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Autore: NobodyCompares03    06/08/2013    2 recensioni
Nicole, ragazza londinese di 18 anni, decide di trascorrere l'estate a Heatherfield, la tranquilla cittadina sul mare in cui il padre è andato a vivere dopo essersi separato dalla moglie.
Quando viene assunta come animatrice su uno dei tanti lidi della spiaggia, è costretta a lavorare accanto a Zayn, un ragazzo che le sembra, fin da subito, antipatico ed egocentrico.
Ma se dall'odio nascesse l'amore? E se settembre d'un tratto sembrasse avvicinarsi troppo velocemente?
Tratto alla storia:
Il ragazzo si voltò, facendomi cenno con la testa di seguirlo.
Mi fermai un attimo ad osservarlo, di spalle: certo che non era affatto male, anzi... Deglutii, rendendomi conto della piega che stavano prendendo i miei pensieri.
Lui, però, non poteva di certo immaginare che gli stessi guardando così avidamente il...
"Se hai finito di fissarmi il culo, puoi anche muoverti da lì e seguirmi."
Il ragazzo si era girato improvvisamente, e mi aveva colta in flagrante. Merda, cazzo, minchia!
Diventata più rossa di mio padre quando stava per strozzarsi con una spina di baccalà-si, mio padre a cinquant'anni suonati ancora non sapeva togliere le spine al pesce-, boccheggiai, cercando un insulto abbastanza offensivo da rivolgergli.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
Welcome to Heatherfield






Londra.
In quella calda mattina di inizio giugno, temevo seriamente che stesse per venirmi una crisi di nervi.
In effetti, oltre al fatto che dovevo ancora finire di preparare le valigie, partecipava al progetto ‘Facciamo esasperare la povera Nicole’ anche mio padre, che non la smetteva di telefonarmi. Non pensavo si potesse essere scemi fino a quel punto: per la miseria, avevo capito che mi sarebbe venuto a prendere lui alla stazione di Heatherfield, non c’era bisogno di ricordarmi ogni cinque minuti che era opportuno lo telefonassi tre fermate prima, per far sì che lui arrivasse in tempo! Giurai solennemente che se avesse chiamato per l’ennesima volta, l’avrei mandato letteralmente a fanculo. In una lingua inventata da me, ovvio, ma sarebbe comunque stata una bella soddisfazione.
Insomma, se pensava che la figlia, in quanto a stupidità, avesse preso da lui, si sbagliava di grosso.
“Nicole, mi mancherai tantoooooooo” Questa stupidissima frase, era diventata la preferita del mio fratellino di otto anni, negli ultimi giorni.
Oh, piccolo marmocchio, tu e i tuoi dispetti non mi mancherete per nulla, invece.
“Anche tu mi mancherai, tesoro di Nicole.” Dissi in tono leggermente ironico.
Beh, più che altro erano i suoi dispetti che non mi sarebbero mancati, ma lui…
Vabbè, dovevo sbrigarmi e finire di prepararmi entro le 10:00, o altrimenti, da brava deficiente qual ero, avrei perso il treno. Ogni anno era la stessa storia: da quando mia madre e mio padre avevano divorziato, tre anni prima, lui era andato a vivere a Heatherfield, città in cui era nato e vissuto e dove vivevano i suoi genitori, ossia i miei nonni.
Ed io, puntualmente, andavo a passare le vacanze da lui, perché il posto non era male e c’erano anche il mare e la spiaggia.
Mentre osservavo il contenuto della mia borsa, per valutare se ci fosse tutto e accettarmi che non avessi scordato nulla, il campanello suonò. Gonfiai le guance, per poi buttare fuori l’aria e sbuffare, inviperita.
Ma chi cacchio era il coglione o la cogliona che rompeva le palle a quell’ora del mattino?
“Nicole, rispondi tu per favore?” La voce di mia madre proveniva dal bagno, nel quale lei si era chiusa da dieci minuti buoni.
Cavolo, a quella donna avrebbero dovuto dare il primato per le urinate più lunghe del mondo!
Fanculo anche a lei! Non poteva alzare il suo di dietro dal gabinetto, uscire e andare a rispondere al citofono? No, non poteva, doveva pensarci un’isterica e inacidita Nicole, alle prese con i suoi bagagli tra l’altro. Mi avvicinai al citofono camminando come un dinosauro incazzato, e dopo aver fatto un profondo respiro per calmarmi, mi decisi a rispondere.
“Chi è?” Chiesi, rendendomi conto un secondo dopo di non essere riuscita a mascherare tanto bene l’isteria di quella mattina.
“Nicole, sono io, Margaret. Ti dispiacerebbe aprirmi?”
Minchia, era quella stupida e rompiballe vecchia che abitava nel palazzo accanto al mio!
Come minimo, mi avrebbe riempita di schifosissimi baci, magari facendo uno dei suoi barbosi discorsi sul tempo e la vita, e mi avrebbe fatto tantissime raccomandazioni, battendo forse il record di quell’altro ignorante di mio padre.
Ma santo cielo, sapeva da giorni che dovevo partire proprio quella mattina, perché non era passata a salutarmi nei giorni precedenti?
Bah! Come poteva andar peggio di così?
“Ma certo che no signora Margaret, la apro subito.” Risposi io, con tono di voce cordiale, zuccheroso e… falso.
“Nicole, chi è?” Urlò mia madre dal bagno.
“La signora Margaret” Risposi, andando ad aprire la porta dell’appartamento.
Non c’era bisogno che scendessi giù per aiutarla a salire le scale, avrebbe preso l’ascensore.
Non feci neanche in tempo a sedermi sul divano, che dovetti alzarmi infuriata per andare a prendere il telefonino sul tavolo, che aveva iniziato a squillare nuovamente.
Dando per scontato che si trattasse nuovamente di mio padre, risposi scaturendo finalmente tutta la mia rabbia.
“Ma papà, si può sapere che cavolo vuoi? Ho capito che devo chiamarti tre fermate prima e che vieni tu a prendermi alla stazione, non c’è bisogno di ripetermelo ogni tre minuti! Non sono scema, non sono stupida, sono dotata di un cervello abbastanza buono per fortuna! Perché non pensi di ringraziare Dio per averti dato una figlia intelligente, invece di ripetere sempre le stesse cose? Si, dai, vai a pregare un po’! E basta caz… per favore!”
“Ehm… Buongiorno signorina. Sono Hope, una dipendente del negozio ‘Make up and Beauty’. Mi è stato consegnato questo numero dalla signora Anderson, la quale qualche giorno fa ha ordinato tre pacchi di matite per occhi e un profumo. Volevo cordialmente comunicarle che i prodotti sono arrivati, e che possono essere ritirati in qualsiasi momento.”
Madonna, che figura di merda avevo fatto! Altro che mio padre, era la dipendente del negozio nel quale quell’idiota di mia madre andava a comprare i cosmetici! Ma perché aveva dato a quella Hope il mio numero di telefonino?!
“Mi scusi signora Hope. Glielo comunicherò appena posso, grazie per aver avvisato.”
Detto questo, chiusi la chiamata, massaggiandomi le tempie per cercare di rilassarmi un pochino.
“Nicole, c’è la signora Margaret che vorrebbe salutarti!” Proferì allegramente mia madre, entrando in cucina.
Era a braccetto con la vecchia e mi stava chiaramente comunicando con lo sguardo di essere gentile nei suoi confronti.
Sorrisi cortesemente, invitando la signora a sedersi.
“Cara, come passa il tempo vero? E’ di nuovo giugno, un altro anno è passato, tu sei sempre più grande e bella e stai partendo un’altra volta. Eh tesoro mio, stai attenta durante il viaggio, perché il mondo è cattivo…” Annuii distrattamente per tutto il tempo che durò il suo monologo.
Dio quanto era noiosa, non faceva altro che ripetere le stesse cose!
Quando finalmente se ne andò, feci un respiro di sollievo e mi affrettai a prendere le ultime cose da mettere in valigia.
Quando ebbi finalmente finito, sorrisi soddisfatta e guardai l’orologio, che segnava le 9:30. Bene, per una volta tanto, non avrei fatto ritardo.
“Arf, Arf! Whof, whof!” Guardai in basso, verso la direzione dalla quale provenivano quei suoni.
Casper, il mio bellissimo barboncino bianco di appena 8 mesi, mi guardava scodinzolando. Misi il labbro inferiore all’infuori, intenerita da quel piccolo essere, che era morbido, peloso e giocherellone.
Mi abbassai tanto quanto bastava per prenderlo in braccio, e lo strinsi a me dolcemente.
“Piccolino, mi mancherai tantissimissimo. Fai il bravo cagnolino, mi raccomando, io tornerò presto presto.”
La mia voce era infantile, sciocca e ridicola. Insomma, la tipica voce da ritardati mentali che fa capolino ogni volta che si parla ad un cucciolo di cane, gatto o quel che sia.
Rimisi a terra Casper, che subito si affrettò a raggiungere la sua ciotola piena d’acqua. Feci una smorfia stranita: lo stavo davvero per soffocare?
Feci spallucce tra me e me, poi presi i miei bagagli e li portai fuori la porta d’ingresso.
“Mamma, andiamo?”
In quell’esatto momento, uscirono mia madre e mio fratello dall’appartamento.
“Si, andiamo.” Rispose lei.



