Edward. Ti prego, ragiona, devi cercare di uscire da questo
incubo. Provaci, io farò tutto il possibile, te lo giuro,
starò al tuo fianco
sempre.» Sussurra piangendo, facendomi male con le sue
parole, con le sue
soluzioni impossibili. Non ci sono alternative. Ho una non-vita e sono
costretto a viverla, fine della storia.
«Vado a lavoro Alice. Ci vediamo.» Mormoro
dirigendomi verso
la porta, ma lei mi rincorre bloccandomi per il polso.
«Dimmi il perché Edward.»
«Non posso.»
«Ti prego.» Afferro la maniglia ed esco fuori,
dirigendomi a
lavoro, cercando in qualche modo di svagare la mia mente piena e allo
stesso
tempo svuotata, anch’essa sola. La giornata passa mite,
normale, come è sempre
successo, solo che io sono diverso adesso. Sono solo, contro me stesso,
contro
tutto il mondo. Jacob Black è stato tutto il giorno
incollato al suo cellulare,
deludendomi e confermando la mia prima impressione su di lui, ma faccio
finta
di nulla, non mi importa di me stesso, figuriamoci degli altri. Avete
presente
quando immaginate il mondo spoglio? Tutto vuoto, senza persone, bianco,
mite,
assolutamente imperfetto. Ecco come mi sento, un mondo vuoto, un
universo senza
stelle o pianeti, una casa spoglia. E non è solo dolore
psichico, c’è pure il
cuore che fa male, quel cuore ormai inesistente, quel cuore strappato
via dal
mio petto. Sono vuoto, devastato, sono il nulla. La porta del mio
studio si
apre e la testa di Ben fa capolino all’interno del mio
studio. Dietro di lui
riesco a vedere solamente una chioma che riconoscerei fra mille.
«Edward. Posso?» Annuisco pensando che la persona
dietro di
lui è quella che penso che sia. Infatti non appena Ben
oltrepassa la soglia, il
corpo di Bella avanza dietro di lui, è spaventata, delusa,
ferita, ma è qui,
ancora una volta è qui.
«Stamattina è arrivata Isabella chiedendomi se
poteva
riprendere ciò che aveva sospeso. Mi chiedevo se tu sei
d’accordo…» Lo
interrompo con un gesto veloce e annuisco.
«Si, certo.» Sussurro rincuorato. Ben annuisce e
tutti e tre
rimaniamo a guardarci negli occhi silenziosamente.
«Ben, puoi andare. Isabella, siediti pure, dovremmo parlare
del programma che abbiamo eseguito quando non c’eri.
» Lei alle mie parole
sgrana gli occhi e scuote la testa in modo impercettibile, senza che
Ben se ne
accorge. Quest’ultimo annuisce e chiudendo la porta ci lascia
soli.
«Edward…» Comincia bloccandosi subito
quando mi prendo la
testa tra le mani e comincio a scuoterla.
«Sei qui.» Sussurro alzandomi dalla sedia, intento
ad
abbracciarla forte, ma i suoi gesti, il suo indietreggiare spaventata
mi blocca
all’istante, facendomi sentire un verme, fuori posto, un
estraneo.
«Sono qui. Ma sono per la mia carriera Edward.»
«Non ci credo. Ci sono miliardi di Ospedali. Ma tu sei qui.
Sei venuta da me.» Mi avvicino lentamente a lei, che,
spaventata indietreggia,
facendomi ammutolire, la guardo per capire cosa
c’è di diverso in lei, in noi.
«Edward. Ti prego.»
«Cosa?»
«Lavoriamo insieme, basta. Non ci sarà nulla da
dividere se
non il lavoro.» Sussurra con voce tremante, facendomi
intendere che non ci
crede un minimo nemmeno lei.
«Non ci credi nemmeno tu, Bella. Due persone che si amano
non possono ignorarsi.» Sussurro, mentre lei mi ignora e
afferra il suo camice.
Passo le giornate a guardarla, da quel giorno. Ma nulla è
riuscito a cambiare,
migliorare a crescere. I suoi movimenti, la sua voce, sono quel motivo
per cui
ancora ho resistito, non sono impazzito. Mi ignora, sta cercando di
annullare
il suo amore per me, rendendosi conto della realtà che
aleggia in noi dal primo
giorno in cui abbiamo capito di amare l’altro, il nostro
è un amore impossibile,
a causa mia, ma è una verità che non riesco
pienamente ad accettare, perché
accettandola perderei la mia anima, una volta e per sempre, lei. Ho
cercato di
trovare delle alternative, delle possibilità, ma sono
inesistenti, è come se la
vita, arrivato a questo punto ha voluto punirmi per aver acconsentito a
rovinarla
con le mie mani anni fa. Caccio indietro le lacrime per
l’ennesima volta,
rendendomi conto che persona schifosa io sia. Porto il pugno chiuso
sotto al
mento e comincio a tremare, per la rabbia, per il dolore, per la
consapevolezza
di un amore perduto e la certezza di essere davvero un uomo distrutto.
