Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Judith Loe    09/08/2013    4 recensioni
Konoha dopo la guerra. Un villaggio stremato, che tenta di rialzarsi dopo gli orrori che i suoi combattenti hanno subito. Ma la speranza c'è, e sarà grazie a quella flebile luce tremolante, grazie alle risate dei bambini, grazie alla forza di volontà dei singoli, che la vita ricomincerà. Imponendosi potente, la voglia di andare avanti sospingeva le sue gambe, rendendola impaziente di raggiungerlo. L'unico con cui volesse passare il suo tempo. Lo amava come non aveva mai amato nessuno. Non poteva lasciarlo solo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neji Hyuuga, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NOTE:
Questo è un regalo di compleanno per la mia dolce Sis Erza Scarlet FT♥ Tanti auguri ♥ Spero che questo mio piccolo regalino ti possa rendere felice :) Ti voglio beneeee  :*
Dunque, premetto che questa non è una coppia in cui ho mai creduto troppo, ma a te piace e ho deciso di scriverti qualcosa :) Boh, a me ispirano tenerezza quindi questa Shottina (ma proprio piccolina) sarà un po’ così, prendetela per quello che è insomma… una cosa dolce e un po’ malinconica, ecco.
  Spero ti piaccia
Ps: ripeto: questa coppia non è che la conosca troppo quindi vi prego di commentare così da farmi capire se ho scritto una schifezza immonda (nel qual caso giuro che andrò a nascondermi per cento anni sotto un masso XD) o se invece mi sono salvata.  Let me know :)
  Come al solito, buona lettura!
 
 
 
 

THE DATE

 


  Aveva piovuto per tre giorni;  ininterrottamente acqua era caduta dal cielo inzuppando qualsiasi cosa, le case in legno ricostruite da poco, i campi di addestramento che parevano più paludi ora come ora ma che comunque non usava nessuno, non c’era più la voglia di combattere neppure per finta, le strade non ancora asfaltate del centro, non c’era stato tempo,  creando enormi pozzanghere in cui i bambini sguazzavano ridendo come dei matti, schizzandosi di fango, con i pantaloni inzuppati fino alle cosce, tenuti sott’occhio dai genitori che potevano finalmente rilassarsi dopo la guerra. Per i bambini era festa, accademia chiusa, genitori a casa a coccolarli e pozzanghere in cui sguazzare;  per i grandi era semplicemente - e finalmente -  la pace.
  Attimi di tranquillità, semplice felicità familiare che per così tanto gli era stata negata, il guardare quei bambini giocare sembrava tirarli fuori dall’ombra nera della morte che si stava lentamente ritirando portandosi appresso tutti quei corpi...
  Quei mostriciattoli sporchi di terra che lanciavano le loro risate ad alto volume facendole riecheggiare per tutto il villaggio, inondando le vie ed infilandosi in ogni casa, erano la prospettiva di un futuro prospero.
  Accanto ai genitori, si vedevano shinobi e combattenti fradici, tornati da poco a casa, fermarsi ad osservare quei bimbi ignari di tutto quello che era stato scampato loro, immobili con gli occhi puntatati a tutta quella forza vitale che erano riusciti a salvare, imbambolati, meravigliati che la vita fosse tornata ad imporsi con così tanta forza in quelle semplici risate.
  Per un istante solo la guerra diventava  così lontana, irreale, impossibile.
 
  Ma non lo era.  Il conflitto era finito solo da un mese. Ancora centinaia di morti aspettavano sui campi di battaglia, in attesa di essere riportati in patria, riconosciuti, pianti dai parenti…in attesa della pace. Anche loro, aspettavano solo il riposo.
  Eppure tutte quelle risa…li avrebbero salvati.
  Ed era per quello che lei correva, quasi senza fiato, sfilava veloce attraverso la città che lentamente ricominciava a muoversi, correva senza fiato verso il suo appuntamento, stringendosi al petto il pranzo che aveva comprato apposta per loro due, per passare assieme quella giornata, per non lasciarlo solo.
  Il sole in quella tarda mattinata era tornato, vincendo le nuvole ed impedendo alle persone di trascorrere l’ennesima giornata in lacrime, era tempo di rialzarsi, di risorgere. Le nuvole prima o poi sarebbero sparite.
  Lo sapeva bene anche lei, ma era troppo presto per lasciarlo andare. Sarebbe accaduto, ma non ora.
  Arrivata fu costretta a rallentare, non poteva correre lì, ma la voglia di essergli vicino la portava a forzare il passo. Non aveva bisogno di guardarsi attorno o chiedere dove lui fosse. Lo sapeva già, aveva passato in quel luogo gli ultimi trenta giorni.
  Si lasciò cadere accanto a lui, con un sorriso sulle labbra, sistemandosi veloce gli chignon in testa, sperando di non essere troppo spettinata, ma a lui non sarebbe importato, lo sapeva, l’importante era essere lì.
   “Ehi, lo so, lo so. Sono in ritardo. Ma oggi da Ichiraku c’era una coda incredibile, di colpo pare che mangiare ramen sia divenuta la ragione di vita di un sacco di genin. Temo che c’entri qualcosa Naruto. Tutti quei marmocchi che tentano di assomigliargli…credo che pensino che il segreto sia in uno degli ingredienti che usa il vecchio che, zitto zitto, continua a servire ciotole su ciotole a quei piccoletti che mangiano tutto di corsa, scottandosi la lingua, ansiosi di diventare forti come il tanto rinomato Eroe del Villaggio” si mise a ridere sommessamente. Il vento arrivò a solleticarle una guancia. Buttò un occhio al suo compagno silenzioso.    
 
