05:
shattered
like broken china
Plic.
Una
goccia.
Allora Suna non era completamente arida.
Plic.
Nei sotterranei
l’umidità c’era.
Plic.
E c’era anche
freddo, e buio. La metamorfosi del deserto, di notte.
Plic.
Ma non
c’entrava la notte, in quel momento. Era semplicemente
sottoterra.
Plic.
E sottoterra è
sempre umido, e freddo, e buio.
I
prigionieri erano ammassati in una sala, nelle carceri della
città. Uno accanto
all’altro, legati con forza, mani e piedi. Alcuni avevano
nello sguardo una
scintilla d’ira, e ogni tanto muovevano i polsi, nel
tentativo di liberarsi.
Altri erano sull’orlo della disperazione, e a volte si
vedevano brillare delle
lacrime sui loro visi. La maggior parte, però, si limitava a
rimanere immobile,
con lo sguardo perso nel vuoto, indifferenti a ciò che
accadeva loro intorno.
Le ferite che avevano non erano particolarmente gravi:
d’altronde, quelli
feriti più gravemente erano già morti. I loro
cadaveri si trovavano in un’altra
stanza, in attesa di essere restituiti al nemico: Suna era crudele,
sì, ma
rispettava i morti.
Il
portone iniziò ad aprirsi, gettando uno spiraglio di luce
che si ingrandiva
sempre più, ferendo gli occhi assuefatti
all’oscurità. Da lì entrò
una figura
dai capelli di fuoco e lo sguardo di ghiaccio: Sabaku no Gaara, il
Kazekage di
Suna, il pazzo che aveva voluto quel massacro. Che ci faceva
lì? Non gli
bastava di averli fatti prigionieri, di avere insultato il loro
orgoglio? Ora
veniva a ghignare dinanzi ai loro volti spaventati.
Gaara
si fermò a osservare le file di occhi che riflettevano la
luce, rivolti verso
di lui. Non erano poi molti: sì e no una ventina. Gli altri
erano a leccarsi le
ferite, nascosti al loro campo, o giacevano in terra, freddi e coperti
da un
sudario bianco. Quante espressioni in quegli occhi!
Il
Kazekage iniziò a camminare per la stanza, senza distogliere
lo sguardo da
quello dei ninja legati. C’era chi sosteneva il suo sguardo
con furore, e
accennava a uno sputo. Le guardie avrebbero provveduto a dar loro
ciò che si
meritavano. C’era chi fuggiva i suoi occhi, per timore che
potesse vederci le
lacrime e la paura folle che li attanagliava. Patetici. Quelli non
sarebbero
durati due giorni. C’era chi non lo guardava nemmeno, o lo
fissava
inespressivo. Alterigia o rassegnazione? Chissà. In ogni
modo erano quelli che
davano meno fastidio, i più utili a un eventuale scambio.
Non che lui ne avesse
l’intenzione, comunque. I prigionieri della Sabbia potevano
anche essere
uccisi; tanto, entro pochi giorni sarebbero morti comunque.
Si
soffermava particolarmente su quelli che esibivano il coprifronte di
Konoha, ma
non riconosceva nessuno di loro.
Forse loro erano morti, o ancora
vivi, o si erano rifiutati di combattere. Sicuramente non si sarebbero
fatti
fare prigionieri.
Stava
per uscire e dare disposizioni alle guardie sul trattamento da
riservare a chi
avesse creato troppi problemi, quando qualcosa attirò la sua
attenzione. Una
kunoichi dai lunghi capelli corvini e il coprifronte della Foglia
legato al
collo.
~~~
Era
stata catturata. Invece di morire era stata catturata. Era proprio un
fallimento su tutta la linea. Non era riuscita neanche a farsi
ammazzare. I
suoi ingranaggi avevano ceduto prima.
Era
stato un niente catturarla. Era letteralmente crollata in mezzo al
combattimento, e non si era mossa più. Era svenuta; il
viaggio e le emozioni
troppo forti avevano consumato ulteriormente i suoi già
deteriorati meccanismi,
che alla fine non erano più riusciti a muoverla. La molla si
era scaricata
troppo presto.
Quando
si era risvegliata, era legata e appoggiata al muro gocciolante e
sudicio di un
sotterraneo. Attorno a lei c’erano altri ninja, tutti legati.
