CAPITOLO
QUARANTUNO
Finalmente
erano arrivate le vacanze di Natale e
Grimmauld Place era piuttosto affollata in quei giorni, tra adolescenti
che
scorrazzavano per questa e quella stanza, membri dell’Ordine
che andavano e
venivano e i Malandrini che non perdevano occasione per farsi stupidi
scherzi.
Lily non faceva che sgridarli dicendo che erano molto più
bambini loro del feto
che aveva in grembo. E come se non bastasse avevano messo in mezzo pure
Frank,
che non aveva esitato nel diventare il quarto membro.
JamesRemus
e Ariel erano seduti sul pavimento del
salotto, lui con la fedele chitarra in grembo e lei con una scatola di
sfere
natalizie davanti a sé che passava a Emmie e Jolie
perché le mettessero
sull’albero. Joel invece se ne stava spaparanzato su una
poltrona a leggere uno
dei suoi soliti manga. Se ne stavano in silenzio, stranamente, di certo
persi
in qualche loro pensiero.
Ad
un tratto videro arrivare Martha e tutti i loro
sguardi si spostarono su di lei. Persino quello di Joel, che aveva
alzato gli
occhi dal suo fumetto.
Lei mostrò loro un debole sorriso e si affrettò a
raggiungere la cucina.
“Non
vi sembra… un po’ sciupata?” chiese
Jolie, che
aveva notato una certa tristezza negli occhi della donna. Sembrava che
nei
giorni in cui loro erano ad Hogwarts si fosse lasciata molto andare.
Aveva i
capelli spettinati, non si truccava più e indossava un
grosso maglione di lana
che sì, le stava bene, ma non era affatto nel suo stile.
“Sì,
l’ho notato anche io”, concordò Emmie,
allungandosi ad appendere una pallina sull’albero.
“Sembra che qualcosa la
turbi”.
“Ma
se mia madre è già incinta di me… non
dovrebbe
esserlo anche la tua, James?” fece Jolie, rivolta al moretto.
Lui alzò lo
sguardo su di lei e la guardò come se lei non dovesse
trovarsi lì. Sembrava non
aver seguito il discorso delle due amiche.
“Non
lo so”, rispose, con una scrollata di spalle.
“Non posso di certo chiederglielo. Lei non sa niente di
noi”.
“Ma
perché questa scelta di non dirglielo? Anche i
miei genitori lo sanno e pure quelli di Jolie”,
notò Emmie, osservando l’amico
curiosa.
Lui sospirò esasperato. “Non lo so, ragazze.
Papà mi ha detto di non dire
niente. E’ una questione tra loro due”.
“Sì,
ma si tratta di tua madre e di te”, insistette
Jolie, frustrata per il disinteresse del ragazzo. Non capiva
perché sembrava
che a James non importasse, di solito si interessava sempre quando
qualcuno a
cui voleva bene aveva un problema. “E se tua madre non fosse
incinta? Forse…”.
“Non
dire idiozie, Jolie!” si intromise Ariel
allora, parlando in tono duro. “Certo che è
incinta, altrimenti James
comincerebbe a sparire come era successo a John. Se non lo vuole dire
saranno
affari suoi”.
La
rossina lanciò un’occhiataccia alla ragazza, ma
non aggiunse altro e continuò a decorare l’albero.
Forse quello era il periodo
mestruale dei Black. Spostò lo sguardo su Joel, cercando di
capire se almeno a
lui importasse qualcosa, ma lui si limitò a girare
un’altra pagina del suo
manga senza fare caso a niente e nessuno.
“Piuttosto
dobbiamo concentrarci su Harry”, aggiunse
Ariel. “Dobbiamo tenere gli occhi bene aperti, è
in questo periodo che è morto,
no?”
Jolie
annuì, sentendo i brividi correrle lungo la
schiena. Accostare la parola morto a qualcuno che le stava a cuore le
procurava
un attorcigliamento allo stomaco. Voleva bene a suo fratello, gliene
voleva già
quando le uniche cose che aveva di lui erano delle foto e dei racconti,
ma
adesso che l’aveva conosciuto…
Fred,
George e Harry
ascoltavano i racconti di James e
Sirius divertiti e curiosi di sentire i guai che combinavano quando
erano ad
Hogwarts. Se fossero ancora stati studenti, i gemelli avrebbero preso
degli
spunti per farne di loro, ma ciò non toglieva che non
avrebbero potuto farne.