  “Naruto? Sì, sta bene come al solito. Sai com’è fatto, è una roccia quello. Non sono riusciti ad ammazzarlo neanche mettendosi di impegno. Sakura e Tsunade-sama ci hanno provato a tenerlo in ospedale, ma l’altro ieri è sparito. L’hanno ritrovato dopo tre ore che tentava di far evadere l’Uchiha. Insisteva dicendo che dovevano assolutamente andare a mangiare insieme o qualche altra sciocchezza del genere. E’ un pazzo, ma manterrà la promessa” lo rassicurò.
 
  Si fermò un attimo inspirando profondamente e volgendo lo sguardo al sole lasciando che le riscaldasse la faccia, sperando che tutta quella luce bastasse ad entrarle dentro e ad impedire alle lacrime che le premevano dietro le palpebre di uscire, asciugandole sul nascere.
  Non poteva essere triste. Lui non glielo avrebbe perdonato.
 
  “Comunque ti ho portato il pranzo, ecco.” Disse porgendogli la ciotola e sistemandogliela bene davanti. “Il tuo preferito” sussurrò, riabbassando lo sguardo a terra ed affondando le dita nell’erba ancora umida.
 
 Per un attimo i ricordi della guerra bruciarono nella sua testa, erano così vicini, così vividi. Le brillavano negli occhi in ogni istante. Qualsiasi cosa guardasse le faceva ricordare un dettaglio delle battaglie e nel sonno il ricordo dei nemici e la paura si insinuavano in lei causandole un sacco di incubi.
  E poi rivedeva quella scena…la rivedeva in continuazione.
 
  Si rimproverò. Doveva essere felice. Grata di essere viva, di essere lì in quel momento, con il sole che le scaldava la pelle ed il vento che le scompigliava i capelli. Felice di essere con lui.
 
  “Ieri sera Rock Lee è riuscito ad ubriacarsi. Di nuovo. Pare che di colpo abbia perso ogni remora al trattenersi. Non che qualcuno se la senta di biasimarlo… ma, beh, te lo riesci a immaginare no? Si è reso talmente ridicolo! Un idiota che barcollando sfidava chiunque! A Kiba è bastato uno spintone su una spalla per essere fatto volare fuori da una finestra!” fu costretta a fermarsi nuovamente, doveva controllare le risate che si erano fatte troppo alte “E Lee che non si accorgeva della potenza di qualsiasi suo movimento. Ha rovesciato a terra il piatto di Choji che è andato sui tutte le furie nel giro di un millisecondo, minacciandolo, mentre Shikamaru tentava di tenerlo buono. Se non fosse per il fatto che eravamo tutti parecchio alticci, sarei morta dall’imbarazzo e lo avrei trascinato a casa di peso. Ma lo eravamo quindi come Kiba è rientrato rosso di rabbia per essere stato scaraventato in strada lo ha sfidato. Ma dico! Si può essere tanto idioti? Naruto naturalmente pur non centrando nulla si è buttato nella mischia mentre Ino accettava scommesse. Inutile dire che tempo cinque minuti e c’erano già parecchi tavoli rovesciati e sedie con le gambe spezzate. Sakura ha tentato di fermare quella testa quadra, con il solo risultato di creare ancora più scompiglio. Siamo stato buttati fuori! Tutti! Se ci fossi stato, avresti riso anche tu così tanto da farti venire il mal di pancia, non ce l’avresti fatta a fare l’algido come tuo solito.” Lo prese in giro, ma nel dirlo sorrideva.
 
  “ Te lo ricordi quando eravamo noi a cercare di contenere le sbronze colossali di Rock Lee? Come quella volta, c’era anche il maestro Gai, quando andammo in missione in quel villaggio, quello piccolo vicino alla Sabbia, quando si bevvero in due quattro bottiglie di sakè e si misero a intonare quegli stupidissimi inni alla gioventù, che tu li trascinasti via prima che il proprietario ci cacciasse dalla locanda? Ricordi? Mentre lo sorreggevamo e Lee giurò che saremmo rimasti assieme per sempre, giovani e forti e tu lo prendesti in giro dicendogli che stava diventando troppo sentimentale…” ma questa volta si dovette fermare per le lacrime che avevano iniziato a scendere ignorando le sue dita che furiose tentavano di toglierle dalle guance. Tentò comunque di continuare il suo discorso confuso, quel racconto veloce, in cui le si accavallavano le parole in bocca, le immagini nella mente, ed i ricordi nel cuore. Facendosi forza si costrinse a riprendere fiato e a continuare a muovere le labbra articolando frasi su frasi, riversando i suoi pensieri come fossero stati gettati nel mare in tempesta. Le tremava la voce.
 
