Il
prezzo del fallimento
Capitolo
III:
Elios apparve
all’orizzonte, specchiandosi nel mare.
Le nubi scure si
delinearono, per tingersi presto di un rosa
cupo, mentre il vento incalzò in quell’aurora
così tetra.
Sibilò
sull’acqua, increspandola, e sull’erba, piegandola.
Il cielo era ancora di un blu così scuro e denso da apparire nero come inchiostro, ma sinceramente a Harry Potter l’alba non sembrava poi così bella.
Anzi.
Simboleggiava solo un
nuovo giorno, in cui era per
l’ennesima volta sopravissuto.
E Dio solo sapeva quanto
avrebbe voluto morire.
Si scostò un
ciuffo di capelli corvini dalla fronte,
appoggiato sul parapetto di ferro.
Gli occhi verdi
osservavano opachi l’aurora, annoiati.
Stanchi.
Di vivere.
Inclinò lento
il capo all’indietro, rivolgendo lo sguardo
buio al nero del cielo che lentamente si stava tingendo di blu.
Si staccò dal
parapetto, lasciando frusciare il mantello
scuro sul marmo freddo, volgendosi con fredda calma verso lo specchio.
Osservò i suoi
occhi bui e opachi. Tremò.
Le mani artigliarono il
legno del mobile sotto il vetro.
Fu un gemito roco quello
che si sentì, quando Elios sfiorò
con i suoi tenui raggi dorati la sua figura.
Perché vide
qualcosa in quelle iridi.
Vide il sangue dannato dei
Black. Vide gli occhi d’ossidiana
di Bellatrix Lestrange.
Vide pazzia.
Il
suolo tremò.
Violento.
I
vetri si
scheggiarono, sfigurandosi con miriadi di sottili ragnatele.
Nubi
scure si
ammassarono, minacciando pioggia.
Il
vento freddo
sibilò, andando a infrangersi sulle mura della scuola.
Ci
fu una nuova
scossa. E una nenia, tetra e sinistra.
Iniziò
a piovere.
Gelida pioggia che portava via il sangue. E le lacrime.
Scivolò
serpeggiante
sui vetri, formando come delle… sbarre.
Ci
furono lampi
dorati, fugaci schizzi di luce nel nero della notte senza luna.
E
tuoni, rimbombi di
martelli sul ferro incandescente.
Sembrava
piangere, il
cielo.
Non
ci fu pace quel
giorno. Non per gli uomini.
Fu
un fulmine d’argento
a spaccare Hogwarts in due.
Scese
sinuoso come un
serpente dalle nubi scure.
Illuminò
a giorno
l’area, specchiandosi nel lago nero.
Un
boato.
E
poi ci furono solo
urla, e grida.
Si
levò fumo nero,
come una lugubre mano scura tesa verso le tenebre notturne.
E
cenere, grigia come
acciaio. Si alzò nell’aria, rendendola
irrespirabile.
Il cielo sembrava più vicino del solito in quella gelida notte, senza le stelle che erano solite ornarlo fredde impassibili.
Senza
quel volto formato da diamanti, senza quel ghigno
sprezzante.
C’era
fuoco.
Tanto
fuoco.
Lambiva
le torri,
anneriva i muri.
Bruciava.
Ogni cosa.
E
nella pioggia, le
lacrime di Harry Potter si confusero.
Il
cuore sembrava
essersi fermato nel petto. Forse fu veramente così.
Le sue iridi si oscurarono, quando dal lago salirono ombre incappucciate, con maschere d’acciaio in volto.
Accompagnate
da una nenia lugubre.
Fu
un sorriso triste
ad aleggiare per un istante sulle sue labbra, prima di sparire
nell’ombra della
notte.
E
ci fu pazzia nella
sua risata gracchiante.
Ci
furono lampi verdi,
nei suoi occhi bui.
E
al loro interno, l’inferno.
Fu un rumore secco quello
che accompagnò le nocche a
sbattere contro il muro.
Uno scricchiolare cupo, di
ossa che si spezzano.
Harry James Potter si
voltò di scatto, lasciando che il
mantello si muovesse sinuoso alle sue spalle.
Si incamminò
con passo strascicato verso l’interno della
casa.
Si fermò
davanti al camino in marmo nero, levando lentamente
lo sguardo adamantino, catturando una foto.
In una cornice
d’argento, Draco Lucius Malfoy, su sfondo
verde scuro.
Fu un sorriso sbieco, a
increspare le labbra di Harry.
Un ghigno, quasi. Di cosa,
poi, non l’avrebbe saputo dire
neppure lui.
Di ricordi, forse. Di
memorie passate, ma mai dimenticate.
Come se gli occhi si
spalancassero, e nulla vedessero.
Se non frammenti di un
passato che non ritorna.
Che
non ritorna.
Draco Malfoy,
l’algido principe di Serpeverde
La gente compativa lui,
orfano. Il-Bambino-Che-E’-Sopravvissuto.
Ma a Draco, il fato aveva
riservato un destino ben peggiore.
Soffiò,
il vento.
Rabbioso.
