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Autore: InweElensar     16/02/2008    4 recensioni
La strana storia di una coppia insolita. Oppure vista da un'altra angolazione potrebbe essere: la normale storia di una coppia come tante. Decidete voi quale delle due opzioni è quella più calzante a ciò che andrete a leggere.
Tutto comincia da quella che potrebbe sembrare a tutti gli effetti una fine, ma...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Desidero ringraziare i fantastici 43 lettori che hanno avuto la voglia e la pazienza di fermarsi a a leggere ciò che ho scritto. E' emozionante per me sapere che così tante persone mi hanno degnato della loro attenzione. Grazie un milione! naturalmente ringrazio ancora più calorosamente le tre ragazze che hanno avuto la bontà anche di lasciare un commento. Alla ragazza che voleva sapere dove l'ho conosciuto (suppongo che Fiho, di cui ignoro il significato, si rivolga ad Orlando giusto?), intanto vorrei precisare che purtroppo non l'ho conosciuto, magari! L'ho solo visto e ci ho scambiato due parole, come tante altre ragazze sono stata a Londra a vedere In Celebration.

Desidero informarvi che nell'aggiornare sarò lenta perchè non ho molto fre time comunque ogni settimana, 15 giorni al massimo dovrei farvi avere di volta in volta il capitolo successivo. Ciao e grazie ancora a tutti!

 

 

 

2

 

E adesso? Chi glielo dice a Jonathan?  Io, secondo mia sorella Meg, sarei dovuta andare là davanti a tutta quella gente e dire: Ehy! Scusate, ma oggi non ci sarà alcun matrimonio, la sposina, improvvisamente assalita dai dubbi ha deciso di fare marcia indietro! Una bazzecola! No, non ci penso proprio per niente, questa cosa non la posso proprio fare, anche perché sono abbastanza sicura che Meg si pentirà e io NON voglio essere la causa di un immane tragedia, no signori io non sarò la fautrice consapevole dell’infelicità di mia sorella… ma che mi posso inventare? Dovrei prendere tempo, trovare un modo per ritardare la cerimonia e dare modo a quella sciagurata  di riprendersi, ma al momento la mia testa mi dice ZERO.

Nel frattempo sento un gran trambusto, ecco come minimo è in arrivo l’armata Branca Leone!

E non mi sbaglio.

Irrompono nella stanza uno dei due miei fratelli e la piccolina di casa: la mia sorellina.

“Allora?” mi fa Robert dondolando impaziente sulle gambe, lui è uno dei miei due pessimi fratelli. “E’ una vita che stiamo aspettando, che fa Meg? Io sono curioso di vederla vestita da sposa. Esce o no?”.

“No” gli rispondo io semplicemente. Lui mi guarda strizza gli occhi e appena preoccupato aggiunge “No, in che senso?”.

“Rob, no, in un senso solo, non esce, non vuole sposarsi più” spiego senza tanti preamboli.

“COSA? Ma è matta?” mi chiede subito Alissa, mia sorella minore “Ti prego dimmi che stai scherzando, non può fare una cosa così!” aggiunge costernata.

“Non è uno scherzo è entrata in paranoia lo sapete com’è fatta, si è messa in testa che

Jonathan la sposi solo perché è incinta e ora lei dice che non vuole fare le cose affrettate” cerco di spiegare.

Proprio in quel momento irrompe nella stanza anche l’altro mio fratello Fred, non lo vediamo da una vita, abita in Giappone, si è trasferito là per lavoro da un paio di anni e da allora questa è la seconda volta che ci rincontriamo.

“Jonathan?????” è la prima parola che dice  senza neppure perdere tempo a salutarci.

“Sì, poi te lo spiego” fa appena infastidito Rob, lui è uno ‘tutto e subito’ e aveva già programmato che appena finita la cerimonia del matrimonio sarebbe andato a vedersi la partita di football, così si sta innervosendo perché gli stanno saltando i piani.

