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Autore: MaryLouise    05/08/2013    10 recensioni
1980, Prima Guerra Magica.
L'Ordine della Fenice necessita di tre persone per una missione apparentemente semplice ma rischiosa. Minerva, nonostante Albus disapprovi, è tra queste.
Ma qualcosa va storto e la professoressa si ritrova in grave pericolo insieme ai suoi compagni; la situazione diventa per Albus e Minerva l'occasione per riflettere sui sentimenti che provano l'uno per l'altra, da troppo tempo messi a tacere.
Riusciranno a salvarsi e, soprattutto, a rivelare il loro amore?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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But I set fire to the rain,
Watched it pour as I touched your face,
Well it burnt while I cried,
Cause I heard it screaming out your name, your name.

[Adele – Set Fire to the Rain]


Capitolo 9

 

11 luglio 1980.



Il Lago Nero era un’enorme distesa d’acqua di fronte a lei, luccicava come uno specchio alla luce del sole che sorgeva e rifletteva i suoi raggi rossastri sul viso di Minerva, che camminava poco distante dalla riva.
Era scalza, la sua veste verde scuro si avvolgeva intorno alle caviglie, spinta da un leggero vento che portava ancora con sé ciò che rimaneva della fresca nottata appena trascorsa.
L’erba era inumidita dalla rugiada e i ciuffi verdi le solleticavano le piante dei piedi.
Minerva sospirò e prese in mano la propria treccia, iniziando a giocherellare con la punta, pensierosa.
Fu allora che lo vide.
L’acqua del Lago, prima avvolta in una calma piatta, iniziò a muoversi. La superficie scura cominciò ad incresparsi in un punto poco distante da lei e ben presto una figura alta e distinta emerse dall’acqua con gli abiti e la barba gocciolanti: era Albus.
Si passò una mano sul viso per scostare i capelli bagnati e la scorse. Si avvicinò a lei lentamente, come se camminare nell’acqua gli costasse un’enorme fatica.
La sua tunica blu notte emergeva dall’acqua mano a mano che si avvicinava a lei, facendolo sembrare un pilastro di cristallo scuro: fiero, imponente, dalle mille sfaccettature.
Rimase senza fiato, come se un pugno invisibile l’avesse colpita dritta allo stomaco, togliendole il respiro. Non si vedevano da pochi giorni, ma a lei era parso un’eternità.
«Minerva», la sua voce risuonò profonda, facendo vibrare l’aria tra loro.
Lei si limitò a fissarlo, cercando di imprimere ogni dettaglio sulla propria retina, temendo di vederlo dissolversi da un momento all’altro.
Silente allungò una mano umida e le sfiorò titubante una guancia. Minerva si trattenne dal tremare quando il suo tocco le provocò la pelle d’oca.
«Albus, cosa…?», riuscì a dire a stento.
Lui le sorrise, ma il sorriso non raggiunse i suoi occhi azzurri, che brillarono tristemente.
«Ti prego, dì qualcosa», lo incitò lei in un sussurro.
Albus continuò ad accarezzarle le guance coi pollici, il viso di Minerva tra le sue mani.
I suoi occhi la fissavano intensamente, come se volessero sciogliere il suo intero essere, come se volessero penetrarle l’anima. Minerva si lasciò sfuggire un respiro tremante, non riuscendo a distogliere gli occhi dai suoi, come se fossero due magneti.
Solo allora Albus avvicinò il viso al suo e la baciò. Lei si immobilizzò, le sue membra sembravano diventate di marmo, ma lui continuò a sfiorare le sue labbra, intrecciare le dita nei suoi capelli e reggere dolcemente il suo capo.
Minerva cercò di spingerlo via, di allontanarlo da sé.
Che gli stava succedendo? Pochi giorni prima l’aveva baciata, poi non era venuto a trovarla al San Mungo e nemmeno quando era rientrata a Hogwarts la sera prima e adesso aveva il coraggio di venire a baciarla?
Albus si separò finalmente da lei con un triste sorriso sulle labbra.
«Albus, cosa ti salta in mente?», replicò lei, seccata, sforzandosi di non arrossire al pensiero delle sue labbra sulle proprie.
Lui si limitò a guardarla, per poi mormorare: «Minerva».