E
freddo, accompagnato
dalla pioggia, gelida.
-
Sei patetico,
Malfaret –
La
falcate ampie ed
eleganti si interruppero, ma Malfoy rimase impassibile.
-
Io almeno non faccio
il martire, sfregiato –
Voce
fredda,
tagliente. Draco si girò, con passo strascicato.
Fu
un ghigno arrogante
quello che gli si dipinse lento nel viso pallido.
Un
ghigno di sfida,
forse.
-
Sai qual è la nostra
più grande differenza, Malfoy? Io ho il coraggio di vivere.
Tu No –
Ci
fu un lampo, fuori
dalla vetrata.
Le
candele si
spensero, quando il vento sibilò.
-
Io ho il coraggio di
evadere dalla gabbia. Di cambiare le carte in gioco -
Calò
la tenebra. La
stessa che celò gli occhi di Malfoy quando divennero di
piombo brunito.
La
stessa che non fece
vedere nulla a entrambi.
-
Cosa ne vuoi sapere
di me, Potter? –
Avanzò
di un passo, Draco,
minaccioso.
Il
cappuccio scuro calato
sul capo, a nascondere il volto.
A
nascondere la
smorfia di sofferenza.
Avvolto
in un mantello
nero, appariva un angelo di morte, quasi.
-
Allora? –
Avanzò
di un’altro passo,
mentre il vento incalzava all’esterno.
-
Tu sai cosa vuol
dire essere un Malfoy? –
Potter
fece un passo
indietro. Intimorito. Impaurito. Debole.
Frusciò
sul pavimento
freddo, il mantello scuro di Malfoy.
Mentre
lui avanzava,
lento.
-
Il timore confuso con il
rispetto. L’odio preso per amore. L’inganno
fuso con la verità. –
Fu un fulmine dorato a rivelare la
mano pallida di Malfoy
tesa accusatoria contro Potter.
A rivelare gli occhi di Harry Potter
impauriti per la prima
volta.
- Essere conosciuto, senza mai essersi
presentato. Dire la
verità, e non essere creduti. –
La voce rimase ferma, impassibile.
Fredda.
Come la pioggia che scendeva sinuosa
sui vetri.
- Mentire ed essere riveriti. Tu la
conosci quella
crudeltà? –
Sembrò esserci un lampo
scuro, quando Draco Malfoy fissò
negli occhi Harry Potter.
Lo smeraldo contro il piombo.
Il piombo fuso con lo smeraldo.
- La crudeltà
di un cuore a cui è stato impedito
d’ immaginare. –
Potter fece un passo indietro, di
riflesso.
- Tu hai mai sentito un battito sordo
e muto, quello che
ricorda l’eco dei tacchi di un boia al patibolo? –
Draco si fece lentamente indietro,
andando ad appoggiarsi a
una colonna.
- Lo sfrigolio dell’ascia,
il rumore metallico che richiama
l’eco di una risata. Lo hai mai sentito? –
Fu una risata rauca quella di Malfoy,
gracchiante come il
verso di un corvo.
E un sorriso amaro quello a
comparirgli in volto.
- No, certo che No. –
Si allontanò di un altro
passo, mentre il suono di un tuono
riecheggiò per il corridoio.
- Smettila di fare il martire,
sfregiato. L’unico patetico
qui sei tu –
Fu con un movimento fluido che si
voltò, lasciando il
mantello scuro muoversi sinuoso alle sue spalle.
S’incamminò con
passo dolente.
- Ah! Una cosa Potter –
Non si voltò nemmeno,
già parzialmente celato
dall’oscurità.
- Non farti ammazzare prima del tempo
–
La sua voce sembrava un debole eco,
mentre la sua figura
era sparita.
- Sarò io, e solo io, ad
ucciderti, sfregiato –
Fu un sorriso sincero quello che
piegò le labbra di Potter.
Anche, se a osservarlo più
attentamente, assomigliava più a
un ghigno.
Un ghigno di sfida, forse.
- Prega e spera, Malfaret –
Incredibile come pochi minuti ti
possano
sconvolgere a tal punto la tua vita.
Far cadere le fragili basi di un
castello di carte.
Un alito di vento, e tutto va in
mille pezzi. E spesso, troppo spesso, quell’alito si chiama
verità.
Fredda, dura. Spietata, cinica a
volte.
Fa male, dentro. Come se affilate
schegge di ghiaccio andassero a conficcarsi nel cuore.
Si voltò, infastidito.
Elios era ormai alto in cielo.
Si guardò intorno, con
sguardo
stanco, cercando qualcosa da fare.
Ma fu un cappello scuro ad
attirare la sua attenzione.
Logoro, antico.
Magico.
L’ago della bilancia, del
tuo
destino.
Lo prese in mano, tremante.
Lo posò sul capo.
Furono due occhi bui ad aprirsi,
nella stoffa.
La pupilla fusa con l’iride,
in un
nero il cui sapore è amaro.
Sembrò guardarsi intorno,
con
sguardo rapace, duro.
- Sempre la stessa pulce
nell’orecchio, eh, Harry Potter? -