Sono prigioniera. Il pensiero la
lasciò
indifferente. Non sono morta. Non
c’era sollievo, né tristezza. E
di nuovo
non provo niente. Solo bianco. Dio,
un’altra volta.
Passò
delle ore così, immobile, ad ascoltare i lamenti sommessi di
alcuni e
l’incessante, monotono, snervante
ticchettare delle gocce sulla fredda pietra.
[una,
due, tre, quattro segnano
il tempo cinque, sei, sette, otto ma
io perdo il
conto lo stesso nove, dieci, undici,
dodici chissà quanto tempo è passato
tredici, quattordici, quindici, sedici non ce la faccio
più non ce la
faccio più n o n c e l a f a c c i o p i ù]
Finché
il portone non si era aperto, costringendola a socchiudere gli occhi.
Sabaku
no Gaara, il Kazekage. Non era cambiato molto dall’ultima
volta che l’aveva
visto. Quanto tempo prima? Tanto… Si passò una
mano sul viso. Otto anni. Otto
lunghi, asfissianti, maledetti anni. Con un mezzo sorriso si chiese se
l’avrebbe riconosciuta.
Camminava,
incedeva quasi, guardando i disgraziati legati lì
dall’alto in basso. Il suo
modo di incedere era quasi uguale a quello a cui anche lei era stata
abituata,
forse leggermente più veloce. I capelli erano ancora di quel
colore assurdo, rosso
fuoco, e il suo sguardo era addirittura peggiorato. Anche lui doveva
aver
attraversato molto dolore. Sospirò.
Gli
occhi di Gaara si soffermarono su di lei, poi passarono oltre.
Già, come poteva
pretendere che si ricordasse di lei? Non ci si ricorda dei perdenti, e
lei lo
era sempre stata.
Il
Kazekage fece qualche passo ancora, poi si fermò, esitante.
Si voltò nuovamente
verso di lei e la fissò, attendendo che alzasse lo sguardo.
~~~
Occhi
bianchi.
Capelli neri e
occhi bianchi, per una ragazza che aveva sì e no
vent’anni. Lineamenti scavati
dalla fatica, ma dolci e delicati, nobili. E il coprifronte di Konoha.
“Hyuuga
Hinata?”
La
giovane donna lo guardò, sorpresa e confusa.
Annuì.
Gaara
aggrottò le sopracciglia. Che ci faceva lei, che sapeva
essere diventata la
bambolina da esposizione degli Hyuuga, a combattere a Suna? Era
l’ultima di loro che si
aspettava di trovare. Non
era fatta per combattere, si vedeva bene. Mandarla in guerra
significava
ucciderla.
“Che
ci fate qui?”
Hinata
tornò alla sua espressione passiva.
“Obbedisco
agli ordini della mia famiglia.”
Allora
volevano proprio ucciderla. Chissà per quale motivo, poi. Le
famiglie nobili
spesso tendono a dimenticare cosa davvero significhi
‘famiglia’. Per quella
ragazza, probabilmente, ‘famiglia’ voleva dire
‘padroni’: si vedeva dal suo
sguardo apatico, che era ora fisso nel vuoto. Nell’insieme
sembrava un
burattino, una graziosissima marionetta di cui nessuno comanda i fili,
ed è
quindi abbandonata a se stessa. A quello l’avevano ridotta.
Gaara provò quasi
pietà per lei.
Rifletteva.
Lei era una di loro. La tentazione
di
tirarla fuori da lì c’era.
“La
vostra famiglia vi manda a morire?”
Hinata
annuì, guardando per terra. Tremava leggermente. Poi
alzò lo sguardo,
all’improvviso.
“Ma
io non voglio morire.”
Era
stato poco più di un sussurro, ma Gaara l’aveva
sentito. La marionetta cercava
ancora di muoversi da sola, dunque. Il Kazekage sospirò. E
sia, avrebbe preso
lui in mano quei fili spezzati, in nome dei sentimenti che aveva perso
da
tempo, e che quella ragazza sembrava incarnare.
Si
voltò imperiosamente verso le guardie.
“Slegatela.”
Due
ninja scattarono immediatamente al suo ordine, mentre gli altri si
scambiavano
sguardi sorpresi. Un lieve mormorio percorse il gruppo dei prigionieri.
