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Autore: Book boy    09/08/2013    1 recensioni
“Dalle memorie del Dott. Brown”
Molti pensano che i test nucleari nell'atollo di Bikini furono fatti solo per scopi di “esperimento”. Ma in realtà non fu così. Inizialmente su quelle isole dovevano essere compiuti altri esperimenti, che non centravano niente con “l’atomica” anche perché ai tempi in cui furono fatti le armi nucleari nemmeno esistevano.
Genere: Azione, Horror, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Guerre mondiali, Dopoguerra
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Tre giorni dopo ci trovavamo sulla spiaggia dell’isola. Un bel gruppetto devo dire: io, il dott. Diuk, il dott. Martinez e il dott. Triph, tutti scienziati, in oltre vi era il colonnello Palh e un piccolo drappello di marine, circa una ventina che avrebbero dovuto fare da guardia agli esperimenti. In oltre vi erano una decina di tecnici e assistenti che avevano portato il gas, rinchiuso in appositi contenitori e bombole. Il giorno dopo l’avremmo testato.
Maledizione. Se ci ripenso mi viene da piangere.
Stavo permettendo a degli esseri umani di uccidere altri esseri umani, senza il minimo preavviso. Mi immaginavo già quando alcuni degli abitanti avrebbero iniziato a sentirsi male, avrebbero avuto mal di testa e probabilmente una forte nausea che sarebbe terminata con un violento vomito, in seguito avrebbero avuto difficoltà a respirare e nel giro di massimo qualche ora sarebbero morti per insufficienza respiratoria. In oltre il pus gli sarebbe uscito da ogni poro.
Mi veniva la pelle d’oca a pensarci.
L’esperimento sarebbe stato messo in atto il pomeriggio, tutto in segreto. L’obbiettivo era un piccolo villaggio, con una trentina di abitanti, alcuni dei quali donne e bambini. Fu quando mi dissero ciò, che riflettei e mi chiesi se eravamo molto diversi dai nazisti che noi stessi combattevamo.
A mezzogiorno tutto il gruppo scientifico pranzò ma a me lo stomaco si era chiuso e non mangiai niente. Ero agitato e nervoso, avremmo avuto delle maschere anti-gas ma a parte questo, se il gas le avesse perforate? Se fosse riuscito ad entrare in contatto con le nostre vie respiratorie e ad infiltrarsi all’interno dei nostri polmoni? Non avremmo avuto il tempo di volare fino in America e farci ricoverare in un ospedale, anche perché il progetto era TOP SECRET solo i presenti e pochi altri lo conoscevano.
Anche i militari presenti erano stati tutti selezionati tra i più fedeli veterani di guerra, che avevano servito il paese fino a quel giorno. Qualcuno aveva addirittura combattuto la Grande Guerra. Uno di questi si chiamava John, John Stean. Lo conobbi meglio e diventammo amici, aveva servito gli Stati Uniti durante la guerra in Europa nel ’17 ed era presente durante l’assalto suicida degli Zero giapponesi a Pearl Harbour. Era stato arruolato tra il “drappelo X” come sergente, grazie alle sue doti di fedele soldato che non avrebbe mai messo in discussione i suoi superiori. Mai. Se gli fosse stato ordinato avrebbe anche attaccato un avamposto pieno di giapponesi e l’avrebbe conquistato, anche se i nemici fossero stati venti o magari anche trenta. Era una vera macchina da guerra.
Quando arrivò il pomeriggio ci spostammo verso la zona obbiettivo a bordo di camion militari. Avremmo fatto fuoriuscire il gas dalla cima di una collinetta sopra il villaggio e con il vento a nostro favore saremmo riusciti ad infettare i coloni in pochi minuti. La zona era sabbiosa, e il villaggio era addirittura più piccolo di ciò che mi aspettassi, con sei o forse sette capanne fatte con le canne di bambù e rinforzate con la corteccia di palma. Erano dei barbari. Ma non per questo si meritavano ciò che gli avremmo fatto di lì a poco. Non ne vado fiero, al contrario ne sono letteralmente schifato. Però arrivati a quel punto non si poteva più tornare indietro dovevo prendermi le responsabilità delle mie scelte e delle mie azioni. Era arrivato il momento.