*****




Per tutto il viaggio in auto, non feci altro che guardare fuori dal finestrino, lasciando che il vento mi accarezzasse il viso e chiedendomi se quell’estate avrebbe portato qualche novità nella mia monotona vita.
Avevo diciotto anni, avevo finito la scuola e non avevo intenzione di iscrivermi al college: più che altro mi sarebbe piaciuto avere un negozio tutto mio, nel quale mi sarei occupata di estetica, trucco e beauty.
Sapevo che ero troppo giovane per occuparmi di un’attività tutta mia, però: al momento, dovevo limitarmi ad aspettare settembre e vedere se qualcuno mi avesse assunta come dipendente in una profumeria o qualche negozio.
Quando arrivammo alla stazione, feci il biglietto e lasciai che mia madre mi aiutasse a portare sul treno le mie valigie.
“Allora, mi raccomando. Stai attenta, chiama tuo padre e chiama pure me quando arrivi. Stai attenta e non dare confidenza a nessuno, capito? Fammi stare tranquilla Nicole, sai che mi fido di te. Comportati bene, intesi?”
Mia madre cercò di assumere un tono fermo e serio, ma ciononostante riuscii benissimo a cogliere il tremolio nella sua voce.
Conoscendola, di lì a poco sarebbe scoppiata a piangere. Sospirai, abbracciandola calorosamente.
“Non ti preoccupare, farò la brava.”
Mi staccai, pizzicando poi giocosamente le guancie di Andrew, il mio fratellino.
“Ci vediamo presto, piccolo mostriciattolo.” Sussurrai prima di abbracciarlo affettuosamente.
Terminati i momenti dei saluti, entrai in treno, occupando l’unico posto rimasto in quel vagone.
Mi girai per dare una rapidissima occhiata al mio vicino di posto.
Deglutii leggermente, sgranando gli occhi.
Era un tizio piuttosto strano, sui quarant’anni forse: pelle scura, aspetto trasandato, labbro inferiore leggermente all’infuori, espressione da rincoglionito, occhi fissi su un punto non precisato del vagone e barba incolta.
Ma stava bene?
Ne dubitai seriamente quando dalla sua bocca iniziarono ad uscire versi incomprensibili. Ma parlava con me?
“Mi scusi, parla con me?” Sussurrai piano.
L’uomo non si scompose minimamente, e continuò a mormorare chissà cosa.
Feci spallucce, prendendo l’Ipod dalla borsa e iniziando a slegare le cuffie, che si attorcigliavano sempre.
Minchia, quell’uomo puzzava terribilmente… Dio, fa che scenda alla fermata successiva, non voglio avere la sua puzza sotto al mio povero naso per sette ore di viaggio… Le mie preghiere, però, furono inutili. Fermata dopo fermata, infatti, quella specie di barbone non si decideva a scendere.
Sbuffai esasperata: vuoi vedere che mi sarebbe toccato averlo accanto per tutto il resto del viaggio?
La cosa era probabile visto che la sfiga, con me, raggiungeva quote impressionanti.