La sua figura prese fuoco all’improvviso: le sue vesti blu furono avvolte da fiamme di un rosso intenso e ben presto il suo intero corpo era intrappolato in un’enorme palla di fuoco.
Le uscì un grido soffocato: «Albus!»
Il fuoco bruciava sempre più caldo, sempre più in alto. Minerva si allontanò da Albus, proteggendosi il viso dal calore con le mani.
Le lingue dorate e scarlatte iniziarono a danzare insieme, unendosi e incrociandosi tra loro, iniziando ad assumere una strana forma: alcune si alzarono verso l’alto, incurvandosi e brillando ancora più intensamente.
Minerva aguzzò la vista, mentre altre fiamme quasi lambirono i suoi piedi nudi e l’orlo della sua veste per poi alzarsi in aria e allargarsi sempre più a formare un paio di possenti ali.
Le lingue di fuoco più in alto avevano assunto la forma di una sorta di collo animale, becco e cresta.
“Un uccello”, pensò Minerva, confusa.
Il fuoco scintillò ancora più intenso e tutto ebbe un senso.
Minerva soffocò un urlo. «No, non può essere!».
Le fiamme si illuminarono di un tenue bagliore blu che crebbe in intensità finché del fuoco e del corpo di Albus non rimase che uno scintillante Patronus azzurro, che aveva assunto le sembianze di una grande e possente fenice.
L’animale aprì il becco e ne uscì un grido stridulo e acuto, dopodiché esplose in centinaia di frammenti di cristallo. Minerva si accucciò e si protesse il capo con le braccia ma le schegge, a contatto con la sua pelle, si trasformarono in gocce di pioggia, bollente al tatto.
Al posto di Albus e della fenice infuocata era comparso un piccolo gatto tigrato.
Il micio miagolò lamentoso e Minerva non poté fare a meno di avvicinarglisi per vedere se fosse ferito.
Aveva un segno scuro intorno agli occhi, come se portasse gli occhiali.
Sembrava ferito gravemente, una grande quantità di sangue usciva dal suo fianco destro.
L’animale si voltò a guardarla e la chiamò: «Minerva».
Minerva non riuscì a trattenere l’urlo che le uscì dalle labbra. Urlò a pieni polmoni, urlò fino a non avere più fiato.
«Minerva! Minerva!», sentì la voce di una donna chiamarla.
Finalmente si svegliò. Pomona la stava scuotendo con forza, preoccupata.
Dopo aver aperto gli occhi di scatto, Minerva cercò di mettersi a sedere, ma fallì e ricadde sul materasso.
«Ahi».
Si sentiva molto calda e la sua camicia da notte le si era incollata addosso: era madida di sudore.
«Minerva?», domandò incerta Pomona.
«E’ tutto a posto, è stato solo un brutto sogno. Sono sveglia ora».
Pomona sembrò visibilmente sollevata ma tornò a corrucciare la fronte. «Un brutto sogno, dici?».
«Sì, un incubo. Niente di importante», tagliò corto Minerva, mentendo. «Perché sei qui?».
«Buongiorno anche a te», replicò l’amica, ironicamente. «Sono venuta ad aiutarti a lavarti e vestirti».
«Ne sono perfettamente in grado».
«Allora ti terrò semplicemente compagnia».
Minerva si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo e sorrise. A volte Pomona sapeva essere davvero testarda.
«E brava la mia piccola Tassorosso», borbottò l’altra.
Pomona le scoccò un’occhiata truce, subito sostituita da un’espressione preoccupata.
«Sicura di stare bene? Non vuoi parlarmi del sogno?».
«No», rispose secca la professoressa di Trasfigurazione.
«Sudavi freddo e balbettavi», fece notare l’amica.
Minerva s’alzò a fatica dal letto e finse d’essere impegnata a indossare vestaglia e pantofole.
«Ho provato a chiamarti più di una volta senza risultati e…».
«E cosa?», sbottò Minerva, infastidita.
«Hai nominato più di una volta Albus».
Minerva si sedette pesantemente sul letto, come le sue ginocchia avessero ceduto all’improvviso.
Pomona le si avvicinò titubante. «Se hai bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, non esitare a chiamarmi, chiedere di fare quattro chiacchiere con me. Davvero, io…».
«Sì», replicò Minerva, interrompendola. «Di qualcosa ho bisogno», aggiunse, suonando distante anni luce persino a se stessa.
«Cosa?».
«Trovami un po’ di coraggio».
 
