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Autore: jas_    08/08/2013    3 recensioni
«Ricordi il giardino di tua madre, te lo ricordi?»
Annuii, «come dimenticarselo» dissi acida, tirando su col naso.
Pierre mi asciugò una lacrima col pollice e mi accarezzò una guancia senza smettere di guardarmi.
«Tu sei come una di quelle primule che io ti ho aiutato a portare in casa quando ci siamo conosciuti, sei bellissima e hai tanto da dare se solo... Se solo riuscissi a tirare fuori il coraggio! Ti nascondi sempre dietro a questi occhi tristi, so che è difficile ma così non fai altro che renderti piccola. Io vedo cosa sei, so il tuo potenziale, sei come una primula in inverno. Fa' arrivare la primavera e sboccia, mostrando i tuoi colori veri.»
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless love'
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Capitolo 19

 


Passai davanti alla lavanderia dove ero solita portare gli abiti di Alec con un buonumore che non mi apparteneva.
Diedi una rapida occhiata attraverso la vetrina alla commessa che ormai conoscevo bene viste le numerose volte che avevo frequentato il suo negozio, poi continuai per la mia strada, diretta verso il negozio di Chuck e Pierre. Non che avessi bisogno di qualcosa in particolare, avevo semplicemente voglia di fare un giro, approfittando della giornata soleggiata, e andare a trovarli mi era sembrata un'idea carina.
Non appena aprii la porta del locale un famigliare scampanellio mi arrivò alle orecchie e Pierre, intento a fare qualcosa al computer, alzò la testa di scatto aprendosi poi in un sorriso non appena mi vide.
«Ciao!» esclamò, alzandosi dalla sedia e venendomi incontro.
Fece per baciarmi su una guancia ma io mi voltai verso di lui facendo incontrare le nostre labbra.
«Ciao» sussurrai poi, sorridendogli maliziosa.
Pierre mi guardò confuso ma allo stesso tempo divertito, «come mai così di buon umore?» mi domandò poi, cingendomi i fianchi con le braccia.
Mi strinsi nelle spalle, «oggi sono stranamente contenta, non so perché...» osservai poi, pensierosa. «Chuck non c'è?» aggiunsi poi, guardandomi intorno e rendendomi conto solo in quel momento della sua assenza.
Pierre scosse la testa, «no, doveva andare con Alice da qualche parte, non chiedermi dove...»
Sorrisi a quelle parole, «quei due sono fatti per stare insieme» sostenni, e in quel momento un cliente entrò nel negozio.
Mi staccai all'istante da Pierre guardando imbarazzata la ragazza che si era appena chiusa la porta alle spalle, «ti aspetto» mormorai poi, dirigendomi verso la cassa.
Mi misi a spulciare le canzoni che c'erano nel computer mentre Pierre mostrava alla cliente ciò di cui aveva bisogno e per un attimo mi incantai ad osservare il suo fisico molto più snello e slanciato rispetto al passato e quel dannatissimo tatuaggio che non riuscivo ad ignorare, lasciato in parte scoperto dalle maniche rimboccate fino ai gomiti.
Mi riscossi dai miei pensieri quando vidi i due avvicinarsi a me, Pierre digitò qualcosa sulla cassa e porse lo scontrino alla ragazza che gli diede in mano i soldi.
Non appena questa uscì dal negozio Pierre si voltò a guardarmi sorridente.
«Che c'è? Ho qualcosa che non va?» domandai preoccupata, cominciando a tastarmi il viso in cerca del problema.
Lui scoppiò a ridere mentre scuoteva la testa, «no! Certo che no! Ti stavo solo guardando, sei serena, e sei bellissima.»
Mi sentii arrossire a quelle parole ed abbassai lo sguardo imbarazzata sullo smalto rosso delle mie unghie ormai quasi completamente andato via.
Le sue dita si posarono sotto il mio mento costringendomi poi ad alzare il viso e guardarlo, rimanemmo così in silenzio per alcuni attimi, poi mi avvicinai lentamente a lui senza perdere il contatto visivo e lo baciai.
«Stasera cosa fai?» chiesi, allontanandomi minimamente da lui, coi nostri nasi che ancora si sfioravano.
«Nulla di particolare, perché?»
«Vieni a cena da me?» proposi.
Pierre mi sorrise ed annuì entusiasta, «certo!»
Sospirai sollevata, non sapevo nemmeno io perché ma quella domanda mi aveva resa agitata, «bene, allora ti lascio al tuo lavoro» dissi, alzandomi dallo sgabello.
Lo baciai velocemente sulla guancia e presi la borsa dirigendomi poi verso l'uscita.
Prima di chiudermi definitivamente la porta alle spalle mi voltai e notai con piacere Pierre che mi guardava sorridente, appoggiato al bancone con le braccia conserte.
Gli mandai un bacio e lo salutai di nuovo con la mano, «alle sette e mezza, puntuale!» aggiunsi poi, e senza aspettare una sua risposta, me ne andai.
 