Sono già
passate due settimane, ma nulla è successo, nulla
è cambiato, se non il senso
di colpa che rischia di sfondare il mio cuore e uscire prepotentemente
dalla
mia schiena. Con un tremore che non mi è mai appartenuto
accarezzo il velluto
dei miei pantaloni all’altezza della tasca sinistra, incrocio
con gli occhi
Bella e mi avvicino a lei. Entra nel mio studio ed io la seguo.
«Ascoltami solo un secondo.» Sussurro al suo
orecchio
facendola rabbrividire. Lei scuote la testa e si allontana.
«Non abbiamo nulla da dirci.»
«Ti prego Bella! Ascoltami!» Esclamo alzando
involontariamente
la voce di qualche ottava. Lei rimane in silenzio e mi guarda, tutto ad
un
tratto non trovo più le parole da dire, mentre guardo le sue
lacrime che
copiose rigano il suo viso, mentre leggo il suo sguardo pieno di
malinconia
lacerandomi il cuore, vorrei dire tante cose che non appena provo ad
estraniare
dalla mia mente scivolano al vento silenziose. Rimango in silenzio,
come un
codardo, come qualcuno che non riesce ad affrontare nulla, se non le
cose
futili.
«Non abbiamo nulla da dire ormai Edward.» Sussurra
piangendo, spezzandomi il cuore, tagliuzzandolo in modo che non possa
mai più
tornare come una volta. Afferro la scatolina dalla tasca con mano
tremante e
gliela porgo. Lei non si avvicina, non la guarda, ignora me e tutto il
resto.
«Il giorno che la comprai volevo dartela per chiederti di
venire a vivere con me. Questo non è stato possibile, mi
permettimi di darti
quest’ultimo mio dono, ti prego. Anche se poi mi
dimenticherai, anche se è del
tutto inutile. Ho bisogno di saperlo con te, in modo che non appena
saremo
lontani, non appena tu andrai via da me definitivamente, hai qualcosa
con te
per pensarmi, per ricordarti di quell’amore impossibile, ma
indissolubile,
forte e vero. Sono un fallito Bella, credevo che con te sarei cambiato,
ma le
decisioni mi hanno portato a questo e non posso cambiarlo. Accettalo,
come
segno del mio amore per te che morirà con me.» Lei
si avvicina tremante e lo
afferra, facendomi sospirare rumorosamente. Lo apre e sorride
impercettibilmente. Lo tira fuori, ammirando il bracciale
d’oro bianco
contornato da piccolissimi diamanti, un ciondolo grande a forma di
stella con
una frase incisa: A cosa servono le
stelle? Per
rendere magici i nostri
momenti da umani innamorati.
Una lacrima scivola dal mio viso, a sincrono con la sua, e
mai ci siamo appartenuti come in questo momento, appoggia delicatamente
ma allo
stesso tempo frettolosamente la scatolina con il bracciale
all’interno sulla
scrivania e si getta sulle mie braccia. Riprendo a respirare per
davvero non
appena le mie narici assaporano il suo odore. Le sua labbra in
automatico si
incollano con le mie interpretando un bacio pieno di nostalgia e amore.
Le
nostre lingue si intrecciano dando vita ad una danza piena di passione
e
tristezza allo stesso tempo, rivelandoci quanto nostri siamo, quanto ci
apparteniamo, facendoci rendere conto che è questa la
realtà.
«Perdonami,
ti prego.»
Sussurro.
«Ti amo.» Promette.
L’anima dell’una appartiene all’altro,
non dandoci scelta, perché è questa la nostra
destinazione, io tra le sue
braccia e non
importa come e quando, è
così. Le sue mani si sciolgono da quei ceppi invisibili e si
affrettano a
toccare i miei capelli, facendomi gemere sulla sua bocca, desiderandola
come
mai avevo fatto prima d’ora, ma non voglio affrettare le
cose, non voglio fare
l’ingordo per poi avere le braccia vuote dalla sua assenza,
accarezzo il
momento, sento quest’atmosfera colorata del nostro amore, la
tocco, la ascolto,
mi sento completo, un uomo appagato, ma il mio cuore smette di battere
non
appena realizzo che sono solo momenti, che questo non potrà
esserci sempre.
«Dimmi che durerà per sempre.»