Dopo sei ore e mezza di viaggio –con la compagnia di un tizio strano e puzzolente tra l’altro- ero letteralmente distrutta.
Non potevo addormentarmi, però, altrimenti avrei preso sonno e il treno avrebbe proseguito la sua corsa, portandomi chissà dove.
Questi si fermò per l’ennesima volta: notando che quella era la terzultima fermata prima della mia, presi il cellulare e composi il numero di mio padre.
Uno squillo. Due. Tre. Quattro. Cinque. Segreteria. Fanculo, oh!
Ricomposi il numero ancora una volta, e finalmente mio padre rispose.
“Nicole, tutto bene? Dove sei? Sei arrivata? Ti devo venire a prendere?”
“Papà zitto! Per favore…” Mi affrettai ad aggiungere, appena notai di essere stata troppo brusca. “Allora, tutto bene, sono in treno, alla terzultima fermata. Ancora non sono arrivata, ma tu puoi già avviarti per venirmi a prendere, ok?”
Mio padre mi rimproverò per la mia mancanza di buone maniere, poi disse che sarebbe arrivato alla stazione di lì a poco.
Chiusi la chiamata, e mi sentii immediatamente felice: mio padre mi era davvero mancato, non vedevo l’ora di riabbracciarlo.
Naturalmente anche i miei nonni mi erano mancati, ed era inutile dire che non vedevo l’ora di riabbracciare anche loro.
Quando finalmente il treno arrivò alla mia fermata, mi affrettai a scendere, impaziente di vedere mio padre e di respirare finalmente aria… profumata.
“Papà!” Urlai, saltandogli praticamente addosso e lasciando che le valigie cadessero a terra.
Mio padre mi strinse a sé a sua volta, accarezzandomi i capelli.
“Nicole, quanto sei cresciuta! Diventi sempre più bella e… scostumata.” Disse ridacchiando.
Alzai gli occhi al cielo, sciogliendo l’abbraccio.
“Io invece vedo che sei… invecchiato.” Proferii con molta nonchalance, strofinando pollice e indice sul mento, con fare intellettuale.
In realtà, però, non era cambiato di una virgola, ma sapevo benissimo quanto lo irritasse sentirsi dire che era invecchiato.
E in effetti, corrugò la fronte, incrociando le braccia al petto.
Risi divertita, dandogli una pacca sulla spalla.
“Eddai papi, stavo scherzando!”
Lui sospirò scuotendo la testa, poi prese i miei bagagli e li portò in macchina.
Avevo sempre avuto un rapporto bellissimo con mio padre, e quando aveva deciso di tornare a vivere a Heatherfield con i nonni, ci ero rimasta letteralmente di merda.
Salii in macchina, accendendo lo stereo. Incredibile, aveva ancora il CD contenente le canzoni italiane degli anni ’60!
Pessimi gusti, a mio parere. Sbuffai, togliendo il CD e sintonizzandomi su una radio qualsiasi.

Una volta arrivati fuori al palazzo in cui si trovava l’appartamento, scesi dalla macchina e presi i bagagli più leggeri, precipitandomi all’interno della struttura.
Entrai in ascensore con mio padre, e quando finalmente arrivammo al decimo piano, mi affrettai a raggiungere la porta dell’appartamento in cui mio padre e i miei nonni vivevano.
Prima di suonare il campanello, mi resi conto che, dall’interno, proveniva musica House.
Si, i miei nonni erano dei tipi piuttosto moderni e… bizzarri.
“Suona il campanello.” Disse mio padre alle mie spalle. Sorrisi tra me e me e poi lo suonai minimo dieci volte di seguito, come facevo sempre quando ero piccola, in quei pochi giorni in cui io e miei genitori ci recavamo lì a Heatherfield per venire a trovare i nonni.
“Nicole, smettila!” Mi rimproverò mio padre. Non feci in tempo a rispondere perché la porta dell’appartamento si aprì, facendo comparire sulla soglia la figura di mio nonno. “Nonno!” Lo salutai, gettandomi letteralmente tra le sue braccia, esattamente come avevo fatto con mio padre poco tempo prima. Ovviamente anche il nonno mi disse che ero cresciuta e che ero bellissima, esattamente come fece la nonna una volta che entrammo in cucina.

Dopo aver passato un piacevole pomeriggio con mio padre e i miei nonni, decisi di andare a sistemare, prima di cena, le mie cose in quella che sarebbe stata la mia camera fino ai primi di settembre.
Mentre riponevo pazientemente i vestiti nel mio armadio, mi ricordai del mio cellulare.
Lo presi dalla tasca dei miei jeans e diedi un’occhiata al display: venti chiamate perse da mia madre, più quattro messaggi dalla mia migliore amica Allison.
Ad Allison avrei pensato dopo, perché dovevo prima preparami per la strigliata che mia madre mi avrebbe senz’altro fatto.



*****



La mattina seguente, venni svegliata nel modo in cui vorrebbe essere svegliato qualsiasi essere umano che popola la Terra: mio nonno era piombato nella mia camera, sbattendo con forza, uno contro l’altro, due coperchi di padella.
“Sveglia signorina, sveglia! Non è salutare dormire fino alle 9:30 del mattino, alle 7:30 bisogna già essere in piedi per andare a correre sul lungo mare! Oggi ti ho risparmiato la corsa, ma domani non voglio sentire ragioni! Dai, bella nipotina del nonno, svegliati!” Ok. Mio nonno sarebbe morto di lì a poco per mano della sua adorata nipotina.
Per la miseria, come cavolo si permetteva di svegliarmi sbattendo tra di loro due coperchi di padella?! E soprattutto come si permetteva di pretendere che sarei andata a fare attività fisica con lui ogni mattina?! No, era assolutamente fuori discussione! Che ci andasse lui a correre per tutta la città, con la lingua fuori a causa del caldo e facendo la figura del rincoglionito! Per quel che mi riguardava, dovevo trovare un modo per sfuggire alle ‘grinfie’ di mio nonno, e ci sarei riuscita, perché io ero la Grande Nicole tutto fare e tutto può.

Mentre eravamo seduti a tavola per fare colazione, mia nonna mi chiese se gentilmente sarei potuta scendere a comprare il pane.
Annuii sorridendo, poi mi affrettai a finire le mie uova strapazzate e presi il borsellino, uscendo dall’appartamento.
Mentre aspettavo pazientemente che l’ascensore arrivasse al pian terreno, il mio cellulare vibrò.
Lo afferrai e lessi ‘Mary’ sul display.

Hei Nicole. :)
Sei già arrivata ad Heatherfield?
Fammi sapere, così magari possiamo uscire insieme e ti faccio conoscere il mio ragazzo jdnfjvfjd.
Mary. xx

Mary era una ragazza di Heatherfield che avevo conosciuto l’estate di tre anni prima. A quanto pareva, si era fidanzata.
Beh, buon per lei; dovevo però ammettere che, nonostante fosse una mia amica, mi sembrava un’oca. Erano i suoi atteggiamenti, la sua risata, il suo modo di camminare che me lo facevano pensare… Bah, in ogni caso era una delle poche ragazze che conoscevo lì, quindi mi sembrava una mossa intelligente sorvolare sui lati del suo carattere che non mi andavano a genio e uscire con lei.
Quindi, mi affrettai a rispondere.

