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Autore: Kylu    07/08/2013    3 recensioni
Sul fatto che Kathleen Aster fosse una babbana, non c'erano dubbi.
Vita normalissima (per i quanto i suoi continui sogni ad occhi aperti permettessero), famiglia che si distingueva unicamente per la sua eccessiva severità, e nessun aneddoto magico della sua infanzia o prima adolescenza da raccontare. Scuola babbana, vestiti babbani, casa babbana, e – la cosa le provocava un'inimmaginabile repulsione verso se stessa – cervello babbano.
Eppure, c’era qualcosa che distingueva Kathleen Aster da tutti i suoi simili.
Lei credeva.
Le credeva e, in fondo, quel mondo magico di cui tanto si parlava nei libri lo sentiva anche un po' suo.
Era la differenza, si diceva, tra essere trascinati a forza in una bataglia mortale e entrare nell'arena a testa alta. In molti avrebbero pensato che la scelta personale in fondo non c'entrasse nulla, e che non ci fosse poi questa grande differenza, ma lei sapeva -allo stesso identico modo per cui lo aveva saputo Harry Potter, con pensieri quasi identici a questi, tanto tempo prima- che c'era tuttala differenza del mondo.
Perchè "sono le nostre scelte che mostrano chi siamo realmente, molto più delle nostre abilità".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Kathleen si risvegliò con un sorriso sulle labbra. Non si alzò subito, ma rimase un po' sdraiata su quel letto morbidissimo e appena cigolante, i raggi del sole già abbastanza alto nel cielo che filtravano attraverso le sue palpebre chiuse.
Era al suo terzo giorno di permanenza al Paiolo Magico, e ancora non era sparita la meraviglia verso tutto ciò che si parava di fronte ai suoi occhi.
Il viaggio sul Nottetempo dal San Mungo era stato probabilmente la cosa più divertente che avesse mai fatto. Stan Picchetto, a detta di Harry, guidava in maniera ancora più spericolata rispetto al suo predecessore, Ernie Urto. Il suo vecchio posto da bigliettaio, invece, era momentaneamente occupato dal figlio di Lee Jordan, un tale Jimmy, che arrotondava la paghetta mensile prima di iniziare l’ultimo anno ad Hogwarts.
Aveva la stessa età di Nicholas. Erano in Case diverse, ma sicuramente avevano frequentato qualche corso assieme. Chissà se si conoscevano, avrebbe potuto chiederglielo.
Nicholas.
Nicholas, Nicholas, Nicholas.
Doveva smetterla di pensare a lui in continuazione.
Probabilmente l’aveva solo presa in giro, lui con quel suo modo di fare ammiccante che la affascinava così tanto. Non doveva assolutamente pensarci. Come se non avesse avuto di meglio a cui pensare, poi!
In quei giorni si stava definitivamente riprendendo dallo shock, dal male fisico e dal periodo pesante passato in ospedale. Tresh era davvero una buona persona; ogni giorno le preparava pasti abbondanti e sazianti, poi si sedeva vicino a lei ad un tavolo isolato della locanda e le parlava anche per ore intere, trascurando gli altri ospiti.
Le indicava persone e oggetti, le faceva notare particolari o frammenti di conversazione, e per ogni cosa le raccontava una storia, istruendola a modo suo sul Mondo Magico. Era un ragazzo abbastanza giovane, molto attivo e sempre con la battuta pronta. Non era particolarmente bello o attraente, ma aveva un proprio carisma maturato forse grazie al suo lavoro.
Per il resto del tempo Kathleen si ritirava in camera sua per riposare e riprendere più energie possibili, oppure cercava di aiutare Tresh a sbrigare in fretta le faccende che trascurava per stare con lei. La ragazza si stupiva di fronte a tutte le magie che le capitavano continuamente attorno – piatti e bicchieri che si lavavano da soli, scope che parevano essere tenute in mano da uomini invisibili, pane che si affettava, aghi e fili che rattoppavano lunghi mantelli da mago – e il ragazzo si divertiva ad osservare quei dettagli per lui così comuni che si riflettevano negli occhi spalancati di Kathleen attraversando un filtro di innocenza e ingenuità.
