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Autore: Fanny Jumping Sparrow    11/08/2013    8 recensioni
Tutti quanti conosciamo l’eccentrico ed affascinante Capitan Jack Sparrow, ma poco o nulla sappiamo delle sue origini.
Chi erano i suoi genitori? Come si sono conosciuti? Quanto hanno inciso i loro caratteri e la loro storia d’amore sul famigerato pirata che ha conquistato i nostri cuori?
Con questa breve long-fic proverò a dare risposta a questi spinosi ed enigmatici interrogativi, usando molta fantasia, qualche dato certo e parecchie speculazioni personali.
Buona permanenza a chi vorrà imbarcarsi!
La terra arsa poteva conciliarsi con l’intemperanza del mare?
Poteva trattarsi di un sofferto addio, oppure del nodo definitivo di un cappio di fuoco che non si sarebbe spento nemmeno con la forza di mille maree future.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Capitan Edward Teague, Jack Sparrow
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Ben ritrovati, miei cari lettori!

Con il consueto ritardo da lumaca ritorno tra questi lidi per presentarvi il 3° capitolo di questa storia, che mi sta appassionando più del previsto scrivere...tant'è che non so ancora bene quanti capitoli conterrà in totale, ma credo non più di altri due ^-^

Ho alcune annotazioni da esporre sul presente aggiornamento ... spero di non annoiarvi troppo!
 In primo luogo la conclusione che leggerete non è quella che avevo abbozzato nella mia scaletta mentale ... Avrebbe dovuto entrare in scena il piccolo Jack ... Ma è inutile, ogni volta che inizio la scrittura sfascio inevitabilmente la scaletta! In verità, volendo cimentarmi con una maggiore introspezione, ho cercato di evitare la trattazione troppo superficiale delle dinamiche tra i due protagonisti, senza tralasciare l'approfondimento del - vago - contesto in cui si muovono ... A voi giudicare se ci sono riuscita, naturalmente!
 In secondo luogo, seguendo l'incoraggiamento di due lettrici, delle quali sono estimatrice, ho provato a dare delle sfumature un po' più calde al rapporto dei due amanti, approfittando dell'aver già inserito un rating arancione...Pur restando del parere di non avere molta dimestichezza con tale genere, per cautela ho messo l'avvertimento lime ... Mi direte voi, se l'ho sfiorato!

In conclusione volgo un ringraziamento speciale alla mia preziosa informatrice (lei sa!), e ringrazio ovviamente quanti hanno inserito questa storia tra le loro seguite, preferite, o ricordate, e quanti hanno avuto voglia di dedicare qualche briciola del loro tempo semplicemente per leggerla.

Come sempre sono aperta a critiche, consigli, osservazioni (potrei rispondere in ritardo perché sarò fuori casa e disconnessa^^)

Vi auguro una buona estate, e spero una buona lettura!

Al prossimo approdo!)






III – MANGY ACCIDENT



Accerchiato.
Decine di pezzi di artiglieria pesante con le micce accese in procinto di esplodere e ridurlo ad un colabrodo.
Ad appena tre giorni dall’ultimo prolifico assalto ai danni di un mercantile portoghese, l’umore della ciurma si era tendenzialmente adombrato e scordato.
Lo avvertiva quel latente malcontento, serpeggiava subdolo come i tentacoli di una medusa, attendeva come uno squalo a caccia di uscire dal pelo dell’acqua e avventarsi su di lui, rendendone solo qualche pezzo indigesto.
Avevano deciso la meta futura, la trafficatissima Malacca, ed era più che persuaso la loro repentina e unanime votazione dipendesse dall’insito scopo di testare che la sua proverbiale lealtà e il suo intrepido tempismo non fossero mutati, nonostante la situazione si fosse imbrogliata.
Quei rifiuti di sentina, oltre che permalosi, erano gelosi nei suoi riguardi.
Non li biasimava, dato che quel sentimento di inadeguatezza stava prendendo possesso anche di lui. E doveva trasudare dai suoi gesti, anche e soprattutto da quelli istintivi e incontrollati.
Avevano notato che negli ultimi tempi si svegliava più stropicciato del solito e tuttavia delle impercettibili rughe comparivano saltuariamente sui lineamenti duri e severi, dando l’impressione di una smorfia appagata che in passato neppure le più sfrenate notti di stravizi gli avevano impresso.
Al mattino, di solito, se al posto di accollarsi il turno di ronda aveva dormito in cabina, appariva alterato come non mai perché gli era mancata l’aria salmastra. Ora, invece, se stava fuori a lungo gli mancava l’aria della sua cabina. Sborniarsi del suo sensualissimo profumo di vaniglia …
La rupia bucata che lei gli aveva attorcigliato in un ciuffo vicino l’orecchio gli sbatté sul mento ridestandolo.
Si era imbrogliato e fottuto.
Conficcò la punta del compasso sulla mappa piantandola al banchetto antistante la ruota timoniera, dove si era sistemato per calcolare le coordinate con l’aiuto di un astrolabio, un regolo e un orologio da taschino, approfittando del cielo sgombro che consentiva di sfruttare al massimo i vividi e caldi raggi solari. In verità l’ultimo bottino era ancora intatto, e non smaniava di certo per appesantire troppo la stiva: quegli stretti erano pattugliati da colletti inamidati in cerca di trofei da appendere alla varea delle loro militaresche navi, ed era opportuno mantenere una buona velocità di manovra per evitare di essere i prossimi dell’infamante lista di accalappiati dalla legge.
Se c’era un cappio che era disposto ad indossare, era solo quello delle sue braccia …
Il sole di mezzogiorno gli stava decisamente bollendo quel poco di cervello che sua madre gli aveva trasmesso assieme alla scorza dura. Gli serviva un cappello molto grande, oltre alla bandana.
Estrasse il calamo segnando alcuni numeri sulle carte, prima di ripiegarle e riporle nella tasca del gilet, accennando a fare un rituale giro di ispezione per il cassero.
Quel giorno non tirava neppure una misera bava. Galleggiavano a stento in acque melmose e immobili, se si fosse arenata anche la Dama di Nebbia sarebbe uscito di senno.
Gli uomini bivaccavano sul ponte, sui marciapiedi e sulle sartie, chi ripulendo e affilando le armi, chi rammendando qualche vela, chi assicurando cime, e, nelle sue abituali occupazioni, nessuno gli risparmiava occhiate vischiose.
Gli sembrava che tentassero continuamente di strapparlo dal timone, cui si affrettò a ritornare, sebbene la bonaccia non lo rendesse indispensabile.