Ciao Mary! ^^
Si, sono già a Heatherfield, che ne dici di uscire questa sera?
Ti chiamo io e ti faccio sapere l’ora. xx


Dopo aver inviato il messaggio, l’ascensore arrivò al piano terra, per cui mi sbrigai ad uscire e ad andare a comprare il pane a mia nonna.
Appena arrivata davanti al panificio, notai un foglietto attaccato alla porta di vetro.
Cercasi animatrice o animatore per lo stabilimento balneare ‘The little mermaid’ di Heatherfield. Dirigersi direttamente sul posto per accordarsi con il signor White, il proprietario.
Però… non era male come lavoro! Wow, animatrice sulla spiaggia! Avrei certamente guadagnato qualcosa, senza contare che avrei senz’altro evitato le corse mattutine con mio nonno!
Ma si, dovevo buttarmi! Eccheccavolo, avevo 18 anni e non avevo compiti da svolgere per settembre: cosa me ne dovevo fare di quei mesi?
Beh, avrei potuto benissimo scendere sulla spiaggia e stare ore spaparanzata al sole, però… però svolgere un lavoro del genere sarebbe comunque stata una bella esperienza, mi avrebbe fatto crescere, maturare, conoscere tante persone e chissà, forse mi avrebbe anche fatto divertire! Perfetto, no?
Dovevo solo parlarne con mio padre e sperare che il posto fosse ancora libero, per cui presi in fretta il pane e tornai a casa di corsa.
“Papa!” Urlai col fiatone, una volta che fui finalmente arrivata sulla soglia della cucina.
Mio padre sobbalzò spaventato, girandosi verso di me.
“Papà, devo parlarti!” Dissi euforica, avvicinandomi a lui velocemente.
Mio padre annuì stranito, facendomi cenno con la mano di sedermi sul divano.
Mi accomodai su di esso, e una volta che mi raggiunse anche lui, iniziai a parlare.
“Papà, li conosci i lidi della spiaggia di Heatherfield?” Mio padre annuì. “E conosci anche il lido ‘The little mermaid’?” Mio padre annuì ancora una volta.
“Bene. Allora, quando sono andata a prendere il pane alla nonna, ho visto un foglio attaccato alla porta del panificio: per farla breve, il signor White, il proprietario del lido, cerca un’animatrice che possa intrattenere i bambini e la gente. Io vorrei provarci… cosa ne pensi?” Chiesi, temendo la sua reazione. E se si fosse opposto?
Mio padre sospirò, fissandomi bene negli occhi.
“Nicole, anche se può sembrare un lavoro facile, non lo è. Insomma, andare avanti e indietro per la spiaggia, sotto il sole, è stancante. Nonostante io ti veda sempre come una bambina, so benissimo che ormai sei una ragazza forte e volenterosa, e so anche che hai la giusta grinta per affrontare un’esperienza del genere. Se te la senti, allora, prova. Non voglio essere un ostacolo e impedirti di fare ciò che vuoi.”
Dopo aver sentito quelle parole, gli buttai le braccia al collo, stringendolo forte.
“Grazie papà! Grazie, grazie, grazie! Ti voglio bene!” Gli dissi sinceramente.
“Anche io Nicole, tantissimo.”