“E
allora Gazza è corso via urlando e imprecando
contro Merlino ogni fottutissimo Santo!” spiegava Sirius
ridendo al solo
ricordarsi la scena.
Anche i ragazzi scoppiarono a ridere, immaginandosi bene la situazione;
dopotutto, anche a loro era capitato di assistere a qualcosa di simile.
“Era
pieno di Caccabombe, una cosa schifosa. E
correndo è finito addosso all’insegnante di
Difesa”, aggiunse James, scatenando
altre risate.
“Non
vi dico che divertimento. Ho riso per un’intera
settimana”.
“Non
ditemi che state raccontando quella storia”, li
sorprese la voce di Remus, sopraggiunto in quel momento sulla soglia.
“Certo!”
rispose Sirius, ridendo come non rideva da
tanto tempo. Il licantropo osservò i due amici, divertito
anche lui. Era bello
riaverli tutti e due, ricostruire quel vecchio gruppo di cui spesso si
lamentava ma che era una delle cose più belle che gli
fossero capitate.
“Remus”.
Si sentì chiamare l’uomo da una voce ben
nota. Si voltò trovandosi di fronte il volto di Tonks che lo
guardava con una
strana espressione. “Ti devo parlare”.
Lei
si allontanò dal corridoio e lui la seguì, senza
che gli altri si fossero accorti di niente.
John
e Ted rientrarono in casa tremanti e scossi, le
bacchette strette in pugno. Erano solo andati a fare una passeggiata ma
a
quanto pareva non era andata così bene.
“Mangiamorte…”,
biasicò il Metamorfomagus, cercando
di recuperare il fiato. “Due… ci hanno
attaccati”.
“Oh
Merlino! State bene?” chiese Martha, spuntata in
quel momento dalla cucina, guardando i due ragazzi con fare
preoccupato.
Anche Charlie, che era sceso di corsa per le scale, si era fermato di
colpo e
stava guardando i due amici ancora ansimanti. In particolare stava
indugiando
sulla macchia di sangue che gli sporcava la maglietta.
“Sì,
ma ci hanno visti entrare qui”, sospirò John,
appoggiandosi al muro dietro di lui. “Sicuramente arriveranno
con dei
rinforzi”.
Neanche
il tempo di finire la frase che la porta
d’ingresso saltò in aria, travolgendo i due
ragazzi appena entrati e un
gruppetto di uomini mascherati fece il loro ingresso, le bacchette
spianate
pronti ad attaccare.
Gli
abitanti di Grimmauld non ebbero neanche il
tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo che si
ritrovarono a
dover affrontare i Mangiamorte per l’ennesima volta. Ma
rispetto all’ultima
volta, adesso l’Ordine era in minoranza.
Martha
si ritrovò spiaccicata nell’angolo della
cucina, tra il muro e il frigorifero. La bacchetta le era sfuggita di
mano e
giaceva a qualche metro di distanza, mentre un Mangiamorte puntava la
sua,
pronto a scagliarle una maledizione. Lei spostava lo sguardo da lui
alla sua
arma, cercando il modo di raggiungerla senza rischiare di essere
colpita. Ma era
sicura che se si fosse mossa, lui non avrebbe esitato a scagliarle una
maledizione senza perdono.
“Everte
Statim!”
Il
mago mascherato venne scagliato contro il muro
opposto, sbattendo violentemente la testa e cadendo a terra come un
sacco di
patate.
“Tutto
bene?” le chiese Sirius, la bacchetta ancora
stretta in pugno dopo averla usata contro l’aggressore.
Lei annuì un po’ incerta e porse una mano
all’uomo perché l’aiutasse a rialzarsi.
“Grazie”.
“Figurati”.
Improvvisamente,
l’Animagus vide Martha spalancare
gli occhi verso qualcosa alle sue spalle. Il colpo non doveva essere
stato così
potente perché il Mangiamorte era riuscito a rialzarsi e ora
si preparava ad
attaccarli di nuovo. Lui era pronto a incassare il colpo
perché era sicuro che
non avrebbe fatto in tempo a spostarsi né a contrattaccare,
ma all’improvviso,
in una frazione di secondo, vide la ragazza sferrare un potente pugno
alla
mandibola del seguace di Voldemort, facendolo crollare a terra, come
poco fa.