- Passata una bella notte, Capitano?
Era stato Flynn ad intaccare quel pruriginoso silenzio e nella sua cadenza cantilenante era tangibile la determinazione di istigarlo a contraddirsi.
Edward si impettì, squadrandolo con una tale noncuranza da farlo apparire un mentecatto: - Mare calmo e vento fresco ... Una meraviglia! – dichiarò propinandogli un ambiguo sorriso.
- Strano! – esordì lo spigliato Ismael, seduto su un barile poco più indietro – Io avrei giurato mare mosso e vento caldo …
La sua allusiva puntualizzazione riscosse alcune risate scompisciate nei marinai meno timorosi della reazione del suscettibile Capitano.
Paratie sottili” si lagnò mentalmente quello, pur di non ammettere che stava rimandando nocivamente quella fondamentale decisione.
- Per la Mecca e la Medina! L’inossidabile Edward Teague è capitolato, gente!
Ruotò il busto verso il suo incorreggibile primo ufficiale, ma la risposta con cui si era preparato a rimetterlo in riga gli si spense in gola, accorgendosi che la sua attenzione, così come quella della maggior parte dei pirati, era stata calamitata da un’insolita e stuzzicante apparizione.
Era ciò che desideravano tutti e accese i loro scurrili bollori.
- Su, dolcezza, raccontaci! Che trucchi usi per renderlo così allegro?
Ruth indietreggiò dalla ringhiera del casseretto mentre fischi ed altri sconci commenti la investivano come un fuoco di mitraglia.
Teague, non sapendo con chi accapigliarsi per primo, calcolò l’utilità di compiere qualche avventato delitto dettato solo dalla precipitazione degli eventi.
Era e restava il capo di quell’accozzaglia di manigoldi che l’avevano prescelto perché in lui avevano riscontrato delle qualità migliori delle proprie. Giustizia e ferocia, misura e fierezza. Prontezza e pragmaticità.
Lanciò un cipiglio minatorio alla ragazza che svanì mortificata, quindi colpì con un energico pugno tra le scapole il suo vice, premendogli la spingarda sulla nuca: - Quando intuisci che devi tapparti quella fogna è sempre troppo tardi, vero? - il Capitano incrociò un piede davanti all’altro per mettersi di faccia con l’arabo, tenendo l’indice sul grilletto e sguainando un’altra pistola che gli accostò allo sterno.
Ismael represse un costernato gargarismo, sollevando le mani: - Calmo, compare! Stavamo solo scherzando … - cercò di rabbonirlo, prendendo le difese dei compagni.
Edward continuò a fissarlo truce, estorcendogli una muta e sincera venia, ritirando con lentezza esasperante le due canne.
Anche il resto dei sottoposti si sperticò in goffe dimostrazioni di fedeltà, ma tutte quelle belle parole non lo tranquillizzarono affatto. Trenta farabutti del loro stampo avrebbero potuto sopraffarlo in qualsiasi momento se lo avessero preso in odio. Si introducevano sempre più spesso con un pretesto qualunque nella sua cabina. Era un diritto che non poteva loro negare, però inevitabilmente avevano cominciato a tormentarlo macabre visioni in cui qualcuno piombava di soppiatto per infilare un coltello o scaricare un po’ di piombo nella sua carne fradicia di lei, che, se non finiva barbaramente scannata insieme a lui, era risparmiata solo per diventare l'indecente ludibrio di tutti.
Non erano sufficienti degli sparuti atti di forza o minacce di terrore a tenere saldi la reputazione e il comando. Occorreva ugualmente, curioso a dirsi per canagliume come loro, un granello di onestà per procurarsi il rispetto.
E siccome non era disposto ad abbandonare tutto quello che aveva ottenuto finora col sudore e col sangue, tralasciò con sgarbo le discussioni non ancora placatesi con la ciurma e calpestò con ripicca ogni scalino corroso dal sale che lo riavvicinava alla fonte delle sue recenti tribolazioni.
Lei, non appena lo vide entrare, si illuminò di letizia e incondizionata ammirazione, suscitandogli quello strano formicolio nelle budella: - Scusami. Mi annoiavo a starmene rinchiusa.
Lui le voltò le spalle sferrando un calcio rabbioso alla porta.
- Perché hai reagito in quel modo? Quello che succede tra di noi lo hanno capito tutti, ormai – asseverò con esuberante pacatezza la mora, sperando di esorcizzare la sensibile tensione che lo invadeva.
- Loro lo hanno capito – chiosò irritato, riportando gli occhi terrosi e stravolti nei suoi, con un’irruenza che la fece sussultare ma che conteneva pure un’assillante incertezza.
Ruth apprese ciò a cui si riferiva e ciò che lo contrariava.
Forse, a non avere ancora l’esatta cognizione di quell’incontrollabile frenesia di possedersi che si era impadronita delle loro membra erano rimasti solo loro due.
Dopo la prima volta in cui si erano abbandonati alla deriva dei sensi, fondersi nella pelle e nel fiato era divenuta un’esigenza insopprimibile. Bastava una frase sussurrata, un eloquente scambio di sguardi, uno sfioramento innocente per ritrovarsi in pochi secondi avvinghiati a rotolare nel giaciglio di piume e paglia approntato sul nudo pavimento, che spesso sostituiva la troppo scomoda branda.
Arrossì e riscaldò al pensiero di quelle ardenti ore di perdizione in cui aveva finito per farneticare di aver scoperto il significato di quell’inesprimibile voglia di sentirlo nell'intimo che era divampata nel suo cuore.
La soffocò la ben più ammissibile convinzione che si era donata a lui perché odiava sentirsi sola, insignificante e senza scopo e perché lui era l’unico con cui aveva provato l’indefinibile brivido di condividere qualcosa, una stessa inclinazione per le azioni avventate, la stessa indelebile insoddisfazione, lo stesso bisogno di annientarsi per fugare i demoni del passato che costantemente si ripresentavano a ricattarli. Era stato soltanto reciproco egoismo. Era stata ottusa a voler ignorare che i loro mondi erano e sarebbero rimasti incompatibili.
Appoggiò la schiena al muro, abbassò la fronte e trattenne con tutta se stessa un tremulo e rauco singhiozzo: - Quindi vuoi che vada via?

