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Autore: Alexis Cage    11/08/2013    1 recensioni
Non volevo sposarmi, specialmente con uno sconosciuto. Ma quando lo conobbi capii che la fortuna aveva deciso di essere a mio favore (o sfavore) perchè lo amai davvero. E questa fu la mia condanna.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si ammalò ancora, ma quella volta stette tremendamente male per due settimane intere. Continuò a vaneggiare e delirare, dicendo che l'avrebbero preso, che l'avrebbero punito perchè era stato felice, che dovevo fuggire, e che mi avrebbe fatto fuggire lui con qualunque mezzo.

Dopo quindici giorni che mi sembrarono quindici anni, lui guarì nel corpo. Ma la sua mente, la sua anima era ormai spezzata, non sarebbe più stato come prima. Era ancora l'uomo che amavo, ma non era più felice, e sapevo non lo sarebbe stato mai più.

Era peggio di prima. Prima aveva tentato di vivere, aveva tentato ancora di sconfiggerle, di sconfiggere le ombre. In quel momento invece cercava solo qualunque cosa potesse salvarci. Qualunque cosa potesse salvare me, perchè lui sapeva di essere condannato.

Cercai in tutti i modi di rassicurarlo, di convincerlo che eravamo al sicuro, che le ombre avevano solo voluto spaventarci. Ma fu tutto inutile: come potevo dirgli quelle parole, se non ci credevo nemmeno io?

Non potevo vederle, ma sentivo la loro presenza, in ogni corridoio della villa, nell'angolo oscuro di ogni stanza, nei riflessi degli specchi. Erano lì con noi, lo sapevo, come sapevo che non c'era modo di salvarci.

Ma non dovevo perdere la speranza, non quando ero l'unica che poteva continuare a credere.

In quel momento non seppi come, ma riuscii a convincere mio marito ad andare a una festa vicina, per illuderci ancora che andava tutto bene. Quando lui accettò fui felice, e la mia felicità nascose in un angolo recondito della mia anima ciò che i miei occhi videro nei suoi. No, dovevamo tentare, non potevamo vivere nel terrore. Doveva esserci ancora speranza.

Mi preparai con calma, come avevo sempre fatto quando credevo che ci fosse ancora un futuro, per noi. Prima il vestito, poi i gioielli, i capelli, il trucco. Per ultimo, come sempre, il rossetto. Presi il mio preferito senza pensarci; era lo stesso tipo di colore, una tonalità scura di rosso, da anni, e forse lo scelsi per illudermi, ancora e ancora, che nulla fosse cambiato.

Me lo misi sulle labbra, poi mi alzai, pronta ad andare. Mi bloccai subito.

Lui, l'uomo che amavo, era lì, in un angolo d'oscurità della stanza. Mi fissava con i suoi occhi profondi e sofferenti, come se attendesse qualcosa. Aveva un oggetto, in mano, un oggetto che riluceva nell'ombra.

E in un istante capii.

Caddi senza accorgermene, sentendo un'enorme stanchezza prendermi.

Lui mi fu subito accanto. Mi prese tra le braccia, cullandomi come una bambina, mentre tutto attorno a me diventava sempre più buio.

Vidi, come in un sogno, l'oggetto che stringeva tra le dita: una boccetta che conteneva un liquido trasparente. Le sue dita erano sporche di un colore strano, un colore che conoscevo bene. Non avrei mai potuto confondere quella tonalità scura di rosso.

L'ultima cosa che vidi furono i suoi occhi, colmi di disperazione e lacrime.

Poi il sonno eterno mi ghermì, e venni inghiottita dall'oscurità.

  
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