Gaara
sentiva addosso a sé lo sguardo spiazzato della giovane
donna; poteva quasi
vederla, con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa, mentre i suoi
nodi
venivano lacerati dai kunai affilati delle guardie. Non si
voltò verso di lei.
“Seguitemi.”
Hinata
obbedì, quasi meccanicamente, come sempre aveva fatto a
casa. Si sentiva la
testa leggera e non riusciva a pensare a niente, ancora stordita dagli
ultimi
minuti. Seguiva la figura del Kazekage, fissandola con occhi sperduti.
Gaara
camminava senza guardare indietro: era sicuro che l’avrebbe
seguito. Non poteva
non farlo, era lui che comandava i fili, adesso. Si morse il labbro.
Probabilmente aveva compiuto un’azione poco prudente, a
liberarla. Si sentiva
meglio, in qualche modo, era come in pace con la sua coscienza, questo
sì… Il
problema sarebbe stata la reazione dei Consiglieri. Non
dire idiozie, Gaara. Il Consiglio non conta niente. E se non
ciò che avrebbe detto il Consiglio, quello che avrebbe
pensato il popolo. Perché il
popolo dovrebbe saperlo, Gaara?
O altrimenti il suo esercito, o la corte, o la sua immagine
personale… doveva
esserci un problema, non poteva non esserci. Non
ha senso, Gaara, e lo sai bene. Non ricordi che entro pochi giorni
tutto questo sparirà? Ma se non c’erano
problemi, perché quel senso di
disagio?
Il
Kazekage si riscosse dai suoi pensieri. Basta, ci avrebbe pensato in
seguito; adesso
doveva trovarle una sistemazione. In effetti, avrebbe anche potuto non
pensarci
più.
~
Si
era fermato davanti a una grande finestra, ed era assorto nei suoi
pensieri.
Hinata si fermò a sua volta. Era stanca, stanca, stanca.
Sapeva che doveva
essergli grata per averla liberata, ma in quel momento non ce la
faceva. Si
sentiva debole, dentro, come un vetro incrinato che aspetta solo un
soffio di
vento per frantumarsi del tutto. Doveva ricomporsi, e per farlo doveva
riposare.
Guardò
fuori dalla finestra. Il deserto era blu, adesso, proprio come il mare.
Sopra,
scintillavano le stelle. Quella terra desolata e solitaria, e al tempo
stesso
così affascinante… Hinata si chiese se sarebbe
mai potuta diventare un deserto
anche lei: di giorno godere del calore del sole, e di notte contemplare
la
volta celeste. Chissà se i deserti erano felici. Che pensieri da bambina.
Le
tremavano le gambe, e cominciava a provare fatica nello stare in piedi.
Si
appoggiò al muro e guardò verso il Kazekage.
L’aveva tolta dai sotterranei, ma
adesso che cosa le sarebbe accaduto? Chiuse gli occhi lattei. Non
importava, in
fondo. Ogni cosa era meglio della morte, anche quando vivere per lei
era diventata
semplicemente un’abitudine.
~
Gaara
si girò a guardarla. Sembrava ancora più fragile,
con gli occhi chiusi. Aveva
un estremo bisogno di riposare: pareva che stesse per cadere in pezzi
da un
momento all’altro. La chiamò delicatamente.
“Hyuuga-san?”
La
ragazza sussultò leggermente, e aprì gli occhi.
Non sembrava aver paura di lui.
Che strana sensazione.
“Venite.”
La
condusse attraverso un grande corridoio, fino a una piccola sala
accanto a
un’imponente scalinata. Aprì la porta di una delle
stanze. Non era
particolarmente lussuosa, ma era accogliente, senza
quell’atmosfera fredda che
solitamente permea le abitazioni dei nobili.
“È
la stanza che gli ambasciatori degli altri Paesi utilizzavano quando
erano a
Suna. Sarà la vostra stanza, se volete.”
La
giovane donna mosse qualche passo nella camera. Ogni cosa,
là dentro, sembrava
addormentata, coperta da un’oscurità quasi
protettiva. Gaara fece per
andarsene, quando Hinata si volse verso di lui. I suoi occhi
esprimevano solo
gratitudine.
“Vi
ringrazio, Kazekage-sama. Mi avete risparmiato, e ve ne sono
infinitamente
grata.”