Non avrebbe esitato a scaricarla indegnamente sul primo molo o striscia di sabbia, se fosse stato un minimo convinto che quel gesto sarebbe servito a svincolarsi da quel senso di oppressione che gli flagellava l’animo, prima che provasse ad assopirsi serenamente sul suo tenero ventre. Appurare che qualcuno nutrisse un interesse per lui, che non coincideva con il desiderio di ammazzarlo, era disturbante oltre che ingiustificato, ma ci si sarebbe potuto abituare. Lei era già un’abitudine, consolante e deleteria, che non voleva eliminare.
Non era un prendere, né un riscuotere, tantomeno solo un dare e ricevere. Era piuttosto un perdersi e un legarsi, con un tipo di nodo che nessuno gli aveva insegnato a comporre e che quindi non avrebbe saputo sciogliere senza un violento taglio netto. Ne distruggeva già abbastanza cose. Tanto valeva provare a lasciarla integra quella lì e stare a vedere cosa sarebbe accaduto.
Edward scrollò le spalle e la testa e si avviò al suo alloggio con tale impellenza da barcollare sui suoi stessi passi. L’ospite attraversò la sala nautica e lo raggiunse, trovandolo chinato a rovistare e far volare degli stracci da un baule, spargendoli un po’ ovunque.
Prima che potesse esprimergli le sue perplessità, il ragazzo si rialzò scaraventandole addosso un paio di pantaloni e una giacca maschili.
Ruth esaminò gli indumenti spiegazzati storcendo il naso: erano enormi per lei e puzzavano di sporcizia e muffa.
- Che significa? – zirlò confusa e sbigottita.
Edward si soffermò a contemplare le sinuose curve che trasparivano dalla sua succinta sottoveste, afferrò una bottiglia di punch da uno scaffale e inghiottì un lungo sorso, asciugandosi con la manica della camicia: - Poche storie … te li devi mettere. Mia moglie non può andare in giro a mostrar le sue grazie come niente fosse – asserì con assoluta e ineccepibile logica, tracannando ancora.
All’indiana cascarono i logori abiti, temette di avere un mancamento: - Moglie? – scandì incredula e insicura, avvicinandosi al suo contegno enigmatico e requisendogli il liquore che posò su un altro ripiano.
Il giovane Capitano schiacciò la punta della lingua tra i denti e alzò un gomito gesticolando: - Sì. Sto per maritarti. Hai qualcosa in contrario? – le domandò accanito e dissacratorio, curvandosi per guardarla dritto in quei grandi e profondi occhi a mandorla che l’avevano sedotto dal primo impatto.
- Sì. Sei uno sciocco! – lo accusò la ragazza, picchiandogli le mani sul petto. Preferiva una pugnalata rapida ed indolore ad una presa in giro di quella portata. Per quanto lei non fosse niente di più che un’orfana senza doti né averi, e lui un mascalzone cresciuto nell’arte della truffa, lo aveva giudicato meno meschino.
Teague si raddrizzò ma non distolse il suo penetrante sguardo intinto di ironica frustrazione: - Allora non mi vuoi? – mormorò dimesso, risucchiando indentro le magre guance.
Le stava chiedendo di restargli accanto, le stava prestando fiducia. Ruth si portò un palmo sulla bocca: le sembrava serio adesso e si dispiacque di non avergli creduto. Lo osservava scrupolosamente da mesi, di suo non è che agisse in maniera cristallina. Infatti si arrovellava sulla ragione di quel repentino mutamento d’opinione: - Per Visnu … Non eri tu a non volere me?
Le palpebre del pirata ebbero un’inquieta contrazione: - Quando te l’avrei detto? Non mi sovviene … - replicò indispettito, dondolando il tronco.
La bruna emise un risolino e ridusse la distanza, facendo scivolare le dita dai suoi capelli arruffati alla catenina di ossicini e pietre che gli adornava il torace lasciato scoperto dalla blusa: - Nelle ultime due settimane, tutte le volte in cui a fatica riesci a staccarti dalle mie labbra … – bisbigliò peccaminosa, mordicchiandogli la mascella e avvitandogli una gamba attorno ad un fianco.
- Non li devi considerare quei rimasugli di lucidità – mugolò lui risoluto, assecondando l’invitante movimento del suo bacino. Avrebbe capitolato anche un santo.
Credeva di aver intrapreso una conversazione di rilievo, ma quella femmina minava il suo raziocinio. Era sventata e irresistibile. Le sue carezze lo attizzavano come febbre malarica e dopo lo alleviavano come un unguento miracoloso, lo estraniavano dalla memoria delle sventure passate e incombenti. Si arrese all’impulso di sdraiarla sulla branda, arrotolandole la veste leggera fin sotto il seno, sostituendo nel lambirla la bocca alle mani.
Doveva formalizzare il loro concubinato, così nessuno avrebbe osato alfine sognare di sfiorarla.
- Se non ti avessi voluta, a quest’ora non saresti niente di più che uno scialbo mucchietto d’ossa – obiettò insolente, esponendo i canini e solleticandole l’addome.
Ruth si piegò ridendo a pizzicargli le costole, al che lui si puntellò sulle ginocchia ghermendole i polsi ai lati del cuscino, una turbolenta risacca nelle iridi scure marchiate da gravità e struggimento: - E comunque … è andato tutto abbastanza liscio, finora. Non hai visto sbudellamenti, mutilazioni, malattie tropicali, penurie, nubifragi. Non sai davvero cosa significa vivere su una nave di pirati luridi e attaccabrighe – la avversò scabrosamente.
Non lo atterrivano le sfide, era propenso a sperimentare qualsiasi cosa; il matrimonio era una scommessa come un’altra, poteva funzionare o fallire e allora avrebbe cercato qualcos’altro con cui misurarsi. In fondo bastavano quattro parole in croce e almeno la ciurma avrebbe smesso di sparlarlo.
Invece lei era il tipo di donna che solo apparentemente si lasciava governare dalla passione del momento; si serviva di quell’avventatezza per dissimulare le intossicanti fissazioni che coltivava nella sua mente contorta. Fissazioni come quella di volergli bene a tutti i costi. Avrebbe potuto soffrirne.
La ragazza stralunò per qualche secondo, poi riconsiderò quello che lui le aveva confessato: che nessun uomo sano di mente aspirava a trascorrere la sua intera esistenza su un pezzo di legno putrido vagabondando per gli intemperanti oceani.
Era una prospettiva che l’aveva sempre affascinata.
Non aveva nulla da perdere e non le importava che cercasse di esortarla del contrario. Gli annuì con un fulgido sorriso, protendendosi verso il suo naso: - So che significa stare con te, e che è quello che voglio.