“Scusate ma io sapevo… credevo…” prova ad abbozzare Fred ancora intontito dal jet lang.

“Ciao eh?” gli faccio io da brava polemica quale sono “Tu arrivi sempre all’ultimo momento e la prima cosa che fai, non è neppure salutare, ma fare domande inopportune quando qui, scusa l’eufemismo, ma siamo nella merda. Meg non si vuole più sposare”.

“Non è cambiato niente a quanto vedo” risponde lui grattandosi la testa rassegnato.

“E che volevi che cambiasse?” gli chiede Alissa alzando le spalle.

“Ma Meg dov’è adesso?” mi chiede Fred.

“Si è chiusa in camera sua” rispondo lapidaria indicando la porta oltre la quale Meg si è rintanata.

“Insomma qualcuno mi vuole spiegare che cavolo sta accadendo? Arrivo qui pensando che mia sorella sposi una persona e mi rendo conto che in realtà NON ne vuole sposare un’altra!”.

Nessuno fa in tempo a rispondere perché è arrivato il cugino dello sposo, io quello non lo conosco neppure l’ho visto la prima volta tre giorni fa e fra tutti proprio lui doveva venire a chiedere spiegazioni?

“Senti è in corso una riunione di famiglia come puoi vedere, siamo sì, un po’ in ritardo, ma solo perché Meg ha avuto un piccolo malore, niente di grave” mi affretto a dirgli scoprendo che la mia capacità di raccontare balle è sorprendente, fluida e dannatamente convincente. “Ora non c’è bisogno di allarmare nessuno tanto meno lo sposo, quindi visto che tu sei una persona di mondo” per non dire che è una gran faccia da furbacchione “Vai e cerca di intrattenere gli ospiti e noi qui cercheremo di far riprendere la sposina e di affrettarci a farla venire per la cerimonia e mi raccomando: NIENTE PANICO, soprattutto tranquillizza lo sposo” aggiungo con una sicurezza e una determinazione che meravigliano me per prima mentre lo spingo a forza fuori dalla stanza ignorando i suoi balbettii, tra l’altro fastidiosissimi, di protesta e in qualche modo lo butto letteralmente fuori tirando un sospiro di sollievo.. almeno per ora.

Intanto i miei fratelli mi guardano come se si aspettassero da me chissà quale magia per rimettere a posto le cose.

“Non so che cazzo fare!” dico quasi disperata di fronte a quegli sguardi perplessi “Un po’ possiamo durare con questa scusa del malore ma poi?”. Ma perchè non mi aiutano mai e si aspettano sempre da me che tiri fuori il classico coniglio dal cilindro?

“Insomma QUALCUNO mi vuole spiegare chi diavolo è questo Jonathan???” chiede frustratissimo Fred “Sto quasi diventando matto”.

“Te lo dico io se vuoi…” dice a sorpresa Meg che appare sulla porta con il naso rosso e gli occhi ancora più impastati di rimmel e lacrime.

 

 

***

  

Tutto cominciò appunto un giorno, quando il nostro capo ci avvisò che ci sarebbe stato un premio per il miglior venditore. Lavoro in una agenzia immobiliare di Boston e nonostante il mio lavoro non è che mi faccia impazzire cerco sempre di dare il meglio. Quel lunedì il signor Harris ci riunì tutti nel suo ufficio.

“Sono lieto di annunciarvi che il vincitore di questa prima gara aziendale è Harry Waston!” disse in tono trionfale. E chi ne dubitava? Harry è uno stacanovista e un gran leccaculo.

Tutti applaudimmo, chi rassegnato, come me, chi livido d’invidia come la mia collega più anziana Ariel, lei si sente sempre la meno apprezzata. Ma accadde qualcosa.

Il primo premio era un viaggio tutto spesato alle Hawaii di quindici giorni tutto spesato. Era come se il grande capo avesse voluto regalare una vacanza, ma ad una sola persona che se avesse voluto portarsi qualcuno avrebbe dovuto provvedere  a fargli pagare la sua parte per conto proprio.