   “Ma io avevo sorriso perché mi piaceva il modo in cui tentavi di dissimulare il fatto che anche tu a quello sciroccato fossi affezionato, e tu mi guardasti e ricambiasti il mio sorriso – i tuoi sorrisi! Erano così rari! - e io mi sentii così leggera, come se davvero saremmo rimasti assieme per sempre. Poi andammo in cima a quella piccola duna a guardare la luna mentre Lee si addormentò come un bambino su un sasso, ed  il sensei ce lo perdemmo per strada,  e tu mi prendesti la mano e restammo così, vicini, a guardare le stelle abbracciati e-“ un singhiozzo le stroncò il respiro impedendole di continuare. Le mani le tremavano talmente forte che fu costretta ad appoggiare la sua ciotola di ramen a terra o se la sarebbe rovesciata tutta addosso.
  Strinse i denti tanto forte che avrebbero potuto sgretolarsi.
 
  “M-Mi dis-dispiace” si scusò mentre le lacrime ed i singhiozzi divenivano incontrollabili. Si era ripromessa di non piangere di non essere debole, di mostrarsi forte, forte per lui. Dopo aver visto il dolore di Lee sul campo mentre lo stringeva…le si era gelato il sangue nelle vene. Lei avrebbe resistito. Lui avrebbe voluto che fosse forte e coraggiosa. E fino ad allora ce l’aveva fatta. Ma ora, ora che era passato un mese da quando lui se n’era andato, ora era così difficile. Faceva così male che pareva insopportabile.
 
   “Mi manchi c-così tan-to” gemette stringendo le braccia al petto sperando di non perdersi in quel dolore che voleva sopraffarla e trascinarla nel buio.  “Soprattutto quando penso a quello che avremmo potuto avere se solo non fosse scoppiata quella stupida guerra. Non lo meritavi, non ce lo meritavamo. Non noi! Non tu!” e nuovamente il dolore fu troppo per parlare.
 
  Non avrebbe saputo dire per quanto rimase lì a singhiozzare piano, tentando di riprendersi, ma poi il vento soffiò più forte e lei sentì come se qualcuno la stesse chiamando, come se nel rumore del vento la sua voce la stesse consolando dicendole di farsi forza. E lei voleva crederci. Voleva credere che un giorno sarebbe riuscita a rialzarsi e stare meglio. A vivere, vivere anche per lui.
 
  “Mi manchi.” Gli mormorò nuovamente come se quello sarebbe bastato a farlo tornare “Sei e sarai sempre con me. Ovunque sarò, tu ci sarai. Ti amo.” Si alzò.
 
  “Sì, torno domani, non ti lascio solo” rispose a quella voce che, sapeva, da sottoterra l’avrebbe richiamata al cimitero per ancora molti giorni. “Ma ora devo andare, Rock Lee ed il maestro Gai mi aspettano.”  
 
  Raccolse da terra quello che aveva portato. “A domani Neji” si abbassò su quella lapide bianca e lasciò un bacio leggero sul suo nome. Un bacio delicato, come quello che lui le aveva dato quella notte in cui erano rimasti stretti l’uno all’altro, impressa a fuoco nella sua mente.
  Il loro bacio.
 
  Quello veloce e leggero, che si erano scambiati come in trans. Le teste si erano voltate nello stesso momento, si erano persi l’uno negli occhi dell’altro. I suoi perlacei l’avevano incatenata. Poi lei aveva fatto un sorrisetto veloce, arrossendo fino alle punte dei capelli per quella vicinanza inaspettata, ma lui le aveva impedito di allontanarsi e si era sporto verso di lei premendo le labbra sulle sue. Si era sentita come se il cuore le fosse esploso ed il cervello fuso. Pensarci ora era così doloroso, così assurdo il fatto che lui non ci fosse più…
 
  Si voltò e si impose di tornare alla vita del villaggio. In quel modo Neji avrebbe continuato a vivere anche attraverso lei.
 
 

   

“Because he really loved soba with herrings.”

 
 
NOTE:
Beh, non credo che servano spiegazioni. La Shot è nata dall’immagine qua sopra, che personalmente trovo molto, molto bella :’)
  ♥ ♥ ♥  Ancora tantissimi augurissimi Sis  ♥ ♥ ♥
Fatemi sapere che ne pensate e spero vi sia piaciuta!
  Alla prossima Judith :D
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Judith Loe