In quei primi mesi gli si era dedicata con pazienza e zelo, sebbene presto si fosse resa conto di doverlo dividere con altri esigenti contendenti. Il mare, la sua nave, i suoi compagni d’avventura, la sua instancabile ambizione di accrescere senza sosta fama, guadagni e prestigio, come se avvertisse il tempo scorrergli troppo veloce.
Aveva assunto il docile ruolo di angelo fedele e devoto, sebbene non potesse difenderlo dagli inevitabili pericoli del suo mestiere.
A mala pena l’aveva riconosciuto dagli stivali di cuoio e dal tintinnio dei pendagli sparsi in quel cespuglio scarmigliato e sudicio quando lo aveva veduto tornare a bordo, grondante disfatta, sofferenza e brutalità.
In quei momenti realizzava che il suo burrascoso respiro poteva esserle rubato da un minuto all’altro, e che lei era totalmente impotente e desolata mentre lui lottava cocciutamente per la sopravvivenza.
- Come hai fatto a ridurti in questo stato? – disapprovò contenendo un conato di nausea, risciacquando la pezza insanguinata nella bacinella d’acqua bollente, aceto e iodio. Riprese a tamponargli il profondo taglio allo zigomo sinistro che, assieme ad un altro altrettanto esteso al sopracciglio del lato opposto e ad altre strisce purpuree, gli avevano sfigurato i connotati, nascondendone il colore naturale.
Edward afferrò uno specchietto ovale poggiato sul tavolo per valutare da sé i danni: - Non è tutto mio. Ho dovuto difendermi parecchio – sbottò imperturbabile, districandosi con difficoltà dalle premure della moglie che, sfilandogli quel che restava della camicia sbrindellata e schizzata di cremisi, si apprestava a medicargli l’avambraccio e la scapola dalle schegge di una granata.
Non le aveva rivolto la parola né lo sguardo per tre giorni dopo averla sorpresa a maneggiare con una pistola a pietra focaia. Su quella divergenza non c’era stato verso di vincere la sua tenace opposizione.
Capitan Teague non voleva che si sporcasse con quanto poteva uccidere, voleva che stesse lontana da tutto ciò che poteva causare dolore.
- Andremo a recare i nostri distinti ossequi a quei laidi musi gialli. Si stanno allargando troppo – ringhiò livoroso, stridendo la mandibola al contatto dell’impacco curativo sulla piaga infettata dal metallo.
Ruth gli annuì con un breve e distratto incurvamento delle labbra, continuando a ripulirgli le ferite sanguinolente.
Ai suoi occhi stanchi di tante brutture era questo a renderla speciale, la sua incapacità di commettere del male.
Malgrado gli stesse tacendo qualcosa di indubbia rilevanza che sarebbe stato giusto lui sapesse. Non voleva ingannarlo, non riusciva proprio a trovare l’occasione più indicata o meno dannosa per rivelarglielo. Se si sentiva dell’umore adatto qualcosa o qualcuno si intrometteva puntualmente tra di loro, impedendole la già di per sé critica confessione.
O irrompevano a reclamare ordini o scoppiava un temporale, o avvistavano bandiere nemiche o si era danneggiato qualche pezzo di attrezzatura. O lui crollava sfinito e non tollerava neppure un lieve sussurro, oppure la pretendeva con una foga tale che sfiniva lei.
C’era anche della sana e legittima codardia. Non poteva prevedere come avrebbe accolto quella notizia, e aveva il forte sentore che non gli sarebbe stata affatto gradita.
Due zavorre anziché una sola. I pirati preferivano viaggiare leggeri.
Terminò l’accurata fasciatura attorno alla sua spalla e si ritrovò incastrata nel suo cipiglio inquisitorio che le raggelò le arterie. Si congedò con un’espressione angelica nella camera adiacente ricomparendo con una camicia color argento e una giubba blu, entrambe pulite e di fine seta damascata.
- Un capitano deve ostentare il suo rango – gli ammiccò compiaciuta, aiutandolo a rivestirsi.
Edward la lasciò agire senza smettere di osservarla, chiedendosi perché dietro quegli amorevoli occhi ridenti percepisse sempre tanta struggente malinconia. Un po’ ciò la accomunava a lui, ma vederla affiorare era fonte di disagio. A dialogare con lei schiettamente, salvo l’indispensabile, proprio non riusciva. Era germogliata una mutua e pudica intesa tra loro, a discapito delle differenze. Era già un avvenimento straordinario per i suoi canoni e non indugiava a specularci più del necessario. D’altronde di preoccupazioni ne aveva a bizzeffe, essendo impegnato tutti i giorni a conservare intero l’osso del collo.
Non appena ebbe finito con lacci e bottoni, la richiamò a sé, sedendola sulle sue gambe, e le vezzeggiò gli ondulati capelli, neri e lucenti come le tenebre che l’avvolgevano negli istanti in cui si perdeva a trastullarsi con essi. Risalì le cuciture del corsetto di stoffa premendo attraverso di esse sulle sue vertebre, fino a fermarsi alla nuca e chiedere implicitamente un bacio ai suoi carnosi petali d’amarena.
Ruth lo esaudì, cominciando prima a blandirgli la fronte, le palpebre, le tempie, gli zigomi, il naso, il mento, il lobo, permettendogli di avventarle il collo con la lingua, e poi di intrecciarla alla sua. Catturò la sua mano che la tratteneva per una coscia, guidandola ad addentrarsi sotto le coltri di organze che imprigionavano le sue forme più recondite, non separandosi dalla sua bocca pizzicante e salata.
- Sei una dea … - soffiò in un gemito lui, sollevandola per la vita e spostandola a maggior favore del braccio che non poteva ancora articolare del tutto agilmente per la bendatura.
Ruth rifletté che doveva approfittare dell’occasione di averlo in balia di quelle lascive tenerezze per confidargli l’impegnativo segreto che aveva custodito finora, ma con le sue dita a stridere sempre più importune tra le sue sinuosità, non le uscivano che spezzati sospiri.