Dopo pranzo, mi recai subito sulla litoranea, che distava poco da casa mia.
Appena vidi l’insegna dello stabilimento balneare che cercavo, ‘The little mermaid’, accelerai il passo e mi affrettai a raggiungerlo.
Scesi le scale di legno con passo insicuro, e quando fui arrivata, notai subito che la cassa dove avrebbe dovuto trovarsi il padrone del lido, era vuota. Aggrottai la fronte, guardandomi in giro.
Dovevo ammettere che non era niente male quello stabilimento, e inoltre era fornito di bar, tavolini, casse per la musica e biliardini.
Inoltre, constatai che il padrone doveva guadagnare parecchio, visto che la maggior parte degli ombrelloni –di un bellissimo blu - erano aperti.
Stavo facendo la figura della scema, però: le persone, ovviamente in costume e abbronzate, andavano avanti e indietro, mentre io ero l’unica cretina immobile, vestita e pallida come un fantasma.
Ricomponiti Nicole, ricomponiti.
Oh insomma, dov’era finita la mia intelligenza? Il padrone non c’era? Bene, avrei chiesto a qualcun altro. Da quando in qua mi facevo problemi per cose così semplici?
Feci per dirigermi verso il bancone per chiedere alla barista, ma notai che era molto indaffarata con i clienti.
Sbuffai, spostandomi il ciuffo dei miei capelli biondi dal viso.
In quell’esatto momento, passò davanti a me un ragazzo.
“Aspetta!” Lo bloccai istintivamente.
Questi si girò, inarcando un sopracciglio.
M’incantai un attimo, osservandolo.
Era alto e aveva i capelli scurissimi, alzati in una cresta. I suoi occhi erano di un bella tonalità di castano, ed erano anche… boh, luminosi? Fatto sta che quel tizio aveva uno sguardo magnetico.
Era bellissimo, questo non si poteva di certo negare.
Indossava dei pantaloncini che gli arrivavano appena sopra il ginocchio, abbinati ad una maglietta verde fosforescente, sulla quale era stampata la scritta ‘The little mermaid’.
Da questo particolare, dedussi che era uno che lavorava lì, forse il bagnino.
“Ohi, se mi devi dire qualcosa entro oggi, non ho tutto il tempo!” Mi disse, guardandomi con fare altezzoso.
Bello e antipatico. Tipico, no?
Incrociai le braccia al petto, fissandolo truce.
Calmati Nicole, calmati. Prenderlo a calci nel sedere e buttarlo con la testa nel secchio dell’immondizia non è una bella idea. Cioè si, lo è, ma se meni un ragazzo che lavora in questo stabilimento balneare, puoi benissimo dire ‘ciao’ alla tua assunzione. Per cui, calmati.
Decisi di dare ascolto al mio cervello: dovevo restare molto calma. Insomma, non potevo dare una lezione a quell’antipatico, altrimenti le persone avrebbero potuto credere che fossi una tizia violenta e pericolosa!
Beh, se mi facevano davvero incazzare lo diventavo eccome violenta e pericolosa, ma quelli erano dettagli.
Respirai profondamente, e inarcai anch’io un sopracciglio.
“Cercavo il padrone di questo stabilimento balneare. Ho letto un annuncio, e volevo sapere se qui cercano ancora un’animatrice: vorrei essere assunta, se possibile.” Spiegai, atteggiandomi come aveva fatto lui poco prima.
“E tu vorresti fare l’animatrice?” Mi chiese lui, trattenendo a stento una risata.
Socchiusi gli occhi, fino a farli diventare due fessure: ma il bel moro chi si credeva di essere? Brutto presuntuoso, cosa minchia avevo che non andava? Antipatico e pure maleducato!
“Si. Cos’ho che non va?” Chiesi sfacciatamente.
Il ragazzo fece spallucce.
“Bah, mi sembri un po’ isterica. E poi t’incanti facilmente. Come pensi di guardarli, i bambini?” Mi provocò, facendo la linguaccia. Sgranai gli occhi. Ma brutto… brutto… Brutto cosa? Dannazione, non mi venivano nemmeno più gli insulti!
“Senti, ma chi ti credi di essere?!” Gli ringhiai contro.
“Accuccia Bobby.” Rispose lui, con molta nonchalance.
Sospirai, scuotendo la testa.
Minchia, che un qualsiasi Bobby ti pisciasse sui piedi!
“Allora, ascoltami. Vabbè, abbiamo ‘scherzato’ e tutto il resto, ma ora stammi a sentire. Sai dove posso trovare il Signor White? Sai se cerca ancora un’animatrice?” Chiesi, facendo le virgolette con le dita nell’esatto momento in cui dissi ‘scherzato’.
“Il signor White dovrebbe essere qui a momenti, e si, cerca ancora un’animatrice. Se ti assume, dovrai lavorare con me. Io sono l’altro animatore.” Rispose.
Che?! Lui era l’altro animatore? Ed io avrei dovuto lavorare con lui semmai fossi stata assunta?!
Ullalà! Bingo! Tombola! Merda! La mia solita sfiga…
Ecco allora perché aveva la maglietta con sopra stampata la scritta del lido, o meglio dello stabilimento balneare.
“Va bene, lo aspetto.” Dichiarai solennemente.
“Ok, lo aspetterai da sola. Me ne vado, ciao.” Disse il ragazzo, sbadigliando e andandosene.
Maleducato, antipatico e presuntuoso!
Sbuffai, constatando che mi era venuta sete; con non uno, ma bensì almeno un centinaio di diavoli per capelli, mi diressi verso il bancone.
La ragazza dietro esso mi sorrise gentilmente.
“Ciao. Dimmi pure.” Mi disse, sorridendo.
I suoi modi erano senza dubbio identici a quelli dello zulù con cui avevo parlato prima. Uno zulù molto bello, però…
“Vorrei una coca cola ghiacciata, grazie.” Proferii ricambiando il sorriso.
La ragazza me la servì subito. La bevvi lentamente, pensando che con quel ragazzo ero partita decisamente col piede sbagliato.
Beh, nulla di irreparabile: se fossi stata assunta, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata chiedergli scusa e ricominciare da capo.
Certo, era stato lui a provocarmi, ma anche io l’avevo fermato improvvisamente mentre stava camminando e fissato come una povera cretina, facendogli perdere tempo.
Sospirai, poi vidi un signore sedersi alla cassa; doveva essere senza dubbio il padrone dello stabilimento.
Ringraziando tutti i santi, mi diressi da lui.
Dio, fa che mi prenda, fa che mi prenda, fa che mi prenda…
“Buongiorno.” Lo salutai cordialmente, sorridendo.
“Buongiorno. Dimmi pure.” Rispose lui.
Il signore poteva avere una cinquantina d’anni: i capelli erano un misto tra il castano e il bianco, mentre i baffi gli davano un’aria piuttosto seria.
“Lei è il signor White?” Chiesi io. L’uomo annuì, fissandomi con aria interrogativa.
“Ho letto su un foglietto pubblicitario che lei cerca un’animatrice per lo stabilimento. Ecco, io sarei interessata…” Gli dissi, mordendomi il labbro inferiore.
“Capisco cara. Bene, il posto è ancora libero, quindi lascia che ti faccia qualche domanda…”
L’uomo volle sapere il mio nome, la mia età, la città in cui vivevo, e se quello sarebbe stato il primo lavoro che avrei svolto.
Io gli risposi che il mio nome era Nicole Smith, che avevo 18 anni ed ero di Londra, ma mi trovavo a Heatherfield per le vacanze estive, perché quella era la città in cui vivevano i miei nonni e mio padre.
E quello si, sarebbe stato il primo lavoro che avrei svolto.
Mi morsi il labbro preoccupata, dopo quest’ultima affermazione: forse il signor White avrebbe potuto pensare che, essendo la prima volta che avrei lavorato –sempre se mi avesse presa, ovviamente-, non sarei stata capace di gestire la situazione.
“Bene Nicole, a me sembri una ragazza in gamba. Insomma, si vede lontano un miglio che sei ben sveglia e che non hai problemi a relazionarti con gli altri. Fosse per me, potresti firmare il contratto anche ora, ma l’assunzione di una nuova animatrice non dipende solo da me.” Proferì l’uomo ecclesiasticamente.