Kathleen si decise finalmente ad alzarsi, stiracchiandosi i muscoli ancora intorpiditi per la buona nottata di sonno. Si lavò e si vestì lentamente, pregustando una nuova giornata all’insegna della Magia.
Per la prima volta dalla prima chiacchierata con Harry Potter, ripensò alla sua famiglia, ancora sotto Confundus in modo da evitarle preoccupazioni inutili.
Sarebbe stato bello poter condividere con i propri genitori ciò che le stava accadendo, ma sapeva che era impossibile. La sua permanenza nel Mondo Magico era già di per sé una violazione, almeno in parte, della legge sulla Segretezza. Figuriamoci coinvolgere anche tre babbani… tre babbani normali.
Uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle. Un’altra cosa che adorava del suo soggiorno in quella locanda: uscire dalla camera lasciandola in disordine come suo solito, poi tornare un’ora dopo e ritrovarla linda, pulita e ordinata. Il massimo era stato il primo giorno, quando rientrando dopo qualche ora passata con Tresh si era ritrovata piegati sul letto due paia di jeans e qualche maglietta. Comuni vestiti babbani, vero, ma sempre meglio di quelli ormai lisi e consumati che si ritrovava addosso.
“ ’Giorno Tresh” sbadigliò entrando nel locale principale della locanda, il bar-ristorante dove la gente era solita sedersi a chiacchierare anche al di fuori dell’orario dei pasti ed andando incontro al ragazzo, indaffarato dietro al bancone.
“Buongiorno, mia piccola Aster” la salutò con un sorriso lui.
“Ti ho detto mille volte di non chiamarmi così” lo rimbrottò subito lei. L’aveva rinominata “piccola Aster” da quando, vedendosi per la prima volta, Kathleen si era presentata con il cognome.
“E io ti ho detto mille volte che devi cominciare ad abituarti a svegliarti prima la mattina. Ad Hogwarts non troverai nessuno che ti tenga in caldo la colazione, sai?” disse lui con fare fintamente severo.
Kathleen sbuffò, esasperata e divertita insieme. Prese il vassoio con la colazione che Tresh le stava porgendo e si sedette al tavolo più vicino. Perfetta colazione tipicamente inglese, in versione un po’ ridotta per soddisfare la sua fame non eccessiva, come sempre: bacon, uova, pane tostato imburrato e un bicchierone di succo d’arancia. La cucina di Tresh era davvero ottima, e in pochi secondi la ragazza spazzolò tutto ciò che aveva nel piatto.
Lui come sempre si sedette vicino a lei ma, invece di cominciare a parlare come faceva normalmente, si limitò a osservarla in silenzio. Dopo pochi minuti Kathleen non riuscì più a reggere quello sguardo preoccupato fisso su di lei e sbotto: “Tresh, ti prego, dimmi quello che devi dirmi e falla finita. Sei inquietante a fissarmi e basta”.
Tresh sorrise un po’ in colpa, poi la guardò con la stessa preoccupazione di prima e le disse, senza nemmeno provare a girarci attorno: “Oggi, stasera, verrà a parlarti la McGrannit. La tua futura preside, intendo. Harry mi ha detto di non dirti altro, però… senti, penso che ti debba parlare di cosa fare dei tuoi genitori”.
Kathleen lo osservò orripilata. “Cosa fare dei tuoi genitori” la faceva pensare a possibilità orribili.
“Ehm… in che senso? Cioè, pensavo li lasciassero sotto un Confundus fino a quando sarei tornata” disse, la voce incerta.