“Wow!”
esclamò Sirius stupefatto, guardando Martha
ammirato.
“Vigilanza
costante”.
“Sei
proprio la degna nipote di Malocchio”.
“Ma
chi è?” chiese lei, osservando l’uomo
steso a
terra, al quale era caduta la maschera.
“Credo
sia Yaxley”.
“Stupeficium!”
“Impedimenta”.
Ninfadora
si lanciò di lato per evitare il brutale
incantesimo che il suo avversario stava per lanciarle, lasciando che
colpisse
il muro, creandoci un gigantesco buco.
A poca distanza da lei vide Remus combattere contro altri due
Mangiamorte, mentre
dava il tempo a James di riprendersi da un colpo.
La
ragazza si preparò a lanciare all’aggressore un
altro schiantesimo, ma lui
riuscì a
pararla con un protego. La maschera
però gli cadde, scoprendo il volto di un ragazzo che doveva
avere più o meno la
sua età ma che non riconosceva. Probabilmente uno nuovo.
Per qualche breve attimo provò dispiacere per lui, ma questo
non le impedì di
attaccarla di nuovo, centrando il colpo e facendolo finire contro la
porta.
Cercò
di correre in soccorso del marito, ma ad un
tratto sentì qualcuno gridare forte, una voce di ragazze che
lei riconobbe come
quella di Emmie. No, sua figlia aveva la precedenza.
Corse
al piano di sotto zoppicando, arrivando nel
salotto devastato e trovandovi la piccola Tassorosso stesa a terra e
sovrastata
da un energumeno che riconobbe come Greyback. Non fece in tempo a fare
niente,
però, che si ritrovò quasi a capitombolare per
terra dal potente spostamento d’aria
provocato da Ted, arrivato di corsa.
“Giù
le mani da mia sorella!” gridò il ragazzo,
scagliando un Everte Statim contro il Mangiamorte. Quello perse la
bacchette,
ma non la tenacia né la sete di sangue.
“Toh,
un altro lupacchiotto. E molto più appetitoso”,
ruggì, scagliandosi contro Ted, preferendo uno scontro
fisico. Il Grifondoro
crollò sotto il suo peso, ma gli bloccò le mani
strette a pugno perché non
potesse serrarle attorno alla sua gola. Così tra i due
iniziò una lotta, con il
ragazzo che cercava di sottrarsi dalla sua presa e il Mangiamorte che
cercava
in tutti i modi di squarciargli la gola, le zanne snudate e la bava che
gli
colava dall’angolo della bocca.
Tonks
se ne stava immobile con la bacchetta puntata.
Voleva aiutare il figlio, ma se tentava un incantesimo avrebbe
rischiato di
colpire il ragazzo e di sicuro non sarebbe riuscita a toglierglielo di
dosso a
mani nude. Così andò a soccorrere la figlia che
aveva un braccio sanguinante.
Per
fortuna in quel momento arrivarono John e Joel.
Il primo, con una mazza da Quidditch in mano, picchiò sulla
testa di Greyback
facendolo crollare addosso a Ted. Joel lo aiutò a
scrollarselo di dosso e a
rialzarsi, mentre il Mangiamorte se ne stava disteso a terra.
“State
tutti bene?” chiese Paciock, dopo aver legato
mani e piedi del licantropo.
“Harry,
attento!” urlò JamesRemus, buttandosi
addosso a Harry per impedirgli di prendere il colpo. Jolie,
approfittando della
distrazione del Mangiamorte che la teneva per la gola, gli
mollò un potente
calcio sul piede, facendolo urlare per il dolore e mollare la presa su
di lei. Allora
gliene diede un altro nelle parti basse e, afferratolo per le spalle,
gli
sbatté la testa contro il vetro della finestra, facendolo
svenire e sanguinare.
Poi
corse a vedere se gli altri due stavano bene. Il
fratello, a parte una sbucciatura al ginocchio, stava piuttosto bene.
James
invece sanguinava sul fianco. Aveva spinto Harry per evitare che si
prendesse l’incantesimo,
ma era stato colpito lui.