Aggrottai la fronte. Come? Non dipendeva solo da lui? E da chi altri, allora? Ma era o non era il padrone dello stabilimento balneare?
Notando quanto mi avesse confusa con quella sua affermazione, si affrettò a spiegarmi meglio.
“Allora, ascoltami bene. Se vuoi essere assunta, devi prima fare una prova accanto al signorino Malik, l’altro animatore. Quel ragazzo lavora qui da quattro anni ormai, ed io mi fido ciecamente di lui. Voglio che insieme lavoriate come si deve, dovete andare d’accordo, mi sono spiegato? Niente stupide liti o quant’altro. E altra cosa importante, voglio anche vedere i bambini e le persone in spiaggia in che modo ti accoglieranno. Per la prova, vieni qui domani mattina alle 9:00; a fine giornata, sarà proprio il signorino Malik a comunicarmi l’esito della prova.
Ora lui ti spiegherà cosa dovrai fare esattamente, e inoltre voglio che tu lo affianchi fino a stasera, così potrai vedere come lavora. Va bene?” Chiese poi retoricamente, dopo aver finito il suo discorso.
A quanto pareva, si fidava ciecamente dell’altro animatore, e voleva innanzitutto che noi andassimo d’accordo. Merda! Impresa davvero ardua, visto il modo in cui ci eravamo parlati prima. Ma la cosa che maggiormente mi inquietava, era che avrebbe poi chiesto a lui come me la fossi cavata! Quindi, potevo tranquillamente affermare che la scelta era nelle mani di quello lì! Minchia!
“Va benissimo.” Dissi io, sfoderando il sorriso più falso di sempre.
L’uomo prese il microfono e fece per chiamare quello, ma poi si bloccò, vedendolo passare a pochi metri di distanza da noi. “Hei Zayn” Lo chiamò, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi a noi. Ah, era Zayn che si chiamava, il moro.
Il ragazzo si avvicinò sorridendo in modo gentile. Pff, pure ruffiano era.
“Mi dica signor White.” Proferì gentilmente.
“Allora, voglio che tu mostri alla qui presente signorina Smith il lavoro da animatori. Insomma, falle conoscere i bambini e falle leggere il programma. Ah, inoltre lei resterà ad osservarti fino a stasera, così può rendersi subito conto della cose che deve fare.” Disse il signor White, allegramente.
Il moro sorrise ancora una volta e annuì, dicendo che per lui non ci sarebbero stati problemi.
Il signor White ci liquidò, augurando ad entrambi un buon lavoro.
Sospirai, passandomi una mano tra i capelli nervosamente una volta che fui rimasta sola con lui.
Il ragazzo si voltò, facendomi cenno con la testa di seguirlo. Mi fermai un attimo ad osservarlo, di spalle: notai subito che aveva sostituito i pantaloncini con il costume da bagno. Certo che non era affatto male, anzi... Deglutii, rendendomi conto della piega che stavano prendendo i miei pensieri.
Lui, però, non poteva di certo immaginare che gli stessi guardando così avidamente il...
“Se hai finito di fissarmi il culo, puoi anche muoverti da lì e seguirmi.”
Il ragazzo si era girato improvvisamente, e mi aveva colta in flagrante. Merda, cazzo, minchia!
Diventata più rossa di mio padre quando stava per strozzarsi con una spina di baccalà-si, mio padre a cinquant'anni suonati ancora non sapeva togliere le spine al pesce-, boccheggiai, cercando un insulto abbastanza offensivo da rivolgergli.
“Ma razza di montato del cazzo, fatti meno flash! Chi cazzo ti stava guardando il culo?!” Sbottai nervosamente, gesticolando con le mani.
Il moro alzò un sopracciglio, trattenendo a stento una risata.
“Tu, mia cara. Ma lasciamo stare: dai, vieni con me e lascia che ti spieghi cosa devi fare, perché non ho tempo da perdere.” Disse, sospirando.
Mi passai stancamente una mano sugli occhi. Avevamo cominciato bene, anzi, benissimo!
Il ragazzo mi portò nell’area pic nick dello stabilimento balneare.
“Siediti” Disse tranquillamente, mentre prendeva da sotto un tavolo uno zaino, frugandoci l’attimo dopo all’interno.
Feci come mi disse e mi guardai intorno; confermai la mia precedente teoria, quello stabilimento era davvero molto bello. Mi voltai verso il mare e la spiaggia, osservando le persone prendere il sole, parlare, giocare a carte…
La voce del ragazzo mi distrasse dai miei pensieri.
“Allora, stammi a sentire. Ogni mattina, alle 9:00 in punto dobbiamo essere qui, in modo da accordarci sul programma da svolgere. Quello di oggi, ad esempio, è questo.”
Mi porse un foglio, invitandomi chiaramente a leggere ciò che vi era scritto sopra. Storsi il naso. Mamma mia, che calligrafia orrenda! Ma cos’erano, geroglifici?!
“Puoi leggere tu?” Gli chiesi, mentre cercavo di decifrare quegli sgorbi.
“Non sai leggere?” Domandò scandalizzato, alzando entrambe le sopracciglia e spalancando di poco la bocca.
Alzai gli occhi al cielo: era antipatico, egocentrico, maleducato e pure scemo!
“E’ la tua calligrafia che non riesco a decifrare!” Risposi, porgendogli il foglio.
Il ragazzo lo prese sbuffando, osservandolo attentamente.
“Pff, si capisce benissimo!” Sbottò poi, dopo aver studiato attentamente la sua calligrafia. “Se la capisci allora leggi, no?” Dissi io, indicando il foglio con la mano.
Il moro fece spallucce, poi iniziò finalmente a leggere.
“Allora, la mattinata si apre alle 10:00 con le attività del mini club, cioè dobbiamo occuparci dei bambini. In seguito abbiamo l’acquagym, la baby dance e il gioco aperitivo alle 12:45. Dopo di esso abbiamo la pausa pranzo, poi alle 15:00 abbiamo ancora una volta la baby dance. Alla 16:00 ci sono i balli di gruppo, in riva al mare, mentre alle 17:15 abbiamo il gioco caffè, con il quale si conclude la giornata di lavoro. Il programma di oggi è questo, ma il pomeriggio le attività possono variare: ad esempio, la baby dance può saltare ed essere sostituita con un torneo sportivo o una caccia al tesoro. I premi dovremo sceglierli noi, mettendoci però prima d’accordo con il signor White. Mi raccomando, signorina Smith, sii disinvolta e solare, devi saper guadagnarti la simpatia dei bambini e delle persone, altrimenti è finita.”
“Oh aspetta frena! Gioco aperitivo? Gioco caffè? Wtf?” Chiesi confusa.
Il ragazzo mi guardò come se fossi stata scema, poi si decise a spiegarmi.
“Nulla di chissà cosa, non preoccuparti. Sono semplicemente degli stupidi giochi che la gente dovrà svolgere sul bar. Il vincitore, poi, avrà diritto ad un aperitivo se parliamo di gioco aperitivo, mentre ad un caffè se parliamo di gioco caffè. Ah, ovviamente saremo noi a scegliere i giochi.” Spiegò, come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.
“Ah. Ho capito. Quindi, attenendoti al programma di oggi, dal momento che sono quasi le 15:00, ora devi radunare i bambini per la baby dance? Cioè per farli ballare?” Chiesi alzando un sopracciglio.
Il ragazzo schioccò la lingua sotto al palato, annuendo.
“Ecco, vedi che hai capito?” Disse poi, piegando il foglio e riponendolo nel suo zainetto.
“E ora dovrei venire con te?” Chiesi, indicandolo.
“La prova ufficiale è domani. Devi solo starmi dietro e vedere come lavoro.” Proferì poi.
Ma wow, che bello! Dovevo stargli dietro come un cagnolino, in poche parole, sotto il sole che scottava! Perfetto, proprio perfetto!