L’inconfondibile boato di una bordata disgiunse il loro lento accarezzarsi.

Capitan Teague si separò malvolentieri dalla consorte. Ancora ottenebrato e inappagato, gli ci volle qualche secondo per riprendersi, lanciando insulti agli sconosciuti aggressori e chiedendo alla compagna di non seguirlo.
Anticipando l’arrivo di qualcuno dei suoi, irruppe all’esterno, dove gli uomini stavano affrettandosi a caricare i pezzi girevoli. Avevano ormeggiato in una caletta ben riparata da scogliere e vegetazione per provvedere alle dovute riparazioni, dopo lo scampato sfacelo.
A poche miglia da Cochin la Dama di Nebbia era stata attaccata da una coppia di agguerrite giunche cinesi e, pur preservando gli alberi principali, aveva subito dei seri squarci ai locali di dabbasso e alle velature. Niente che ostacolasse la navigazione, ma c’erano stati diversi feriti e la manutenzione non era mai abbastanza in quei mari brulicanti di alghe che amavano attaccarsi alle chiglie rallentandone il fluido andamento.
La prora appuntita dell’ignoto vascello spumeggiò all’orizzonte, puntando verso di loro, risuonando altre cannonate di avvertimento.
- Uomini pronti a rispondere al fuoco, signore – gli riferì un acciaccato Ismael, sputando il frammento di molare che gli si era rotto.
Il giovane filibustiere si preparò ad elaborare una rapida ed efficace strategia, ponderando le risorse umane e dell’ambiente. La lente del cannocchiale, però, gli mostrò un piratesco vessillo molto familiare. Si era fatto le ossa coriacee e l’animo tiglioso militando sotto quel ghigno campeggiante sulla testa di morto che addentava un coltellaccio. E non ne aveva patito la mancanza.
Intimò ai marinai di arrestare qualsiasi iniziativa.
Ruth accorse al suo fianco, scrutandolo impensierita.
- Ora sì che avremo rogne – bofonchiò ricacciando un groppo amarognolo.