Il caso volle che Harry benché fosse oltremodo lusingato da questo traguardo non potesse proprio fare quel viaggio. Si era sposato da appena un anno e sua moglie era in dolce attesa, quindi dovette rinunciare. Il signor Waston, per non creare confusioni o inutili invidie, in maniera molto salomonica prese la decisione di tirare a sorte per stabilire chi potesse beneficiare al posto di Harry di quella vacanza. Così il lunedì dopo ci fu un’altra convocazione e un altro verdetto.

“Bene!” fece il nostro capo estraendo un bigliettino dall’urna improvvisata ricavata da uno dei porta penne delle sua scrivania “Il fortunato sostituto è… Margaret Mannello” annunciò leggendo il foglietto spiegazzato.

Trasalii appena nel sentire il mio nome, non me lo sarei mai aspetta e questa volta gli applausi, per lo più d’invidia, furono tutti per me.

Cominciò così per la sottoscritta un mese d’inferno. La famosa vacanza infatti sarebbe stata fatta esattamente trenta giorni dopo l’annuncio della vincita.

Ero contenta e terrorizzata. Non avevo mai fatto un viaggio da sola e la cosa mi spaventava, temevo che mi sarei annoiata, o peggio che sarei stata rinchiusa per tutto il tempo in camera. Così cominciò una lunga serie di paranoie, prima se sul rinunciare, poi su cosa portar via ed infine sul cosa avrei fatto una volta lì. Tentai inutilmente di trovare un compagno o una compagna per quel viaggio, ma nessuno poteva.

Alla fine determinante fu l’appoggio di mia sorella maggiore, minacciò di prendermi a calci nel didietro se solo avessi osato rinunciare, trascinandomi subito dopo in varie sedute di shopping sfrenato  con la scusa che tanto il viaggio era gratis e che quindi potevo spendere.

Il tempo sembrò volare e una bella mattina mi ritrovai con una valigia ricolma di roba in partenza per Maui più precisamente Molokai naturalmente alle Hawaii e una gran batticuore dato da una grande ansia.

Alla fine però ero contenta, infondo sarebbe stata una splendida esperienza e poi quando mai avrei visto un posto simile?

In realtà quel viaggio fu molto importante, ma a quel tempo non potevo saperlo.

Arrivai al villaggio nel tardo pomeriggio. Era una struttura di lusso, immersa nel verde che andava poi a tuffarsi nelle onde di un mare incredibilmente blu e selvaggio. Era organizzato in discreti bungalow, immersi nella ricca vegetazione hawaiana che creavano un’atmosfera intima e molto suggestiva.

Rimasi piacevolmente colpita e l’ansia che mi aveva accompagnata durante tutto il viaggio si affievolì un poco. Puntualmente però si riaffacciò il mattino seguente. La sera ero rimasta prudentemente nel bungalow consumando lì la cena che mi ero fatta portare in camera. Dovevo ambientarmi non mi andava di affrontare così su due piedi tutta la clientela del villaggio. Essendo andata a dormire presto la mattina seguente fui sveglia alle sei. Cominciai a rigirami nel letto fin quando esausta, mi alzai. Decisi che sarei andata subito in spiaggia. Mi preparai velocemente mettendo un costume due pezzi moderatamente castigato per non dare tanto nell’occhio, poi in un borsone infilai solari, un asciugamano e un libro, quindi uscii dalla mia camera con un prendisole color avorio e mi diressi verso la reception per andare poi a fare  colazione.

La sala adibita al consumo dei pasti era grande ben apparecchiata e circondata da vetrate      che creavano una gran bella illuminazione naturale all’interno. Mi accomodai ad un tavolino e sola soletta mi apprestai a fare la mia colazione.