Il pomeriggio fu a dir poco massacrante. Avanti e indietro per vedere ciò che faceva Zayn, tutta sudata e puzzolente!
Dio, avevo disperatamente bisogno di una doccia!
Tuttavia, però, dovevo ammettere che Zayn se la cavava bene, sia con i bambini che con tutti i clienti dello stabilimento balneare ‘The little mermaid’: era simpatico, gentile e divertente. Insomma, l’esatto contrario di come si era comportato con me, nel pomeriggio.
Dopo il gioco caffè, che consisteva nell’indovinare alcune parole misteriose servendosi di soli tre indizi, il moro mi disse che potevo andare e che ci saremmo rivisti l’indomani alle 9:00.
Distrutta, sudata, stanca e con la testa che mi scoppiava, tornai a casa.
Dopo aver raccontato a mio padre e ai nonni la mia giornata, mi chiusi in bagno.
Mi spogliai velocemente e mi precipitai nella doccia, lasciando che l’acqua fresca portasse via la stanchezza e lo stress.
Una volta che ebbi finito, mi asciugai in fretta i capelli, poi corsi in camera e indossai un comodo vestitino per stare in casa. Cavolo, mi bruciavano pure le gambe! Dannatissimo sole!
Feci per spaparanzarmi sul letto, ma il mio telefono iniziò a squillare.
Maledicendo chiunque mi stesse chiamando, mi alzai andando a prendere il telefonino, che si trovava sul comodino.
Diedi un’occhiata al display, poi aggrottai la fronte: Mary.
Che altro voleva, quella?
Sbuffando, risposi.
“Pronto, Mary?”
“Nicole, ciao! Come stai?” Chiese entusiasta lei.
Distrutta, mia cara.
“Bene, tu?” Risposi, cercando di mostrarmi entusiasta tanto quanto lo era stata lei.
“Benissimo! Allora, avevi detto che stasera saremmo uscite, no? A che ora?”
Oh cazzo! Era vero, aveva ragione, le avevo detto che saremmo uscite! Cavolo, vaffanculo! Non ne avevo proprio voglia ma, conoscendo Mary, avrebbe insistito a tal punto da venire sotto casa mia, prendermi per i capelli e costringermi ad uscire con lei. Tanto valeva accettare…
“Si, facciamo alle otto e mezza, va bene? Incontriamoci sulla litoranea.” Le proposi.
“Va benissimo, non vedo l’ora di farti conoscere il mio fidanzato! A dopo!” Disse entusiasta.
“A dopo!” Risposi io, chiudendo la chiamata.
A quanto pareva, mi aspettava una lunga serata, in compagnia di Mary e del suo famoso fidanzato.