Ero in piedi in mezzo al mio salotto, i capelli raccolti alla bell'e meglio e le mani appoggiate ai fianchi.
Mi guardai intorno e storsi naso e bocca rendendomi conto solo allora di quanti fossero gli scatoloni da svuotare e di come quella casa avesse un'aria precaria, che non mi apparteneva più.
Non avevo un lavoro, mi sarei dovuta rimboccare presto le maniche se avessi voluto rimanere ad abitare lì, dato che l'affitto non me l'avrebbe pagato nessuno, ma nonostante ciò mi sentivo felice ed ottimista. L'unica cosa che dovevo fare in quel momento era rendere mia quella casa che non lo era stata per troppo tempo.
Sbuffai, facendo sollevare un ciuffo di capelli che mi cadeva sugli occhi e mi inginocchiai per terra aprendo il primo scatolone che mi capitò sottomano. Conteneva alcuni soprammobili che avevo comperato in tutti i miei viaggi, mi alzai e cominciai a posizionarli ordinatamente su una mensola accanto alla tv.   
Passai in rassegna la maggior parte delle scatole che occupavano il salotto mentre il profumo delle lasagne che cuocevano nel forno si faceva sempre più forte.
Quando aprii lo scatolone che conteneva i miei cd, mi avvicinai allo stereo che avevo messo a posto poco prima ed inserii l'album dei Goo Goo Dolls.
Sulle note delle loro hits continuai a mettere a posto tutto, canticchiando ed improvvisando qualche passo di danza ogni tanto.
Attaccai la mia collezione di calamite al frigorifero, posizionai alcune foto sulla mensola del caminetto e mentre frugavo tra un malloppo di riviste, chiedendomi perché le avessi prese, una foto non incorniciata cadde per terra a faccia in giù.
Era piuttosto consumata ed il retro bianco tendeva più verso il giallo. L'afferrai e la girai, sorridendo nel vedere me e Pierre abbracciati. Era stata scattata al mare, l'estate in cui avevamo deciso di andare in vacanza negli Stati Uniti. Avevamo fatto un viaggio estenuante, durato più di dieci ore, ma ne era valsa la pena.
Il suono del campanello mi costrinse a ritornare al presente. Mi alzai da terra ed appoggiai la foto accanto alle altre, mi pulii le mani impolverate sui jeans mentre mi dirigevo verso la porta.
Pierre sulla soglia mi lasciò spiazzata, «ma che ore sono?» domandai, sorpresa.
Lui alzò la mano sinistra per guardare l'orologio legato al polso, «le sette e trentuno, perché?»
Mi sbattei una mano sulla fronte, «non è possibile» borbottai, spostandomi dall'entrata e dirigendomi verso la cucina.
Guardai il timer del forno, fortunatamente mancavano ancora cinque minuti alla fine della cottura e le lasagne non erano ancora bruciate.