“Devono essere in grado di giustificare una tua così prolungata assenza. Devono sapere cosa rispondere a tutte le domande che gli faranno. E’… sarà meno semplice del previsto. Però non ci pensare fino a stasera e goditi la giornata. Promesso?” chiese Tresh con fare speranzoso.
“Io… ci proverò. Si, si, tranquillo” rispose Kathleen.
“Bene” fece il ragazzo sfregandosi le mani ed alzandosi dalla sedia sulla quale si era seduto e ritrovando il suo proverbiale brio. “Stavo pensando… sei qui da tre giorni e non hai ancora mai visitato DiagonAlley!”
“Direi che è arrivato il momento giusto per farlo, allora” affermò una voce alle loro spalle.
Kathleen si girò di scatto alzandosi in piedi a sua volta, riconoscendo la voce. Non si era sbagliata: i suoi capelli, i suoi occhi, il suo sorriso
“Nicholas!” esclamò, trattenendo a stento l’impulso di correre da lui e gettargli le braccia al collo. Sbiancò e poi arrossì violentemente, abbassando gli occhi per non incrociare i suoi e rischiare un attacco di cuore.
“In persona. E esattamente dove le avevo promesso di essere” confermò lui, facendole l’occhiolino.
Finalmente senza fasciature – ad eccezione dell’avambraccio destro – il ragazzo rivelava un fisico a dir poco perfetto. Kathleen indugiò forse qualche secondo di troppo sui suoi muscoli ben disegnati, guizzanti sotto la pelle liscia e colore caramello.
“Mi sono già sistemato nella camera accanto alla tua. Tresh, preparami il conto e tutto che poi ci pensiamo stasera… Ora devo accompagnare la nostra cara Kat a scoprire quello che si è persa fino ad adesso!”.
Kat? Da quando era diventata “Kat”? Anzi, la loro cara Kat?
Non che quella nuova confidenza le dispiacesse. Anzi.
Nicholas si avvicinò e la prese per mano, per poi cominciare a trascinarla fino al cortile sul retro del Paiolo Magico da dove, sapeva, si apriva il passaggio per DiagonAlley.
Eppure la ragazza, di nuovo viola per l’imbarazzo e impegnata com’era a sforzarsi di non fissare a bocca aperta la mano di lui che stringeva la propria, non prestò minimamente attenzione alla strada che stavano percorrendo, fino quando non si trovarono di fronte ad un muro di mattoni. Nicholas doveva avere già picchiato sul mattone giusto perché il muro stava già cominciando ad aprirsi davanti ai suoi occhi.
Era esattamente come nel film. L’unica, piccola, insignificante differenza era che qui non c’erano effetti speciali del computer. Era tutto vero, reale, tangibile e molto più concreto, in quel momento, della sua vecchia vita babbana.
I mattoni del muro formarono un arco sopra le loro teste e si immobilizzarono. Kathleen strinse ulteriormente la stretta della mano di Nicholas e poi fece un passo in avanti.
Il suo primo, vero passo nel Mondo Magico.
 
                                                                                  ***
 
Cinque ore di visite a negozi, librerie, bancarelle e quant’altro dopo, Nicholas e Kathleen erano seduti ad un tavolino al riparo dal sole, intenti a gustarsi il loro pranzo, un gelatone comprato da Florian Fortebraccio, riaperto dopo la fine della Seconda Guerra Magica. Ovviamente a pagare era stato il ragazzo; Kathleen non possedeva alcun denaro Magico, anche se contava di convertire un po’ di denaro babbano in galeoni prima dell’inizio della scuola.
DiagonAlley era incredibile. Il Ghirigoro, il Serraglio Stregato, la Gringott, il negozio di Madama McClan… era tutto davvero come veniva descritto nei libri, se non meglio. Perché, invece di limitarsi ad usare la fantasia per immaginare scaffali su scaffali di libri di magia, gabbie piene di gufi spettinati o rospi gracidanti, scrivanie in marmo sormontate da folletti -folletti!- dall’aria seriosa e compita, bastava girare lo sguardo a destra e sinistra e ritrovarsi la mente invasa da queste immagini stupefacenti.
