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Autore: The dark prince    16/02/2008    2 recensioni
Ogni cosa ha il suo prezzo.
Harry Potter l'aveva sempre saputo.
Ma non aveva mai capito il prezzo che comportava il suo di fallimento.
E ora, doveva pagare.
Genere: Generale, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Harry Potter, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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Il prezzo del fallimento

Capitolo III:

 

Elios apparve all’orizzonte, specchiandosi nel mare.

Le nubi scure si delinearono, per tingersi presto di un rosa cupo, mentre il vento incalzò in quell’aurora così tetra.

Sibilò sull’acqua, increspandola, e sull’erba, piegandola.

Il cielo era ancora di un blu così scuro e denso da apparire nero come inchiostro, ma sinceramente a Harry Potter l’alba non sembrava poi così bella.

Anzi. 

Simboleggiava solo un nuovo giorno, in cui era per l’ennesima volta sopravissuto.

E Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto morire.

Si scostò un ciuffo di capelli corvini dalla fronte, appoggiato sul parapetto di ferro.

Gli occhi verdi osservavano opachi l’aurora, annoiati. Stanchi.

Di vivere.

Inclinò lento il capo all’indietro, rivolgendo lo sguardo buio al nero del cielo che lentamente si stava tingendo di blu.

Si staccò dal parapetto, lasciando frusciare il mantello scuro sul marmo freddo, volgendosi con fredda calma verso lo specchio.

Osservò i suoi occhi bui e opachi. Tremò.

Le mani artigliarono il legno del mobile sotto il vetro.

Fu un gemito roco quello che si sentì, quando Elios sfiorò con i suoi tenui raggi dorati la sua figura.

Perché vide qualcosa in quelle iridi.

Vide il sangue dannato dei Black. Vide gli occhi d’ossidiana di Bellatrix Lestrange.

Vide pazzia.

 

 

Il suolo tremò. Violento.

I vetri si scheggiarono, sfigurandosi con miriadi di sottili ragnatele.

Nubi scure si ammassarono, minacciando pioggia.

Il vento freddo sibilò, andando a infrangersi sulle mura della scuola.

Ci fu una nuova scossa. E una nenia, tetra e sinistra.

Iniziò a piovere. Gelida pioggia che portava via il sangue. E le lacrime.

Scivolò serpeggiante sui vetri, formando come delle… sbarre.

Ci furono lampi dorati, fugaci schizzi di luce nel nero della notte senza luna.

E tuoni, rimbombi di martelli sul ferro incandescente.

Sembrava piangere, il cielo.

Non ci fu pace quel giorno. Non per gli uomini.

Fu un fulmine d’argento a spaccare Hogwarts in due.

Scese sinuoso come un serpente dalle nubi scure.

Illuminò a giorno l’area, specchiandosi nel lago nero.

Un boato.

E poi ci furono solo urla, e grida.

Si levò fumo nero, come una lugubre mano scura tesa verso le tenebre notturne.

E cenere, grigia come acciaio. Si alzò nell’aria, rendendola irrespirabile.

Il cielo sembrava più vicino del solito in quella gelida notte, senza le stelle che erano solite ornarlo fredde impassibili. 

Senza quel volto formato da diamanti, senza quel ghigno sprezzante.

C’era fuoco.

Tanto fuoco.

Lambiva le torri, anneriva i muri.

Bruciava. Ogni cosa.

E nella pioggia, le lacrime di Harry Potter si confusero.

Il cuore sembrava essersi fermato nel petto. Forse fu veramente così.

Le sue iridi si oscurarono, quando dal lago salirono ombre incappucciate, con maschere d’acciaio in volto. 

Accompagnate da una nenia lugubre.

Fu un sorriso triste ad aleggiare per un istante sulle sue labbra, prima di sparire nell’ombra della notte.

E ci fu pazzia nella sua risata gracchiante.

Ci furono lampi verdi, nei suoi occhi bui.

E al loro interno, l’inferno.

 

Fu un rumore secco quello che accompagnò le nocche a sbattere contro il muro.

Uno scricchiolare cupo, di ossa che si spezzano.

Harry James Potter si voltò di scatto, lasciando che il mantello si muovesse sinuoso alle sue spalle.

Si incamminò con passo strascicato verso l’interno della casa.

Si fermò davanti al camino in marmo nero, levando lentamente lo sguardo adamantino, catturando una foto.

In una cornice d’argento, Draco Lucius Malfoy, su sfondo verde scuro.

Fu un sorriso sbieco, a increspare le labbra di Harry.

Un ghigno, quasi. Di cosa, poi, non l’avrebbe saputo dire neppure lui.

Di ricordi, forse. Di memorie passate, ma mai dimenticate.

Come se gli occhi si spalancassero, e nulla vedessero.

Se non frammenti di un passato che non ritorna.

Che non ritorna.

Draco Malfoy, l’algido principe di Serpeverde

La gente compativa lui, orfano. Il-Bambino-Che-E’-Sopravvissuto.