«Mi sono messa a disfare alcuni scatoloni ed ho perso la cognizione del tempo» mi giustificai, mortificata.
Pierre annuì tranquillo, «ma non mi dai neanche un bacio?»
Una sensazione strana mi attanagliò lo stomaco a quelle parole, non so se fossero farfalle o qualche altra specie animale, fatto sta che mi avvicinai a lui e appoggiai le mie braccia attorno al suo collo, facendo sfiorare i nostri nasi.
«Scusa» sussurrai maliziosa, prima di appoggiare le mie labbra sulle sue.
Dischiusi la bocca per far sì che le nostre lingue si incontrassero e Pierre mi travolse con una passione che mi lasciò interdetta. Indietreggiai lentamente fino ad andare a sbattere addosso al tavolo che si spostò leggermente a causa del mio peso. Passai le mie dita tra i capelli di Pierre mentre sentivo la sua mano risalire lentamente la mia gamba sinistra.
Sussultai quando si avvicinò al mio inguine, lo guardai sorpresa e lui mi sorrise malizioso, «scusa» mormorò poi, mordendosi il labbro e ritirando la mano.
Scossi la testa e gliela ripresi, appoggiandola lì dov'era un secondo prima.
«Non sono più abituata a certe cose» mi giustificai poi, leggermente in imbarazzo.
Pierre mi guardò confuso, «tu...»
«Diciamo che è da un po' che non esco con qualcuno» spiegai, sentendo le mie guance avvampare.
Lui mi scostò i capelli dal viso facendo poi scivolare la mano sulla mia guancia, accarezzandola, e mi baciò dolcemente sulle labbra, avvicinandosi ulteriormente a me e facendo aderire i nostri corpi.
Avevo il respiro accelerato, ero accaldata ed avere Pierre così vicino non migliorava le cose. Tuttavia anche lui respirava piuttosto velocemente, potevo capirlo dall'aria che mi stuzzicava il viso mentre mi guardava intensamente.
In quel momento il timer del forno suonò, facendoci sussultare entrambi.
«È pronto» dissi, «e non mi sono nemmeno fatta la doccia.»
Presi la teglia e la appoggiai sul piano cottura, cercando un coltello nel cassetto e cominciando a tagliare le diverse porzioni.
Pierre nel frattempo si era seduto a tavola e stava stappando una bottiglia di vino che non mi ero nemmeno accorta avesse portato.
Sorrisi nel vederlo così concentrato, si era tolto la felpa e non riuscii a fare a meno di notare il suo tatuaggio.
Presi un respiro profondo cercando di contenermi e gli porsi il piatto, andando poi a sedermi al mio posto.
Pierre versò del vino nei nostri bicchieri ed alzò il proprio, «brindisi?» propose.
Annuii prendendo il mio, «a cosa brindiamo?»
«A noi» disse lui serio, senza distogliere lo sguardo da me.
 