Lo sloop dallo scafo sulfureo ammainò i pennoni abbordando il mistico senza interrompere la scarica di spari, finché una potente voce virile non si levò con autorità e tracotanza: - Deponete le armi, miei scarafaggi! C’è ancora quello spaventapasseri di mia conoscenza al comando!
Edward trasalì lievemente nell’accorgersi che udire quel mordace latrato a distanza di anni produceva lo stesso effetto: deferenza e competizione.
Probabilmente avevano inseguito la stessa preda, quello sfortunato bastimento inglese carico di rare mercanzie esotiche, ma, chissà con quale titanico sforzo, lei non si era intromessa nella battaglia sorta con le altre due navi pirata. Perché non ancora sazia di sottoporlo a devastanti prove, pensò.
Si stava presentando sicuramente per rinfacciargli di aver arraffato il malloppo, mentre lui si destreggiava tra le scimitarre e le bombarde di quei lerci babbuini.
Una passerella precipitò bruscamente sulla murata di babordo, incitandolo a prestarle il debito omaggio. Aveva vagheggiato che si fosse ritirata a godersi la vecchiaia in qualche paradiso per delinquenti della sua sorta, e non che andasse ancora a zonzo a terrorizzare la gente per puro svago.
Teague asciugò il sudore condensatosi sui palmi strofinandoli sui pantaloni, sbollentò l’atrofizzante nervosismo con un profondo sbuffo, e montò con un balzo sull’asse sospesa tra le due navi.
Una modica stretta gli circondò il braccio sinistro: - Ti avverto: quella donna si disseta solo con arsenico e cicuta.
La ragazza corrugò la fronte stringendosi di più a lui: - Temi il suo giudizio?
Guardò davanti a sè disteso e posato, poi la sua bocca ebbe uno spasmo recidivo: - Me ne frego!
L’assortimento di orridi ceffi che stanziava sulla tolda di quella minuta imbarcazione era terrificante. Non uno di essi era privo di repellenti cicatrici sulla pelle abbrustolita e grinzosa, decorata da tatuaggi con disegni mostruosi o volgari, ed esibivano una grande varietà di arti mutilati e accomodati con rozze protesi di legno o di ferro che incutevano soggezione tanto quanto l’armamentario che sfoggiavano con ferina intimidazione.
Le loro occhiate brute e guerce traboccavano un’algida attitudine alla tortura e all’omicidio.
Ruth deglutì spaurita, sentendosi azzannare da quelle eccessive attenzioni e, stritolandogli convulsamente la mano, si rintanò dietro il compagno.
Si risolse a sbirciare riparata dal suo gomito solo distinguendo l’energico rimbombo di un paio di tacchi che fecero scricchiolare le assi e sfollare i trucidi tagliagole.
Edward si fletté leggermente in avanti e i suoi monili scampanellarono: - Capitana – la ossequiò con un tono neutro e composto, cui corrispose uno sguaiato berciare.
- Per mille pescecani assatanati! Ma come ti sei conciato? Sei ridicolo!
L’indiana ribollì di sdegno ed uscì allo scoperto per poter sfidare quella strega che si era permessa di denigrarlo con simile maligna arroganza. La fissò con molta rabbia e impudenza, ma sostenne il perforante potere del suo feroce sguardo solo per poco più di mezzo minuto.
I suoi occhi avevano la stessa forma incavata e la tonalità di terra bruciata del figlio, a parte quello non sembravano possedere altri tratti in comune: nelle sue pupille fiammeggianti era assente qualsiasi pagliuzza di gentilezza, benignità o dispiacere e ciò, insieme alla sua figura robusta e slanciata, trasmetteva la sensazione di una forza di spirito invincibile.
Aveva dei lineamenti rigidi e mascolini e, anche se era difficile stabilire una vera età, doveva aver superato il mezzo secolo, giacché le folte sopracciglia erano ingrigite come molte ciocche della matassa crespa che, annodata da una bandana rosso sangue, le ricadeva disordinatamente sulla faccia olivastra e raggrinzita e sulla scollatura procace esaltata da un bustino borchiato e racchiuso da un cinturone pieno di minacciosi pugnali, mentre le gambe dal passo autoritario erano fasciate da pantaloni seppia sforacchiati.
La matura piratessa imboccò una pipa, inalando con gusto la mistura di tabacco e chinino, sbuffacchiando tra i denti marci una nuvola densa e acre sui due ospiti: - Questo dolce e delicato fringuello è un regalino per me, o è roba tua? – espettorò in un rasposo mugugno.
Edward intuì che la sua risposta l’avrebbe indignata, perciò toccò la spalla della compagna e si impresse un sogghigno imparziale:
- Ti presento mia moglie, Ruth.
L’atteggiamento sprezzante con cui la sezionava era manifestamente antipatico, tuttavia la ragazza, per amor suo, congiunse le mani e si profuse in un riguardoso inchino, abbonandole un cordiale sorriso: - Namastè.
La Capitana esaminò con maggiore indugio l’inoffensiva creaturina agghindata con quei pregiati e orientaleggianti costumi che aveva dinanzi, non raccapezzandosi della scempiaggine compiuta dal suo baldo erede. Sembrava un biscottino di cioccolato sgraffignato in un bazar o una frivola cortigiana rapita dall’harem di un pascià. In ogni caso trasudava mellifluità. Pensava di averlo educato diversamente, non capiva come quella sottospecie di bambolina di zucchero caramellato con quelle sgargianti vesti lavanda potesse averlo abbindolato.
Era discretamente alta ma gracile come un fuscello, aveva un portamento smancerosamente elegante, una boccuccia deliziosa e una dentatura perfetta, per cui non era avvezza al consumo di alcol o di altri cibi insani. La sua carnagione, né completamente bianca né pienamente nera, somigliava alla slavata bevanda che gli inglesi adoravano tanto trangugiare, e aveva degli occhietti lucidi, vispi e mielati. Ciò che la infastidiva principalmente era la profusione di gingilli brillanti e colorati che le tintinnavano tra trecce, orecchie, polsi e caviglie. Un diamantino spiccava perfino nell’ombelico che il corpetto triangolare lasciava esposto al di sopra della fascia reggente un’intralciante e lunga gonnella.
Si soffermò a stimare se avesse qualche misero pregio che le fosse sfuggito ad una prima fulminante osservazione, ma il suo intuito raramente fallava nel valutare le persone e quella infingarda farfallina era anche astutamente bugiarda: - Fra quanto è previsto l’infausto evento? – la interpellò sfumacchiandole senza ritegno sul pancino che si sforzava di tenere indentro.
Ruth si coprì con un ansimo impallidendo di panico e colpevolezza, Edward trasecolò interrogando prima la madre e poi lei, che teneva il capo chino e stringeva le mani sull’addome, acuendo i suoi spinosi dubbi.
- Non per essere cinica: hai l’ossatura troppo mingherlina, signorinella! Ti spaccherai come una noce di cocco e non fantasticate che mi occuperò io del vostro bastardello!
La giovane donna si rifiutò di ingoiare altre ingiurie: - Una vecchia arpia invidiosa! Ecco cosa siete! – le strillò vibrando di insofferenza e ripugnanza.
Una profonda fessura si formò all’angolo del labbro della tosta criminale: quel patetico moscerino aveva una parvenza di comprendonio, lo stesso che il suo ingrato figlio doveva essersi fritto. Si era alienato dal loro pacato confronto, per cui lo riportò vigorosamente sull’attenti: - Oh, avanti! Togliti quella stupida faccia da pesce lesso! – lo strigliò con timbro tirannico – Mi pare di rammentare che primavere or sono ti spiegai nei minimi particolari come funzionano certe faccende e come evitarle, anche – soggiunse sputacchiando sarcasmo e bile.
Lo ricordava vividamente ... Era stata talmente esplicita e cruda da averlo traumatizzato, istillandolo quasi a preferire la castità.
Il Capitano allibì riposando le iridi sul grembo della giovane moglie che implorava contrita il suo perdono. La interpretò come una restia conferma che lo frastornò.
Pensava di essere talmente arido da non poter trasmettere il suo seme maledetto. Era uno sciagurato incidente, ma ci avrebbe pensato dopo. Non intendeva farsi dileggiare da quella megera.
- Cionondimeno, tu non hai evitato di generare il sottoscritto.
L’impertinente e offensiva ridarella della rude filibustiera si placò di colpo; contrasse le rugose labbra bronzee in una boccaccia, scoprendo le gengive infiammate. Era inconcepibile. Il suo rampollo non le aveva mai mancato di rispetto con tanta sfrontata caparbietà: - Peste e corna! – blaterò indemoniata, rasentando di sfoderare la sua fatale abilità con i pugnali – La situazione è grave … - attestò furente, grattandosi la ruvida cute della fronte, arrotando i molari cariati mentre trapassava ancora con le taglienti iridi l’ingenuo esserino che si era immischiato subdolamente nei loro affari di famiglia, con l’irrefrenabile desiderio di estrarre una tripletta di lame.
Edward riconobbe quel bagliore omicida e si frappose tra le due: - La situazione è molto peggio di quanto immagini. – confermò con vaga drammaticità, cingendo di sfuggita il fianco della consorte, ribadendone la proprietà e il diritto esclusivo di decidere come trattarla. La rimandò sbrigativamente sulla Dama di Nebbia assieme ad altri due marinai che li avevano scortati, invitando sua madre a continuare la conversazione in un luogo più appartato.