Jolie
gli alzò la maglietta per controllare, sporcandosi
le mani col suo sangue. Ce n’era parecchio e stava sporcando
pure il tappetto.
“Ho
paura ti abbia colpito un organo”, disse,
premendo un asciugamano trovato lì sull’emorragia.
James intanto cercava di non
urlare per il dolore.
“E’
morto?” chiese Vicky, entrando nella stanza e
trovando Charlie seduto a cavalcioni sopra la pancia di un Mangiamorte,
un
altro di quelli che non conoscevano.
“No”,
rispose il ragazzo, lo sguardo fisso sugli
occhi spalancati dell’uomo sotto di lui. Non era morto,
nonostante fosse
immobile, l’espressione paralizzata in una smorfia grottesca.
Era ridotto a un
vegetale, in eterno combattimento col suo incubo peggiore, ridotto
così dalla
dote innata del Serpeverde. Si faceva paura da solo a causa di quella
capacità.
Non voleva neanche usarla, ma a volte la cosa sembrava prendere il
sopravvento,
quando era arrabbiato o spaventato.
“Tu
stai bene?” fece ancora la ragazza,
avvicinandosi cautamente.
“Sì.
Tu?”
“Sì”.
Ariel
aveva raggiunto il padre per aiutare ad
affrontare Dolohov, quando ad un tratto videro l’uomo
abbassare la bacchetta e
alzare la manica del mantello. Il marchio di Lord Voldemort era
diventato rosso
e sembrava anche bruciare parecchio.
Poi l’uomo puntò la bacchetta verso di
sé e si smaterializzò. Così fecero
anche
gli altri, lasciando i membri dell’Ordine completamente
increduli e basiti. Se n’erano
andati persino quelli che erano riusciti a sconfiggere, o
perché portati via
dagli altri o perché il Marchio Nero li aveva fatti
riprendere.
Ma
tutto quello era strano, fin dall’inizio era
stato strano.
John
era seduto sulla sedia in cucina, lo sguardo
fisso in un punto indefinito e l’espressione corrugata in una
smorfia di dolore.
Charlie, inginocchiato ai suoi piedi, cercava di curargli una ferita
all’avambraccio.
“Cazzo!”
imprecò il Grifondoro, sbattendo il pugno
sul tavolo.
“E
sta’ un po’ fermo!” gli intimò
l’amico, tra le
mani una pezza umida di disinfettante con cui cercava di pulirgli la
ferita
sanguinante.
“E
tu sta’ attento”.
“Non
posso se continui a muoverti”.
“Io
sono fermo”.
“No,
tu non sei mai fermo”.
“Uff”.
“Dai,
ho quasi finito”.
Paciock,
allora, cercò di concentrarsi su qualcos’altro.
Chissà come se la stava cavando James nell’altra
stanza. Avevano chiamato il
dottor Kent per controllare i feriti e lui era quello messo peggio.
“Non
capisco perché dovevi farlo tu”, si
lamentò il
biondino, mettendo su un adorabile broncio.
“Perché
stavi sanguinando copiosamente e il dottor
Kent ci avrebbe messo un po’”.
“Non
stavo sanguinando così tanto”.
Charlie
gli lanciò un’occhiataccia, come a
intimargli di smetterla di brontolare.
“Ammettilo,
non sono male come infermiere”, scherzò,
allora, per sciogliere la tensione.
“Be’,
no. Però non riesci ancora a farti le
iniezioni da solo”, lo prese in giro John.
“Quello
è diverso”, sospirò il moro, ma non
c’era
traccia di ironia nel suo tono. Aveva un rapporto strano con le
iniezioni e il
suo problemino zuccheroso, il
Grifondoro l’aveva notato, ma non riusciva a spiegarsene il
motivo.
“Charlie?”
lo chiamò.
“Hmm?”
Intanto il Serpeverde aveva iniziato a
fasciargli il braccio con delle bende.
“No,
niente”.
“Allora,
perché vi hanno attaccati?” chiese Moody in
tono piuttosto teso. Non era stato presente al combattimento e questo
gli stava
dando parecchio sui nervi, soprattutto perché
c’era sua nipote a rischiare
grosso.