«Non credi che stiamo esagerando col vino?» domandai, osservando la bottiglia quasi vuota appoggiata sul tavolino.
Pierre si strinse nelle spalle, «se ho portato una bottiglia è perché dovevamo finirla» osservò poi.
«Quindi hai deciso a priori di farmi ubriacare, bravo Bouvier» lo ripresi, mettendomi più comoda sul divano.
Lui rise ed io gli porsi il mio bicchiere, mi guardò interrogativo ma lo spronai a prenderlo in mano. Mi tolsi la felpa che indossavo sentendo improvvisamente caldo e rimasi in canottiera.
«Sei tutta rossa» mi prese in giro Pierre.
Cercai di farmi aria con le mani e ripresi il mio bicchiere ormai quasi vuoto, «sto schiattando» mi giustificai.
«È la mia presenza, ammettilo.»
«In realtà è il vino.»
Pierre rise ed allungò il braccio verso il tavolino, prendendo la bottiglia di vino e versandone un po' nei nostri bicchieri.
La mia attenzione fu attirata dal suo tatuaggio colorato, lui dovette accorgersene perché rise.
«Che c'è?» domandai infastidita.
«Ti sei incantata.»
Non risposi alla sua provocazione, «cosa significa quel tatuaggio?»
Pierre allungò il braccio e se lo guardò, «questo dici?» domandò poi.
Alzai gli occhi al cielo, «e quale se no?»
«Beh, ne ho altri.»
Lo guardai sorpresa e cominciai ad agitarmi sul posto, «davvero? Dove?»
Lui rise, «lo scoprirai» mormorò poi, facendomi l'occhiolino.
Lo guardai contrariata e bevvi un po' di vino, «che antipatico che sei.»
Appoggiai il bicchiere sul tavolino, rendendomi conto che stavo esagerando col bere, e mi voltai verso la televisione che era rimasta accesa per tutto il tempo ma alla quale non avevamo dedicato la minima attenzione.
Rimanemmo in silenzio per un attimo ed infine fu Pierre a parlare.
«Come mai hai deciso di mettere a posto tutto solo oggi? Non dirmi che è perché non hai avuto tempo, non ci credo.»
Sospirai e guardai gli ultimi due scatoloni che mi erano rimasti, «nonostante fossi tornata qua, non mi sentivo davvero a casa. Era come se qualcosa fosse cambiato, se Montreal non fosse più la mia città. Non c'era qualcosa che mi trattenesse davvero qua» spiegai.
«E cos'è cambiato?»
Sorrisi, «evidentemente ora c'è qualcosa che mi trattiene qua.»
«Cioè?»
«Tu.»
Pierre rimase in silenzio, non riuscii ad interpretare bene la sua espressione né a capire cosa gli passasse per la mente fino a quando non si avvicinò a me e mi baciò.
Ricambiai con trasporto, le sue labbra sapevano di vino e quel sapore mi fece inebriare più di quanto non fossi già.
Prima che potessi rendermene conto mi trovai seduta a cavalcioni su di lui, con le sue mani appoggiate sui miei fianchi.
Le sue labbra si spostarono sul mio collo, inclinai istintivamente la testa lasciando che la sua bocca mi assaporasse e che il suo accenno di barba pizzicasse la mia pelle.
Le mie mani si abbassarono fino a raggiungere il bordo della sua maglietta e pian piano si insinuarono al di sotto di quella accarezzando il suo fisico tonico e asciutto.
Il mio respiro era corto, quasi mozzato, mentre le labbra di Pierre passavano dal mio collo al lobo del mio orecchio, facendomi gemere lievemente.
Le mie mani si alzarono, facendo alzare con loro anche la maglietta di Pierre che ben presto finì per terra.
L'enorme tatuaggio che copriva la parte destra del suo torace attirò la mia attenzione. L'avevo visto solo una volta e nemmeno così da vicino.
«Certo che ne hai di fantasia pure tu» borbottai.
Pierre si staccò da me confuso, poi quando capì a cosa mi stavo riferendo alzò il braccio per mostrarmi il cigno tatuato la cui fine scompariva sotto l'elastico dei boxer lasciato scoperto dai jeans.
«Non starmi addosso» ribatté lui divertito, appoggiando le mani sopra il mio sedere ed attirandomi ulteriormente a lui. Fece per baciarmi ma lo bloccai appoggiando le mie dita sulla sua bocca.
«Voglio vedere dove finisce il tatuaggio» dissi.
Pierre rise, «non finisce dove tu pensi.»
«Io non penso proprio niente, sono solo curiosa.» ribattei, appoggiando le mani sul l'elastico dei boxer.
«Tra poco lo scoprirai, non fare l'impaziente» mi riprese lui, e prima che riuscissi a ribattere qualunque cosa mi zittì con un bacio.


 

-




Non aggiorno da un mese, sono imperdonabile lo so.
Spero che non vi siate dimenticate di cosa parla la storia, e che il capitolo vi sia piaciuto.
Domani parto per il Canada, precisamente indovinate dove? Montréal!
Magari mi becco Pierre in giro, chi lo sa... ahahaha
Però dovevo aggiornare prima di partire quindi eccomi qua!
Fatemi sapere che ne pensate, scusate ma sono un po' di fretta perché ho un po' di cose da fare.
Alla prossima!
Jas


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