Di lì a poco arrivarono tre ragazzi. Uno sulla quarantina, segaligno pieno di tatuaggi con un paio di occhiali da sole a specchio, un altro più giovane, con i capelli medio lunghi lisci e il sorriso stampato perennemente sul viso, mentre terzo, con i capelli legati in un codino basso, Rayban di tartaruga portava una tavola da surf bianca appoggiata con elegante naturalezza sopra la testa camminando in modo armonico e dinoccolato.

Rimasi un attimo a guardarli, un po’ soprappensiero senza far troppo caso a loro, ma il ragazzo con la tavola da surf attirò la mia attenzione. Si era seduto con gli altri appoggiando la tavola al muro, ma non si era tolto gli occhiali. Cominciai ad avere la vaga sensazione di averlo già visto da qualche parte, sì ma dove?

Alla fine rinunciai a ricordare e mi misi a consumare la mia colazione dimenticandomi quasi di quei tre. Quando mi alzai per andarmene non c’erano più, ma fu allora che la mia mente s’illuminò all’improvviso: Orlando Bloom! Ecco chi era quel ragazzo che mi sembrava aver visto da qualche parte. O era lui, o era uno che gli somigliava moltissimo. Non essendo una gran esperta di cinema non avevo la certezza matematica, ma se non era lui la somiglianza era davvero impressionante, potevano sembrare due gemelli.

Sull’onda di questi pensieri  mi avviai all’uscita per raggiungere la spiaggia chiedendomi come avrei passato lì tutta la giornata, sola, soletta. Stavo appunto attraversando la reception per uscire quando incontrai nuovamente i tre ragazzi e questa volta seppur per puro caso, scambiai uno sguardo proprio con quello che avevo identificato come l’attore inglese Orlando Bloom. Aveva gli occhiali in mano, mi guardava e nel suo sguardo c’era una sorta di rassegnata aspettativa, come se da un momento all’atro si aspettasse qualcosa da parte mia, mi sembrò davvero una strana sensazione, ma alla fine imputai il tutto alla mia fervida immaginazione, elusi il suo sguardo, affrettai il passo e mi diressi velocemente alla spiaggia. Ovviamente, data l’ora era semi deserta, mi scelsi un ombrellone, mi sdraiai sul lettino e mi mio misi a leggere.

“Ciao!” mi sentii dire dopo una mezz’ora che ero lì a leggere. Alzai gli occhi e vidi un ragazzo moro, con gli occhi verdi e fisico da paura che mi sorrideva.

Mi prese quasi un colpo!

 “Ciao” risposi un po’ intimidita, ma anche sorpresa e chi se l’aspettava un figo così.

 “Sono Jonathan uno degli animatori e per la precisione il maestro di surf. Ti va di fare qualche lezione?” mi chiese a raffica sedendosi sul lettino e obbligandomi per educazione a tirarmi su

 “No, no, grazie non credo che faccia per me” mi affrettai a rispondere un po’ sulla difensiva, quella vicinanza mi imbarazzava non poco.

Lui invece pareva essere perfettamente a suo agio e non fare affatto caso alla mia agitazione.

“Meglio no?” commentò serafico “Così almeno impari una cosa nuova. Dai non tirarti indietro vedrai che ti faccio divertire” mi disse facendomi l’occhiolino. Certo che accattivante lo era e non poco, ma anche un gran bel ragazzo, cominciavo a tentennare “Ma io sono imbranata” provai ad obiettare.

 “Ah!” esclamò lui “Non esistono persone imbranate, esistono solo persone che non sanno come fare una cosa, per questo esistono i maestri, avanti ti aspetto tra un’ora per la tua prima lezione di surf e non voglio sentire obiezioni…” fece come per sottolineare che non ero ancora presentata. “Margaret, per gli amici Meg” gli dissi tendendogli la mano.

 “Allora affare fatto Meg ci vediamo dopo” mi disse dandomi una vigorosa stretta di mano regalandomi un sorriso luminoso.

Era fatta, ormai non potevo tirarmi indietro avrei provato a surfare.

  
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