Gaara
si trovò a distogliere lo sguardo da quel viso stanco eppure
sorridente. Da
quanto nessuno gli aveva mostrato riconoscenza come quella bambolina a
un passo
dal frantumarsi? Le sorrise lievemente; si voltò verso la
porta, ma la sua voce
lo richiamò di nuovo.
“Kazekage-sama…
Posso domandarvi perché l’avete fatto?”
Esitante,
la guardò ancora una volta. Perché?...
Sorrise di nuovo, questa volta con malinconia.
“Me
lo sono chiesto anche io. Penso perché mi ricordate il
periodo più bello della
mia vita. D’altra parte siete del Villaggio di
Konoha.”
Hinata
lo guardò con gli occhi spalancati. Prima che potesse dire
qualcosa, Gaara la
fermò. Aveva avuto come il sentore che, se avesse
continuato, la ragazza
sarebbe crollata di nuovo. E qualcosa, dentro di lui, gli diceva che
avrebbe
dovuto impedire ad ogni costo che si rompesse come la fragile
porcellana.
“Parleremo
domani, Hyuuga-san, se lo desiderate. Adesso riposate.”
Detto
questo, il Kazekage chinò leggermente la testa in segno di
saluto. Poi chiuse
la porta, e si allontanò.
Non
sapeva perché, ma quella ragazza troppo simile a una bambola
l’aveva colpito.
Forse era, come le aveva detto, perché gli ricordava un
tempo perduto. Forse
era perché aveva scorto in lei quei sentimenti che gli
mancavano da anni. Forse
era perché lei rappresentava l’attaccamento alla
vita, e la speranza che non si
spegne mai, e la forza nascosta sotto la debolezza. Comunque fosse, non
doveva
rompersi. Se fosse accaduto, non se lo sarebbe mai perdonato.
next- 06: for the person I once was
______________________________
Salve!
*Wiwo si va a nascondere sotto il tavolo* Imploro umilmente il vostro
perdono!
Non mi merito niente! Sono brutta, cattiva e nera! ..Ma comunque
stavolta una
giustificazione ce l’ho, ed è scritta nel mio
profilo! In ogni modo mi dispiace
di non riuscire ad aggiornare con puntualità, ma purtroppo
contro una
congiunzione di fattori come scuola, esame e pigrizia poco si
può fare!
Questo
capitolo mi è costato non poca fatica! Spero che ora che
(finalmente) sono
riuscita a farli incontrare tutto fili più liscio..
altrimenti mi ci voglio
vedere a scrivere! ..Noooo, non devo pensare così! Positiva,
Wiwo, positiva!
Si
vede che adoro i deserti? Da quando sono stata sull’Etna..
sì, lo so che
è un vulcano e non un deserto
(scema va bene, ma così è un po’
troppo), insomma, da quando ci sono stata e ho
visto una distesa di pietra nera e riarsa sotto il cielo blu.. mi sono
innamorata dei paesaggi desolati. Ora come ora uno dei miei sogni
è andare
nelle steppe dell’Asia centrale, a cavallo. E so anche che
non sono
completamente normale, sì.
ragazzasilenziosa:
Ciao!! Che bello, fa sempre piacere quando qualcuno di nuovo commenta
la fic! Scusa
tantissimo per il ritardo, ma purtroppo ce l’ho nel sangue..
Hinata.. sì, anche
io penso che sia forte, anche se nel manga non lo dimostra spesso. La
adoro
come personaggio (insieme al suo fighissimo cuginetto^^) e per questo
è
praticamente in tutte le mie fic! (io non sono poi così
contenta.. NdHinata)
Grazie dei complimenti!! Alla prossima!
Talpina
Pensierosa: Ciau!! Ti ringrazio tantissimo per i complimenti,
ma… non è vero,
non mi merito tuttooo!! T_T Sono una persona inutile!! ..via, forse non
così
tanto! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!! Alla prossima!
Cecia
chan: Neeeechan!! Sai che mi hai dato un’idea?! Gaara su un
unicorno non ce lo
vedo male.. è___é Guarda quanto sono brava:
questo capitolo è quasi tre pagine
e mezzo di word! Considerando che la mia media è una e mezzo
mi sembra un bel
risultato, no? anche te, vedi di aggiornareee! Scarichiamo lo stress
sugli
altri.. Ciauu!