Mormora sulle mia labbra affannata. Io rimango in silenzio godendo le
sue
labbra sulle mie, non sapendole dare una risposta concreta, degna di
ciò che
merita.
«Dimmelo Edward.» Mormora
facendomi sentire sulle sue labbra il sapore salato delle sue lacrime.
«Non posso.»
«Ti prego.»
«Tanya mi darà il divorzio, ma
solo se sarò io ad uccidere mio padre.»
«Ti
prego. Farò qualsiasi altra
cosa. Ma non farmi questo.» Sussurro seriamente guardando per
la prima volta
negli occhi mia moglie, freddi e ostinati contro di me.
«Oh oh, Edward Cullen! Non
avrei mai immaginato vederti così distrutto, così
volubile tra le mie mani.»
Dice scoppiando a ridere malignamente. Si avvicina a me con fare provocatorio,
toccandomi la mente con
la sua malignità e cattiveria, facendomi non solo temere un
giudizio, ma
qualsiasi altra cosa lei possa dire o fare. Proprio come il padre.
«Devi soffrire Edward, mi hai
rovinata.» Dice con lo sguardo cupo. «Vuoi il
divorzio? Mi sta bene, ma devi
fare ciò che io voglio.»
«Siete stati voi a rovinarmi!
Perché devi complicare tutto? Cristo! Dammi il divorzio, lo
vuoi anche tu, è la
cosa migliore per entrambi.» Sussurro, facendole abbassare
per un attimo l’ascia
di guerra, lo vedo dai suoi occhi, dalla smorfia che il suo viso ha
appena
assunto. Mi avvicino a lei, che mentre parlavo indietreggiava e sfioro
la mia
bocca con l’indice.
«Ragiona Tanya. Fallo per tuo
fratello.»
«Cosa sai di mio fratello
Edward?» Urla inorridita.
«Lo conosco meglio di quanto tu
possa credere.»
«Tu menti! Mio fratello è
partito anni fa.» Sussurro affievolendo il tono della voce.
«Posso fartelo incontrare se
non mi credi.» Sussurro non pienamente sicuro delle mie
parole.
«Portami da lui.» Dice.
Acconsento, sicuro che lei non potrebbe mai fare del male al fratello,
Jasper
stesso lo ha detto, si amavano come me e Alice, come un semplice
fratello e una
semplice sorella. Per la prima volta, mi sento in sintonia con i suoi
pensieri,
non sa cosa le aspetta, non vuole accettare che gli manca, che forse
potrebbe
mettere la parola fine a tutto questo casino senza un senso logico.
Metto in
moto, passando prima da casa di Bella, rendendola partecipe,
infischiandomene
se all’interno dell’auto c’è
mia moglie, non pensando di star dando la
possibilità a Tanya di confrontarsi con Bella, la donna che
è riuscita a
salvarmi. Convincere Bella, credo che sia stata l’impresa
più ardua che io
abbia mai affrontato, ma ce l’ho fatta, contro ogni
presupposto ci sono
riuscito. Adesso stiamo affrontando tutti e tre, in silenzio, il
traffico di
Londra in assoluta tranquillità, come se stare tutti e tre
sullo stesso
abitacolo fosse una cosa alquanto naturale. Guardo Bella, sul sedile
del
passeggero, sotto pressione di Tanya che le ha ceduto il posto.
È nervosa, ma
abbastanza ragionevole, mi sorride e sospiro rincuorato. Arriviamo a
casa di
mia sorella ma non appena il mio dito tocca per la terza volta il
campanello l’urlo
disumano di mia sorella mi fa raggelare il sangue nelle vene. Poi
silenzio,
terrificante. Bella spaventata più di me, mi passa una
forcina per capelli,
cerco di forzare la serratura, tentativo vano. Jasper arriva sorpreso,
non
notando la sorella seduta sul sottoscala.
«Ciao.» Sussurra confuso.
«Apri la porta muoviti!»
Esclamo piano, sperando che mia sorella fosse solo chiusa semplicemente
in
casa. Lui sgrana gli occhi, non appena la figura di Tanya si fa
visibile ai
suoi occhi. Lei scoppia a piangere e lui la guarda con disprezzo, per
poi
rivolgermi uno sguardo truce.
«Apri la porta Jasper!» Dice
Bella iniziano a muovere nervosamente le mani.
Un altro urlo di Alice mi fa
arrestare di colpo, ma non posso starmene qui inerme,
c’è qualcosa che non va.
«Eccovi
qua!» Esclama con un
sorriso falso Denali, mi avvicino alla sala e quello che vedo mi fa
salire un
conato di vomito che non riesco a trattenere.