 Indossammo tutti delle maschere anti-gas modello M5 dopodiché alcuni tecnici spostarono le bombole a una decina di metri da noi, mentre i militare pattugliavano il perimetro lì intorno. Un tecnico tolse un blocco di sicurezza e iniziò con calma a svitare un bombola che avevano posizionato facendo in modo che la brezza del vento indirizzasse e trasportasse il gas verso l’obbiettivo. Un fischio fortissimo nell’aria mi fece capire che il gas stava uscendo dai contenitori. Una nube verde, di quello che sembrava vapore, si mosse in volo molto velocemente verso i piedi della collina dove sorgeva il piccolo centro abitato e in pochi secondi lo raggiunse. Dopo un attimo iniziammo a sentire delle urla e il pianto dei bambini. Una donna uscì da una casa in lacrime mentre era attaccata da un eccesso di tosse. Diuk fece cenno al tecnico di chiudere la valvola e perciò di fermare l’esperimento. La donna tossì ancora qualche volta, poi iniziò a uscirgli pus dalle orecchie e dopo un istante vomitò della bile. Infine si accasciò a terra tenendosi con le mani il ventre come se volesse tenere all’interno la bile che fuoriusciva. Ebbi anche io un conato di vomito che contenni e controllai deglutendo diverse volte. Le lenti della maschera d’un tratto mi si appannarono e vidi che il vapore verde, ora, era proprio davanti a noi. Non nego e tantomeno nascondo che ero terrorizzato dalla situazione. Avevo paura, paura che il gas oltrepassasse la maschera, paura che questo potesse infettare anche solo passando per i pori della pelle, paura…
ah, se ci ripenso sono ancora più terrorizzato. In quel momento non mi accorgevo di ciò che succedeva intorno a me, un po’ proprio perché non ci vedevo ma un po’ anche perché mi sentivo tagliato fuori dal mondo, non sapevo dove fossero i miei compagni e colleghi e non riuscivo a trovarli. Sentivo dei rumori ovattati tutt’intorno a me, ma ne sentii uno che riconobbi all’istante: una raffica di mitra. Era una raffica di Thompson, il mitra d’ordinanza dei marine. Sentii anche dei colpi di fucile, probabilmente M1 Garand. Mi chiesi perché stavano sparando, ma sopratutto a chi? Pensai immediatamente che forse era arrivata una qualche bestia, magari un leopardo o una pantera che essendo infettata dal gas potesse aver attaccato i marine. Ma in realtà quello che scoprii appena dopo mi fece rimpiangere che non si trattasse di un felino. Cercai con la mano di togliere la schifezza che avevo sulla maschera, per vederci un po’ meglio ma quella roba non si toglieva perciò iniziai a muovermi lentamente facendo un passo dopo l’altro e cercando a tentoni i miei colleghi. Ad un tratto toccai qualcuno e gridai per farmi sentire «Ehi! Sono Brown, dove sono gli altri, che sta succedendo e perché i militari stanno sparando?» Ero allarmato ma non so perché relativamente calmo. Quella persona probabilmente si voltò verso di me e vedendomi mi saltò addosso. Caddi all’indietro per lo spavento mentre quello cercava di graffiarmi e… mordermi. Diamine, non sapevo cosa pensare ma avendo paura che mi togliesse la maschera gli mollai un pugno dritto in faccia e lui cadde di lato. Mi rialzai fulmineo e in quel momento sentii altri spari. Cercai di capire chi mi aveva attaccato e scoprii con orrore che si trattava di un abitante del villaggio, solo che non aveva più niente di umano: Sbavava e perdeva sangue dagli occhi, dal naso e dalle orecchie. Il gas lo aveva trasformato in un mostro. Altri spari poi vidi un marine avvicinarsi a me, capii che si trattava di un soldato perché imbracciava un mitragliatore. Mi appoggiò una mano su una spalla e mi guidò fra la nube di gas. Mi condusse a uno dei camion militari e mi fece segno di salire. Poi tornò nella nebbia verde. Io salii a bordo e mi sedetti a fianco di Triph, che capii essere lui grazie al Tight grigio che indossava quel giorno. Davanti a me invece sedeva un marine che si teneva il braccio da cui colava sangue: era ferito.
Sentii delle urla ovattate, e capii che i coloni ci avevano attaccato. Solo che non riuscii a capire se questo fatto era direttamente collegato ad un sintomo per l’esposizione al gas. Il militare che mi aveva condotto al camion tornò tendendo il mitra con una mano mentre con l’altra aiutava con fatica un soldato ferito ad un polpaccio a camminare. Io e Tiph d’istinto ci alzammo, scendemmo e lo aiutammo a salire. Il soldato che lo aveva portato lì, dopo aver sentito delle grida dietro di sé, si voltò e con una raffica di colpi abbatté un nativo. Io rimasi pietrificato dalla scena, fino a che due mani possenti non mi presero le spalle e mi caricarono quasi a peso sul camion che dopo un segnale partì rombando allontanandosi dalla zona della nube gassosa. Io pensai solo in quel momento al fazzoletto di seta che avevo nella tasca del panciotto, lo estrasse e ripulii le lenti della maschera. Vidi che i presenti sul camion eravamo io, due soldati semplici, il sergente Stean, Triph e mi accorsi solo in quel momento che sul pianale del camion erano distesi i copri senza vita di un altro soldato e dell’dott. Martinez che indossavano ancora le loro maschere anti-gas. Una volta lontani dalla nube il sergente si tolse la maschera e fu imitato da tutti gli altri. Io urlai «Ma che cazzo è successo laggiù?! E dove sono tutti gli altri?»
«Dovrebbe sapermelo dire lei dottore, io sono solo un marine che fa il suo dovere e che oggi ha perso quasi tutti i suoi uomini per un esperimento del cazzo che è andato a puttane!»
Non avrei mai pensato che il suo comportamento avrebbe potuto arrivare a questo punto ovvero quasi all’insubordinazione
«Quindi tutti gli altri sono morti?» Chiesi spaventato e quasi sicuro della risposta «…Sì»
Il sangue mi si raggelò nelle vene.
Più di trenta uomini erano morti nel giro di pochi minuti, il tutto era successo talmente in fretta che quasi nemmeno mene ero accorto. Qualcosa era andato davvero storto. L’unico che poteva spiegarci qualcosa di preciso e dettagliato era Diuk, lui era l’unico che aveva portato avanti il progetto fin dall’inizio.
Sfortunatamente però non si trovava a bordo del camion insieme noi.
  
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