 
*
 
 
Il suo ufficio era immerso nel silenzio e, quando qualcuno bussò alla porta, il rumore rimbombò per tutta la stanza.
Fawkes alzò il capo da sotto l’ala e si guardò intorno, cinguettando confuso.
«Avanti», incitò Albus, senza alzare lo sguardo dalle carte su cui stava lavorando.
«Buongiorno, professor Silente», lo salutò una voce rauca.
Albus alzò gli occhi dai fogli per educazione e la vide.
Minerva era appena entrata nel suo ufficio, richiudendo la porta in silenzio.
Era dimagrita e si serviva di un bastone per camminare. Indossava la sua tunica verde preferita e un mantello di un verde più scuro. Che avesse freddo?
Nonostante la fatica e la stanchezza si leggessero chiaramente sul suo volto, la sua schiena era dritta come un fuso e la sua testa era tenuta alta.
“Non ha perso il suo portamento fiero”, notò con piacere Albus.
Subito dopo una fitta di senso di colpa lo colpì allo stomaco. Non c’era stato per lei. Non era andato a trovarla e non le aveva scritto, nonostante lei si fosse sacrificata per lui.
«Buongiorno, Minerva», salutò, tentando di far sembrare la propria voce il più ferma possibile.
Il viso della donna s’indurì al sentire il suo nome di battesimo. Albus ignorò la sua espressione.
«Sei ritornata ieri?».
«Ieri sera, preside».
Preside? Da quando lo chiamava così?
Albus proseguì imperterrito a darle del tu: «Come ti senti?».
«Ancora un po’ debole, ma miglioro di giorno in giorno, preside».
Albus fece una smorfia impercettibile al sentire Minerva chiamarlo in quel modo, ma decise di provare a sotterrare il proprio orgoglio.
«La diagnosi?».
«Frattura dell’arto superiore sinistro e traumi da Maledizione, signore».
Signore?
«Non sono più il tuo professore da tanto tempo, Minerva», replicò lui, pacatamente.
Gli occhi di lei fiammeggiarono. «Mi scusi, preside».
«Ci siamo sempre dati del tu, Minerva», fece notare Albus.
«Lo so. Me lo ricordo».
Oh, andiamo, sai perfettamente perché ti tratta così freddamente, sussurrò una voce nella sua testa.
Sentendo i suoi occhi su di lui, Albus si trovò costretto ad affrontare la questione. Il giorno che aveva così tanto temuto era arrivato e, da codardo quale era, doveva viverlo.
«Non sei venuto a trovarmi», sputò Minerva dopo lunghi momenti di silenzio.
«No», replicò Albus.
«Eri impegnato». Non era una domanda, era un’affermazione.
«Sì».
«Non hai avuto un minuto libero».
Albus non rispose.
«Non hai mandato nemmeno un biglietto. Non hai detto a Filius o Pomona di portarmi i tuoi saluti. Non ho avuto tue notizie per giorni, Albus».
«Adesso mi dai del tu?».
La freddezza che incontrò nello sguardo di Minerva gli fece più male di quanto avesse pensato.
«Se questo è il ringraziamento che ricevo per averti fatto da scudo contro Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato…».
«Lord Voldemort, Minerva. Comunque non ti ho mai chiesto di sacrificarti per me».
Minerva lottò perché le lacrime non le rigassero le guance e cercò di deglutire l’improvviso nodo che le si era formato in gola.
«No, infatti, non me l’hai mai chiesto», concordò lei, con voce piatta.
Albus non rispose, abbassando lo sguardo sulle carte a cui stava lavorando poco prima.
«Trascorra una buona estate, preside».
«Minerva…».
«Penso che non soggiornerò qui in questo periodo. Tornerò il trentuno di agosto, pronta a iniziare l’anno scolastico».
«Minerva, io…».
«Per cortesia, desidererei che mi chiamasse professoressa McGranitt, da oggi in poi».
Albus si trattenne dallo strabuzzare gli occhi e spalancare teatralmente la bocca.  «Come desidera, professoressa». Quell’appellativo suonava così estraneo sulla sua lingua.
«Buone vacanze, preside», replicò Minerva, chiudendosi la porta alle spalle.
Nel silenzio del suo ufficio, risuonò forte e chiaro il suo: «Mi dispiace, Minerva».

 

*si ripara da eventuali lanci di pomodori con una padella, stile Rapunzel*
Si, lo so. Lo so, non aggiorno dal 14 di aprile. 

Vi dirò la verità, la scuola è una brutta bestia, non ti lascia un briciolo di forza, ispirazione e voglia per metterti a scrivere alla sera.
Secondo: ho iniziato a scrivere fanfiction in inglese su ff.net e questo mi ha rubato quel poco di tempo libero che avevo tra un impegno e l'altro.
Adesso, grazie alla mia B.B. (lei sa cosa vuol dire)
Charlotte_McGonagall sono tornata in pista con questo capitolo che avevo in mente da un po' (ma non avevo la forza mentale per scriverlo). Ringrazio anche la mia dolcissima Acquamarine_ che mi incoraggia sempre.
Ringrazio tutti voi che continuate a seguire e commentare questa storia: i 13 che l'hanno inserite nelle preferite, i 20 che la seguono e i 3
che la ricordano.
Grazie per continuare a seguire un piccolo rottame come me. Spero il capitolo non vi abbia deluso e, incrociando le dita, il prossimo dovrebbe arrivare tra poco.
Jo

   
 
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