Lui
e altri membri dell’Ordine, tra cui Alice, Lily
e i Signori Weasley, che erano corsi dalla Tana non appena avevano
saputo dell’attacco,
si erano riuniti nel salotto di Grimmauld per discutere di
quell’avvenimento.
“Non
ne abbiamo idea”, rispose James, un bicchiere
di Whiskey Incendiario in mano. “Non è da
Voldemort mandare i suoi seguaci ad
attaccare così”.
“No,
non lo è”, confermò Frank.
“Forse
hanno agito da soli”, propose Martha, seduta
sulla poltrona a gambe incrociate.
“Rischiando
di far arrabbiare il loro capo?”
“Secondo
me era una specie di… iniziazione”, si
intromise allora Tonks. Tutti gli occhi si puntarono su di lei, curiosi
di
questa nuova ipotesi piuttosto strana. “Il Mangiamorte contro
cui ho combattuto
io era molto giovane, avrà avuto la mia età o
anche meno. È probabile che sia
appena entrato nelle file di Voldemort e che lui gli abbia chiesto,
come
dimostrazione di fedeltà, di attaccare qualcuno o ucciderlo.
Non mi sembra sia
una cosa nuova”.
Malocchio
sembrò soppesare le sue parole, così come
qualcun altro. “Potrebbe essere un’idea. E chi
meglio di qualche membro dell’Ordine.
Questo significa che Voldemort ha scoperto di noi e che questo posto
non è più
sicuro”.
Quelle parole, dette in tono piuttosto glaciale, provocarono non pochi
brividi
sulla schiena di tutti loro.
“Che
facciamo?” chiese Alice, allora, l’espressione
angosciata.
“Dobbiamo
trovare un altro quartier generale”,
annunciò l’Auror. “E devo parlare con
Silente”. E si avvicinò al camino,
afferrando un po’ di polvere volante.
“Dovresti
restare a letto”.
“Io?
A letto?”
James
si infilò una camicia bianca, cercando di non
muoversi troppo. Alla fine non era stato colpito nessun organo come
Jolie aveva
pensato, però il medico ci aveva messo un po’ a
ricucirgli lo squarcio e gli
aveva pure dato della Pozione Rimpolpasangue.
Sirius
ridacchiò. James era proprio identico a lui.
Gli si avvicinò per spettinargli i capelli scuri. Il figlio,
allora, alzò lo
sguardo verso di lui, guardandolo con quegli occhi color ghiaccio
identici ai
suoi, e gli sorrise teneramente.
“Ti
voglio bene, papà”.
“Anche
io ti voglio bene, campione”.
E
si strinsero in un forte abbraccio.
MILLY’S
SPACE
Buonasera,
gente. Era parecchio che non mi facevo sentire
qua.
Be’, che dire? Un altro po’ di azione.
Chissà cosa succederà adesso e se i
ragazzi del futuro torneranno nel loro tempo.
Cosa
mi dite? Lasciatemi una recensione e venite a fare
visita nella mia pagina Facebook : )
https://www.facebook.com/MillysSpace
Baciotti.
PUFFOLA_LILY:
i
tuoi complimenti mi commuovono sempre. Eh sì, le cose si
stanno per complicare
un po’. Non bisogna sottovalutare mai niente u.u Tra Martha e
Sirius è un po’
complicato, ma vedremo se si risolverà tutto.
Chissà. Spero di risentirti, un
bacione.
FEDE15498:
una Ariel/Draco? Hmmm, chissà ^^ be’, la coppia
Harry/Ginny credo sia sacra e
nessuno ce la toglie.
Ah, mi dispiace per la storia, ma quella proprio non posso toglierla
dal rating
rosso, sorry ^^ Ma a dirti il vero penso di averla scritta quando ero
minorenne, solo che io ho messo di essere maggiorenne ^^ Tanto nessun
poliziotto è venuto a bussare a casa mia XD
Fatti risentire, un bacione…
POTTER_92:
pussa via, Jolie *le lancia un osso* alloraaaa… vorresti che
le cose si
risolvessero per il meglio per tutti? Vedremo, vedremo…
intanto, continua a
seguirmi.
Bacioni,
M.
DUBHE01:
come ho già detto la Harry/Ginny è sacra u.u un
po’ come la Lily/James. Alla prossima,
bacioni. M.