- Perché sei qui, potendo essere altrove a goderti i frutti della tua venerabile carriera?
La piratessa riprese a fumare nervosamente, gironzolando per la cabina: - Da dove salta fuori quella silfide?
- Era parte di un bottino – rispose lesto lui, osservando il vetusto arredamento della stanza in cui udiva riecheggiare le scudisciate e le grida che avevano ritmato la sua infanzia.
La Capitana sogghignò acidamente, buttandosi su una poltrona rivestita da una pelle di giaguaro: - È una terricola, vero? La sua famiglia?
Teague agitò la zazzera ingioiellata: - Sterminata. Da pirati malesi, a quanto ne so.
Quella caricò altri minuzzoli indefiniti nel fornello della pipa: - Sa maneggiare una sciabola, o una pistola?
Il filibustiere si sedette sul tavolo, giocando con gli anelli: - Quantunque in principio abbia tentato di sgozzarmi, no. Niente di tutto ciò.
La voce cavernosa della donna risuonò come uno scroscio di tamburi accompagnatori di un condannato al patibolo: - E pensare che c’erano fior fior di pirati al nostro ultimo allegro raduno, che mi hanno chiesto se fossi disponibile a sposare le loro figlie … Non inutili femmine da letto come quella lì, ma istruite nella nobile arte della filibusta! Degne compagne sarebbero per te!
Edward chiuse le palpebre ed espirò rumorosamente, saltando in piedi: - Addio, mamma.
Un bastone appuntito gli mancò per meno di un’unghia la giugulare, infilzandogli il colletto alla porta. Lui, per nulla strabiliato, si adoperò subito per estrarlo, scucendo la giacca nuova.
- Pidocchio mio, perché hai commesso il mio stesso tragico errore, eh? – lo trattenne la signora, strattonandolo con tale furia da sbatacchiarlo contro una parete – Avevi un così promettente futuro criminale davanti! La Fratellanza ha deciso di conferirti la carica di Pirata Nobile del Madagascar, sai? – lo informò eccitata e inorgoglita, facendo scintillare il rubino incastonato fra gli storti e giallastri incisivi.
Il figlio si liberò della sua dolorosa morsa, respingendola con una testata: - Pirata Nobile del Madagascar? – ripeté smaltendo il risentimento per le sue precedenti affermazioni. Era in fermento, quella sì era una notizia che sognava di ricevere.
La burbera madre annuì, sgualcendo nuovamente la ragnatela di rughe per raccontargli tutti i dettagli della turbolenta assemblea cui aveva partecipato una decina di giorni prima, a largo di Mauritius, in cui si erano decise le trasmissioni delle più importanti cariche politiche dei Fratelli della Costa. Lei era partita immediatamente per cercarlo.
- Niente è perduto. Ho sbagliato, lo so. Ma rimedierò – le giurò al termine del concitato resoconto, dovendo bagnarsi il palato con una buona pinta di rum.
- Lo spero proprio! Guarda come ti sei conciato! - la matura piratessa brindò con lui – Quindi affogherai quella sgualdrinella e volgerai la prua a Libertalia – gli suggerì perentoria, guardandolo di traverso.
Il ragazzo si paralizzò, serrando le dita attorno al boccale. La sua tendenza a giudicare e comandare sulle vite degli altri era durissima a morire, impossibile da estinguere. Non avrebbe desistito nemmeno all’evidenza di essere agli sgoccioli. In quello non erano dissimili: - Che ti piaccia o no, avrai un nipote, col tuo stesso sangue e il tuo stesso cognome – dichiarò flemmaticamente, alzandosi e uscendo difilato.
- Non oserai un tale abominio! – sbraitò il suo gutturale biasimo la Capitana, tampinandolo con una bottiglia rotta.
Capitan Teague, che era già salito sulla passerella, voltandosi e sparando una pallottola dalla precisissima traiettoria la disarmò dell’insolito oggetto contundente: - Se sopravvivrà saremo una dinastia di pirati, non ti garba? – seguitò a provocarla irrisorio.
La piratessa irlandese si contentò di trafiggerlo con la causticità di un’occhiataccia, sebbene la mano fosse salda sull’elsa della daga:
- Insomma, ti sei fatto accalappiare per bene!
Il figlio distolse le orbite al cielo plumbeo, strofinandosi le nocche sulla rada peluria della barba incolta e poi, girandosi in direzione della sua nave, ordinò ai suoi di tirar via la pedana mobile e di issare le ancore.
La boria dell’indomita signora, tuttavia, lo rincorse un’ultima volta: - Speriamo sia femmina! Almeno non affiderà le decisioni più importanti all’uccello! – si spolmonò forsennata dalla balconata del cassero – Che il Diavolo ti porti! Che porti tutti e tre!
- Dopo di te! – la salutò con zelante riverenza Edward, segnandosi il volto di un ampio e sconveniente riso. Dopo quella sfiancante riconciliazione ambiva a rilassarsi nell’oscurità silenziosa della sua cabina, pur avendo una nuova innegabile ambascia sul groppone.
I marinai erano più pettegoli delle puttane del porto rifocillate di monete, e nel quarto d’ora infernale che aveva trascorso sul vecchio sloop  si erano già scambiati le succulenti novità che lo riguardavano. I commenti, le congratulazioni e le domande si accavallarono trattenendolo in coperta. Ognuno era ansioso di esprimere il suo parere e di fornirgli originali proposte; le ascoltò, dalle più strampalate alle più spietate, illudendosi di pescare tra quelle fandonie qualche lumicino che rischiarasse il pozzo buio in cui stava avventurandosi.
In verità era conscio che a condurlo fuori non sarebbe stato altri che lei, perché vi erano caduti insieme, reggendosi alla stessa fune.