E poi, ancora più meraviglioso del giro a DiagonAlley, era stato Nicholas.
Si fermava in ogni posto interessante e le spiegava ogni cosa di cui lei non capisse il senso o la funzione, le mostrava quello che le sarebbe servito acquistare per l’anno a venire e le presentava persone di ogni età, il tutto senza lasciarle un attimo la mano, come per tenerla al sicuro, o come se avesse capito senza che lei ne parlasse il senso di stordimento che l’essere in quel luogo le trasmetteva.
“Finito il gelato? Beh, allora direi che possiamo andare! Tra un po’ dovremo rientrare al Paiolo Magico perché tu devi sistemarti prima di incontrare la McGrannit… ma prima devo portarti ancora in un posticino…” le rivelò, enigmatico.
Si alzarono e ricominciarono a camminare, questa volta semplicemente affiancati.
Dopo un po’ Nicholas le passò un braccio attorno alle spalle.
“Allora, Kat, ti piace?”
Kathleen si era ormai in parte abituata alla sua presenza, abbastanza comunque da riuscire a parlare quasi normalmente. “Oh, ehm, si, moltissimo! DiagonAlley… non mi sarei mai aspettata di vederla sul serio! Invece sono qui e… mi sembra un sogno, su serio” rispose tutto d’un fiato.
Nicholas rise. “Non intendevo proprio questo, anche se sono contento di sentire che ti piace il posto. No, io intendevo… ti piace la vita da strega? Ah, e ti piace stare con me?”
Kathleen pensò che ci mancava poco, e sarebbe bruciata per autocombustione spontanea. “Eh?”chiese, convinta di aver sentito male.
Nicholas scoppiò nuovamente a ridere. Lei scosse la testa tra sé e sé: stava scherzando. “Dall’effetto che ti faccio si presume che io ti spaventi neanche fossi un Ungaro Spinato, oppure… che ti piaccia” osservò lui con malizia, sottolineando il concetto dandole un buffetto sulla guancia.
“Oh, siamo arrivati, per questa volta sono costretto a risparmiarti di rispondere… ma ne riparleremo!”.
Solo allora la ragazza aprì gli occhi… e si ritrovò davanti il posto più spettacolare che avesse mai visto.
Tiri Vispi Weasley, recitava una scritta a caratteri cubitali.
“E’… è stupendo!” disse Kathleen, a bocca aperta davanti a quel mondo caotico di suoni, luci, oggetti che giravano, esplodevano, saltavano.
“Mi dispiace solo che oggi non ci sia George Weasley, il proprietario, avrei voluto che lo conoscessi. Comunque… Entra, guarda e prendi. Per oggi, offro io!”
 
                                                                                  ***

Rientrarono al Paiolo Magico che era ormai tardi. Non appena misero piede nella locanda, Tresh gli corse incontro e intimò a Kathleen di salire subito in camera sua. Preoccupata e sconcertata, la ragazza salì le scale ed entrò nella stanza. Stava per buttarsi sul letto, esausta, quando notò che questo era occupato da un grande gatto grigio con gli occhi cerchiati da segni scuri.
Kathleen capì immediatamente.
“Buonasera, preside McGrannit. Sono Kathleen Aster, penso che stesse aspettando me” disse rivolgendosi al gatto e mantenendo una distanza che giudicava rispettosa.
Il gatto sembrò sorridere, dopodiché, con un guizzo, iniziò a mutare. Tempo pochi secondi e di fronte a lei si stagliava una donna alta e magrissima, parecchio in avanti con gli anni, ma che manteneva un’espressione decisa e sicura di sé.
“Mi compiaccio nel dirle che i suoi modi sembrano molto più sofisticati rispetto a quelli di metà degli studenti del’ultimo anno ad Hogwarts.
Buonasera a lei, signorina Aster.”
  
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