Ma a Draco, il fato aveva riservato un destino ben peggiore.

 

Soffiò, il vento. Rabbioso.

E freddo, accompagnato dalla pioggia, gelida.

- Sei patetico, Malfaret –

La falcate ampie ed eleganti si interruppero, ma Malfoy rimase impassibile.

- Io almeno non faccio il martire, sfregiato –

Voce fredda, tagliente. Draco si girò, con passo strascicato.

Fu un ghigno arrogante quello che gli si dipinse lento nel viso pallido.

Un ghigno di sfida, forse.

- Sai qual è la nostra più grande differenza, Malfoy? Io ho il coraggio di vivere. Tu No –

Ci fu un lampo, fuori dalla vetrata.

Le candele si spensero, quando il vento sibilò.

- Io ho il coraggio di evadere dalla gabbia. Di cambiare le carte in gioco -

Calò la tenebra. La stessa che celò gli occhi di Malfoy quando divennero di piombo brunito.

La stessa che non fece vedere nulla a entrambi.

- Cosa ne vuoi sapere di me, Potter? –

Avanzò di un passo, Draco, minaccioso.

Il cappuccio scuro calato sul capo, a nascondere il volto.

A nascondere la smorfia di sofferenza.

Avvolto in un mantello nero, appariva un angelo di morte, quasi.

- Allora? –

Avanzò di un’altro passo, mentre il vento incalzava all’esterno.

- Tu sai cosa vuol dire essere un Malfoy? –

Potter fece un passo indietro. Intimorito. Impaurito. Debole.

Frusciò sul pavimento freddo, il mantello scuro di Malfoy.

Mentre lui avanzava, lento.

- Il timore confuso con il rispetto. L’odio preso per amore. L’inganno fuso con la verità. –

Fu un fulmine dorato a rivelare la mano pallida di Malfoy tesa accusatoria contro Potter.

A rivelare gli occhi di Harry Potter impauriti per la prima volta.

- Essere conosciuto, senza mai essersi presentato. Dire la verità, e non essere creduti. –

La voce rimase ferma, impassibile. Fredda.

Come la pioggia che scendeva sinuosa sui vetri.

- Mentire ed essere riveriti. Tu la conosci quella crudeltà? –

Sembrò esserci un lampo scuro, quando Draco Malfoy fissò negli occhi Harry Potter.

Lo smeraldo contro il piombo.

Il piombo fuso con lo smeraldo.

- La crudeltà di un cuore a cui è stato impedito d’ immaginare. –

Potter fece un passo indietro, di riflesso.

- Tu hai mai sentito un battito sordo e muto, quello che ricorda l’eco dei tacchi di un boia al patibolo? –

Draco si fece lentamente indietro, andando ad appoggiarsi a una colonna.

- Lo sfrigolio dell’ascia, il rumore metallico che richiama l’eco di una risata. Lo hai mai sentito? –

Fu una risata rauca quella di Malfoy, gracchiante come il verso di un corvo.

E un sorriso amaro quello a comparirgli in volto.

- No, certo che No. –

Si allontanò di un altro passo, mentre il suono di un tuono riecheggiò per il corridoio.

- Smettila di fare il martire, sfregiato. L’unico patetico qui sei tu –

Fu con un movimento fluido che si voltò, lasciando il mantello scuro muoversi sinuoso alle sue spalle.

S’incamminò con passo dolente.

- Ah! Una cosa Potter –

Non si voltò nemmeno, già parzialmente celato dall’oscurità.

- Non farti ammazzare prima del tempo –

La sua voce sembrava un debole eco, mentre la sua figura era sparita.

- Sarò io, e solo io, ad ucciderti, sfregiato –

Fu un sorriso sincero quello che piegò le labbra di Potter.

Anche, se a osservarlo più attentamente, assomigliava più a un ghigno.

Un ghigno di sfida, forse.

- Prega e spera, Malfaret –

 

Incredibile come pochi minuti ti possano sconvolgere a tal punto la tua vita.

Far cadere le fragili basi di un castello di carte.

Un alito di vento, e tutto va in mille pezzi. E spesso, troppo spesso, quell’alito si chiama verità.

Fredda, dura. Spietata, cinica a volte.

Fa male, dentro. Come se affilate schegge di ghiaccio andassero a conficcarsi nel cuore.

Si voltò, infastidito.

Elios era ormai alto in cielo.

Si guardò intorno, con sguardo stanco, cercando qualcosa da fare.

Ma fu un cappello scuro ad attirare la sua attenzione.

Logoro, antico.

Magico.

L’ago della bilancia, del tuo destino.

Lo prese in mano, tremante.

Lo posò sul capo.

Furono due occhi bui ad aprirsi, nella stoffa.

La pupilla fusa con l’iride, in un nero il cui sapore è amaro.

Sembrò guardarsi intorno, con sguardo rapace, duro.

- Sempre la stessa pulce nell’orecchio, eh, Harry Potter? -

 

 

 

 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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