Ruth gettò dall’oblò il fazzoletto con cui si era ripulita le gote dal trucco colatole insieme alle incresciose lacrime. Capitare al cospetto di quella malefica donna era stato come capitare al cospetto della terribile Kalì; probabilmente la seconda sarebbe stata più benevola.
L’aveva svergognata e insultata, trattandola alla stregua di una manipolatrice, una fredda seduttrice di uomini in cerca di una sistemazione. Però, con ficcante intuizione, aveva smascherato quell’invadente sospetto che l’aveva punta un pomeriggio, all’improvviso, una saetta profetizzante bufera in piena e dolce estate, mentre il ponte veniva scrostato e strigliato e i secchi si tingevano di acqua rugginosa. Era stato allora che si era accorta di non sanguinare da parecchio.
Edward non si era sbilanciato: lui e sua madre ragionavano allo stesso modo. L’aveva tradito, nascondendogli quella verità. E il tradimento si pagava, stabiliva il Codice. Non si poteva vivere di soli sogni. Aveva imparato la lezione tanto tempo prima, eppure separarsene era più doloroso di un pugno alla milza. E aveva sperimentato anche quello.
Calmando i singhiozzi, strinse la legatura del fagotto in cui aveva raccolto tutti i suoi effetti personali.
La risonanza di uno scricchiolio la indusse a risollevare gli occhi umidi e arrossati e ad imbattersi nei suoi, pesti e frementi.
Era in subbuglio, per quanto apparisse sicuro e controllato.
Le uscì un penoso pigolio: - Io non so da quanto …
- Non importa. – spirò il pirata interrompendola con veemenza. La scrutava indecifrabile, stropicciando la bocca senza aprirla, gli occhi ridotti a fessure, il respiro calmo. Tremò: la sua espressione scettica somigliava troppo a quella di sua madre in quell’istante. Meno di un’ora prima constatare quanto fossero differenti le aveva fatto capire una volta di più che lo amava.
- Mi hanno nominato Pirata Nobile. Del Madagascar.
Ruth non intuì il preciso significato di quell’argomento, ma ne avvertì l’importanza che aveva per Edward dal tono rispettoso con cui aveva pronunciato quelle parole. Era destinato alla gloria che agognava, e qualunque fosse stata la sua decisione sarebbe rimasto il suo eroe.
Fece ciondolare la sacca sulla spalla, forzò un sorriso, rassicurandolo sulla sua devozione, nonostante fosse apertamente in disaccordo con quella contraddittoria sorte che, incostante come i frangenti sulla sabbia, li mesceva e separava.
- Allora devi mandarmi via per davvero, stavolta.
Lo aveva sostenuto con tale tranquillità da stupirsi lei stessa, perché la loro non era stata semplicemente un’unione di convenienza, né uno sbandamento momentaneo, e adesso lo sapeva, lo sentiva in ogni palpito che scaturiva per lui. Si era accorta che niente la spaventava più se non lo riguardava. E non avrebbe voluto lasciarlo solo perché temeva che si sarebbe smarrito.
Si sarebbero smarriti entrambi. Non lo avrebbe dimenticato mai, e non sarebbe riuscita ad andare avanti senza di lui. Non occorreva che lui lo sapesse, però, si disse.
O magari lui conosceva un posto sicuro in cui portarla, ci stava rimuginando, e sarebbe tornato a reclamarla, anche per una sola stagione. Osò ingannarsi, di nuovo.

Non voleva condannare all’infelicità l’unica persona capace di ispirargli briciole di generosità, l’unica che gli aveva rivelato un’alternativa meno cruenta per smorzare il suo ardore .
Un altro modo di essere uomo che la sua fiera genitrice gli aveva contestato esistesse.
Forse quello strenuo anelito di difenderla dalle cattiverie di sua madre era stato rinfocolato dalla volontà di rivaleggiare con la sua testardaggine. Forse lo aveva fatto apparire troppo attaccato a quella ragazzina, più di quanto lui stesso volesse ammettere.
Ma non riusciva a cancellarla come non sarebbe riuscito a cancellare l’impronta di un’ustione. Oramai era assolutamente assodato dall’avidità con cui si ostinava a bramare le sue dita innocenti permeassero la sua sporca pelle.
Se gli aveva taciuto quella compromettente situazione, non la incolpava.
I rognosi accidenti succedevano, non lo intimorivano. Anzi, lo esaltavano. Non era da lui rinunciare senza essersi misurato. Ci avrebbe provato anche per quella cosa di fare il padre, anche se sarebbe stato arduo come lo dipingevano.
La Capitana, in fondo, non aveva demorso.
Ruth comunque sembrava disposta a scomparire dai suoi battiti senza alcun rincrescimento. Non lo stava supplicando, restava dignitosamente tranquilla in mezzo alle sciagure che si abbattevano inclementi sul suo animo flagellato. Faceva apparire tutto sempre così facile, lei. Una fra le sue qualità che lo avvinceva. Lo compensava.
Si rese conto che si era concesso una pausa interminabile, la sua coraggiosa consorte era appesa ad un suo pronunciamento.
Sistemò un sigaro spento tra le labbra. Lo accese, rovesciò la testa indietro emettendo dei cerchi di fumo, poi la inclinò sbirciandola sghembo: - Non nego che mandarti via sarebbe saggio. Tuttavia la saggezza appartiene ai vecchi, giusto? – spiccicò elusivo, togliendosi il rocchetto di tabacco dai denti, dilatando di poco le pupille, accennandole con le dita a disfarsi di quella tracolla – Possiamo ancora permetterci di essere folli e stupidi. – barbugliò accomodante, rollando le braccia.
Il cuore di Ruth fluttuò come una barca senza timoniere tra quelle viscose sillabe. Ad una considerazione più sviscerata comprese che offuscate da quella nebbia c’erano stelle. Una goccia luccicò sul viso commosso e corse ad appigliarsi velocissima al collo dell’amante, travolgendolo con genuino entusiasmo, frizzante come un’onda.
Teague non si aspettava che gioisse con tanto trasporto per quella sbiadita approvazione.
Quasi si stava pentendo.
Era veramente volubile quella piccola donna.
L’indiana scivolò dalle sue spalle e distaccò di nuovo i talloni dal pavimento per ciangottare nel suo orecchio: - Sarà forte, coraggioso e bello come te! – allentando l’abbraccio per spiare le increspature assunte dal suo volto.
Ad iniziare a figurarselo non era granché pronto. Non ne sapeva molto di bambini, ma comunque sarebbe occorso del tempo, poteva accadergli qualsiasi cosa. Era troppo prematuro accalorarsi.
Edward riaffondò cupamente nell’introversione e la guardò con soffusa critica, prima di scostare i suoi capelli corvini dai propri: - Mi auguro che non prenda la tua melensaggine …


old-pirate-women-by-Jo-yumegari-grandmama
La Capitana Grace Sparrow,  immagine tratta dalla gallery di Jo-yumegari su Deviant Art.

   
 
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