Immobile davanti al mio armadio, fissavo i miei vestiti con attenzione, strofinando indice e pollice sul mento. Allison, la mia migliore amica, sarebbe stata proprio l’ideale, in quel momento: lei sì che se ne intendeva di vestiti e moda!
Alla fine, optai per un pantaloncino arancio fosforescente, dei sandali neri e una maglietta bianca larga, con su stampata la scritta ‘Believe in yourself’, dello stesso colore del pantaloncino.
Come orecchini usai delle semplici perle, mentre i capelli li lasciai sciolti.
Mi truccai in fretta e, dopo essermi spruzzata delle gocce di profumo, presi il cellulare e una borsetta ed uscii dalla mia camera.
“Papà, esco con Mary! Ci vediamo dopo!” Urlai dall’ingresso.
“Non fare tardi!” Rispose lui, dalla cucina.
Nonostante non potesse vedermi, annuii e mi precipitai fuori l’appartamento.

“Nicole! Mamma mia, da quanto tempo non ci vediamo, sei diventata bellissima!”
Fu proprio questo che mi disse Mary, una volta che arrivai sulla litoranea, mentre mi stritolava con forza in un abbraccio.
Sorrisi, e la strinsi a me a mia volta.
“Grazie Mary.” Risposi, sciogliendo poi l’abbraccio e sorridendole.
“Allora, cosa mi racconti?” Mi chiese, iniziando a passeggiare e invitandomi chiaramente a seguirla.
“Beh, ho quasi trovato un lavoro. Domani devo fare una prova e vedere se mi prendono come animatrice su uno di questi stabilimenti balneare.” Dissi, facendo spallucce.
“Wow! E in quale stabilimento balneare dovresti essere assunta?” Domandò entusiasta.
“The mermaid” Risposi. “Ah, capisco. Non è quello in cui lavora il mio ragazzo. Vieni, ti porto lì a conoscerlo, tanto la sera tutti gli stabilimenti sono aperti come bar, e lui è sempre lì con i suoi amici!” Proferì alzando il tono di voce di un’ottava.
Sorrisi debolmente e annuii; mi stava scassando i coglioni, oh!
Avevo capito che si era fidanzata ed era felicissima, si poteva anche calmare però, eh!
Sospirai, continuando a camminare distrattamente al suo fianco.
“Ecco, siamo arrivate!” Proferì Mary allegramente.
Aggrottai la fronte, spalancando la bocca. Ma quello… quello era lo stabilimento in cui ero andata quel pomeriggio!
“Mary!” La chiamai, scendendo di corsa le scale e raggiungendola, dal momento che non mi aveva aspettata e si era subito precipitata giù.
“Mary, qui è dove sono venuta questo pomeriggio! Il tuo ragazzo non doveva lavorare da un’altra parte?” Le dissi, guardandola confusa.
“No, lui lavora qui: ‘The little mermaid’. Tu mi hai detto che lavoravi a ‘The mermaid’, che si trova più avanti.” Mi spiegò.
Ah. Quindi esisteva sia ‘The little mermaid’ che ‘The mermaid’.
Idioti! Mettere nomi un po’ più diversi no, eh?
“Eh, mi sono confusa con i nomi” Dissi ridacchiando.
Lei fece spallucce, poi una strana luce le brillò negli occhi.
“Ma allora, se lavori qui hai già incontrato il mio ragazzo!” Constatò allegramente. Un momento! Qualcosa non filava dritto… Il suo ragazzo lavorava lì? Oh cazzus! Vuoi vedere che era…
“Hei Zayn!” Urlò Mary, gesticolando con le braccia e attirando l’attenzione di un ragazzo girato di spalle.
Quando questi si girò verso di noi, non ebbi più alcun dubbio: era proprio lui, era proprio quel Zayn, il ragazzo con il quale avrei dovuto lavorare se mi avessero assunta!
Quasi ridacchiai divertita: quant’era piccolo, il mondo!
Beh, Mary, ti sei scelta un ragazzo simpaticissimo.
Il moro si avvicinò a noi, baciando Mary sulle labbra e lanciandomi poi un’occhiata confusa.
Guardò poi Mary, senza neanche salutarmi.
L’educazione…
“Com’è che vi conoscete?” Chiese Zayn alla ragazza al mio fianco.
“L’ho conosciuta tre anni fa. Lei non è di qui, è di Londra, ma viene qui ogni estate per trovare i suoi nonni e suo padre, che è divorziato da sua moglie. A quanto pare, sta per essere assunta come animatrice qui.” Proferì allegramente Mary.
Wow, grazie davvero infinite, mia cara Mary, per aver detto i cazzi miei allo zulù qui presente.
Zayn mi lanciò un’occhiata indecifrabile, poi mi fece un mezzo sorriso, che io ricambiai.
“Amore, andiamo a prendere una bibita.” Propose Mary, tirando Zayn per un braccio e avviandosi verso il bancone.
Ma che stronza, pure da sola mi lasciava! Insomma, che senso aveva avuto invitarmi ad uscire con lei, se poi la sua intenzione era quella di stare attaccata a Zayn per tutta la serata? Voleva forse farmi ingelosire, dimostrandomi che lei aveva un fottuto ragazzo e io no?! Illusa, illusa e pure oca!
Sospirai, decidendo di andarmene senza neanche salutarla. Se l’indomani mi avesse chiesto spiegazioni, mi sarei giustificata dicendole che mi ero sentita male e che avevo preferito tornare a casa. Annuii tra me e me, poi mi girai per andarmene da quel posto.
Tuttavia, però, invece di trovarmi di fronte la visuale delle scale, trovai l’alta figura di un ragazzo, che mi venne praticamente addosso, spingendomi all’indietro e facendomi conseguentemente sbattere contro qualcun altro.
“Ma ne coglione, mi ciechi?” Sbraitai contro il tizio che mi stava fissando mezzo dispiaciuto e mezzo divertito.
Era un bel ragazzo, aveva i capelli castani e ricci e gli occhi verdi.
Improvvisamente, mi scoppiò a ridere in faccia, guadagnandosi un’occhiataccia dal ragazzo accanto a lui, biondo e con degli occhi blu stupendi.
Aggrottai la fronte stranita, guardandolo come se fosse stato un povero pazzo. Che minchia aveva da ridere? Ma era forse scemo?
Sentii qualcuno sospirare alle mie spalle. Fu solo in quel momento che mi ricordai di aver sbattuto contro un’altra persona, a causa del coglione davanti a me che mi era venuto addosso e che in quel momento stava ridendo come un deficiente.
Mi girai mortificata, trovandomi davanti un ragazzo con gli occhi azzurri e i capelli castani spettinati. Heatherfield era piena di bei ragazzi, ormai quello l’avevo capito…
“Scusami, non volevo piombarti addosso, ma il deficiente che ora sta ridendo senza motivo mi è venuto addosso e…” Il ragazzo bloccò il mio monologo, sospirando ancora una volta.
“Non prendertela con Harry, non voleva venirti addosso, l’ha spinto Niall, il ragazzo biondo. Ah, piacere, io sono Louis. Siamo degli amici di Zayn, prima ti abbiamo vista mentre parlavi con lui e Mary. Sei forse la ragazza con la quale lui deve lavorare?” Mi chiese, porgendomi la mano per presentarsi, sorridendomi.
Ah, a quanto pareva Zayn aveva detto ai suoi amichetti che probabilmente gli sarebbe toccato lavorare accanto a me per tutta l’estate. Ricambiai il sorriso, stringendogli la mano.
“Si, sono io, mi chiamo Nicole.” Risposi.
Il ragazzo dietro di me, che a quanto detto da Louis si chiamava Harry, continuava a ridere, se possibile ancora più di prima.
Cominciai seriamente ad incazzarmi. Per la miseria, nessuno gli aveva spiegato che non era per nulla educato ridere della gente in quel modo?! Eccheccazzo, non tenevo scritto ‘scema’ sulla faccia!
“Senti, ma questo qui che cazzo ha da ridere?” Chiesi incazzata nera a Louis, inarcando un sopracciglio e indicando il ragazzo alle mie spalle con il pollice e la mano chiusa a pungo.
Louis mi guardò, increspando le labbra con fare dispiaciuto, poi mi fece cenno con la testa di seguirlo.
Ci sedemmo su un tavolino vuoto, uno di fronte all’altra.
Incrociai le braccia al petto e lo guardai in attesa, sicurissima del fatto che avesse qualcosa da dirmi.
“Vedi, Harry soffre di risosterofolia.” Proferì, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro.
Riso che…? Ma avevo capito bene?
“Di che?” Chiesi confusa e girando lateralmente la testa, per far sì che il mio orecchio si trovasse parallelo alle sue labbra, in modo da sentire meglio.
“Di risosterofolia.” Ripeté lui, sospirando.
Aggrottai la fronte, guardandolo disorientata.
Ma mi prendeva per il culo?
“Ma mi stai prendendo per il culo?” Gli chiesi, inarcando un sopracciglio.
Louis mi fissò truce, contraendo la mascella.
“Certo che no! E’ affetto da questa malattia da due anni, ormai: scoppia a ridere così, improvvisamente, senza motivo. Purtroppo non ci sono cure…” Sussurrò piano, asciugandosi una lacrima che era sfuggita al suo controllo.
Spalancai di poco la bocca, fissando dispiaciuta prima Louis e poi Harry, che in quel momento stava parlando a qualche metro di distanza con Niall, ridacchiando.
Cazzo, povero ragazzo! Era così giovane, com’era ingiusta la vita…
“Guarda che Louis ti sta prendendo per il culo.” Proferì tranquillamente un altro ragazzo, sedendosi a tavolino con noi e facendomi sobbalzare. Mi girai verso di lui, osservandolo.
Era anche lui molto bello, aveva capelli e occhi castani e un viso dolcissimo.
“Che hai detto scusa?” Gli chiesi, inclinando leggermente la testa di lato.
“Che Louis ti sta prendendo per il culo. Harry è sanissimo.” Disse facendo spallucce, prima di iniziare a sorseggiare tranquillo una birra.
Ah. Beh, meglio così. Molto divertente comunque Louis, davvero.
“Quanto sei divertente.” Dissi a Louis ironicamente, che aveva iniziato a ridere come un cretino.
Sbuffai, portandomi una mano sulla fronte, con fare disperato.
“Comunque piacere, io sono Liam. Tu sei la ragazza che deve lavorare con Zayn?” Mi chiese, porgendomi la mano esattamente come aveva fatto Louis prima.
Annuii sorridendo, stringendogli la mano.
“Si, sono io, mi chiamo Nicole.”
Liam annuì, poi ridacchiò.
Ma insomma, cosa minchia avevano da ridere tutti quanti?!
“Adesso capisco perché Harry rideva…” Disse Liam, tra una risata e l’altra, accompagnando quelle di Louis.
Diventai rossa di rabbia, ma prima che potessi chiedergli il motivo per il quale tutti mi stavano guardando come se fossi stata un fenomeno da baraccone, Liam si affrettò a spiegarmi.
“Hai una merda di uccello in testa.” Concluse, cercando, a fatica, di smettere di ridere.
Che?! Una merda di uccello in testa? Oh santi numi…
Diventata bordeaux dall’imbarazzo, mi alzai dal tavolino e, dopo essermi scusata con i due ragazzi, me ne scappai da quel cazzo di posto, correndo verso casa, o meglio verso il cesso di casa mia, per togliermi dai capelli la cagata di quel maledetto pennuto.






Bonsoir! :D
Ed eccomi tornata con il primo capitolo, che spero vivamente non abbia deluso le vostre aspettative. Allora, abbiamo la partenza e l’arrivo di Nicole a Heatherfield, che decide di andare a lavorare come animatrice in uno stabilimento balneare, trovandosi accanto Zayn. ;)
Abbiamo anche l’uscita con la sua “amica” Mary, l’incontro con gli altri ragazzi e la sua figuraccia a causa di un uccellino dispettoso. Cx
Quanto è sfigata questa ragazza…
Parlando della storia, volevo dire che per scriverla mi sono ispirata ad un'esperienza che ho vissuto personalmente: esistono stabilimenti balneari che assumono animatori e animatrici per intrattenere le persone e i bambini. ^^
Se qualcosa non vi è chiaro scrivetemi qui su Efp, sarò felice di rispondervi. :P
Ci tengo inoltre a ringraziare le ragazze che hanno inserito la storia nelle preferite e nelle seguite, e ringrazio tantissimo anche le ragazze che hanno recensito il prologo: siete state gentilissime, sappiate che vi adoro! :3
Beeene, me ne vo, sperando che la lunghezza del capitolo non vi abbia annoiato. ç.ç
Lasciatemi una recensione, voglio sentire le vostre opinioni popolo! u.u
Ok, me ne vado veramente ora: per qualsiasi cosa, contattatemi o qui su Efp o su twitter, dove vi ricordo che sono @RockMe06.
Un bacione a tutte!
Veronica
   
 
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